Presidenziali in Cile: il ballottaggio di un Paese diviso

Kast - Boric
@Agencia Mediabanco - Flickr - (CC BY 2.0)

Questa domenica, 19 dicembre, si terrà la seconda tornata delle elezioni presidenziali che – in un modo o nell’altro – cambieranno il volto del Cile. Nel corso di poco più di un anno, gli abitanti del Paese sudamericano sono stati chiamati a esprimere il proprio voto un numero eccezionale di volte. Oltre al referendum costituzionale e all’elezione dei membri dell’assemblea incaricata di scrivere la nuova Carta fondamentale del Cile, si è votato per sindaci, consiglieri, governatori regionali e membri del Parlamento.

A poche settimane dall’ultimo appuntamento, dal quale sono emersi i nomi dei due candidati che ora si sfideranno per la carica più alta, alcuni analisti hanno avvertito il rischio di un “affaticamento” elettorale. Allo stesso tempo, data la posta in gioco elevata e le posizioni dei due contendenti che non potrebbero essere più distanti, le ultime fasi della campagna hanno riacceso l’interesse e portato con sé un certo carico di tensione. Ancora una volta, si tratta di un voto storico per il Cile.

Un governo di cambiamento, ma che dovrà fare i conti con il centro

In una direzione o nell’altra, per i prossimi quattro anni il Paese sarà guidato da un governo di rottura. Sarebbe troppo semplicistico descrivere questa polarizzazione come “estrema destra contro estrema sinistra”. Di certo, però, c’è che il progetto della destra moderata ha dovuto incassare un fallimento: lo schieramento oficialista non è riuscito a portare il suo candidato Sebastián Sichel al ballottaggio.

Nelle ultime settimane, a ogni modo, José Antonio Kast e Gabriel Boric hanno flessibilizzato alcune delle loro proposte più radicali. Dopo aver ottenuto rispettivamente il 27,9% e il 25,8% delle preferenze, entrambi i candidati sono coscienti che ora la partita si gioca sull’ampia fetta di voti restanti e che convergono verso il centro dello spettro politico. Soprattutto, in un Paese in cui il voto è volontario (nel panorama latinoamericano il Cile rappresenta un’eccezione), sarà più che mai cruciale convincere i cittadini che altrimenti opterebbero per l’astensionismo. Nel primo turno del 21 novembre, infatti, si è recato alle urne solo il 47% degli aventi diritto.

Una ragione in più per dimostrarsi aperti al dialogo è la consapevolezza del fatto che anche il futuro Parlamento si configura spaccato tra destra e sinistra, in base al risultato del voto di novembre. In controtendenza rispetto agli ultimi trent’anni, la governabilità e la stabilità diventano nodi da non sottovalutare.

José Antonio Kast: il pinochetismo non appartiene più solo al passato

Non è così immediato capire perché la maggior parte degli elettori, al primo turno, abbia deciso di dare la propria preferenza per un candidato come Kast. Il rappresentante dell’estrema destra, infatti, sembra smentire categoricamente tutti gli ideali che dall’estallido social hanno portato il Cile sotto i riflettori del mondo, e non avere nulla a che spartire con il percorso di rinnovamento intrapreso negli ultimi due anni, anzi.

L’avvocato ultraconservatore di 55 anni corre per il Partido Republicano, fondato recentemente da Kast stesso, dopo aver interrotto la sua storica militanza con la Unión Demócrata Independiente (UDI). Il pubblico principale del suo programma politico è proprio l’elettore preoccupato dal rapido cambiamento di paradigma sociale ed economico iniziato con la stagione di proteste. Tutto il suo discorso ruota intorno alla restaurazione dell’ordine e della stabilità, “perdute” con la messa in discussione del modello neoliberista cileno.

Significativamente, in occasione del referendum per la nuova Costituzione, Kast aveva con decisione fatto campagna per il mantenimento della carta promulgata durante la dittatura. Di più, il candidato non ha mai fatto mistero della sua ammirazione per il generale Pinochet.

