Con la collaborazione di Sara Bianchi
Manlio di Stefano è un politico italiano, Deputato della Repubblica dal 2013. Capogruppo M5S della III Commissione Affari Esteri e Comunitari, è anche membro della delegazione italiana del Consiglio d’Europa.
Stando ai sondaggi, il Movimento Cinque Stelle è la prima forza politica, anche se la coalizione di centrodestra è leggermente avanti nel computo totale. Vi sentite pronti per governare l’Italia? Ci può dare un’anticipazione sulla lista di ministri?
Sì, è da cinque anni che ci prepariamo a questo, lavorando duramente all’opposizione e cercando di trarre il meglio per tutte le pratiche che si possono portare in un governo di un Paese. Per quanto riguarda la lista dei ministri non posso anticipare nulla, perché non c’è nulla di ufficiale. L’unica cosa che vi posso dire è che sono tutte persone che vengono da un mondo di esperti che hanno a cuore un concetto per me fondamentale, ossia ridare dignità agli italiani. Quindi non è la classica squadra di tecnici alla “montiana” maniera, ma una squadra di esperti che hanno una sensibilità in linea con quello del M5S.
Andiamo al programma, in particolare a ciò che riguarda il mondo del lavoro. La vostra idea è di introdurre il salario minimo e il reddito di cittadinanza. Dove pensate di trovare i soldi per il vostro progetto?
In verità sul lavoro non c’è solo il reddito di cittadinanza, ma c’è molto altro. Ci sono molti punti legati al concetto di Smart Nation e anche a tutto quel mondo che è l’ impresa 4.0, quindi di finanziamento a progetti lavorativi ad alto moltiplicatore occupazionale, presente in tante altre parti del mondo. Per il reddito di cittadinanza stanzieremo 15 miliardi e due, invece, per i centri per l’impiego, perché partire da questi significa riattivare la macchina, però ci vogliono i soldi per farla funzionare davvero: le coperture sono tutte trovate e scritte nero su bianco nel nostro programma. In buona sostanza prendiamo 5 miliardi di collocazione dai redditi più alti, 2,5 miliardi dai tagli alla spesa della Pubblica amministrazione, 2 miliardi dall’aumento delle tasse su banche e assicurazioni, 1,5 dall’aumento dei costi di trivellazione, 1,5 dal fondo dei sostegni sulla povertà che confluisce nel reddito, che non vogliamo togliere, però ovviamente nel reddito di cittadinanza non ha senso mantenere anche questo. Poi ci sono altre piccole coperture (tagli auto blu, servizi sanitari, affitti d’oro)…vi ho comunque detto quelli più grossi.
Sul fenomeno migratorio siete spesso stati accusati di non avere una linea precisa. Che ne pensa?
Mi stupisco ogni volta che sento dire che la nostra posizione non è stata molto chiara negli ultimi anni, in quanto è stata l’unica sempre disponibile alla consultazione dei cittadini e dei parlamentari e che ha trovato luce il 18 Dicembre 2014 con la mia mozione che riguardava, oltre al superamento del Regolamento di Dublino, altri punti molto importanti. Negli anni, poi, siamo stati gli unici a portare avanti questi punti con un tour che spiegasse, appunto, la nostra posizione sull’immigrazione. Comunque, di base, ci sono tre assi sostanziali: locale, nazionale, internazionale.
Per quanto riguarda il locale: adesione obbligatoria di tutti i comuni italiani ai progetti Sprar, così da chiudere i CIE, perché crediamo che l’unica forma di accoglienza possano essere solo gli Sprar, dove piccole comunità sono facilmente gestibili e si può davvero aiutare nei processi di integrazione.
A livello nazionale: assunzione di 10’000 giovani per aumentare la dotazione e la disponibilità del reparto accoglienza, in particolare delle commissioni territoriali, così da poter portare i tempi di valutazione dei documenti dell’asilo dai 18 mesi attuali, a due mesi, per avere la conferma del fatto che se si tratti di migrante avente diritto o meno.
