La storia dietro il primo allargamento dell’UE: quando l’Europa disse di no al Regno Unito

Il 22 gennaio 1972 veniva siglato, a Bruxelles, il Trattato di Adesione all’allora Comunità Europea del Regno Unito, Danimarca e Irlanda. Grazie a questo trattato, il 1 gennaio del 1973 i tre Paesi divenivano ufficialmente membri dell’Unione Europea.

Ciò fu reso possibile grazie alla presenza, nei trattati di Roma, di due articoli fondamentali: il 237 e il 205. Si trattò del primo di diversi allargamenti della Comunità e, a tal proposito, è utile ricordare come abbiamo già avuto l’occasione di parlare dell’allargamento del 2004 e di come funziona oggi la procedura di adesione all’Unione.

Il cammino per arrivare al 22 gennaio fu, però, tutt’altro che lineare. Si può infatti affermare come questo primo allargamento della Comunità fu travagliato, e ci vollero molti anni per raggiungere un accordo che permettesse ai tre Paesi di accedervi, mentre un quarto Paese, nonostante fosse presente alla sigla del suddetto trattato, si auto-escluse in modo definitivo dall’appartenenza all’UE: la Norvegia.

Affrontare il tema del primo allargamento non è utile solamente per conoscere l’avvenimento in sé, ma soprattutto perché il protagonista indiscusso fu senza alcun dubbio il Regno Unito, che all’epoca vide per ben due volte essergli preclusa, per ferma decisione francese, la possibilità di prendere parte al progetto europeo.

Il Regno Unito e i No di De Gaulle

Il Regno Unito non è stato tra i sei padri fondatori della Comunità europea e all’inizio non mostrò in alcun modo una propensione a essere parte di tale progetto. Nel Paese l’idea predominante era quella a favore della creazione di una grande area di libero scambio in Europa, mentre i progetti francesi non venivano visti di buon occhio. Questo fu il motivo principale per cui, nel 1960 il suo ruolo fu determinante per la creazione dell’EFTA (Associazione Europea di Libero Scambio), di cui facevano parte anche la Danimarca e la Norvegia. Ma ciò era destinato a cambiare ben presto.

Era l’agosto 1961, quando l’allora primo ministro del Regno Unito H. Macmillan, nonostante non tutti fossero d’accordo nel Paese, presentò la propria candidatura ufficiale all’CE. Nel Paese si temeva, in primis, un effetto negativo di tale possibile membership sui rapporti commerciali con il Commonwealth e sugli interessi agricoli inglesi. La presentazione della candidatura non ebbe però gli effetti sperati. Un ruolo fondamentale in questo contesto, e negli anni successivi, venne infatti svolto dal presidente della Repubblica Francese, Charles De Gaulle.

Il Generale lottò strenuamente per impedire l’ingresso del Regno Unito nelle Comunità, ponendo il suo veto per ben due volte alle candidature inglesi. Il primo ci fu proprio a seguito della candidatura del 1961. Nel 1963, infatti, de Gaulle pose delle condizioni impossibili alla possibile entrata inglese. Il Generale vedeva l’Inghilterra come il cavallo di Troia americano ed era fermamente convinto che avrebbe sempre posto il rapporto con gli USA come una priorità rispetto a quello con gli altri stati comunitari. La sua paura principale era che l’entrata inglese avrebbe portato ad un’americanizzazione del progetto europeo e che il Paese avrebbe tentato di rallentare il processo di integrazione. Infatti, egli credeva poco alla reale volontà del Regno Unito di adeguarsi al progetto europeo. Vedere oggi, dopo la Brexit, quali erano le paure di De Gaulle nel 1963 può in un qualche modo far riflettere.

Il lungo e travagliato percorso di accesso era però solo agli inizi. Divenuto primo ministro il laburista J.H. Wilson, egli nel maggio del 1967 presentò per la seconda volta la candidatura. Anche questa volta ci si scontrò con l’opposizione di De Gaulle. Questo secondo No è ricordato come le “grand non“.

