Europa27+1: Regno Unito

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Fino a poche settimane fa, le elezioni europee del 2019 sarebbero state le prime senza il Regno Unito. In seguito al referendum del 2016, infatti, il Paese avrebbe dovuto abbandonare l’Unione Europea il 29 marzo 2019. L’11 aprile, tuttavia, il governo di Theresa May ha richiesto e ottenuto di rimandare l’uscita dall’Unione europea almeno fino al 31 ottobre 2019. In base ai trattati europei e alla legislazione nazionale, il Regno Unito è tenuto a partecipare alle elezioni, essendo ancora uno Stato membro.

L’evento influenza anche l’assegnazione dei seggi, precedentemente ridotti a 705 e in parte ridistribuiti tra gli altri 27 Stati membri. Con la partecipazione del Regno Unito, il Parlamento europeo torna a quota 751; ai britannici spettano 73 parlamentari.

Conservative and Unionist Party (Tories)

I conservatori, partito di governo dal 2010, si annunciano i principali sconfitti di questa competizione. Anche se le elezioni sono ormai inevitabili, il governo continua a sperare in un compromesso con l’opposizione, che garantirebbe la maggioranza necessaria ad approvare l’accordo con l’Ue entro il 2 luglio. Qualora ciò accadesse, gli eletti al Parlamento europeo non dovrebbero neanche insediarsi.

Di conseguenza, il partito ha praticamente scelto di partecipare solo formalmente alla competizione. Non ha pubblicato un programma né un manifesto ufficiale dei candidati, e non ha stanziato fondi per la campagna, costringendo i candidati ad autofinanziarsi. La strategia è motivata anche da un calcolo elettorale: molti elettori conservatori, delusi dal fallimento del governo sulla Brexit, sposteranno il loro voto al Brexit Party. Evitando di fare campagna, i Tories sperano di minimizzare le perdite e l’umiliazione. Pare che persino alcuni candidati conservatori voteranno per Farage alle elezioni europee.

I Tories fanno attualmente parte dei Conservatori e Riformisti Europei (CRE), gruppo fondato su iniziativa dell’allora primo ministro David Cameron e del premier ceco nel 2009, dopo una rottura con il PPE. Il movimento comprende partiti conservatori, antifederalisti ed euroscettici di destra e centrodestra.

I sondaggi danno il partito tra il 10 e il 15%, al terzo posto dietro Brexit Party e Labour: passerebbe quindi dagli attuali 19 MEP a meno di 10. Secondo sondaggi interni, i Tories potrebbero precipitare addirittura al sesto posto. Dopo la disfatta alle elezioni locali del 2 maggio, dove il partito ha perso più di 1.000 consiglieri, le europee ne confermeranno probabilmente la parabola discendente.

Labour Party

Nel caos della Brexit, il Labour ha contenuto le perdite evitando di schierarsi in modo troppo drastico per non perdere i voti nelle constituencies pro-Brexit, senza alienarsi il supporto degli elettori pro-Ue. La campagna per le europee, tuttavia, sta pian piano esponendo le contraddizioni interne al partito e i conflitti tra gli stessi membri.

I candidati sono tutti pro-Remain e sostenitori di un secondo referendum. Tra questi spicca Andrew Adonis, ex segretario ai trasporti e attualmente peer nella Camera dei Lord. Il programma, invece, non si può definire euroscettico, ma neanche apertamente pro-Remain, nonostante la posizione ufficiale del partito sia il supporto a un secondo referendum.

Il Labour di Corbyn cerca di collocarsi a metà strada tra Remain e soft Brexit, in modo tutto sommato pragmatico. Il programma riflette le tipiche priorità dei laburisti: non la Brexit, ma le politiche sociali e le tutele dei lavoratori. Queste si riflettono nell’impegno a trasformare le istituzioni e le politiche comunitarie dall’interno, ponendo fine all’austerity, combattendo le disuguaglianze e proteggendo i cittadini. Anche facendo campagna per le europee, il principale partito d’opposizione agisce sempre con un occhio al contesto nazionale.

Secondo i sondaggi i laburisti, che siedono tra i Socialisti e Democratici (S&D) nel Parlamento europeo, potrebbero ottenere tra il 20 e il 22% dei voti, conquistando 16 seggi (erano 20 nel 2014).

Brexit Party

Nel 1997, Nigel Farage prese il controllo dello UK Independence Party (UKIP), partito istituito per portare il Paese fuori dall’Unione Europea. Nel 2014, UKIP era in testa alle europee con 24 seggi; due anni dopo, era in prima fila nella campagna per il “No” al referendum. Oggi, Farage ha rotto con UKIP per le sue posizioni estremiste. Si presenta alle elezioni 2019 con un soggetto politico totalmente nuovo, lanciato il 12 aprile, e un messaggio molto chiaro: il Brexit Party.

