Clientelismo, edilizia e urbanizzazione: le responsabilità del AKP nel terremoto di febbraio

Terremoto Turchia
@EU Civil Protection and Humanitarian Aid - Flickr - CC BY-SA 2.0

Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio scorso due terremoti – il primo di magnitudo 7,8 Mww con epicentro vicino a Gaziantep, il secondo di magnitudo 7,5 Mww con epicentro a Ekimozu – hanno devastato il sud-est della Turchia e il nord della Siria, causando circa 57 mila vittime e 121 mila feriti. Al tragico conto, vanno aggiunti quasi due milioni di sfollati in Turchia e mezzo milione in Siria. 

Col passare delle settimane, al cordoglio nazionale turco si sono aggiunte le riflessioni sulle politiche adottate dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi – AKP) del presidente Recep Tayyip Erdoğan nel processo di urbanizzazione in aree a forte rischio sismico. 

Diverse inchieste e analisi hanno fatto luce sulle responsabilità del potere esecutivo nella tragedia, evidenziando il nesso tra politiche neoliberiste, edilizia, corruzione e clientelismo sviluppate dall’AKP e dal suo leader nel processo di costruzione del proprio apparato di potere.

Neoliberismo, clientelismo e il processo di urbanizzazione: il successo dell’AKP a inizio anni 2000

Fondato nel 2001 e rivelatosi di successo fin dalle elezioni parlamentari del 2002 – in cui guadagnò il 34,3 % dei voti – il partito di Erdoğan fu favorito nella sua ascesa da due fattori in particolare: il sisma di Izmit del 1999 e la crisi economica di inizio anni Novanta. Se quest’ultima, causata dall’indebitamento delle banche pubbliche e dal conseguente crollo della lira turca, allontanò i cittadini  dal Dogru Yol Partisi  (Partito della Retta Via, DYP) dell’allora premier Tansu Çiller, il terremoto del 1999 diede al centro-destra la spallata finale. Il partito guidato dalla prima premier donna della storia di Turchia, infatti, non si rivelò in grado di gestire l’emergenza innescata dalla scossa di magnitudo 7.6 che causò 17 mila morti. 

Entrambi i fattori contribuirono a creare lo spazio elettorale per l’ascesa del partito di Erdoğan – che già si era presentato alle urne a fine anni ‘90 con una formazione di destra islamista, poi resa illegale dalla Corte Costituzionale proprio in virtù del suo approccio religioso. Il primo manifesto dell’AKP apparve alle masse come una ventata d’aria fresca in un pantano politico diviso tra un centro-destra timido nelle politiche economiche, il DYP, e un centro-sinistra debole, incarnato nel Cumhuriyet Halk Partisi (Partito Repubblicano del Popolo, CHP), che dalla sua rifondazione nel 1992 cercava ancora di dare una struttura al proprio nuovo orientamento social-democratico. L’abilità di Erdoğan consistette infatti nel presentarsi come un partito in grado di rappresentare le frange religiose del Paese senza preoccupare l’élite kemalista, promettendo di salvaguardare la laicità dello Stato e il libero mercato. 

A vincere il sostegno dei delusi fu il programma politico conservatore ma filo-occidentale e incentrato sulla rivitalizzazione del processo neoliberista avviato negli anni ‘80, che prometteva, a un Paese piegato da anni di crisi, una forte crescita economica e una dinamica coesistenza tra pubblico e privato. 

Quest’ultimo punto, in particolare, si declinò nella promessa di avviare ambiziosi progetti infrastrutturali e di urbanizzazione – soprattutto in Anatolia e nel sud-est – spacciati come “modernità” durante la campagna elettorale che avrebbe portato alle urne nel 2002. La questione abitativa e infrastrutturale, in particolare, erano punti dolenti per i cittadini turchi: cavallo tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000 parte della popolazione orientale del Paese (soprattutto curdi e arabi) viveva in bidonvilles (gecekondus in turco) in aree isolate e a causa di strade obsolete.

Tali promesse di benessere e modernità favorirono Erdoğan non solo in termini elettorali e di voti, ma anche di potere effettivo: col passare degli anni e la crescita di influenza dell’attuale presidente, la privatizzazione e l’urbanizzazione promesse rappresentarono l’occasione ideale per sviluppare alleanze con influenti imprenditori turchi che, in cambio di appalti importanti e altri favori, sostennero Erdoğan a livello locale – con i propri legami clientelari e tribali con la popolazione del sud-est – e a livello nazionale – con l’aiuto di media e canali d’informazione privati.

L’accentramento del potere negli enti-statali e la privatizzazione dei progetti edili

All’inizio del suo mandato da Primo ministro, nel 2002, Erdoğan promise all’elettorato mezzo milione di abitazioni. Tra il 2002 e il 2007, grazie ai prestiti del Fondo monetario internazionale e ai finanziamenti provenienti dai Paesi europei – fiduciosi nello sviluppo di una Turchia in procinto di avviare il processo di adesione all’Unione europea -, Erdoğan riuscì a realizzare un rapido sviluppo economico trovando la tanto desiderata sinergia tra pubblico e privato. 

Contemporaneamente, il premier dell’AKP avviò il suo ambizioso progetto di urbanizzazione rafforzando il sistema ferroviario, aeroportuale e autostradale nell’est e nel sud-est del Paese, ma anche incoraggiando l’edilizia abitativa in tempi record. Infatti, tra il 2003 e il 2013 l’obiettivo di mezzo milione di unità abitative fu superato abbondantemente (Turkstat, 2019). Tale rapido sviluppo fu raggiunto grazie alla costituzione di un apparato statale aperto al privato in cui cooperavano agenzie di Stato, banche ed enti internazionali, sostenuti da leggi ad hoc.

