Come va l’economia di Trump?

President Donald Trump delivers remarks prior to judge Neil M. Gorsuch taking his oaths to be the Supreme Court's 113th justice Monday, April 10, 2017, in the Rose Garden of the White House in Washington, D.C.. (Official White House Photo by Shealah Craighead)

Il 6 novembre gli Stati Uniti andranno alle urne e, nonostante saranno elezioni di medio termine per la Camera e il Senato, tutta la tornata si trasformerà in un referendum su Trump. Questa non è solo una sensazione o un annuncio giornalistico, ma sono gli Americani a dirlo. L’ultimo sondaggio su questo tema del New York Times affermava che quasi il 70% di coloro che si recheranno alle urne si sentono influenzati, in senso positivo e negativo, dall’operato di Trump.

Se questo è vero per le misure trumpiane più note, anche l’economia gioca un ruolo centrale. Dopo essersi chiesti come funziona la politica estera di Turmp, La domanda da porsi adesso è: come va l’economia da Trump?

 

La maggior parte degli economisti rispondono in maniera positiva a questa domanda. In effetti se si guarda esclusivamente ai macrodati questa storia è vera.  Il PIL è cresciuto del 4.2% nel secondo trimestre dell’anno in corso, l’inflazione si è attestata al 2.3% a fine settembre e il tasso di disoccupazione è attestato al 3.7 percento. Numeri che descrivono un’economia in buono stato con un trend positivo fino a qui di lunga durata. La postilla che a questo punto aggiungono tutti gli economisti, dai più conservatori a quelli più progressisti, è che tendenzialmente questi risultati non possono essere attribuiti a Trump. Non perché gli si vogliano negare i risultati, né perché non ha fatto niente, ma fondamentalmente per i tempi tecnici dell’economia. 

Tutti sostengono che l’economia americana viva ancora del trend positivo iniziato da Obama e allo stesso tempo viva delle scelte economiche che aveva fatto l’amministrazione precedente. Nonostante molti dalla Casa Bianca accusino queste voci come il tentativo di rubare i meriti di The Donald, è facile dimostrare il contrario. Le misure economiche più famose del presidente sono quasi state tutte annunciate e non ancora attivate, come buona parte delle sanzioni commerciali, e quelle che sono state attivate non hanno ancora potuto produrre risultati per il breve periodo che è intercorso, come la riforma fiscale o l’accordo di deregolamentazioni della borsa.

 

Il potere di Trump sui trend

Mentre guardiamo un presente ancora influenzato dal passato e mentre l’amministrazione vive di rendita, molti sostengono che il ciclo positivo americano rischia di fermarsi bruscamente. L’unica cosa su cui tutti gli economisti sono d’accordo è che Trump sta influenzando i trend e, nonostante la Casa Bianca lo continui a negare, questi sono negativi. 

L’outlook sta passando da positivo a negativo. Wall Street, dopo aver vissuto un grosso boom negli ultimi 3 anni, sta vedendo abbassare i suoi indici in modo costante tant’è che negli ultimi 2 mesi si sono persi tutti i guadagni che si erano fatti nell’intero 2018.

I dazi taglieranno le importazioni aumentando la fascia di mercato per le aziende americane, ma non tutte queste company potranno alzare la produzione senza riversare questo costo sui clienti. Questo vuole dire che se prima un americano poteva comprare beni a un certo prezzo da paesi stranieri adesso dovrà accettare di prendere prodotti americani a un prezzo superiore o di rinunciare a quei prodotti. La scommessa è che la ricchezza creata dai posti di lavoro sarà maggiore di quella che gli americani dovranno pagare per un bene più costoso. Nell’arco di circa 12/18 mesi i dazi si trasferiranno tutti sulle tasche degli americani e allora si vedrà con certezza, ma per adesso i numeri stanno dando torto alla Casa Bianca.

 

Se questo è vero per i dazi allo stesso tempo il taglio delle tasse si sta rivelando inefficace per aiutare le fasce di reddito più basse. I numeri ci mostrano che la ricchezza familiare tende ad aumentare negli ultimi quattro anni, ma allo stesso tempo, se guardiamo l’andamento degli stipendi, questi restano esattamente identici: com’è possibile dunque che crescano? La Casa Bianca tende ad accreditarsi questo merito con la riforma delle tasse, ma in realtà non è così. La riforma sembra avere degli effetti solo su patrimoni o stipendi molto alti: coloro che stanno beneficiando dell’abbassamento delle tasse sono, infatti, la parte alta della classe media e l’intera classe alta. In realtà per la maggior parte degli States la ricchezza familiare aumenta perché sono aumentate le ore di lavoro in generale come si vede dal grafico qui sotto.

L’incertezza

Molti sostengono che l’economia americana negli ultimi anni stava crescendo perché si basava su una grossa dose di sicurezza dal punto di vista dell’amministrazione e della Federal Reserve. La Casa Bianca con Obama aveva abituato i mercati e la popolazione ad annunci di misure economiche molto lontani dalla loro attuazione e la FED aveva stabilito un programma molto scandito sui tassi di interesse. Se la Federal Reserve sta mantenendo le promesse e alzando i tassi in modo costante, l’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha portato una grandissima dose di incertezza sul lato governativo.

