Il 23 settembre la Commissione europea ha presentato il patto sulle migrazioni e l’asilo con l’obiettivo di alleviare la pressione sui Paesi di primo soccorso. In precedenza, la presidente Ursula von der Leyen l’aveva definito come un passo avanti rispetto al Regolamento di Dublino, attualmente in vigore. Ma la proposta è stata interpretata come un progetto poco ambizioso che non riesce ad archiviare veramente Dublino e i suoi punti deboli. Mentre si aspetta l’approvazione del Parlamento, proviamo a fare chiarezza sulla storia recente delle politiche migratorie e d’asilo dell’Unione europea.
In cosa consiste il regolamento di Dublino
Il regolamento di Dublino, o meglio “Sistema Dublino”, è responsabile dell’armonizzazione delle politiche degli Stati europei su asilo e migrazione. Stabilendo quali Paesi si debbano occupare dell’esame delle richieste di asilo all’interno dell’Unione, assicura che ciascuna richiesta venga analizzata nel rispetto della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.
Il principio cardine del sistema è quello del primo Paese di arrivo, secondo cui lo Stato di ingresso dell’UE è incaricato di gestire la pratica del richiedente asilo nella sua interezza. È stato introdotto ufficialmente nel 1990 attraverso la ratifica della Convenzione di Dublino, entrata in vigore però solo nel 1997.
Nel 1999 sopraggiunse la prima modifica in seguito al Trattato di Amsterdam: la competenza in materia d’asilo diventava comunitaria ma il principio di primo Paese restava immutato. Siamo all’epoca di Dublino II, da cui la Danimarca fu esclusa su richiesta del governo che negoziò una clausola di esclusione.
Infine, nel 2014, l’ultima modifica portò a Dublino III, regolamento che mantenne sostanzialmente immutati i principi di base del Sistema ma con alcune modifiche. La nuova disciplina confermava il divieto di presentare domanda in più Stati, ma ampliava i termini per il ricongiungimento familiare, le possibilità di fare ricorso e rafforzava il sistema di tutela dei minorenni.
Criticità del Sistema Dublino
Negli anni, il Sistema ha ricevuto molte critiche, soprattutto da parte di organizzazioni per la difesa dei diritti umani, dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati e il Consiglio europeo per i rifugiati. La scarsa attenzione alle necessità dei singoli e i tempi troppo lunghi impiegati per esaminare le richieste hanno messo a dura prova la gestione dei Paesi dell’Europa meridionale, alle porte delle due rotte maggiormente percorse dai migranti, quella balcanica e quella mediterranea.
Sia Commissione che Parlamento hanno provato a cambiare le regole, incontrando però sempre l’opposizione del Consiglio europeo, l’organo in cui siedono i capi di Stato e quindi maggiormente influenzato dagli interessi nazionali. Si è creato infatti, nel tempo, un fronte di opposizione (guidato da Austria, Polonia e Ungheria – e i Paesi del blocco Visegrád) che non ha mai accettato riforme che potessero colmare gli squilibri di responsabilità. Dal 2015, anno della cosiddetta crisi dei rifugiati – quando più di un milione di persone cercò soccorso in Europa –, le spaccature tra i Paesi di frontiera come Italia e Grecia e quelli che rifiutavano di accogliere richiedenti asilo sono diventate estremamente profonde. Con questa consapevolezza, la Commissione von der Leyen ha presentato il nuovo progetto.
“Un edificio di tre piani” per restaurare la fiducia tra Stati
Pochi giorni prima dell’annuncio del nuovo patto, il campo migranti di Moria, sull’isola greca di Lesbo, è stato dato alle fiamme. L’hotspot più grande d’Europa ospitava almeno 12.000 persone quando, la notte dell’8 settembre, è stato distrutto dal fuoco di tanti piccoli roghi di natura dolosa. L’enorme centro, composto da una gigantesca baraccopoli che si è andata ampliando dal 2015 in poi, era il simbolo dell’inadeguatezza delle politiche migratorie europee e dell’inasprimento delle procedure per l’ottenimento del diritto d’asilo. Di quella che in molti chiamano “fortezza Europa”.
Nelle baracche rase al suolo, alcuni rifugiati hanno vissuto a lungo, a volte anche per anni, in condizioni inaccettabili, peggiorate ulteriormente dall’emergenza sanitaria in corso. Per questo motivo, l’annuncio della Commissione di un nuovo patto che avrebbe messo fine una volta per tutte al Regolamento di Dublino aveva fatto sperare tutti. Quello che è stato introdotto dalla presidente von der Leyen, poi spiegato in dettaglio dal vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, è invece un complesso sistema paragonato a un “palazzo di tre piani” che, fino a ora, ha sollevato più perplessità che consensi.