Con l’acquisizione di status di membro, il Regno Unito sarebbe dovuto incorrere in una profondissima trasformazione economica e politica. Qualora fosse entrato senza la totale convinzione di volersi impegnare al 100% nel progetto europeo, sottomettendosi ai vincoli che questo prevedeva, avrebbe rappresentato un enorme rischio per l’intero assetto della Comunità. Se non si fosse assoggettata agli standard del sistema agricolo comune (PAC), avrebbe rischiato di mettere a repentaglio l’equilibrio del mercato comune. La Francia non poteva permettere in alcun modo che ciò accadesse, in quanto all’epoca era il Paese comunitario più forte del sistema e non poteva permettersi di vederlo implodere.

Nonostante ciò, Wilson era fermo nella sua volontà di voler accedere alla comunità europea, soprattutto dal momento che il Regno Unito aveva iniziato ad avere sempre maggiori problemi economici e non era più possibile rimanere all’esterno di un progetto economico e commerciale così importante. Proprio allora si susseguirono, in un brevissimo lasso di tempo, diversi avvenimenti, che avrebbero mutato in modo sostanziale la situazione di stallo in cui ci si trovava. Nel 1969, infatti, a seguito di un referendum fallimentare De Gaulle si ritirò e gli succedette G. Pompidou. La figura politica di quest’uomo fu fondamentale per l’entrata del Regno Unito nella CE. Contemporaneamente, nel 1970 E. Heath diveniva primo ministro Inglese. Quest’ultimo era disposto a scendere a qualsiasi compromesso pur di far entrare il Paese nella Comunità e, nonostante non avesse fatto cenno a tale tema nel corso della campagna elettorale, subito dopo l’insediamento iniziò dei negoziati a Bruxelles in vista della terza candidatura. A quel punto, il problema principale era però che la CE era molto cambiata dalla comunità a cui si era fatta la prima domanda di adesione nel 1961. Il processo di integrazione era proceduto e cresceva sempre di più l’idea di un’unione più politica, economica e monetaria. Ciò, di riflesso, creava un maggior numero di implicazioni per gli stati che vi volevano accedere, in particolare dal punto di vista economico-finanziario.

Heath venne sostenuto da Pompidou e questo si rivelò fondamentale per la creazione di quel clima favorevole che portò ai negoziati degli anni ’70. La Francia era infatti a quel punto disposta a far entrare il Regno Unito come membro a tutti gli effetti, ciò soprattutto perché, nel frattempo, i sei fondatori avevano già raggiunto un accordo per la PAC (1962) e l’eventuale entrata del Paese avrebbe portato notevoli vantaggi economici alla Francia stessa.

Per dare un segnale chiaro di tali intenzioni, nel maggio del 1971 si tenne un Summit Heath-Pompidou all’Eliseo. Nascosti dietro i discorsi ufficiali, i due leader discussero di temi importantissimi legati sopratutto ai problemi economici, finanziari e monetari della comunità e si parlò anche della possibilità della creazione di una moneta unica, per la quale Pompidou necessitava di un appoggio da parte inglese. I due si concordarono, anche se ben poco arrivò all’opinione pubblica. All’indomani del Summit, comunque, la Francia appoggiava totalmente l’entrata inglese e iniziarono così i veri e propri negoziati, grazie ai quali si cercò di affrontare le preoccupazioni circa il mantenimento dei rapporti commerciali con i paesi del Commonwealth attraverso delle concessioni specifiche (Protocollo  17 e 18). L’entrata nella CE comportava, però, per il Regno Unito, dei costi enormi a livello economico-finanziario e il malcontento di quel popolo, che ben poco aveva saputo degli accordi tra Pompidou e Heath, non si fece attendere.

 

Nel gennaio 1972 veniva siglato, infatti, il Trattato di Adesione della Danimarca, Regno Unito e Irlanda, che diventava effettivo nel Paese a decorrere dal 1 gennaio 1973, senza che si fosse tenuta una consultazione popolare a riguardo. Gli effetti di tutto ciò si manifestarono già nel 1974, quando si propose di rinegoziare i termini a cui si era giunti per la membership inglese. Si trattò del primo e unico caso di rinegoziato di un trattato di adesione, attraverso cui gli inglesi chiedevano alcune concessioni agli altri governi degli stati membri. A tal proposito il nuovo primo ministro H. Wilson indisse un referendum, nel 1975, in cui si chiedeva ufficialmente per la prima volta al popolo inglese se volesse o meno restare nella Comunità Europea. Con il 67% di sì il popolo si esprimeva e il Regno Unito diveniva, a tutti gli effetti parte della Comunità.

Cosa avvenne, invece, negli altri stati candidati?

L’entrata di Irlanda e Danimarca, il No della Norvegia

Si può parlare insieme di Irlanda e Danimarca in quanto questi due Paesi seguirono il percorso del Regno Unito. Nonostante il loro cammino nel corso delle diverse adesioni fallite sia pressoché uguale, i due Paesi si presentavano all’epoca come molto diversi.

 

L’Irlanda aveva un’economia che faticava a decollare, mentre la disoccupazione e le emigrazioni aumentavano precipitosamente negli anni ’50. I paesi fondatori non smaniavano per la sua entrata, che era invece considerata fondamentale dai politici irlandesi, in particolare dal primo ministro S. Lemass prima e J. Lynch dopo. Le motivazioni che spingevano l’Irlanda a voler entrare erano prevalentemente economiche, ma allo stesso tempo non si poteva rinunciare al proprio alleato commerciale principale, il Regno Unito.  Si può dire che in questi anni, in un certo senso, il mancato accesso dell’Irlanda fu sempre un danno collaterale dei diversi No diretti al Regno Unito.

Negli anni precedenti, comunque, il Paese si mostrò molto attivo, grazie a diversi incontri internazionali con i governi dei sei, nel cercare di ottenere l’approvazione da parte di questi. Lynch, così come il suo predecessore aveva fatto un tempo, si recò nei diversi paesi comunitari per stringere relazioni con i rispettivi governi. Questa azione politica ebbe i risultati sperati, i negoziati con l’Irlanda si aprirono nell’estate del 1970. Nel corso dei negoziati gli irlandesi, con a capo P. Hillery, riuscirono ad assicurarsi la protezione di alcuni, fondamentali interessi, in primis quelli legati all’agricoltura, alla pesca e alle misure transitorie. Nel gennaio 1972 l’Irlanda prendeva così parte alla sigla del trattato di accessione ed entrava a far parte della CE nel 1973, dopo che nel maggio del 1972 si era tenuto nel Paese un referendum popolare dove la stragrande maggioranza del popolo irlandese (71% affluenza) si espresse a favore dell’entrata (83.1% dei si).

Per quanto riguarda la Danimarca, invece, il Paese era già al tempo molto ricco e molto geloso della propria identità e sovranità nazionale. La Danimarca è, infatti, uno dei pochissimi Paesi in cui si può dire che stato e nazione coincidano quasi del tutto. L’identità danese è molto forte e qualsiasi scelta venga presa a livello internazionale è sempre ben pesata e ponderata. La Danimarca aveva perseguito fino alla seconda guerra mondiale una politica di neutralità, che si era dimostrata fallimentare, per poi abbandonarla dopo la guerra entrando nella NATO tra i primissimi membri.

Il progetto Europeo veniva visto con scetticismo, in quanto la NATO era considerata adeguata e sufficiente a realizzare l’obiettivo della difesa. Altro motivo dello scetticismo era il forte attaccamento al Nord Europa. Nonostante ciò, quando il Regno Unito procedette alla prima domanda ci si rese conto che, con l’entrata del primo partner commerciale nella CE, la Danimarca avrebbe sofferto dei danni economici ingenti. Contemporaneamente il progetto di un’unione nordica (Nordek) si era dimostrato non all’altezza di quello europeo. Essa procedette alle due candidature, legando la propria entrata a quella del Regno Unito, e quindi si trovò due volte a dover rinunciare alla possibile entrata nella CE. Nonostante i diversi dissensi interni, la Danimarca fu poi presente alla sigla del trattato di adesione. Lo stesso anno si tenne nel Paese un referendum, che si basava sull’Art. 20 della Costituzione, riguardante ogni tipo di cessione di sovranità a enti sovranazionali. Il referendum ebbe un risultato straordinario, con un’affluenza del 91% e il 63% a favore dell’entrata nella CE.

 

A questi due Paesi se ne accompagnò un terzo, il quale però, a differenza degli altri, non portò a compimento il procedimento di accesso alla CE: la Norvegia. Economicamente potente e con un forte attaccamento nordico, la Norvegia presentò la propria candidatura tutte e tre le volte. Il popolo norvegese però si espresse alla fine contro l’adesione alla comunità in un referendum 1972 in cui il 79% della popolazione si recò alle urne, con il 53% contrario. Nonostante ciò, il Paese ha successivamente preso parte all’EFTA e ha siglato un accordo per lo Spazio Economico Europeo, oltre ad essere parte dell’area Schengen.

Conoscere la storia dietro al primo allargamento è molto utile per comprendere quello che è avvenuto nei decenni successivi, soprattutto perché i tre Paesi protagonisti di questo evento si sono mostrati tra quelli più resistenti alle cessioni di sovranità all’Unione (sono quelli con il più elevato numero di opt-out/opt-in nell’ambito dei trattati europei) e sempre più favorevoli all’unione economica a scapito di quella commerciale, ponendo non pochi problemi all’avanzamento del progetto e dell’integrazione europea. 

Fonti

https://www.parliament.uk/about/living-heritage/transformingsociety/tradeindustry/importexport/overview/europe/

http://ukandeu.ac.uk/fact-figures/when-did-britain-decide-to-join-the-european-union/

https://www.fnlondon.com/articles/britain-was-never-truly-part-of-the-eu-20180717

https://www.quora.com/What-was-the-reason-the-UK-joined-the-EU

https://www.ft.com/content/202a60c0-cfd8-11e5-831d-09f7778e7377

https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2015/05/06/trente-ans-de-ruades-britanniques-contre-l-union-europeenne_4628924_4355770.html

https://www.fnlondon.com/articles/britain-was-never-truly-part-of-the-eu-20180717

how-president-de-gaulles-second-veto-of-britains-ec-application-fifty-years-ago-led-directly-to-the-leave-vote-in-2016

https://www.cvce.eu/en/collections/unit-content/-/unit/02bb76df-d066-4c08-a58a-d4686a3e68ff/e491121c-8e37-473f-afe6-ff52e349c1aa/Resources#8292b4ba-af21-44c0-aa39-f234e94ffe29_en&overlay

http://www.lefigaro.fr/histoire/archives/2017/11/27/26010-20171127ARTFIG00054-il-y-a-50-ans-le-general-de-gaulle-s-opposait-a-l-entree-de-l-angleterre-dans-la-cee.php

Fai clic per accedere a Approfondimento_77_ISPI_Regno_Unito.pdf

https://researchbriefings.parliament.uk/ResearchBriefing/Summary/CBP-7253#fullreport

https://sourcebooks.fordham.edu/mod/1967-degaulle-non-uk.asp

http://www.dizie.eu/dizionario/opting-in/

Fai clic per accedere a ireland-in-the-eu-history.pdf

https://ec.europa.eu/ireland/about-us/ireland-in-eu_en

https://www.euronews.com/2013/03/29/norway-and-the-eu

https://eur-lex.europa.eu/collection/eu-law/treaties/treaties-accession.html#new-2-9

Christopher Booker & Richard North (2016),The Great Deception: Can the European Union Survive?

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