I primi passi di Erdoğan furono infatti la privatizzazione dei terreni pubblici giudicati “strategici” e il ricalibraggio tra i poteri solitamente coinvolti nell’urbanistica. All’epoca della salita al potere di Erdoğan, la legge sull’edilizia incoraggiava la partecipazione della società civile nel disegno dei centri abitati e stabiliva il predominio delle autorità municipali su enti statali e privati all’interno dei confini delle municipalità stesse. Questo sistema venne rapidamente smantellato, grazie anche all’idea, comune tra i turchi, che fosse altamente corrotto incapace di soddisfare i bisogni abitativi dei locali. 

Fu avviato così un processo che puntava a stabilire la supremazia degli enti statali e finanziatori privati sui poteri locali: tra il 2002 e il 2008 i poteri del TOKI, l’agenzia di Stato per lo sviluppo urbano, e dell’EMLATKONU, che si occupava dei finanziamenti per l’edilizia abitativa, aumentarono. Nel 2002, furono stabilite nuove competenze per entrambi gli enti, mentre nel 2008, con la legge n. 5793, fu sancita la supremazia del TOKI sulle municipalità, di cui non aveva più bisogno dell’autorizzazione. Contemporaneamente, società civile ed enti del terzo settore furono esclusi dal processo decisionale.

L’accentramento dei poteri nelle due agenzie statali rese più rapido il processo decisionale, ma contemporaneamente lo opacizzò. Col passare degli anni e dei concorsi per gli appalti, è stato constatato come alcune ditte di costruzione come Avrupa Konutlari e Agaoglu siano riuscite a espandersi rapidamente in regioni in cui non risultavano attive riuscendo a guadagnarsi quasi un terzo dei contratti tra il 2003 e il 2013. Contemporaneamente, giganti bancari come EMLAK BANK riuscirono a inserirsi nell’edilizia abitativa andando a creare quelli che David Harvey definisce “circuito secondario di capitale” nella sua analisi dell’assetto spaziale della finanza neoliberista e della globalizzazione, che vede tali giganti bancari investire in beni a lungo termine come case e infrastrutture.

I condoni degli ultimi vent’anni e le responsabilità dell’AKP nel terremoto

Nel corso degli anni, a dispetto di quanto si possa credere, diverse associazioni indipendenti hanno denunciato le carenze dei costruttori affiliati al governo o alle principali banche, soprattutto nelle tecniche di costruzione e nell’uso di determinati materiali. In più casi, infatti, voci fuori dal coro e oppositori del governo hanno evidenziato come la speculazione finanziaria nell’edilizia aveva portato alla costruzioni di edifici che non rispettano le norme statali sulla sismicità. Ad esempio, la TMMOB (l’Unione delle Camere degli Architetti e degli Ingegneri turchi) ha più volte denunciato la presenza di 13 milioni di costruzioni non a norma in un Paese che si trova a cavallo di tre faglie.

Ed è in questo specifico caso che sono stati evidenziati i legami tra lo sviluppo edile fortemente voluto da Erdoğan e il sistema clientelare basato sul connubio tra AKP e imprenditori di dubbia morale. Nel 2007 e nel 2018, il governo dell’AKP ha infatti concesso due condoni normalizzando circa 10 milioni di edifici non a norma, molti dei quali collassati durante i sismi dello scorso febbraio. Nonostante nei giorni successivi alla tragedia siano stati arrestati più di 100 imprenditori – tra cui il magnate Mehmet Yasar Coskun mentre provava a fuggire in Montenegro -, molti risultano legati a vario titolo all’AKP e al periodo di espansione edile fortemente voluto da Erdoğan. 

A pochi giorni dalle elezioni, appare chiaro come le scelte di Erdoğan in questo ambito specifico rischiano di costargli caro: se negli ultimi 20 anni la costruzione di unità abitative e infrastrutture hanno fruttato all’AKP il sostegno dell’elettorato delle aree rurali meno sviluppate, alla prossima tornata elettorale gli oltre 57 mila morti potrebbero pesare sul bilancio e punire il partito che da inizio anni 2000 ha monopolizzato la politica della Turchia.

 

Fonti e approfondimenti

Bilginsoy Z., Fraser S., “Turkey’s lax policing of building codes known before quake”, APNEWS, 10 febbraio 2023.

Diem25 Communications, “How Erdogan’s corruption exacerbated Turkey earthquake devastation”, Diem25, 28 febbraio 2023.

Gonul T., “How Corruption and Misrule Made Turkey’s Earthquake Deadlier”, Foreign Policy Magazine, 10 febbraio 2023.

Gulhan T. S., (2022). “Neoliberalism and neo-dirigisme in action: The state–corporate alliance and the great housing rush of the 2000s in Istanbul, Turkey”, in Urban Studies, vol. 59 (n°7), pg: 1443-1458, SAGE.

Tansel C. B., (2019). “Reproducing authoritarian neoliberalism in Turkey: urban governance and state restructuring in the shadow of executive centralization”, in Globalizations, vol. 16 (n°3), pg: 320-335, Routledge.

Ulugana S., “Earthquake in Kurdistan How it eventually changed Ottoman regime”, Medyanews, 27 febbraio 2023.

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