Come è facilmente intuibile, il Brexit Party nasce e muore con un solo obiettivo: far rispettare il risultato del referendum del 2016, espressione democratica dei 17,6 milioni di cittadini che votarono per abbandonare l’Ue. Sicuramente è questo uno dei vantaggi principali rispetto a Labour e Tories: un messaggio chiaro e un volto noto, Nigel Farage, personaggio folcloristico e senza peli sulla lingua, ma anche noto per i suoi legami con figure populiste e di estrema destra in tutta Europa, da Viktor Orbán in Ungheria a Matteo Salvini in Italia. Per ribadire la sua natura di single issue party, il Brexit Party non pubblicherà un programma.

Il Brexit party ha attualmente 14 MEP, fuorusciti dall’UKIP. Secondo l’analisi del Financial Times, il partito è in testa ai sondaggi con il 29% dei voti, che gli consentirebbero di eleggere 22 parlamentari; questi si collocherebbero probabilmente nel gruppo di Europa delle Nazioni e delle Libertà (ENL).

UK Independence Party (UKIP)

Sempre euroscettico, ma ancora più a destra, si trova UKIP. Come già menzionato, il partito ha dominato le ultime elezioni europee, ponendo fine al duopolio di Labour e Tories nelle competizioni elettorali. Dopo il referendum del 2016, il partito si è di fatto disgregato, perdendo membri e parlamentari. Dei 24 MEP eletti nel 2014, ne restano soltanto 4, facenti parte di ENL: alcuni sono passati al Brexit Party, mentre altri sono ora indipendenti.

Il messaggio principale del programma resta impedire il tradimento del referendum e perseguire una hard Brexitrifiutando l’accordo sul tavolo e implementando l’opzione WTO.

In realtà, UKIP è ormai più noto per i suoi candidati discutibili e per le sue posizioni xenofobe e misogine. Il suo consigliere politico è Stephen Yaxley-Lennon, noto come Tommy Robinson, attivista di estrema destra; uno dei candidati, Carl Benjamin – noto online come Sargon of Akkad – è sotto indagine per un video su YouTube in cui ha affermato che potrebbe stuprare Jess Phillips, parlamentare laburista.

Le previsioni per l’UKIP non sono esaltanti: il partito è dato intorno al 3% dal Financial Times, in caduta libera dal 26,6% del 2014, e perderebbe tutti i propri rappresentanti.

Liberal Democrats

I Lib Dems sperano di sfruttare le elezioni del 23 maggio come un’occasione per rilanciarsi e migliorare il risultato del 2014, quando presero il 6,7% dei voti ed elessero un solo candidato. L’alleanza con i conservatori nel 2010 è costata molti consensi al partito, che tuttavia ha mostrato segnali di ripresa alle elezioni nazionali del 2017 (da 6 a 12 seggi) e alle elezioni locali del 2 maggio scorso (1.350 consiglieri, +703 dal 2015).

Da sempre favorevoli all’integrazione europea, i Lib Dems si presentano come “il principale partito pro-Remain”: il loro slogan è che “Un voto per i Liberal Democrats è un voto per bloccare la Brexit”. Rimanere nell’Ue consentirà al Regno Unito di affrontare le sfide pressanti del futuro, come il cambiamento climatico, le disuguaglianze e il crimine transfrontaliero. Solo nell’Unione il Paese ha la possibilità di essere un leader – internazionalista, aperto e liberale.

Il Financial Times stima i Lib Dems, affiliati all’ALDE, intorno al 13%, risultato che assicurerebbe loro 8 seggi.

Green Party

Il Green Party, come altri partiti verdi nell’Ue, ottiene storicamente buoni risultati alle elezioni europee. Si presenta come il gruppo pro-Remain più grande al Parlamento europeo: alle elezioni del 2014 prese l’8% dei voti, e spera di ripetere o migliorare questo risultato. I 3 MEP in carica, affiliati al gruppo europeo dei Verdi, sono inclusi nella rosa dei 70 candidati presentati in Inghilterra e Galles (gli Scottish Greens si presentano come partito fratello in Scozia).

In quanto partito europeista, il Green Party fa campagna per rimanere nell’Unione e per un secondo referendum. Il programma, però, va oltre la Brexit: oltre alle proposte ambientaliste, ovviamente centrali nell’identità del partito, i Verdi si presentano come un partito di trasformazione nazionale e internazionale, dalle politiche sociali alle migrazioni, fino alla tutela dei diritti fondamentali.

Change UK – The Independent Group

The Independent Group (TiG) è un nuovo partito, nato dall’alleanza tra alcuni parlamentari ex Labour e Tories pro-Ue. La nuova forza politica ambisce a scalzare i liberal-democratici da leader del centro politico e principale partito pro-Remain.

The Independent Group, tuttavia, fatica a trovare un’identità politica. La Commissione elettorale ha bocciato il nome originario, e pertanto TiG si presenta alle europee come Change UK, nome che però non riesce a far presa sull’elettorato. Il gruppo non avrà neanche un logo sulla scheda elettorale: anch’esso è stato bocciato dalla Commissione perché conteneva un hashtag, “#change”.

