La crisi dell’ECOWAS in Africa occidentale

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La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) è una delle principali organizzazioni regionali del continente africano. Comprende quindici Paesi dell’Africa occidentale, che insieme contano una popolazione di oltre quattrocentoventi milioni di persone e un territorio che, complessivamente, si estende per più di cinque milioni di chilometri quadrati tra deserto, steppe saheliane e foreste tropicali. 

Negli ultimi quattro anni, la tenuta di questo edificio comunitario africano è stata messa a dura prova da una serie di golpe militari che hanno gravemente pregiudicato il già fragile ordine democratico in Mali, Guinea, Burkina Faso e, da ultimo, Niger. La pressione della potenza egemone del blocco, la Nigeria, per un intervento militare finalizzato a ripristinare lo status quo a Niamey ha portato alla luce importanti faglie interne, trovando la ferma opposizione della nuova Alleanza degli Stati del Sahel, che riunisce Mali, Burkina Faso e Niger in un accordo di mutua difesa. 

Cos’è l’ECOWAS?

L’ECOWAS venne fondata nel 1975, con la sottoscrizione del Trattato di Lagos, in Nigeria, al fine di promuovere gli scambi regionali e la cooperazione economica, riducendo le barriere al commercio, semplificando e standardizzando le procedure amministrative transnazionali e favorendo la libertà di movimento entro i confini comunitari.

A sottoscrivere il Trattato furono Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo. Raggiunta l’indipendenza dal Portogallo, Capo Verde si unì nel 1977, mentre la Mauritania, già Paese membro dell’Unione del Maghreb arabo, lasciò il blocco nel dicembre 2000. 

Otto dei quindici Paesi membri sono ex-colonie francesi, che utilizzano una valuta unica, il franco CFA, il cui valore è agganciato al prezzo dell’euro. Ci sono poi due ex-domini portoghesi, Guinea-Bissau e Capo Verde, e una minoranza di Paesi anglofoni: Nigeria, Ghana, Gambia e Sierra Leone. In questo insieme, la Nigeria giganteggia per dimensioni demografiche, economiche e capacità di proiezione politica e militare. Ad Abuja si deve anche la maggioranza delle risorse umane e finanziarie impiegate dall’ECOWAS nel corso della sua storia. 

L’evoluzione istituzionale: il problema della sicurezza

Negli anni Settanta e Ottanta, le aspirazioni di progresso e benessere economico che avevano animato la creazione dell’ECOWAS si scontrarono con una realtà politica altamente instabile, per la presenza di conflitti civili, colpi di stato e fenomeni di violenza transfrontaliera. Nella convinzione che l’integrazione economica potesse raggiungersi solo a patto di mantenere stabilità politica nella regione, le premesse alla base della Comunità e i suoi fini furono rivisti nel luglio 1993. Con la sottoscrizione del Trattato di Cotonou, furono allargate le prerogative dell’ECOWAS fino a comprendere la ricerca della pace, della sicurezza e della stabilità in Africa occidentale. 

Nel 1990, all’inizio del primo conflitto civile in Liberia (1989-1997), il gruppo dei Paesi anglofoni, guidato dalla Nigeria, assunse l’iniziativa e decise il dispiegamento della prima forza militare dell’ECOWAS, il Gruppo di monitoraggio del cessate il fuoco della Comunità economica (ECOMOG). Formato da oltre 3.000 unità, cui contribuivano Nigeria, Gambia, Ghana, Guinea, Sierra Leone e Mali, l’ECOMOG rimase nel Paese fino al febbraio 1998, ritirandosi appena sei mesi dopo le controverse elezioni che avevano sancito la presa di potere del signore della guerra Charles Taylor. 

Nel corso della sua storia, l’ECOWAS ha inviato contingenti militari in altri sei casi. Truppe nigeriane, sotto mandato ECOMOG, erano già presenti in Sierra Leone, quando nel 1997 il presidente Ahmad Tejan Kabbah venne deposto dal Consiglio rivoluzionario delle forze armate. La giunta militare venne poi affiancata dal Fronte unito rivoluzionario (RUF), sostenuto da Taylor con la vendita di armi in cambio dei cosiddetti “diamanti insanguinati”. Forze dell’ECOMOG, cui contribuirono anche Ghana e Guinea, guidarono nel febbraio 1998 l’attacco che portò alla liberazione di Freetown, alla dissoluzione del RUF e al reinsediamento del presidente Kabbah. 

