L’arresto di Julian Assange nel quadro della trasformazione politica dell’Ecuador

Assange
@wldreamer - Wikimedia Commons - CC BY SA 3.0

Il primo maggio scorso, la Corte della Corona di Southwark ha condannato Julian Assange a un anno di reclusione (più precisamente, 50 settimane) per aver violato i termini della libertà condizionale durante i quasi sette anni in cui fu ospite dell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra. In realtà, la battaglia giudiziaria che vede il fondatore di WikiLeaks oggetto della richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti è iniziata il giorno dopo, in presenza del Tribunale dei magistrati di Westminster. Dopo soli 15 minuti, però, l’udienza è stata rimandata al prossimo 30 maggio. Al momento, Assange si trova nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh.

Le immagini dell’11 aprile hanno fatto il giro del mondo: ritraggono l’attivista informatico mentre, senza mascherare l’indignazione, viene trascinato dalla polizia fuori dalla sede diplomatica ecuadoriana. Scotland Yard ha potuto irrompere nell’Ambasciata e procedere all’arresto di Assange solo in seguito alla revoca dell’asilo politico da parte del presidente dell’Ecuador, Lenín Moreno.

Decisioni “sovrane” ed eredità scomode

“Il comportamento irrispettoso e aggressivo del signor Julian Assange, le dichiarazioni inopportune e minacciose fatte dalla sua organizzazione contro lo Stato dell’Ecuador e, soprattutto, il fatto che ha trasgredito gli accordi internazionali hanno comportato una situazione tale per cui mantenere la concessione dell’asilo al signor Assange è insostenibile e impraticabile – ha dichiarato il capo di Stato ecuadoriano nella giornata dell’arresto – La decisione sovrana dell’Ecuador è di dare per concluso l’asilo diplomatico che era stato concesso al signor Assange nel 2012”.

Con questo comunicato, Moreno ha voluto rimarcare che l’espulsione di Assange dall’Ambasciata è stata frutto di una risoluzione autonoma (sovrana, appunto) dell’Ecuador. “La revoca dell’asilo è avvenuta nel pieno rispetto del diritto internazionale […] Non prendiamo decisioni basate su pressioni esterne, da parte di nessun Paese”. Ciononostante, il governo di Quito è da allora al centro di una bufera internazionale: la sua mossa è stata duramente attaccata in quanto percepita come una dimostrazione di servilismo nei confronti degli Stati Uniti.
Certamente, la protezione di Assange, concessa dall’amministrazione precedente a quella di Moreno, era diventata un lascito complicato da gestire per l’attuale presidente. Alla luce del variare degli equilibri regionali e globali, ritirare questa offerta di asilo – nonché la cittadinanza ecuadoriana accordata ad Assange – è una mossa che assume un peso politico notevole.

L’istituzione giuridica dell’asilo è stata a lungo onorata in America latina. Numerosi Paesi del continente, tra cui appunto l’Ecuador, hanno aderito alla Convenzione sull’Asilo Diplomatico di Caracas (1954), che ne costituisce la base per il diritto internazionale. Come si diceva, lo status di rifugiato politico era stato garantito ad Assange nel 2012 dal governo socialista di Rafael Correa (al potere nel decennio 2007-2017), che politicamente aveva dimostrato, per molti versi, la tendenza a sottrarsi all’egemonia statunitense.

Chi ha paura di WikiLeaks?

Ora, nel caso in cui fosse portata a termine l’estradizione negli Stati Uniti, Assange dovrebbe subire un processo per spionaggio, crimine che negli USA può essere punito con l’ergastolo o persino con la pena di morte.

WikiLeaks, l’organizzazione che fa capo a Julian Assange e all’editor-in-chief Kristinn Hrafnsson, pubblica dal 2006 le “fughe di notizie” relative a centri di potere governativo, imprenditoriale o di altra natura, conservando l’anonimato dei suoi informatori (whistleblower). Nel 2010, ha diffuso una serie di documenti militari relativi alla guerra in Afghanistan e alla guerra in Iraq i quali rivelano, tra le altre cose, che le truppe americane e britanniche si resero responsabili dell’uccisione di civili (testimoniata anche da un video), oltre che di svariate inadempienze in termini di abusi, torture e violenze.