A queste elezioni europee, Change UK (che potrebbe confluire nell’ALDE, qualora eleggesse dei rappresentanti) si presenta con la priorità di rimanere nell’Ue e convocare un secondo referendum. Per la nuova formazione politica, tuttavia, la strada è in salita: il suo programma non si differenzia sostanzialmente da quello dei liberal-democratici, principali concorrenti, ed è meno progressista di quello dei Verdi. Una buona prova elettorale servirebbe a consolidare il partito e a prepararlo alle prossime elezioni nazionali, mentre un fallimento potrebbe determinarne la scomparsa.

Partiti locali

Oltre ai partiti nazionali, non bisogna dimenticare i partiti indipendentisti: Plaid Cymru in Galles e Scottish National Party (SNP) in Scozia. Entrambi fanno parte del gruppo europeo dei Verdi, sono pro-Remain e fanno campagna per un secondo referendum. Plaid Cymru conquistò uno dei 4 seggi gallesi nel 2014 e deve difendersi dalle insidie del Brexit Party; SNP dovrebbe dominare la competizione ed è stimato intorno al 40% in Scozia. Un simile risultato rafforzerebbe la posizione del partito e renderebbe un referendum sull’indipendenza più probabile.

L’Irlanda del Nord è un caso a sé, con un sistema elettorale separato (voto trasferibile invece del proporzionale) e partiti diversi. Ciascuno dei nove partiti in corsa presenta un candidato, più due indipendenti. Sinn Féin (repubblicani e affiliati alla Sinistra Unitaria Europea) e Democratic Unionist Party (DUP, alleati con i conservatori e non iscritti ad alcun gruppo) conquisteranno probabilmente un seggio ciascuno tra i tre in ballo; per il terzo, è testa a testa tra Ulster Unionist Party (UUP), che attualmente ha un MEP (tra i Conservatori e Riformisti come i Tories) e Social Democratic and Labour Party (SLDP, tra i S&D in Parlamento), secondo il Financial Times.

Conclusioni

Le elezioni europee sono un evento inatteso e indesiderato per i partiti principali, Labour e Tories, profondamente divisi sui termini della Brexit e sul sostegno a un secondo referendum. Questo clima tende a favorire i partiti con posizioni più nette sul tema: da un lato Brexit Party e UKIP, pro-Brexit, dall’altro una galassia di partiti europeisti – Liberal Democrats, Green Party e Change UK.

Tuttavia, mentre la fazione pro-Brexit è dominata dal partito di Farage, i partiti pro-Remain sono divisi e in competizione tra loro. Questa frammentazione potrebbe costare loro cara e consegnare la vittoria nelle mani del Brexit Party. Le elezioni europee sono state un evento storicamente marginale per gli elettori; il 23 maggio, tuttavia, potrebbe diventare una sorta di riedizione del referendum del 2016, con conseguenze imprevedibili per la politica nazionale.

Programmi dei partiti

Change UK – The Independent Group

UK Independence Party – UKIP (in pdf)

Liberal Democrats

Labour Party (pdf)

Green Party (pdf)

Scottish National Party

Plaid Cymru (pdf)

Fonti e approfondimenti

BBC, “EU elections: Change UK bid to ‘restore sanity’ to politics“, BBC, 13/05/2019

BBC, “2019 European elections: A party-by-party UK guide“, BBC, 13/05/2019

Burn-Murdoch, John, “Brexit tears apart support for big parties ahead of European poll“, Financial Times, 10/05/2019

Bush, Stephen, “Nigel Farage has quit UKIP. What is he up to?“, New Statesman, 04/12/2018

Bush, Stephen, “Why getting 5 per cent of the vote would be astonishingly good news for Change UK“, New Statesman, 13/05/2019

Curtice, John, “SNP could see all-time record result in EU election – Professor John Curtice“, The Scotsman, 14/05/2019

Financial Times Interactive Graphics, “EU Parliament elections: country-by-country poll tracker“, Financial Times (in aggiornamento)

Holton, Kate, “Britain’s Conservatives in fourth place in EU election poll, Farage leads“, Reuters, 11/05/2019

Hughes, Laura, Pickard, Jim e Parker, George, “Tories mount lacklustre campaign for European elections“, Financial Times, 08/05/2019

ITV Report, “European elections 2019: What you need to know“, ITV, 13/05/2019

Mason, Rowena, e Syal, Rajeev, “European elections: Tories could come sixth, officials fear“, The Guardian, 10/05/2019

Morris, Steven, “Brexit party sets sights on Labour’s Welsh strongholds“, The Guardian, 13/05/2019

Payne, Sebastian,”UK to hold European elections on May 23“, Financial Times, 07/05/2019.

Pickard, Jim, “Labour’s Andrew Adonis to stand as MEP“, Financial Times, 18/04/2019

Stewart, Heather, e Walker, Peter, “European elections: your guide to the vote you never expected“, The Guardian, 12/05/2019

Syal, Rajeev, “Police investigate Ukip candidate over Jess Phillips rape comments“, The Guardian, 07/05/2019

Walker, Peter, “Lib Dems enjoy local election ‘surge’ as Tory councils are toppled“, The Guardian, 03/05/2019

Usherwood, Simon (2016). “Did Ukip Win the Referendum?”. Political Insight. 7(2): 27–29

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