Nel 1999, l’ECOMOG venne mobilitato per porre fine alla guerra civile in Guinea-Bissau, scoppiata a causa della ribellione di una frangia dell’esercito nei confronti del presidente João Bernardo Vieira. Nel 2003, due battaglioni di soldati nigeriani furono dispiegati su mandato dell’ECOWAS per vigilare sul rispetto dell’accordo che pose fine all’assedio di Monrovia e al secondo conflitto civile liberiano. Nello stesso anno, forze dell’organizzazione furono dislocate nella prima guerra civile in Costa d’Avorio, al fianco dei caschi blu dell’ONU e delle truppe francesi. 

Nel 2013, a seguito del putsch che l’anno prima aveva deposto il presidente Amadou Toumani Toure in Mali e che aveva portato al radicamento del terrorismo islamico nel Nord del Paese, l’ECOWAS guidò la Missione internazionale di sostegno al Mali (AFISMA), sotto egida ONU. Nel settembre del 2015, l’intervento diplomatico dell’ECOWAS agevolò il ritorno del presidente burkinabé Michel Kafando, a seguito di un tentato golpe militare. Nel gennaio 2017, la Comunità contribuì ad assicurare una transizione democratica in Gambia, quando intervenne per favorire il ritiro dalle scene del dittatore Yahya Jammeh, rimasto al potere pur essendo uscito sconfitto alle elezioni contro l’attuale presidente Adama Barrow. 

L’ECOWAS ha dimostrato in questi anni di avere le capacità militari e politico-diplomatiche per intervenire efficacemente in teatri di crisi politica e in casi di gravi violazioni delle procedure democratiche. Il ruolo nigeriano nell’assicurare continuità alle missioni militari dell’ECOWAS ha manifestato, d’altra parte, la pulsione egemonica di Abuja in Africa occidentale. In questo senso, il ricorso all’organizzazione ha rappresentato un moltiplicatore di potenza, nonché una leva per operare legittimamente in teatri stranieri nel perseguimento della stabilità regionale e dei propri interessi nazionali. 

Il colpo di stato in Niger e le faglie interne

Il 26 luglio 2023, il presidente nigerino Mohamed Bazoum (il primo democraticamente eletto dall’indipendenza del Paese dalla Francia nel 1960) è stato destituito da un colpo di stato militare, guidato dal comandante della guardia presidenziale, il generale Abdourahmane Tchiani

Fino a pochi mesi fa, si guardava al Niger come a un baluardo di stabilità, in una regione di frontiera endemicamente interessata da bande terroristiche e gruppi armati. Ora anche questo Paese si è aggiunto al novero degli Stati dell’area dove si è avuto almeno un golpe militare nel corso degli ultimi tre anni: Mali (attraversato da due colpi di stato tra agosto del 2020 e maggio del 2021), Guinea (maggio 2021) e Burkina Faso (anche qui, due colpi di stato tra gennaio e settembre del 2022). 

Le giunte militari che hanno preso il potere in Mali, Burkina Faso e Niger condividono una linea politica di rottura nei confronti dell’ECOWAS, dell’Unione Africana, degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e in particolar modo della Francia, ex-potenza coloniale. D’altro canto, a Mosca, che in Africa occidentale e centrale è presente col gruppo Wagner, si sono spese parole di sostegno per i nuovi regimi militari e si è accolto il golpe in Niger come l’ultimo colpo inferto all’impalcatura neocoloniale allestita dall’Occidente in Africa. 

L’ECOWAS, alla cui presidenza siede il neo presidente nigeriano Tinubu, ha immediatamente condannato il colpo di stato e preteso il reinsediamento di Bazoum, tenuto agli arresti domiciliari. Il 30 luglio, la Comunità ha sospeso le relazioni con il Niger e ha imposto una serie di sanzioni economiche, lanciando un ultimatum di una settimana affinché fossero ripristinate le tutele costituzionali. Trascorso questo termine, l’organizzazione avrebbe preso «tutte le misure necessarie per ristabilire l’ordine», inclusa l’opzione militare.

