Dalla sua elezione come Primo Ministro nel 2018, Imran Khan è diventato una figura di riferimento a livello internazionale, confermando il ruolo centrale che occupa il Pakistan negli equilibri regionali. Prima di analizzare nello specifico come si sviluppano le relazioni tra il Pakistan e i principali interlocutori del Golfo – Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi e Qatar – è utile fornire una breve analisi del contesto. Come sottolineato in più occasioni da accademici, diplomatici e dalle leadership, sicurezza, cooperazione e immigrazione sono senza dubbio i principali aspetti attorno ai quali si snodano le relazioni tra questi Paesi.
La sicurezza è la principale preoccupazione dei Paesi arabi e del Pakistan. I primi, perché impegnati nel confronto neanche più tanto freddo tra sauditi e iraniani e nella gestione della persistente paralisi del Consiglio di Cooperazione del Golfo; il Pakistan, perché ancora scosso dal confronto con l’India sul Kashmir. Due conflitti che presentano due importanti similitudini: l’elemento religioso e l’interessamento da parte delle maggiori potenze mondiali. A causa degli articolati rapporti commerciali e politici tra i vari attori in causa, questi mantengono una posizione neutrale nei conflitti che non li riguardano in maniera diretta. Ad esempio, sia l’Iran che l’Arabia Saudita hanno cercato di non farsi coinvolgere nel confronto India-Pakistan iniziato lo scorso febbraio. Allo stesso modo, sia Nuova Delhi che Islamabad hanno cercato di non rompere con le due potenze regionali in conflitto nel Golfo, mantenendo una posizione attendista e votata all’assicurare la pace nella regione.
A livello economico, il Pakistan rappresenta una meta molto redditizia per la vendita di petrolio e gas, così come i pakistani residenti nei Paesi del Golfo rappresentano una grossa fetta del mercato interno delle petrolmonarchie. Quest’ultimo dato è connesso al terzo punto dell’analisi generale: la presenza di una grossa comunità pakistana nel Golfo. La stabilità e prosperità della comunità pakistana, però, è messa a rischio dalle politiche di incentivi lavorativi per chi possiede la nazionalità dei vari Paesi del Golfo a discapito delle altre.
Arabia Saudita-Pakistan, alla prova dello scontro religioso
A livello culturale ed economico, Arabia Saudita e Pakistan hanno una partnership salda e proficua. Il regno saudita, infatti, nei decenni scorsi ha investito nella costruzione di numerose moschee in Pakistan e ha assicurato il proprio sostegno economico ai maggiori leader del Paese, come il generale Zia-ul-Haq, che negli anni ’70 fu l’artefice dell’islamizzazione di quei territori. Inoltre, è del febbraio di quest’anno la decisione della Saudi ARAMCO (l’azienda d’estrazione petrolifera di proprietà della corona saudita) di stanziare dieci miliardi di dollari per la costruzione di una raffineria di petrolio nel porto di Gwadar in Pakistan, nella regione del Belucistan.
Un investimento faraonico che interessa sia al Paese ospitante sia a Pechino, che attraverso tale raffineria potrebbe accorciare i tempi dell’approvvigionamento petrolifero di diversi giorni, bypassando l’India. Riad, inoltre, finanzia numerosi progetti tesi allo sviluppo di vari settori economici pakistani: da quello immobiliare al commercio, passando per istruzione, turismo, informatica, comunicazione e agricoltura.
Per quanto riguarda l’aspetto sicurezza, il Pakistan mantiene ottimi rapporti sia con Riad sia con Teheran. Imran Khan, nelle sue recenti visite, ha da un lato accordato il proprio sostegno al regno saudita in seguito agli attacchi tramite droni avvenuti recentemente; d’altro canto però si è ben guardato dall’abbandonare una posizione neutrale nei confronti dell’Iran, sottolinenando invece la necessità di un risvolto pacifico della disputa.