È la seconda volta che corre per la presidenza del Cile. Già quattro anni fa – nell’ambito della sua prima campagna, nella quale aveva totalizzato l’8% – avevano fatto scalpore alcune sue affermazioni: «Se Pinochet fosse vivo, voterebbe per me» e «se mettiamo da parte il tema dei diritti umani, il governo di Pinochet ha favorito lo sviluppo del Paese più di quello di Sebastián Piñera».

Le ragioni dell’exploit di Kast al primo turno

Allora, Kast era riuscito a capitalizzare una discreta popolarità. Per i settori più conservatori della società cilena, il suo stile posato e il tono di voce composto suonano convincenti, soprattutto se contrapposti all’indignazione e al disordine che questi associano ai movimenti femministi, indigenisti e per la rivendicazione delle garanzie minime sul piano sociale. La sua linea autoritaria e al tempo stesso liberale, nel senso di una partecipazione minima dello Stato nelle logiche di mercato, è rassicurante per chi crede che proprio su questi cardini si sia costruito il successo economico del Cile e la stabilità politica che lo ha accompagnato nella transizione democratica.

Per arrivare dove si trova ora, per Kast è stato decisivo piegare a proprio favore la narrativa delle recenti situazioni di crisi sul fronte dell’immigrazione e del conflitto con il popolo mapuche. Anche le controversie interne alla Convención Constituyente hanno fatto il suo gioco, perché è riuscito a opporvi un discorso omogeneo e un’ideologia senza spaccature. 

Gabriel Boric: dalle strade alla politica, la difficoltà di incanalare il dissenso

Precisamente riunire le varie anime della sinistra in un’unica traiettoria è stata la prova più dura per l’avversario di Kast. Il trentacinquenne Gabriel Boric, anch’egli con alle spalle una formazione giuridica, è deputato per la regione di Magallanes e Antartica cilena, carica che esercita da quando è stato eletto come indipendente nelle parlamentarie del 2013.

Ora corre per Apruebo Dignidad, vale a dire una coalizione freschissima di fondazione, come nel caso di Kast. Proprio dalla città dell’estremo sud Punta Arenas, Boric ha inaugurato la sua campagna presidenziale: «Vogliamo dare un fortissimo segnale di decentralizzazione, di inclusione, del Paese che siamo tutte e tutti». 

Fu presidente della confederazione studentesca CONFECH in corrispondenza con le grandi mobilitazioni del 2011. Proprio sulla base di quest’esperienza si è fatto strada in politica con altri leader del movimento di universitari, i quali ora rivestono diverse cariche all’interno delle principali formazioni di sinistra e puntano a un forte rinnovamento del Paese sul piano sociale.

Questa trasformazione con un orizzonte di maggiore uguaglianza sociale è il nucleo di tutte le riforme strutturali avanzate da Boric: tra queste ci sono l’aumento del salario minimo e una maggiore pressione fiscale sulle categorie che percepiscono di più e sulle facoltose imprese che capitalizzano sulle materie prime. Nel suo piano figura anche la cancellazione dei debiti per gli studenti e il potenziamento del sistema sanitario pubblico. Tra i punti più controversi, ce n’è uno che Boric è già stato costretto a rimodulare: rimpiazzare completamente il sistema pensionistico privato del Cile con uno pubblico si prospetta inverosimile.

L’arma a doppio taglio del compromesso

Sebbene le proposte di Boric appaiano molto radicali sul piano ideologico, il candidato si è mostrato in varie occasioni aperto al dialogo e disposto a scendere a patti anche con gli esponenti di interessi contrari (come nel caso delle Administradoras de Fondos de Pensiones). «Sono disposto a cercare accordi e tutte le parti che vogliano il bene comune dovranno farlo» ha dichiarato.

