Le organizzazioni regionali africane e l’integrazione del continente

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Credits: Wikimedia commons License: Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

Con questo articolo inizia un progetto che ci porterà a guardare da vicino le più importanti organizzazioni regionali africane. Prima di raccontare le vicissitudini dei singoli enti, è bene però analizzare brevemente cosa sono queste comunità, che ruolo hanno e che problemi affrontano oggi.

L’Unione Africana, l’ente inter-governativo in cui si confrontano le rappresentanze di tutti i 54 Paesi del continente, non è in grado di intervenire efficacemente in tutto il vastissimo territorio dei suoi Stati Membri. Per questo motivo, molte delle sue competenze e responsabilità sono state trasmesse alle entità regionali, che quindi stanno assumendo un ruolo progressivamente più centrale nelle dinamiche del continente.

Le organizzazioni regionali sono di diverso tipo, con funzioni diverse. Molte esistono ad esempio per gestire congiuntamente importanti bacini d’acqua come quelli di Congo, Nilo e Zambesi, fiumi che scorrono in diversi stati e richiedono la concertazione delle decisioni degli interessati. Altre sono nate come organismi intergovernativi per le questioni energetiche o ambientali, ma quelle di maggior rilievo sono sicuramente le unioni doganali e, soprattutto, le comunità economiche regionali (REC) riconosciute dall’Unione Africana.

Qui potete trovare una mappa interattiva di tutte le 39 organizzazioni regionali africane.

Le comunità economiche regionali sono otto, sono state stabilite nel 1991 dal Trattato di Abuja e sono:

Questi gruppi nascono come blocchi costitutivi del processo di integrazione continentale perseguito dall’UA, che mira a unire progressivamente tutti i Paesi Africani in un’unione doganale e un’area di libero scambio e circolazione. Le organizzazioni dovrebbero quindi essere il mezzo con cui integrare tra loro gruppi di Stati, creando delle comunità che in futuro dovrebbero essere a loro volta in grado di integrarsi.

Come enti territoriali legati a doppio filo alle politiche dell’Unione Africana, le comunità economiche regionali sono servite anche da cinghie di trasmissione di alcuni grandi progetti di trasformazione del continente, come la NEPAD (New Partnership for Africa’s Development) o la più recente Agenda 2063. Il loro ruolo però è molto più pervasivo, e negli anni sono diventati i principali attori di molte iniziative in campo economico, militare e della cooperazione.

Il ruolo delle comunità economiche regionali

L’Unione Africana e le organizzazioni regionali svolgono il ruolo di interlocutore per gli altri enti sovranazionali e, in particolare, per l’Unione Europea. Soprattutto dopo il 2000, la strategia europea verso il continente si è concretizzata nella tessitura di una fitta rete di rapporti inter-istituzionali in moltissimi ambiti, che spaziano dalla stabilità regionale alla cooperazione economica, alla tutela dei diritti umani e alla cooperazione allo sviluppo.

Con l’evoluzione della cooperazione Europa-Africa nelle sue varie fasi, dalle Convenzioni di Lomé, agli accordi di partnership di Cotonou, fino alla Joint EU-Africa Strategy (JEAS), le organizzazioni regionali sono cresciute di importanza come interlocutori, prendendo il posto dei singoli Stati nell’implementazione di molti grandi programmi di cooperazione. Il dialogo tra rappresentanti di UE e UA è costante e negli anni si è concretizzato in piani d’azione in moltissimi ambiti, che hanno coinvolto sempre di più le organizzazioni regionali nella loro realizzazione.

Questi enti sono poi centrali nel processo di negoziazione degli EPA (Economic Partnership Agreements), gli accordi commerciali con cui l’Unione Europea vuole creare aree di libero scambio con i Paesi africani.

L’ambito in cui le comunità regionali africane sono più attive, tuttavia, rimane quello della sicurezza. Dagli anni ’90 in poi, infatti, i Paesi Occidentali e in particolare quelli europei hanno iniziato un processo per cui, al posto dell’intervento diretto, si ricerca il mantenimento di sicurezza e stabilità in Africa attraverso la cooperazione militare.

Seguendo lo slogan “soluzioni africane a problemi africani“, quindi, le organizzazioni regionali sono state scelte come attori principali di questo cambiamento, diventando gli enti attraverso cui l’Unione Africana interviene nelle situazioni di conflitto, destabilizzazione o forte tensione.

Oggi, quindi, alcune comunità regionali possono intervenire con proprie missioni di peacekeeping, permettendo a diversi attori regionali e internazionali di dare vita ad azioni militari coordinate. I Paesi non-africani contribuiscono alle spese e all’addestramento degli eserciti radunati dalle organizzazioni, in un meccanismo che aiuta a superare le ristrettezze di budget che rischiano di impedire ai singoli Paesi qualsiasi tipo di intervento. Ci sono ovviamente dei problemi di implementazione, come ad esempio le rivalità (taciute o meno) tra i vari partecipanti o le condizionalità imposte dai partner internazionali sui finanziamenti.

Oltre al loro ruolo nella sicurezza del continente, le comunità economiche regionali lavorano anche come enti di concertazione tra governi, società civile ed enti internazionali, funzionando come strumenti per l’obiettivo dell’UA di contribuire allo sviluppo sociale ed economico dell’Africa.

Le comunità economiche sono infine reputate un soggetto importante nella gestione dei flussi di migranti, rifugiati e sfollati, proprio perché questi fenomeni travalicano per loro natura i confini nazionali. Questi raggruppamenti sarebbero quindi più efficaci dei singoli stati nella loro azione, e per questo motivo sono spesso designati dalle agenzie delle Nazioni Unite che si occupano di queste persone vulnerabili come partner regionali nei loro progetti di cooperazione e protezione.

Il problema della leadership

Il maggiore problema nella gestione interna delle organizzazioni regionali risiede nel fatto che queste sono enti inter-governativi, con istituzioni proprie, ma sempre dipendenti dalle decisioni della politica degli Stati Membri per l’indirizzo politico.

Questa particolarità ha creato due diversi ordini di problemi, a seconda degli attori coinvolti in ciascuna delle organizzazioni. Il primo è che molto spesso, in alcuni contesti, manca un Paese in grado di trainare l’organizzazione, un fatto che ha portato alla paralisi decisionale e al disinteresse per le finalità dell’organizzazione. Ben diverso, ma ugualmente problematico, è il caso in cui la leadership di un Paese all’interno dell’organizzazione è troppo forte, tanto da sconfinare nella vera e propria egemonia.

Un esempio evidente di questi squilibri è il ruolo nella Nigeria all’interno dell’ECOWAS, viste le mire di egemonia regionale di questo Paese e il suo ruolo trainante nell’organizzazione. Questo intreccio ha causato spesso lo scontro interno tra i membri dell’ente, con una forte tensione tra la Nigeria, desiderosa di usare l’ECOWAS per perseguire i suoi fini, e gli altri Paesi, pronti a sabotare gli interventi dell’organizzazione qualora sembrassero vantaggiosi per l’egemonia nigeriana. Non è un caso poi che l’organizzazione non sia mai intervenuta nei molti conflitti interni della Nigeria, che ha sempre escluso gli altri Paesi per trattare questi eventi come fatti interni.

Sovrapposizione e divergenza di interessi

Un altro problema è evidente già dando un primo sguardo alla mappa delle organizzazioni regionali: la loro sovrapposizione. Tutti i Paesi africani sono membri di più di un’organizzazione regionale, con il record assoluto per la Repubblica Democratica del Congo e del Ruanda, rispettivamente membri di 14 e 11 enti. Se si guarda solo alle comunità economiche la sovrapposizione si fa meno pervasiva, ma sono pochissimi i Paesi membri di una sola organizzazione.

Questo intreccio ha indebolito in parte le organizzazioni, visto che alcuni perseguono diversi obiettivi in diversi raggruppamenti, causando spesso attriti o forme di ostruzionismo a seconda dei rapporti con gli altri membri. Vi è poi spesso una sostanziale divergenza nei fini dei singoli stati rispetto a quelli delle organizzazioni di cui fanno parte, che porta spesso molti Paesi a collaborare malvolentieri o addirittura a osteggiare alcune attività delle comunità.

Un caso esemplare è quello del negoziato sulle EPA, nel quale i Paesi africani hanno spesso osteggiato gli accordi: dal 2000 a oggi è stato siglato un solo EPA: quello tra UE e SADC (Botswana, Lesotho, Mozambique, Namibia, South Africa and Swaziland) nel 2016.

 

Le organizzazioni regionali, quindi, rappresentano oggi alcuni tra gli attori politici ed economici africani più significativi, se non per le loro capacità di azione, per la loro centralità nei processi transnazionali in corso nel continente. Nonostante le asperità evidenziate e i loro continui problemi di budget, il progredire dell’integrazione africana offrirà a questi enti la possibilità di influire sul futuro del continente, ma se e quanto questo avverrà dipenderà dalla volontà dei governi di investire risorse in queste comunità.

 

Fonti e Approfondimenti:

Adebajo, A. & Whiteman, K. (eds) (2012) The EU and Africa. From Euroafrique to Afro-Europa. London, Hurst & C.

Pallotti A. & Zamponi M. (2010) L’Africa sub-sahariana nella politica internazionale. Le Monnier – Mondadori, Firenze

Roberta Cohen, “The Role of Regional Organizations, ECOWAS”, Brookings, 30/09/2002 https://brook.gs/2EaW1ut

Møller, B. (2009) Africa’s sub-regional organisations: seamless web or patchwork? Crisis States Working Paper no. 56 – https://bit.ly/2Tf313d

Byiers, B. (2017) Regional organisations in Africa – Mapping multiple memberships. ECDPM Talking Points blog – https://bit.ly/2SZUaDh

Woodrow Wilson International Center for Scholars (2008) African Regional and Sub-Regional Organizations https://bit.ly/2qoJXR6

 

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