La nota dolente delle relazioni Islamabad-Riad è sicuramente rappresentato dalla questione immigrazione. Secondo le stime del Ministro dei pakistani all’estero, in Arabia Saudita vivono circa 2,6 milioni di pakistani e il regno è considerato la meta migliore per espatriare secondo 9 pakistani su 10. Tuttavia, la vita degli expat pakistani è messa a dura prova dall’implementazione della saudization, politica messa a punto da Riad nel tentativo di incentivare i sauditi a entrare nel mercato del lavoro. Tale azione, però, si ripercuote negativamente sulle comunità expat, quella pakistana in testa, che hanno visto diminuire le opportunità lavorative.
Nel 2016 ad esempio, in seguito a una stretta sui visti, circa 40.000 pakistani sono stati deportati dal Paese. Le autorità hanno dato come motivazione la possibilità che essi fossero collegati a Daesh, e quindi rappresentassero una minaccia per la sicurezza nazionale. Resta però il fatto che dal 2013 al 2015 i pakistani rimpatriati sono stati circa 243.000 e spesso in seguito a proteste connesse alla richiesta di paghe migliori e maggiori diritti sul luogo di lavoro. Tutto ciò rappresenta una grande minaccia per l’economia del Pakistan stesso, poiché molte famiglie vivono grazie alle rimesse di chi lavora in Arabia Saudita.
Iran-Pakistan, vicini alleati-rivali
Il rapporto tra Teheran e Islamabad è stato segnato da momenti di vicinanza e periodi di accesa rivalità. Prima del 1979 l’Iran era stato, infatti, il migliore alleato del Pakistan. Lo Scià fu il primo capo di Stato a riconoscere la nascita del Pakistan nel 1947 e sostenne il Paese durante la guerra con l’India nel 1971. I due Stati, in quella fase, iniziarono una cooperazione strategica che dura tuttora, come dimostrato dal recente caso dell’insurrezione nella provincia comune del Belucistan. Tale regione, infatti, è divisa tra Iran e Pakistan e da diversi anni è teatro dell’insurrezione di una minoranza che rivendica l’indipendenza da Islamabad e Teheran.
L’anno spartiacque di questo rapporto è stato proprio il 1979. La Rivoluzione Khomeinista, infatti, fece emergere un profondo sentimento anti-USA, condizione che allontanò il favore di Islamabad, attenta in questa fase a mantenere saldi i rapporti con Washington. Nonostante continuarono a scambiarsi messaggi di sostegno reciproco, soprattutto perché accomunati dal punto di vista religioso, i due Paesi hanno però iniziato ad allontanarsi per questioni, spesso, di livello internazionale. È il caso della partecipazione del Pakistan al supporto militare del GCC, sotto pressione di Washington, o delle divergenze sul destino dell’Afghanistan all’indomani dell’invasione sovietica. In tale scenario, infatti, Islamabad assicurò il proprio supporto alla fazione sunnita dei Taliban, mentre l’Iran si schierò apertamente contro. Questo portò ad una escalation di tensioni che spinse Teheran ad avvicinarsi all’India e il Pakistan e raffreddare i rapporti con il vicino sciita.
A livello di sicurezza e rapporti diplomatici, i due Paesi si sono attualmente riavvicinati, soprattutto in ragione della neutralità del Pakistan sulla questione nucleare iraniana. Islamabad sta cercando di mantenere una posizione neutrale nei confronti del vicino iraniano, senza alienarsi il supporto di Stati uniti, Arabia Saudita e Unione Europea. Restano comunque motivi di tensione con Teheran, soprattutto a causa dell’intensificarsi della tensione lungo il confine che separa i due Paesi. Infatti, a seguito dell’attentato avvenuto lo scorso febbraio a Khash-Zahedan e costato la vita a 27 guardie della rivoluzione iraniane, Teheran ha accusato il Governo pakistano di non essere in grado di assicurare la sicurezza lungo il confine, aumentando la tensione in un momento già difficile per il riaccendersi degli scontri Pakistan-India circa il controllo del Kashmir.