Nel frattempo, il colonnello maliano Assimi Goïta, il capo di Stato burkinabé Ibrahim Traoré e il presidente della Guinea Mamady Doumbouya hanno espresso la loro solidarietà al popolo nigerino e hanno denunciato l’ingerenza dell’ECOWAS come deleteria per lo spirito di solidarietà panafricano. Il 31 luglio, i governi di Burkina Faso e Mali hanno dichiarato che ogni intervento militare diretto contro il Niger sarebbe equivalso a una dichiarazione di guerra nei loro confronti

Trascorso l’ultimatum, il nuovo regime nigerino ha chiuso lo spazio aereo e ha dichiarato che ogni sua violazione avrebbe incontrato una risposta «energica e immediata». Ma nessun intervento militare è stato deciso quel giorno. Proseguendo sulla sua strada, il 9 agosto la nuova giunta militare ha formato un “governo di transizione”, composto da ventuno membri (in maggioranza generali dell’esercito) e presieduto da un civile, Ali Mahaman Lamine Zeine, che svolge anche il ruolo di ministro dell’Economia e delle Finanze. Il soddisfacimento dei requisiti minimi di democraticità, ovvero la presenza di un Primo ministro di estrazione civile, ha placato, almeno momentaneamente, le istanze di chi all’interno dell’ECOWAS premeva per un intervento militare.

L’ECOWAS conta ancora qualcosa?

In passato, l’ECOWAS ha dimostrato in più occasioni di essere un soggetto internazionale di cui tener conto quando si parla di sicurezza in Africa occidentale. Oggi però la sua capacità di intervento è condizionata dal persistere di alcune criticità istituzionali, dall’instabilità regionale e dal graduale disimpegno di Abuja, occupata sul fronte interno

I nove colpi di stato tentati nel corso degli ultimi tre anni, di cui cinque con successo, hanno messo in discussione la capacità del blocco di garantire l’aderenza alle regole pattuite e di perseguire gli obiettivi di pace, sicurezza e sviluppo fissati a Lagos nel 1975 e a Cotonou nel 1993. 

A minare l’efficacia dell’ECOWAS hanno contribuito anche il radicarsi del jihadismo di matrice islamica nel Sahel e il fallimento delle missioni di sicurezza a guida occidentale, tra cui l’operazione anti-insurrezionale Barkhane lanciata da Parigi nel 2014, in cooperazione con Mauritania, Mali, Burkina Faso, Ciad e Niger, e conclusasi nell’estate 2022 con un sostanziale fallimento, considerata l’evoluzione degli eventi in tre dei cinque Paesi coinvolti. Proprio l’insuccesso delle politiche di sicurezza messe in campo dai governi di Mali, Burkina Faso e Niger ha alimentato le rivendicazioni di potere di quelle frange dell’esercito ostili al proseguimento della cooperazione con l’Occidente.

A complicare il quadro si aggiunge la variabilità del contributo dei Paesi membri, il cui coinvolgimento sul piano finanziario, politico e militare rimane altalenante e vincolato da fattori di politica interna. In assenza di solide istituzioni finanziarie e militari indipendenti, l’organizzazione rimane condizionata dall’iniziativa dei singoli Paesi membri, come la Nigeria. Per parte sua, Abuja si trova costretta a stornare truppe e risorse dalle operazioni esterne, per rivolgerle contro Boko Haram e la provincia dello Stato Islamico in Africa occidentale (ISWAP), nonché contro i ribelli nella regione del Delta del Niger e le diverse organizzazioni criminali presenti sul territorio.

Al momento, un intervento militare in Niger, anche se paventato in agosto con la notizia della scelta del “D-day”, giorno di inizio delle operazioni, non sembra alle porte. Il 16 settembre, i governi di Niger, Mali e Burkina Faso hanno siglato un accordo di difesa reciproca contro minacce di ribellione armata e aggressioni esterne, dando vita all’Alleanza degli Stati del Sahel, mentre recentemente stanno ragionando su un’evoluzione dell’accordo in senso economico e politico. In questo senso, l’ammorbidimento della posizione dell’ECOWAS rivela sì le preoccupazioni per la tenuta comunitaria, ma manifesta anche le difficoltà incontrate da Abuja nell’esercizio dell’egemonia regionale.

 

 

 

Fonti e approfondimenti

Sandner, Philipp, “ECOWAS: A West African work in progress”, DW, 01/08/2023.

Mhaka, Taki, “ECOWAS is undoubtedly in trouble, but it still has potential”, Aljazeera, 27/09/2023.  

Kohnert, Dirk, “ECOWAS, once an assertive power in West Africa, reduced to a paper tiger”, GIGA – Hamburg, Institute of African Affairs, 11/08/2023.

Timeline: a history of ECOWAS military intervention in three decades”, Aljazeera,  01/08/2023. 

Niger government asks court to force ECOWAS to lift coup sanctions”, Aljazeera, 22/11/2023. 

Akpan, Samuel, “Reps to review ECOWAS’ contribution to Nigeria’s development”, TheCable, 01/07/2022. Okanla, Karim, “Like a Magnet”, Development and Cooperation, 15/02/2019.

 

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò