Assedio di Mosul: dieci domande che ci dobbiamo porre

Tre militari pattugliano la zona a sud di Mosul
@Mstyslav Chernov - Wikimedia Commons - License CC BY SA 4.0

L’assedio di Mosul è ormai presente su tutti i media. Le televisioni riportano gli avanzamenti delle truppe irachene, gli avvenimenti e i caduti, ma non sempre spiegano l’importanza di questa battaglia, i vari aspetti delle forze in gioco e le conseguenze dell’eventuale vittoria. Oggi cercherò di spiegarlo attraverso dieci domande che ritengo siano di fondamentale importanza per questo scenario.

Perché Mosul è fondamentale nel panorama iracheno?

Mosul, o Mossul, è la capitale del Nord dell’Iraq e la seconda città più popolosa del Paese( l’ultimo dato ufficiale parla di 2 milioni di abitanti). La città è al centro del deserto settentrionale, ed è considerata la porta per la Siria e per la Turchia. Nell’antichità la città era uno dei più importanti punti di transito delle carovane che andavano dalle coste della Siria alle coste del Golfo persico. La città è attraversata dal fiume Tigri, un’importantissima fonte idrica in una zona molto povera di acqua, e questo è il motivo per cui la maggior parte dell’agricoltura della zona è concentrata intorno alla città, inoltre le dighe costruite intorno alla città sono una delle fonti di energia elettrica più importanti del Paese. Il Nord dell’Iraq dipende da Mosul.

Chi sono gli abitanti di Mosul? hanno supportato Daesh o sono ostaggi?

La popolazione di Mosul è, in questo particolare momento, formata in maggioranza da arabi sunniti. Prima dell’arrivo di Daesh la popolazione era divisa in modo vario. Dal punto di vista etnico vi era una maggioranza di arabi, una vasta comunità di curdi e di yazidi e una piccola comunità di assiri e turcomanni. Le violenze dei jihadisti hanno portato ad un cambiamento all’interno del panorama demografico. Dal punto di vista religioso, invece, la città era divisa tra una maggioranza sunnita, una minoranza sciita e una piccola parte di cristiani, ma Isis ha distrutto e messo in ginocchio la minoranza sciita e la comunità cristiana. Gli abitanti di Mosul hanno in parte accettato l’arrivo di Daesh, vedendolo come un difensore dell’identità sunnita, schiacciata durante gli anni di occupazione americana, dall’altra parte si sono subito ricreduti vedendo il regime di terrore imposto dai jihadisti( Daesh utilizza molti dei civili come scudi umani e questo dice il rapporto tra combattenti e civili).

Chi sta combattendo a Mosul? 

Sono molte le forze che stanno assediando la città da diversi fronti. Iniziamo dagli assediati: all’interno della città si stima che vi siano 3500-4000 jihadisti con armamenti che sono stati sottratti all’esercito iracheno quando la città è stata catturata. Il panorama delle forze che assediano la città è invece molto più vario. Da Nord e da Ovest provengono i peshmerga e i miliziani yazidi. Questi due schieramenti sono molto numerosi e sono armati e addestrati dagli statunitensi , nel caso dei curdi, e dagli iraniani, nel caso degli Yazidi. Da Sud provengono l’esercito regolare iracheno, addestrato e foraggiato da americani e europei, e le milizie sciite legate a differenti capi religiosi, come l’esercito del Mahdi. L’ultima forza che assedia la città sono i combattenti turcomanni appoggiati in forza dall’esercito turco, come si può capire dagli apparecchi che portano le bandiere turche. Solo una parte di queste forze stanno attaccando in questo momento la città.

Per quale motivo non vengono utilizzate tutte le forze per attaccare la città?

Le forze che accerchiano la città sono di gran lunga superiori in numero e in tecnologia degli assediati, per questo la caduta della città è solo questione di tempo. Allo stesso tempo le forze esterne hanno background ideologici molto differenti, perseguono obiettivi molto differenti e sono tutti guidati dallo stato maggiore dell’esercito iracheno, in collaborazione con le forze speciali americane. Vi sono tre elementi che il governo centrale deve valutare: l’appartenenza delle milizie che fa avanzare, il ruolo che queste milizie devono avere e le possibili successive conseguenze. In questo momento Mosul è paragonabile alla Berlino del 1944, tutti vogliono conquistare la città per poi appropriarsene o vendicarsi di passate violenze. Per questo motivo il governo iracheno non vuole che né le milizie sunnite, né i turcomanni, né gli Yazidi entrino per primi in città, per non dover assistere a casi di violenze settarie. In questo momento si fa avanzare solo l’esercito regolare e i peshmerga, i quali non hanno alcuna pretesa sulla città e hanno una forte disciplina interna che permette agli officiali di evitare eventuali episodi di vendetta personale.

Com’è possibile che l’ISIS sia in così grande difficoltà?

Il sedicente califfato ha subito grandi sconfitte negli ultimi tempi fondamentalmente per due motivi: l’avanzata dell’esercito iracheno e dei Peshmerga li ha privati del controllo su una grande fetta dei pozzi petroliferi, tagliando una buona parte dei propri fondi. Il problema più grande però è stato creato dalla mancanza di uomini. Dopo il grande exploit iniziale, con il reclutamento sul campo e l’arrivo di migliaia di foreign fighters, questo flusso continuo di uomini nell’esercito jihadista si è fermato. Nel caso dei combattenti stranieri questo rallentamento è dovuto al maggiore controllo dei governi occidentali, ma anche alle sconfitte sul campo che hanno fermato l’ondata di entusiasmo. I foreign fighters sono inoltre poco affidabili, molti di essi infatti hanno causato gravi sconfitte all’ISIS( ne parla Foreign Affair nell’articolo citato sotto)

Perché la perdita di Mosul potrebbe essere fatale per Daesh?

Mosul è al centro del sistema petrolifero iracheno, il petrolio scorre dai campi del Nord, di Kirkuk, verso il Sud attraverso la città, quindi la perdita della città toglierà un’altra fetta importante di entrate al sedicente Stato Islamico. Questa non sarà la perdita maggiore relativa alla città. Daesh basa una parte della sua economia, e dei proprio vettovagliamenti militari, sulle tasse, pagate in moneta e in natura, che i contadini della zona pagano, come un riscatto per non subire violenze. La perdita di una zona economica così importante potrebbe essere un colpo fatale alla macchina del califfo Abu Bakr Al Baghdadi.

Quale sarà il futuro della città?

Mosul è una città a maggioranza sunnita, in particolare dopo le orribili pulizie etniche e religiose portate avanti da Daesh, questo influenzerà molto il proprio futuro. Tre sono le possibili soluzioni e tre sono i promotori di queste soluzioni. La prima soluzione è presentata da Erdogan, le forze turcomanne e gli Yazidi. Questi tre attori vogliono che la città sia rasa al suolo e ricostruita, ma più volte il presidente turco ha ricordato che questa città è più turca che irachena, lanciando così la sua soluzione. Le violenze che queste etnie hanno subito sono così terribili da voler chiedere una vendetta esemplare. Questa soluzione è sponsorizzata da Erdogan che vuole avere nelle sue mani una città chiave molto vicina al confine turco, così da trasportare le sue attività commerciali e petrolifere nelle città turche. La seconda soluzione, proposta dagli americani, prevede che Mosul sia dichiarata città libera, sotto il controllo di forze internazionali. Questo allontanerebbe la previsione di uno scontro civile all’interno del Nord dell’Iraq. La terza previsione è quella di occupare la città e dividerla tra le forze arrivate, trasformando la città in una moderna Berlino. Questo aumenterebbe la tensione già presente nel Paese e aumenterebbe le possibilità di escalation interne tra sunniti, sciiti, curdi e le altre minoranze.

Qual è il ruolo degli attori esterni in questo assedio?

Le forze esterne stanno scrivendo le sorti di questo assedio, tutte le milizie sul campo sono foraggiate e spalleggiate da potenze straniere. Gli Stati Uniti sono sul campo con il supporto logistico e con le proprie forze speciali, che coordinano l’avanzata. Vogliono che la situazione si risolva velocemente così da poter concentrarsi sulla Siria. L’Iran e la Turchia hanno migliaia di uomini sul campo per spalleggiare alcune fazioni, difendere i propri interessi e potersi sedere al tavolo della pace. La Russia e l’Arabia Saudita sono, forse, i meno attivi in questo piano,( l’Europa non può neanche essere qualificata essendo troppo divisa e troppo incoerente). Putin sa che con la presa di Mosul qualcosa cambierà, in peggio e in meglio, nella situazione siriana, ma sa anche che non può intervenire adesso senza pestare i piedi a troppi rivali. La dinastia Saud è conscia di essere stata troppo accostata ai jihadisti per poter intervenire e quindi può solo assistere all’avanzare delle forze sciite in Iraq, sperando che la Turchia possa poi rilevarsi un partner nel mondo sunnita.

Cosa può cambiare in Siria dopo la caduta di Mosul?

Non è possibile immaginare che lo scenario siriano e lo scenario iracheno non siano irrimediabilmente collegati. Assad vede con rassegnazione la vittoria irachena a Mosul, perché sa che senza la minaccia jihadista il suo regime manca di ogni ragione di esistere. Le torture e le violenze settarie jihadiste avevano nascosto le torture perpetrate da Assad, ma non potevano cancellarle. La Russia ha cercato di rallentare in ogni modo questo momento, ma sta già preparando un piano di uscita. Dopo la caduta dello Stato Islamico iracheno, Assad andrà sostituito e per questo si sta già preparando il modo per portare via il dittatore da Damasco e si stanno stringendo accordi con parte dei ribelli. Dall’altra parte gli Usa sperano che la sconfitta di Isis possa portare alla fine della guerra civile siriana, magari trovando un vantaggioso accordo per la Russia in Siria.

La minaccia jihadista termina con la caduta di Mosul?

A Mosul finiscono le possibilità del califfo Abu Bakr Al Baghdadi di conquistare il Dar Al Islam, nonostante non ne avesse avute mai molte. Con la caduta della città Daesh viene seriamente ferito sul campo, ma rimane sempre forte nella sua propaganda e nell’attrattiva su possibili estremisti islamici nei diversi paesi europei e mediorientali. Se il copione fosse simile a quello che abbiamo visto nei mesi passati, dovremmo aspettarci un aumento delle violenze e degli attentati nel periodo successivo ad una grande sconfitta. Quando Daesh ha subito grandi sconfitte si sono verificati gli attentati più sanguinosi, come dopo la caduta di Fallujah e il successivo sanguinosissimo attentato a Baghdad. Questa risposta è necessaria alla propaganda della Jihad così da non far perdere fervore nei propri adepti.

Fonti e Approfondimenti:

http://abcnews.go.com/Politics/iraqi-offensive-retake-mosul-important/story?id=40850305

http://www.internazionale.it/opinione/bernard-guetta/2016/10/24/mosul-offensiva-negoziati-siria

http://www.telegraph.co.uk/news/2016/10/17/what-is-the-battle-for-mosul-isils-last-bastion-of-power-in-iraq/

https://www.foreignaffairs.com/articles/syria/2016-09-26/downfall-isis

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