L’alawismo è una setta distaccatasi dallo sciismo duodecimano nel IX secolo. La dottrina è di tipo sincretico, ovvero unisce principi musulmani con elementi derivanti dalle altre religioni diffuse nel Medio Oriente. Considerati eretici dagli altri musulmani, gli adepti sono stati a lungo perseguitati. Con l’ascesa al potere di Hafez al-Assad, gli alawiti hanno ottenuto il controllo della Siria, pur essendo una minoranza. La brutalità del regime di Damasco ha però innescato un distanziamento dei correligionari dall’attuale presidente Bashar al-Assad.
Le origini
Gli adepti della setta chiamano sé stessi alawiti (da Ali bin Abi Talib, una figura fondamentale), ma sono noti anche come nusairiti. Questo secondo nome viene da Muhammad ibn Nusayr, che intorno all’859 D.C. gettò a Baghdad le basi della nuova dottrina. Egli fu discepolo dell’undicesimo imam duodecimano, Hasan al-Askari. Tuttavia, venne allontanato insieme ai suoi seguaci dalla comunità sciita quando sostenne di aver ricevuto da al-Askari la vera conoscenza sulla natura di Dio e del cosmo; queste rivelazioni l’avrebbero reso il bab (porta) attraverso cui i fedeli avrebbero potuto accedere agli stessi segreti.
All’inizio del X secolo la maggior parte dei seguaci di Ibn Nusayr emigrò da Baghdad a quella che è attualmente la città di Harran, inTurchia. Da qui la nuova dottrina iniziò a diffondersi nella Siria nordoccidentale. Tuttavia, tanto i sunniti quanto gli sciiti considerarono gli alawiti eretici e negarono loro lo status di musulmani. Pertanto, la storia della setta è stata segnata fin dal principio da persecuzioni e il gruppo si ritrovò più volte sull’orlo dell’estinzione.
Per sopravvivere, i leader alawiti chiesero alle autorità sunnite al governo in Siria (prima i mamelucchi, poi gli ottomani) di essere riconosciuti come ahl al-kitab (gente del Libro), monoteisti che avevano ricevuto la Rivelazione. In cambio, si resero disponibili a pagare la jizya, la tassa imposta a cristiani ed ebrei per poter vivere all’interno dei domini musulmani. Inoltre, gli alawiti si ritirarono in aree montuose di difficile accesso nella zona di Latakia, chiudendosi al resto del mondo. L’isolamento e l’idea di essere una minoranza perseguitata aiutarono lo sviluppo di un forte senso identitario.
Il credo alawita: docetismo, trasmigrazione e iniziazione
L’alawismo è una religione sincretica, che trae ispirazione dallo gnosticismo orientale, dal neoplatonismo, dalle religioni persiane antiche e dal cristianesimo. Con quest’ultimo in particolare condivide la celebrazione di alcune festività, come il Natale e la Pentecoste, e l’uso del vino nei rituali religiosi. Per comprendere la dottrina alawita sono fondamentali tre concetti: il docetismo, la trasmigrazione delle anime e il sirat.
Prendendo ispirazione dallo zoroastrismo e dal cristianesimo gnostico, il cosmo viene concepito in maniera dualistica. In origine, Dio creò una dimensione di pura luce; tuttavia, le creature che lo abitavano commisero peccato, generando un mondo materiale impuro, la dunya, nel quale caddero. Il male compiuto dette inoltre vita ai demoni guidati da Iblis (Satana).
L’alawismo rifiuta l’idea dell’incarnazione divina. Dio può però manifestarsi nella dunya tramite il docetismo (dal greco dokéin, “apparire”), assumendo sembianze umane. I profeti, i santi e i dodici imam non sono altro che personificazioni dei vari aspetti divini; tra queste, Ali è quella più nobile e pura. Pertanto, la shahada (professione di fede) alawita è “non c’è altro Dio all’infuori di Ali”. Questa dichiarazione ha portato gli altri musulmani a credere erroneamente che i nusairiti venerassero la persona umana di Ali. L’ultima personificazione divina giunta tra gli uomini fu il dodicesimo imam Muhammad al-Mahdi.
Data la loro stessa natura, le personificazioni divine non potevano realmente morire: al momento della loro presunta scomparsa, vengono invece sostituite per ingannare gli infedeli. Per esempio, Giuda sarebbe stato crocifisso al posto di Gesù e a Kerbala, dove secondo lo sciismo duodecimano venne martirizzato Husayn, morì il califfo Omar.
Al dualismo mondo di luce/dunya è legata la trasmigrazione delle anime. Come nell’induismo, la reincarnazione ha una connotazione negativa ed è vista come una punizione. Dopo la caduta nel mondo materiale le anime sono costrette a trasmigrare continuamente in nuovi corpi, in base alle azioni compiute nella vita precedente. Nel caso di peccati particolarmente gravi, l’anima viene trasferita in materia inanimata, rimanendovi intrappolata fino al Giorno del Giudizio.
Prima della fine dei tempi, non è possibile sfuggire alla continua trasmigrazione. L’unico modo per tornare anticipatamente al mondo di luce è il cammino mistico (sirat), che permette di accedere ai segreti della setta.
Il sirat è un mistero non solo per gli studiosi, ma anche per i fedeli stessi. La comunità alawita è infatti divisa tra la khassa, l’élite che ha avuto accesso alla conoscenza, e la‘amma, la massa inconsapevole. L’iniziazione ai segreti della setta è limitata a pochi prescelti. Possono essere avviati al cammino mistico solo i figli maschi di due genitori alawiti fisicamente sani (difetti e deformità sono considerati segni di una precedente vita da peccatore). Se ritenuti degni della fiducia della setta, i ragazzi intraprendono il percorso di iniziazione a partire dai sedici anni circa. Il sirat avviene tramite la guida di un maestro, che diventa il padre spirituale dei giovani affidatigli. Una volta raggiunto il livello più alto di conoscenza e consapevolezza, il mistico è libero dal ciclo di trasmigrazioni. Secondo alcune fonti, coloro che sono riusciti a raggiungere il paradiso di luce diventano visibili nel mondo materiale come stelle.
Dal mandato francese all’ascesa degli Assad
La storia degli alawiti è strettamente legata alle vicende politiche della Siria. In base all’accordo Sykes-Picot, nel 1920 la Siria finì sotto il mandato francese. Seguendo il principio del divide et impera, Parigi creò all’interno del Paese piccoli Stati autonomi per le minoranze. Gli alawiti, uno dei gruppi più poveri e meno scolarizzati, ricevettero un proprio dominio con capitale Latakia. La setta si dimostrò quindi favorevole alla dominazione straniera.
Nel 1946, il mandato francese terminò e il potere passò in mano alla maggioranza sunnita. Per il nuovo governo di Damasco la regione di Latakia era fondamentale, poiché costituiva l’unico sbocco sul mare. Gli alawiti furono quindi costretti a rinunciare all’idea di uno Stato indipendente e a integrarsi nella società siriana. Molti nusairiti ottennero ruoli chiave nell’esercito, considerato un’istituzione per le minoranze; durante il dominio straniero i sunniti disdegnavano il servizio militare, visto come un asservimento a Parigi. Al contrario, i gruppi minoritari erano ben disposti verso i francesi e , l’associazione tra esercito e minoranze rimase anche dopo l’indipendenza. La carriera militare era inoltre l’unico modo per i giovani provenienti dalle zone rurali e povere per ottenere uno stipendio remunerativo. Anche il Baath, il partito socialista fondato nel 1947, attirò molti alawiti, specialmente studenti: il partito non teneva conto delle differenze etnico-religiose e il secolarismo che proponeva eliminava la discriminazione contro le minoranze religiose.
L’8 marzo 1963 il governo siriano venne rovesciato da un colpo di Stato baathista organizzato dall’esercito. Gli alawiti ebbero un ruolo fondamentale nel golpe, soprattutto grazie alla presenza di un giovane ufficiale di Qardahah, Hafez al-Assad. Divenuto ministro della difesa, nel novembre 1970 Hafez al-Assad organizzò un altro colpo di Stato, divenendo presidente. Il nuovo leader cercò, almeno apparentemente, di creare un’identità nazionale unitaria. Le differenze settarie dovevano essere superate e gli alawiti vennero incoraggiati a integrarsi all’interno della comunità musulmana siriana. Per favorire ciò, Assad riuscì a ottenere una fatwa (parere giuridico) che dichiarava gli alawiti sciiti. La maggioranza sunnita non venne in alcun modo oppressa (con l’eccezione dei curdi, le cui specificità culturali vennero negate); al contrario, il sunnismo venne presentato come l’Islam “ufficiale” della Siria.
Tuttavia, questa inclusività fu solo apparente. A livello politico, Assad favorì i propri correligionari, affidando loro ruoli chiave nel governo, nell’esercito e nei servizi segreti. Di fatto, il potere in Siria divenne appannaggio degli alawiti.
Con la morte di Hafez al-Assad il 10 giugno 2000, il potere passò in mano al figlio Bashar, ancora oggi in carica. Come il predecessore, egli nega ufficialmente le differenze settarie; allo stesso tempo, continua ad affidare ruoli chiave agli alawiti.
Gli alawiti oggi

Figura 1.1 L’attuale distribuzione degli alawiti in Medio Oriente. Fonte: Wikipedia Commons
Oggi gli alawiti siriani sono circa un milione (altri 300.000 vivono all’estero), formano il 12% della popolazione e la maggior parte di essi vive ancora nella zona di Latakia.
La comunità alawita, insieme a quella cristiana e drusa, ha sostenuto gli Assad, i cui favoritismi avevano garantito sicurezza dopo secoli di marginalizzazione e persecuzioni. Per molto tempo l’identità nusairita è stata legata a doppio filo con la fedeltà al regime. Qualora la maggioranza sunnita, (il 64% della popolazione,) avesse preso il potere, i privilegi guadagnati a partire dal 1970 sarebbero potuti svanire. Inoltre, si temeva che una caduta degli Assad avrebbe innescato una nuova ondata di persecuzioni ai danni delle minoranze.
Tuttavia, nel corso del conflitto civile ancora in corso, gli alawiti hanno iniziato a prendere le distanze dalla brutalità del regime. Nel 2016, i leader della khassa rilasciarono un documento in cui dichiararono che un governo legittimo deve basarsi sulla democrazia e i diritti fondamentali. Inoltre, i vertici alawiti affermarono di non appartenere allo sciismo, ma a un ramo separato dell’Islam. Questo secondo punto ha forti implicazioni politiche, in quanto rivela un desiderio di allontanamento dall’Iran.
In conclusione, la famiglia Assad è stata fondamentale per la comunità alawita siriana. Tuttavia, è sbagliato credere che oggi il presidente sia sostenuto ciecamente da tutti i suoi correligionari. Al contrario, molti nusairiti si sono schierati apertamente contro il regime e l’erosione del consenso alawita potrebbe avere importanti implicazioni per il futuro del governo di Damasco.
Fonti e approfondimenti
Aslam Farouk-Alli, Sectarianism in Alawi Syria: Exploring the Paradoxes of Politics and Religion, Journal of Muslim Minority Affairs 34/3, 2014, pp. 207-226
Yaron Friedman, The Nusayri-‘Alawis. An Introduction to the Religion, History and Identity of the Leading Minority in Syria, Brill, 2010
Christopher Phillips, Sectarianism and conflict in Syria, Third World Quarterly 36/2, 2015, pp. 357-376
Daniel Pipes, The Alawi capture of power in Syria, Middle Eastern Studies n. 25, 1989, pp. 429-450
Nir Rosen, Assad’s Alawites: The guardians of the throne, Aljazeera, 10/10/2011
Nir Rosen, Syria’s Alawite activists stuck in the middle, Aljazeera, 08/03/2012
Caroline Wyatt, Syrian Alawites distance themselves from Assad, BBC, 03/0472016
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