Questa scelta pragmatica appare sensata in una logica istituzionale, nell’ottica della ricerca della stabilità con il futuro Parlamento e con l’Assemblea costituente. D’altro canto, ha aspetti molto critici in questa fase: già dal primo turno è emerso che le partecipatissime mobilitazioni degli ultimi due anni non si sono tradotte automaticamente in voti per la sinistra. I settori della sinistra più radicale guardano con scetticismo alla candidatura di Boric sia per la sua scarsa esperienza, sia per il suo atteggiamento troppo aperto al compromesso. Gli abitanti delle poblaciones e dei territori rurali storcono il naso all’idea che il vero cambiamento, che tenga in conto anche del loro valore nella società, possa passare attraverso le urne.

Due “personaggi” in cerca di appoggio elettorale

L’astensionismo (o meglio, il non-astensionismo) sarà perciò il vero ago della bilancia questa domenica. C’è anche un altro fattore inedito: ovvero la solida probabilità che anche gli elettori poco convinti della credibilità di Boric preferiscano votare per lui piuttosto che rischiare che l’estremismo di Kast guidi il Paese. La logica vale anche al contrario: la diffidenza per la capacità di Boric di farsi carico del cambiamento e mantenere promesse tanto ambiziose potrebbe tradursi nel ripiego su una figura con alle spalle più carriera politica. È difficile fare previsioni sull’entità di questo “voto contro”; certo è che, se si considera l’abisso tra le due personalità che si contendono questo ballottaggio, non è troppo difficile capirne le ragioni.

Si può infatti osservare come il dibattito pubblico si concentri meno sulle questioni di politiche pubbliche, quanto sulla presenza mediatica di Kast e Boric, sul loro essere “personaggi”.

Pur essendo due figure decisamente “antiestablishment” per il ballottaggio hanno cercato l’endorsement dei partiti tradizionali. In particolare, Boric si è riunito con l’ex presidente Michelle Bachelet, che si trova in una posizione delicata in quanto – rivestendo l’incarico di Alto commissario per i Diritti Umani dell’ONU – non potrebbe esprimersi apertamente sulla politica nazionale.

Come questi nuovi equilibri si tradurranno in voti si va ad aggiungere alle tante incognite di questo voto storico.

 

Fonti e approfondimenti

Cáceres F. e Caro I., Últimas dos semanas de Boric: ajustes al programa, convocar a nuevos sectores y amarrar apoyos clave, La Tercera, 06/12/2021.

Cárdenas J. P., Del mal menor al mal mayor, Nodal Noticias, 09/12/2021.

Catena P. e Jiménez L., Despliegue de figuras emblemáticas del sector y aterrizar “plan de gobierno”: la apuesta de Kast en las últimas dos semanas, La Tercera, 06/12/2021.

Colombo O. e Pesapane A., Il Cile tra il pinochetismo e il cambio, Jacobin Italia, 29/11/2021.

Freixas M., DATOS| Participación y voto a Parisi: Las claves para el triunfo de la segunda vuelta, El Desconcierto, 06/12/2021.

Montes R., Elecciones presidenciales en Chile: las claves de la segunda vuelta entre Gabriel Boric y José Antonio Kast, El País, 12/12/2021.

Montes R., Gabriel Boric y José Antonio Kast chocan con dos proyectos opuestos para Chile en un duro debate radial, El País, 10/12/2021.

Redazione, Entrevistas a los cuatro principales candidatos, Nodal Noticias, 19/12/2021.

Reyes C. e Cornejo C., Michelle Bachelet: “No da lo mismo por qué candidato se vota, por eso voy a votar por Gabriel Boric”, La Tercera, 14/12/2021.

Titelman N., La «derecha sin complejos» que busca frenar el cambio en Chile, Nueva Sociedad, 11/2021.

Verzi Rangel Á., ¿Para quién se abrirán las grandes alamedas?, Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico (CLAE), 24/11/2021.

 

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò

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