Infine, a livello internazionale, ci sono tre principi chiave: prima di tutto la richiesta d’asilo deve essere nei confronti dell’Europa, e non di un singolo paese. Per farlo serve un’agenzia internazionale che gestisca le pratiche direttamente nei territori di partenza o di transito nel caso dei rifugiati. Quindi, ovviamente, creare delle vie legali di accesso, perché altrimenti avremo, ovviamente, sempre dei trafficanti. Infine, spingere tantissimo sulla cooperazione allo sviluppo, almeno quadruplicando gli investimenti, che possa essere finalizzata alla stipula di accordi con i paesi di provenienza, sia in chiave rimpatrio che per quanto riguarda il miglioramento delle condizioni di vita di queste persone, per far si che non debbano più partire. Accogliamo, quindi, chi ha diritto, togliendo l’immigrazione dal business delle mafie, un fenomeno, purtroppo, presente anche in Italia.
Vorrei chiedervi, inoltre, chiarimenti sulla questione Ius Soli. Prima l’avete avallata, poi avete dichiarato che al Senato vi sareste astenuti, e infine avete contribuito a far mancare il numero legale per la votazione.
Per quanto riguarda lo Ius Soli, in verità non ne abbiamo mai parlato perché, alla Camera, in prima istanza abbiamo votato con voto d’astensione e, quindi, al Senato avevamo già annunciato che avremmo fatto lo stesso. Abbiamo sempre detto quello che riteniamo essere vero, ovvero che in questo momento l’Italia ha già una delle leggi sulla cittadinanza tra le più permissive in Europa: soltanto Spagna e Francia hanno qualcosa in più, ma hanno un passato diverso, colonialista, quindi sono altre logiche. Crediamo, inoltre, che non sia il momento adatto per parlare di Ius Soli in Italia, e soprattutto che ci sia bisogno di comprendere come coordinare una visione del concetto di cittadinanza anche in chiave Eu, visto che abbiamo trattati come Schengen e Dublino stesso, che dovrebbero avere un impatto sotto il punto di vista della cittadinanza. Detto ciò, per noi è importante rispettare i diritti di chi sta sul nostro territorio, quindi, a mio parere, la prima cosa da fare è far funzionare quello che c’è, perché oggi le categorie vulnerabili sono già protette.
Nel vostro programma, cito testualmente, si dichiara che è ‘’indispensabile introdurre nei trattati e nel quadro normativo europeo alcune specifiche procedure tecniche, economiche e giuridiche che consentano agli Stati membri di recedere dall’unione monetaria o di restarne fuori attraverso una clausola di opt-out permanente, nel caso in cui ci sia una chiara volontà popolare in tal senso’’. Con voi al governo l’Italia resterà nel sistema della moneta unica?
Sin dal principio abbiamo detto che il nostro obiettivo è rimanere in UE, ma a condizioni eque. Per quello siamo partiti dall’Euro perché, ad oggi, il problema principale dell’UE è che è un’unione essenzialmente monetaria, mentre di condivisione di altro c’è ben poco. E la distorsione più grande è che si tratta di un’unione monetaria senza intesa fiscale, di conseguenza abbiamo paesi con fiscalità nettamente più bassa di quella italiana, spingendo le imprese che hanno interesse a delocalizzare. Noi abbiamo fatto il ragionamento del referendum sull’Euro come condizione finale di pretesa di un trattamento più adeguato, quindi quella sarà la nostra linea: pretendere un adeguamento degli accordi europei, che proteggano quindi anche il Made in Italy e la nostra economia. Se non dovessimo riuscirci si potrebbe, quindi, arrivare anche a un referendum sull’Euro, facendo decidere agli italiani cosa vogliono fare.
Parliamo ora di istruzione, in particolare di università. Nel vostro programma si parla di ‘’finanziamento adeguato al funzionamento degli Atenei ‘’. Concretamente, a quanto ammonta l’investimento e in che modo verranno ripartiti i soldi? Un altro aspetto secondo me molto interessante riguarda lo stop ai finanziamenti alle scuole paritarie.
Parto dalla seconda parte della domanda: le scuole paritarie di fatto sono private, anche se dalla legge italiana equiparate a quelle pubbliche. Quindi, dato che le scuole pubbliche stanno crollando sotto il peso dei tagli costanti che subiscono, noi crediamo che non sia più il momento di finanziare le scuole paritarie, ma di finanziare in modo adeguato quelle pubbliche.