Nonostante il rapporto diplomatico altalenante, i rapporti economici tra i due Paesi rimangono saldi. Dal 2001 esiste una commissione per il commercio bilaterale che negli anni ha visto i propri numeri crescere e diventare fondamentali per entrambi. È ancora allo stato teorico la costruzione di un gasdotto che avrebbe dovuto collegare i due Paesi e l’India. A seguito dello sfilarsi dal progetto da parte di Nuova Delhi, sotto pressione americana, questo è rimasto in sospeso, nonostante i grandi sforzi finanziari.
Il terzo è ultimo punto riguarda il fenomeno migratorio, soprattutto nella regione condivisa del Belucistan. Qui, come già detto, sussistono notevoli difficoltà nel controllo congiunto della popolazione autoctona da parte delle autorità di ambo i Paesi.
Pakistan-UAE-Qatar, così diversi, così uguali
Agli occhi del Pakistan, i due Paesi arabi presentano notevoli similitudini, tanto che il loro rapporto con Islamabad può essere affrontato in maniera congiunta. Partendo dalla rottura del quartetto Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrain si può già dimostrare come il Pakistan sia riuscito a non farsi trascinare nella disputa. Infatti, all’indomani dell’esplosione della crisi, Nafees Zakaria, portavoce del Ministero degli Affari Esteri pakistano ha fatto intendere di non rilevare motivi per interrompere il rapporto diplomatico con Doha.
Tale equilibrismo, come già mostrato nel caso Arabia Saudita-Iran, è una cifra caratteristica della postura del Governo pakistano nella regione, ed è dovuto all’intreccio di interessi coltivati con ambo le parti dei conflitti. Se quindi da un lato Islamabad fornisce assistenza militare all’aviazione emiratina e riceve ingente supporto economico da Abu Dhabi, dall’altro ha saputo mantenere ottimi rapporti con Doha, beneficiando di importanti investimenti anche da parte qatariota.
A unire Emirati e Qatar, però, non sono solamente gli investimenti in Pakistan. Infatti, in entrambi i Paesi sono presenti due consistenti comunità pakistane, che contribuiscono da sempre all’espansione economica dei due Stati del Golfo. Queste comunità, però, sono minacciate dalle politiche di coinvolgimento lavorativo degli autoctoni, implementate dalle leadership del Golfo, come nel sopracitato caso saudita. Si stima che negli Emirati siano presenti 1,2 milioni di pakistani mentre in Qatar ne siano presenti 150.000.
Entrambi i Paesi possono essere considerati irrinunciabili per Islamabad, che infatti si guarda bene dal prendere parte per uno o per l’altro, cercando di salvaguardare la sicurezza dei propri connazionali espatriati. Va detto che tale atteggiamento ambivalente è reciproco. Ad esempio, Abu Dhabi mantiene allo stesso tempo un rapporto stretto con l’India, nonostante la vicinanza strategica con Islamabad, come anche Doha, diversificando i propri investimenti.
Conclusioni
Equilibrismo ed equidistanza possono essere considerati i concetti chiave del rapporto tra gli Stati del Golfo e il Pakistan. I vari Paesi analizzati cercano di mantenere congelato il quadro militare, permettendo così al tessuto economico di prosperare. Questa condizione, però, potrebbe precipitare in qualsiasi momento, poiché tutti gli attori in causa posseggono degli obiettivi non negoziabili, che se dovessero essere perseguiti con maggiore assertività, darebbero l’innesco al crollo di tutte le relazioni intrecciate finora.
Fonti e approfondimenti
Mehtab. 1997. “The Foreign Policy of Pakistan: Ethnic Impacts on Diplomacy, 1971-94“. Bloomsbury Academic.
Muhammad. 2012. “Pakistan-Iran relations: Future challenges“. Islamabad Policy Research Institute.
Nader, Scotten, Rahmani, Stewart e Mahnad. 2014. “Iran’s Influence in Afghanistan: Implications for the U.S. Drawdown” RAND Corporation.
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