La Cina ospita i colloqui tra Hamas e Fatah

Bejing
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La Cina avrebbe ospitato i colloqui tra i rappresentanti di Fatah e Hamas, le due fazioni che guidano il popolo palestinese. Entrando così in modo deciso nel gioco diplomatico della crisi di Gaza. 

La situazione tra le due fazioni

L’obiettivo è quello di cercare di riportare l’unità tra i due movimenti che, dopo un breve conflitto nel 2007, si contendono la leadership in Palestina. Hamas governa de facto nella Striscia di Gaza, Fatah è limitato alla Cisgiordania, nemmeno in tutto il suo territorio: la Cina cerca di farli dialogare. 

Un esponente di Fatah ha detto a Reuters che una delegazione, guidata dall’alto funzionario del gruppo Azzam Al-Ahmed, era partita per la Cina. Un delegato di Hamas ha riferito invece che la squadra della fazione impegnata nei colloqui, guidata dall’alto funzionario di Hamas Moussa Abu Marzouk, sarebbe partita al più tardi proprio venerdì.

Si tratterebbe della prima volta che una delegazione di Hamas si reca pubblicamente in Cina dall’inizio della guerra a Gaza. Secondo il ministero degli Esteri di Pechino, il mese scorso un diplomatico cinese, Wang Kejian, avrebbe incontrato il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, in Qatar.

Negli ultimi mesi le due fazioni palestinesi sono state molto distanti. Fatah ha dialogato con gli Stati Uniti, che chiedevano di intervenire diplomaticamente nel conflitto e di preparare riforme nella Striscia in previsione della fine della guerra. L’Autorità nazionale palestinese, l’organo di governo ad interim guidato da Fatah, ha formato un governo guidato dal neo nominato Primo ministro Mohammad Mustafa, che ha preso il posto di Mohammed Shtayyeh, premier dal 2019. 

Mustafa ha affermato che la fine della guerra è una “massima priorità nazionale”. Hamas si è opposto, sottolineando che la scelta segnala “un rafforzamento di una politica di esclusione” e quindi di divisione. Oltre a marcare ancora di più “l’enorme divario tra l’Anp e il popolo”. Per Fatah, le mosse di Hamas del 7 ottobre hanno “causato il ritorno dell’occupazione israeliana di Gaza” portando a una “catastrofe ancora più orribile e crudele di quella del 1948”.

Conferme e prese di posizione

La notizia dell’incontro in Cina tra Hamas e Fatah è stata diffusa da diversi media internazionali, ma non è stata confermata da Pechino. Tuttavia, è singolare che sia arrivata negli stessi giorni in cui il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, rilasciava un’intervista ad Al Jazeera intervenendo sul tema.

Wang, che è anche membro dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, ha dichiarato che la Cina sostiene “fermamente la riconciliazione interna tra le diverse fazioni attraverso il dialogo” e ha aggiunto che chiede “quanto prima” che “piena adesione” della Palestina alle Nazioni Unite. Oltre a volere “fermamente” la creazione “dello Stato indipendente di Palestina”. 

Una posizione diversa rispetto a quella degli Stati Uniti. La Casa Bianca è cauta nei confronti di un possibile riavvicinamento tra Hamas e Fatah, visto che considera il primo un gruppo terroristicco e sostiene l’Autorità nazionale palestinese come l’unico riferimento sul territorio. Proprio venerdì 26 aprile, quando sarebbero iniziati i colloqui, il segretario di Stato Antony Blinken stava terminando il suo viaggio in Cina affermando il possibile ruolo cinese come mediatore nelle tensioni in Medio Oriente. 

Tramite Wang, Pechino sottolinea inoltre come il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite abbia adottato una prima risoluzione che chiede il cessate il fuoco dall’inizio del conflitto. E che questa sia “giuridicamente vincolante e dovrebbe essere applicata in modo efficace per raggiungere immediatamente” l’obiettivo in modo “incondizionato e duraturo”.

Anche perché, aggiunge il ministro, quello che sta succedendo a Gaza “mostra ancora una volta che la perpetua negazione dei legittimi diritti nazionali del popolo palestinese è la causa principale della questione palestinese”. L’unico modo per spezzare il circolo vizioso del conflitto e “raggiungere una pace duratura” sarebbe “ripristinare veramente la giustizia per i palestinesi” e di “eliminare il terreno fertile dell’estremismo”.

Il ruolo della Cina in Medio Oriente

Pechino sta giocando una partita a scacchi nell’area. Da diversi anni ha aumentato la sua influenza, cercando di affermarsi come attore determinante sia nella politica commerciale che in quella diplomatica. Non soltanto sulle sponde del Mediteranneo ma anche tra le monarchie del Golfo.

A dimostrazione di ciò nel dicembre del 2022, il presidente cinese Xi Jinping volò in Arabia Saudita per chiudere 34 accordi bilaterali dal valore di circa 30 miliardi di dollari, oltre a sedersi al tavolo di un incontro multilaterale con i Paesi del Golfo. 

Incontri che si sono poi replicati sul territorio cinese dopo lo scoppio della guerra a Gaza. Prima è stato accolto Abu Mazen, il presidente palestinese, poi Pechino ha ricevuto una delegazione di ministri degli Esteri di Paesi a maggioranza musulmana come Arabia Saudita, Egitto, Giordania e Indonesia.

Tra i successi della diplomazia del Dragone in Medio Oriente bisogna elencare il ripristino delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita, con la riapertura delle ambasciate, un accordo raggiunto nel 2023 proprio sotto l’egida cinese.

Fonti e approfondimenti: 

Enrico La Forgia, Il dragone cinese e il Medio Oriente: le relazioni tra Cina e Paesi del Golfo, Lo Spiegone 15/07/2021

Laurie Chen e Nidal Al-Mughrabi, China to host Hamas, Fatah for Palestinian unity talks, Reuters, 26/04/2024

Redazione, ‘Create harmony’: Q&A with China’s Foreign Minister Wang Yi, Al Jazeera, 25/04/2024

Viola Pacini, L’Autorità Nazionale Palestinese: violenze e fragilità, Lo Spiegone 18/11/2021

Zhao Jia, Beijing supports Palestinian unity, China Daily, 27/04/2024

Zhao Ziwen, China hosts talks between rival Palestinian factions Hamas and Fatah in bid to end internal divisions: report, South China Morning Post, 26/04/2024