Per quanto riguarda il comparto universitario, abbiamo previsto uno stanziamento fino al 5% di PIL, entro la legislatura che verrà: questo comporterebbe circa 15 miliardi di nuovi investimenti. Il concetto di base è che, con le ultime riforme si è puntato a concedere soldi in base alla premialità, quindi, teoricamente, se lavori in un determinato modo ti do dei soldi in più. Questo ha portato, ovviamente, tutte le istituzioni universitarie a subire la dipendenza dal politico di turno e dai ministeri. Noi, invece, vogliamo ripristinare la quota dei 15 miliardi come ordinaria, e concepire la premialità come bonus, ma deve ovviamente essere qualcosa in più rispetto alla quota ordinaria. Se invece noi lasciamo solo la quota premiale, tutte le università non premiate crollano e ciò non può rappresentare una logica positiva.
A proposito di economia e di fiscalità, c’è chi propone la Flat Tax e chi un ritorno a un sistema progressivo. Qual è la vostra idea a riguardo? A proposito degli F35, su cui avete fatto una battaglia, come mai sono stati tolti dal programma?
Parto, anche in questo caso, dalla seconda domanda, perché è più immediata. In realtà non sono stati tolti dal programma, sono presenti nelle coperture di quasi tutti i punti del nostro programma. Cioè, non abbiamo messo un punto di programma perché abbiamo mille atti parlamentari depositati, ma, se guardate i tagli alla spesa militare, quindi anche gli F35, vanno a coprire svariati punti del nostro programma.
Per quanto riguarda invece le tasse, la Flat Tax che propone Berlusconi è incostituzionale, perché la Costituzione prevede che il pagamento delle tasse sia proporzionale ai tuoi introiti. Non ha senso quello che dicono. Noi crediamo che vadano fatti degli interventi con degli scaglioni progressivi. Il concetto base è favorire la classe media, far scendere tutte le tasse in proporzione al reddito, favorendo in particolare questa classe, così da poter rilanciare consumi e investimenti. Abbiamo previsto la totale esenzione dalle tasse estendendo la soglia di reddito da 8000 a 10000 euro e quattro scaglioni differenti per redditi superiori: 23% fino ai 28 mila, 37% fino ai 100 mila, e 42% dai 100 mila in poi.
L’ambiente è sempre stato uno dei vostri punti forti.Qual è il vostro piano in proposito?
Non è solo il nostro programma a parlare di questo, è la nostra storia. Noi abbiamo sviluppato un punto su questo, l’abbiamo chiamato ”Green Economy: Italia 100% rinnovabile”. Il concetto di base è che devi totalmente stravolgere il rapporto tra ambiente, uomo e impresa, partendo dalla cosa che vediamo quotidianamente, ossia la gestione dei rifiuti. Dobbiamo considerare il rifiuto una risorsa e, tra l’altro, attraverso l’economia circolare del riciclo si creano, secondo gli studi, circa 200 mila nuovi posti di lavoro. Noi abbiamo considerato la creazione di un piano nazionale di incentivi che punti proprio a favorire l’economia circolare. Questo ci permetterebbe la chiusura di discariche e di inceneritori in maniera progressiva, perché con il riciclo riesci a creare prodotti dal rifiuto. Considerate che ogni 15 posti di lavoro creati con la differenziata, se ne crea uno solo con inceneritori e discariche, con una forte spinta a perseguire chi inquina in modo colposo.
L’Italia deve puntare,inoltre, ad una riconversione seria delle sue imprese: colossi industriali sono stati, scientificamente, lasciati degradarsi. Le nostre imprese vanno riorganizzate e vanno spinte, con le leggi, ad aggiornare i loro meccanismi di produzione, per far si che ci sia sempre meno impatto ambientale. Qualora non fossero in grado di farlo, vanno riconvertite totalmente.
Ultima domanda. Se il 5 marzo non dovessero esserci forze in grado di governare, siete pronti ad aprirvi ad altre forze politiche per formare un governo?
Noi l’abbiamo detto più volte: non stiamo pensando a una coalizione ma a un dialogo sul programma. Chiunque voglia sposare il nostro programma, magari aggiungendo anche punti che gli stanno a cuore, concordati con noi, potrà convergere sul programma e formare un governo sull’attuazione di questo. Sarebbe il primo governo nella storia italiana che si verrebbe a creare sull’attuazione del programma e non sulla divisione delle poltrone e ministeri: è questo il motivo per cui presentiamo la nostra squadra di governo prima delle elezioni, per dare agli italiani una visione chiara di chi sarà la squadra che governerà il Paese.
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