Dello stesso anno è anche il caso cablegate, che ha fatto breccia nel sistema governativo e diplomatico statunitense e ha divulgato migliaia di documenti contenenti valutazioni politiche di tipo confidenziale e segreto.

L’Ecuador è invece il diretto interessato dallo scandalo INA Papers: una trama di illeciti svelata da WikiLeaks che coinvolgerebbe direttamente il presidente Moreno e buona parte della sua famiglia. I documenti testimoniano atti di corruzione e lavaggio di denaro imputabili alla compagnia INA Investment, costituita dal fratello del presidente, Edwin Moreno, sfruttando la firma di imprese straniere offshore con sede a Panama e in altri paradisi fiscali. Moreno ha sempre respinto le accuse, qualificandole come tentativi di diffamazione da parte delle opposizioni.

Con tutto ciò, la questione che potrebbe essere decisiva per l’estradizione di Assange in Svezia (e da lì agli Stati Uniti) è di tutt’altra natura. Nel 2010, infatti, l’attivista informatico è stato denunciato per reati sessuali ai danni di due donne svedesi. Le indagini, chiuse da anni, ora potrebbero essere riaperte. I punti oscuri nel quadro di questi crimini sono molti. Assange ha sempre respinto le accuse, sottolineando invece come il caso giudiziario di Stoccolma fosse emerso proprio in coincidenza con le rivelazioni più scottanti di WikiLeaks.

Dalla parte di Julian Assange

Gruppi di attivisti per la libertà di espressione (tra cui Reporter Senza Frontiere) hanno criticato da subito le condizioni dell’arresto svoltosi l’11 aprile. L’avvocato di Assange, Jennifer Robinson, ha categoricamente negato che la condotta del suo cliente nella sede diplomatica fosse irrispettosa o fuori luogo. Piuttosto, ha rimarcato che la libertà di parola e l’etica giornalistica costituiscono il nodo centrale del conflitto, esprimendo estrema preoccupazione per il verificarsi di questo “pericoloso precedente”.

Anche il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria (WGAD) ha ritenuto eccessiva la sentenza del primo maggio. In un recente comunicato ha affermato che “il trattamento riservato al signor Assange contravviene ai principi di necessità e proporzionalità contemplati dagli standard dei Diritti Umani. Il WGAD reitera la sua raccomandazione al governo del Regno Unito […] affinché ripristini il diritto alla libertà personale del signor Assange.”  È la terza volta che l’ONU avanza questa richiesta.

Tra le reazioni di indignazione, spicca quella dell’ex presidente ecuadoriano Rafael Correa, che ha definito l’arresto “una vendetta personale e un tradimento”.

“La sorte di Julian Assange era già segnata. Sin dall’inizio del suo governo Lenín Moreno ha patteggiato con gli Stati Uniti la sua consegna – Questa la denuncia di Correa in una intervista con la BBC, nella quale vengono citate anche le precise circostanze. Naturalmente, il confronto diplomatico sul caso Assange andava avanti sin dal governo Correa – Non eravamo d’accordo con tutto l’operato di Assange […] Ciononostante, dopo aver esaminato il suo caso, abbiamo preso la decisione di impedire che fosse estradato negli USA, dove i falchi nordamericani lo avrebbero giudicato con una legge che contempla la pena di morte. Non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno per concedere asilo: siamo un Paese sovrano, o forse lo eravamo”.

Le implicazioni politiche del caso Assange

Rispetto alla stabilità dell’era Correa, che fino al 2014 aveva significato per l’Ecuador anche un netto miglioramento economico, il governo Moreno sta arrancando sotto il peso di diversi “fardelli” politici. A partire dalla vittoria elettorale nel 2017: l’ombra dei brogli, denunciati dall’opposizione, ne ha compromesso l’autorità fin dall’inizio. Da lì, è stato tutto un alimentarsi di dinamiche di polarizzazione tra “correismo” e “morenismo”, che di certo non hanno favorito quest’ultimo. L’unico rimedio che Moreno ha posto alla propria fragilità politica è stato crearsi un’identità sempre più distante da quella del suo predecessore e costruire così un margine di consenso lontano dall’eredità socialista. Molti accusano Moreno di aver tradito il suo partito e di essersi avvicinato alla destra e ai poli del potere imprenditoriale.

Ma la svolta che interessa il caso Assange è di un altro tipo – sebbene sia riconducibile alla stessa instabilità economica – e ha molto più a che vedere con il riavvicinamento dell’Ecuador alle istituzioni finanziarie internazionali e quindi con il rinnovato atteggiamento di compiacenza verso gli Stati Uniti. Per aver riallacciato i rapporti con il FMI, la critica più aspra verso Moreno è quella di avere, in parole povere, “venduto” Assange.
Rimane fuori da ogni dubbio che le relazioni Ecuador-USA sono migliorate sensibilmente con il cambio di presidente. Parallelamente, il governo di Quito si è allontanato dal blocco socialista regionale attraverso la decisione di uscire dall’ALBA e prese di posizione sempre più categoriche contro il regime di Maduro.

Come reso evidente dal conflitto politico in Venezuela, l’America latina è interessata da una ridefinizione sempre più netta delle dinamiche di allineamento con gli USA. In quest’ottica – e sul piano concreto – l’arresto di Assange non sorprende: Moreno non è nella posizione di poter sostenere un braccio di ferro con Washington. Tantomeno se si tratta di una questione delicata come l’estradizione del fondatore di WikiLeaks.

 

Fonti e approfondimenti:

Agenzia “Nodal”: “Casi un año de condena a Julian Assange por refugiarse en la embajada de Ecuador en Londres” 02/05/2019 https://www.nodal.am/2019/05/casi-un-ano-de-condena-a-julian-assange-por-refugiarse-en-la-embajada-de-ecuador-en-londres/

El Mostrador por BBC Mundo: “Arresto de Julian Assange: ¿por qué detienen ahora al fundador de WikiLeaks tras 7 años refugiado en la embajada de Ecuador en Londres?” 11/04/2019 https://www.elmostrador.cl/dia/2019/04/11/arresto-de-julian-assange-por-que-detienen-ahora-al-fundador-de-wikileaks-tras-7-anos-refugiado-en-la-embajada-de-ecuador-en-londres/

El Mostrador por BBC Mundo: “La dura acusación de Correa a Lenín Moreno por el arresto de Assange: “Es una de las traiciones más grandes en la historia latinoamericana” 12/04/2019 https://www.elmostrador.cl/dia/2019/04/12/la-dura-acusacion-de-correa-a-lenin-moreno-por-el-arresto-de-assange-es-una-de-las-traiciones-mas-grandes-en-la-historia-latinoamericana/

The Guardian: “UN calls for Julian Assange’s release from UK high-security jail” 03/05/2019 https://www.theguardian.com/media/2019/may/03/un-calls-for-julian-assanges-release-from-high-security-uk-jail

Actualidad RT: “Julian Assange, el clavo final de la traición de Lenín Moreno” 01/05/2019 https://actualidad.rt.com/opinion/eva_golinger/313489-julian-assange-clavo-traicion-lenin-moreno

Nueva Sociedad: “¿Hacia dónde va el Ecuador de Lenín Moreno? Entre una crisis persistente y un nuevo neoliberalismo” 06/2018 http://nuso.org/articulo/hacia-donde-va-ecuador-lenin-moreno-/

Nueva Sociedad: “Leninismo versus correísmo: la «tercera vuelta» en Ecuador” 11-12/2017 http://nuso.org/articulo/leninismo-versus-correismo-la-tercera-vuelta-en-ecuador/

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