Il primo piano del Patto è quello della dimensione esterna, “molto forte” e concentrata sulla stipula di accordi con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori. L’obiettivo è quello di aiutare questi Paesi a limitare le partenze e trattenere le persone.
Il secondo piano sarà invece un rafforzato sistema di screening alle frontiere, che prevede l’istituzione di una nuova guardia costiera europea fornita di più personale, strumenti e imbarcazioni. Le procedure di identificazione, secondo Schinas, saranno così più rapide e chiare.
Infine, l’ultimo piano sarà un “meccanismo di solidarietà rigoroso ma giusto” che introduce la novità del sistema dei “ritorni sponsorizzati” dei profughi arrivati in Europa, secondo il quale i Paesi che rifiutano di accogliere i rifugiati potranno farsi carico delle spese per il rimpatrio. Se quindi Ungheria o Austria vorranno continuare a tenere chiusa la porta ai richiedenti asilo, potranno farlo fornendo aiuti economici a Paesi di prima accoglienza, come Italia e Grecia, che dovranno portare avanti l’eventuale rimpatrio.
“Cambiare tutto per non cambiare niente”
La prima cosa che salta all’occhio di chi legge la nuova proposta è il fatto che il principio cardine del Sistema Dublino, quello del primo Paese d’ingresso, non viene messo realmente in discussione dal nuovo patto. Saranno sempre i Paesi di frontiera a dover accogliere i migranti, questa volta però determinando l’eleggibilità per l’asilo in soli 5 giorni. L’esame dei singoli casi e il rilascio dei documenti non dovranno durare più di 12 settimane. Inoltre, non ci sono riferimenti a quote obbligatorie di ricollocamento dei richiedenti asilo all’interno dell’Unione né sanzioni per i governi che si rifiutino di collaborare al buon funzionamento del sistema.
Invece di incalzare per una gestione più omogenea e solidale dell’emergenza migratoria, la Commissione ha proposto un piano per rafforzare i confini, aumentare i rimpatri e limitare le partenze dai Paesi terzi stipulando accordi con Paesi di origine giudicati sicuri. Il problema è che ogni Stato europeo ha una lista diversa, cosa che potrebbe rendere disomogenee le decisioni al momento di concedere o meno protezione internazionale.
Come ha detto la commissaria agli affari interni Ylva Johansson, ciò che conta ora è “ricostruire la fiducia tra gli Stati membri”, a qualsiasi costo. Anche di mettere a rischio la tutela e il rispetto del diritto d’asilo. Nonostante la proposta del nuovo patto sulle migrazioni e l’asilo ambisca a dirimere i contrasti interni al Consiglio dell’UE, Bruxelles rischia di ottenere l’effetto opposto. Stando ai primi commenti, non tutti gli Stati hanno espresso fiducia nel patto. Mentre il ministro degli Interni tedesco Seehofer si è dichiarato ottimista a riguardo, l’omologo maltese si è detto scontento perché nel patto il ricollocamento dei richiedenti asilo resta una scelta volontaria e non un obbligo. Infine, il ministro delle Migrazioni greco Mitarachi ha dichiarato a POLITICO che senza un preciso programma di ridistribuzione, il nuovo patto è destinato a fallire.
Fonti e approfondimenti
Ispi Daily Focus, Europa: un nuovo vecchio Patto sulle Migrazioni, Ispi, 23/9/2020;
Camilli, Annalisa, Che cos’è il patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, Internazionale, 17/9/2020;
Camilli, Annalisa, Sarà davvero abolito il regolamento di Dublino?, Internazionale, 23/9/2020;
Spinelli, Francesca, Gli scenari distopici del patto europeo sull’immigrazione, Internazionale, 24/9/2020;
Mastrodonato, Luigi, Il nuovo patto sull’immigrazione segna l’ennesimo passo indietro dell’Ue, Wired, 24/9/2020;
Archivio Internazionale, Come funziona il Sistema di Dublino, Internazionale, 16/5/2019;
Ruy, Donatienne, e Yayboke, Erol, Deciphering the European Union’s New Pact on Migration and Asylum, CSIS, 29/9/2020;
Commissione europea, Press Corner, New Pact on Migration and Asylum: Questions and Answers, 23/9/2020.