Questo è in parte dato dal fatto che il Presidente annuncia su Twitter prima che in conferenza stampa e dà pochissimi dettagli sulle proprie misure. Gli analisti di conseguenza si trovano a brancolare nel buio e a scrivere report sui possibili piani che ha in mente l’amministrazione. Dall’altra parte le norme non sono chiare neanche quando sono scritte e quando vengono mandate al Senato.

 

L’esempio che fanno gli esperti è proprio legato alla riforma fiscale. Se si legge il testo molti tagli sono ancora ipotetici e molti sono stati fatti, ma non sono finanziati e di conseguenza non si possono attivare. Questo ha prodotto nelle grandi aziende un atteggiamento attendista atto a ritardare i grandi investimenti per sfruttare futuri sgravi fiscali. Questo comportamento si vede in tutti i campi dal mercato delle automobili al mercato agricolo e sembra essere razionale da un punto di vista contabile, ma sta creando enormi problemi all’economia. Il ritardo degli investimenti si traduce in un ritardo sulla creazione dei posti di lavoro e in una conseguente frustrazione per i cittadini che potrebbero essere assunti o che magari erano già stati assunti e dovranno aspettare ancora prima di iniziare a lavorare.

La recessione è dietro l’angolo

Gli economisti più cauti sostengono che la situazione è tutt’altro che sicura e affermano che ricorda molto il 2008. In quei giorni gli outlook erano negativi non terribili, ma mostravano una debolezza economica molto pericolosa. La stessa cosa che stiamo vedendo adesso, ma rispetto a quel periodo c’è da aggiungere che il paese non viene da dieci anni di ricchezza accumulata e la maggior parte delle famiglie hanno ancora meno risparmi per resistere in caso di recessione.

Questo è infatti il termine che più spaventa i tecnici dell’amministrazione federale. I documenti della FED sono pieni di warnings rispetto al rallentamento dell’economia. Da mesi si parla di una forte debolezza del sistema rispetto a un grande shock interno: un qualcosa simile alla crisi dei mutui subprime. Ci sono 3 bolle che molti temono possano esplodere.

 

La prima è rappresentata dalle azioni delle grandi compagnie di Social Network. A guardare bene i dati azionari esse risultano essere sovrastimate. Molti azionisti e risparmiatori hanno incominciato a considerarle come delle azioni super sicure, ma in realtà sono molto fluttuanti dipendendo dai numeri degli iscritti, dalla pubblicità e dalle scelte di alcuni manager. Nell’ultimo periodo si sono rivelate suscettibili a rapide svalutazioni, come quella che Facebook ha sofferto a giugno di quest’anno .

 

La seconda bolla che più preoccupa gli economisti è rappresentata dai prestiti degli studenti americani. A partire dal 2008 infatti sono aumentate le sottoscrizioni dei prestiti, mentre i costi delle università sono saliti e il lavoro per i giovani è sempre meno remunerativo. L’uguaglianza tra laurea e stipendio alto viene considerata ancora valida, ma non è più vero.  Questo mix vincente  di fattori sta creando un enorme massa di debito con un tasso di default sempre più alto.

 

La terza possibile bolla è rappresentata dai prestiti al consumo. L’immissione di liquidità che la FED ha garantito a partire dal 2008 ha creato condizioni favorevoli per prestiti a tassi di interesse bassi. I cittadini statunitensi hanno quindi cominciato a sottoscrivere mutui a tasso variabile per comprare auto, beni di lusso eccetera. La paura degli economisti in questo caso è legata al fatto che con gli interessi che salgono, per decisione della FED, nel caso dell’esplosione di una delle due bolle precedenti si potrebbe creare una situazione complessa. Un’impennata degli interessi porterebbe a un default a domino dei mutui al consumo che inevitabilmente porterebbe gli USA in una crisi del debito.

L’economia di Trump peserà sul voto delle Midterm elections, ma soprattutto peserà la lettura di essa fatta dagli elettori. Nonostante le insidie siano dietro l’angolo, il cittadino medio americano in questo momento vede nuovi posti di lavoro, nuove possibilità di credito e pensa di aver superato la crisi per entrare in una fase di nuovo benessere. La percezione presente guiderà la mano degli elettori che vedranno in Trump il fautore di questo momento, ma un rallentamento dell’economia reale potrebbe far cambiare idea agli americani molto velocemente.

Fonti e approfondimenti:

https://www.brookings.edu/blog/up-front/2018/10/04/if-real-wages-arent-rising-how-is-household-income-going-up/

Economia USA: dopo due anni di Trump un bilancio controverso (e pericoloso)

https://www.bloomberg.com/opinion/articles/2018-08-15/trump-s-economy-is-strong-enough-to-stop-lying-about-it

https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-10-24/many-americans-say-they-haven-t-benefited-from-trump-s-economy

https://www.vox.com/policy-and-politics/2018/8/24/17759940/donald-trump-economy-jobs-growth-obama

https://www.brookings.edu/interactives/hutchins-center-fiscal-impact-measure/

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