Il conflitto in Casamance e la lunga via per la pace

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

di Giorgia Rosso

Stretta a nord dal Gambia e a sud dalla Guinea Bissau, la regione senegalese della Casamance è teatro, ormai da decenni, di un conflitto a bassa intensità che dal 1982 contrappone il governo del Senegal ai separatisti del Movimento delle forze democratiche della Casamance (MFDC). 

Nonostante le tante azioni e le iniziative diplomatiche intraprese sia da attori locali che internazionali, la situazione in Casamance continua ancora oggi a essere complessa e il conflitto provoca vittime e sfollati in un susseguirsi di escalation violente e momenti di maggiore tranquillità. 

Una regione separata dal resto del Senegal 

La Casamance è la regione meridionale del Senegal, parzialmente isolata dalla parte settentrionale del Paese, in quanto lo Stato del Gambia ne divide a metà i territori. Proprio a causa di questo isolamento, dall’epoca coloniale le marcate differenze etnico-culturali, economiche e religiose tra Nord e Sud hanno condotto a tensioni di lungo termine.

La regione, fertile, ricca di foreste, piantagioni di riso e alberi da gomma, era maggiormente legata all’influenza portoghese, per quanto Lisbona non esercitasse sovranità su ampie porzioni di terra lungo il fiume Casamance, mentre il Nord del Senegal, più arido e meno ricco di risorse, era sotto l’influenza francese. Proprio nel XIX secolo, i commercianti francesi iniziarono a guardare con interesse alla ricchezza della Casamance, instaurando rapporti di tipo commerciale prima e annessioni poi. Nel 1882, Francia e Portogallo siglarono un accordo con il quale la Casamance divenne dominio francese, restando però separata dal resto del Senegal dai territori del Gambia britannico. 

Le radici del separatismo 

Le tensioni di entità etnico-culturale iniziarono quando, su decisione dei coloni francesi, la Casamance, a maggioranza etnica Diola, vide insediarsi funzionari amministrativi di etnia Wolof e Malinke provenienti dal Nord del Senegal. Mentre i Diola sono a maggioranza cristiana e animista, la restante popolazione senegalese è a prevalenza musulmana. 

Le prime rivolte dei Diola nei confronti del dominio francese si ebbero durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, ma il governo di Parigi sottovalutò il malcontento della regione, ritenendo che la questione non fosse prioritaria. Al contempo, anche la popolazione del Nord del Senegal guardava con disprezzo e pregiudizio l’etnia Diola e la sua cultura: discriminazioni e umiliazioni pubbliche perdurarono anche quando il Paese diventò indipendente, alimentando il senso di isolamento della regione. 

In questo contesto, la Chiesa cattolica guardava con interesse alla Casamance come possibile ultimo baluardo cristiano in un Senegal a maggioranza musulmana. L’ingerenza della Chiesa creò le basi per ciò che sarebbe successo in futuro, ovvero la fondazione dell’MFDC negli anni 80.

La Casamance è ancora oggi la regione più fertile del Senegal, nonostante il conflitto abbia portato all’abbandono di villaggi, colture e bestiame, compromettendo il successo dell’economia dell’area. Tuttora il dissenso della popolazione si fonda sulla percezione di abbandono, elemento persistente e che stimola il separatismo della regione. Dakar è, infatti, ritenuta responsabile dello sfruttamento delle ricchezze del Sud, quali terre fertili, risorse naturali come canapa, legname e petrolio, senza una corrispondente e adeguata fornitura di risorse finanziarie, materiali e infrastrutturali, fondamentali per il benessere degli abitanti della regione che vivono per lo più di agricoltura e allevamento. 

L’MFDC e il ruolo di padre Senghor 

Proprio sulla disperazione e sul senso di abbandono ed emarginazione della popolazione della Casamance fa leva l’attuale MFDC, fondato nel 1982 da padre Augustin Diamacoune Senghor, prete cattolico appartenente all’etnia Diola.

Il movimento ha innescato un conflitto che perdura da più di 40 anni. Però, il primo MFDC, da cui l’attuale prende il nome, era stato fondato nel 1949 da Emile Badiane, sempre di etnia Diola, con l’intento di promuovere e richiedere non la secessione della Casamance, ma una maggiore e giusta rappresentanza a livello politico. 

Il lungo conflitto ha portato a migliaia di vittime, alternando tempi di apparente calma ad altri di alta tensione, caratterizzati da innumerevoli tentativi di raggiungere degli accordi di pace. Nella vicenda che contrappone la Casamance a Dakar, un ruolo centrale è stato quindi ricoperto da padre Senghor, prete cattolico, imprigionato nel 1982 e nel 1990 in quanto figura di spicco del movimento. 

Nel 2004, padre Senghor firmò con il governo senegalese un accordo di pace, ricevendo in cambio il riconoscimento di una maggiore autonomia per la regione. L’accordo voleva porre termine al conflitto, ma non è stato accolto positivamente dalla maggioranza dei separatisti, tanto da portare a scissioni intestine, a una nuova ondata di scontri con l’esercito senegalese e a sconfinamenti nei Paesi vicini. 

Un conflitto che non coinvolge solo il Senegal 

La Guinea-Bissau, confinante a sud con il Senegal, da sempre ha accolto i rifugiati senegalesi in fuga. Tuttavia, periodicamente anche i territori di confine in Guinea-Bissau sono teatro di violenze derivanti dal conflitto, come incendi e sconfinamenti dei ribelli. 

Un altro Paese spesso toccato dalla violenza è il Gambia, dove tra il 2016 e il 2017 c’è stato un dispiegamento di truppe della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e fatti esterni al contesto senegalese hanno avuto conseguenze anche in Casamance. Nata con lo scopo di promuovere la cooperazione economica tra i diversi Stati dell’Africa occidentale, l’ECOWAS intraprende anche iniziative volte alla promozione della pace e della sicurezza, come avvenuto durante la crisi politica in Gambia. 

Il presidente gambiano uscente, Yaleya Yammeh, infatti, si era rifiutato di accettare la propria sconfitta alle elezioni, opponendosi all’insediamento del neo eletto Adama Barrow. Le truppe dell’ECOWAS, minacciando l’utilizzo della forza, erano quindi entrate in Gambia e Yammeh aveva lasciato il Paese, andando in esilio in Guinea Equatoriale. 

Il successo di questa azione è stato attribuito al Senegal, che aveva tutto l’interesse nel far rispettare i diritti democratici in Gambia, dato che per due decenni i rapporti con Yammeh erano sempre stati difficili, visto il suo tacito sostegno ai leader ribelli della Casamance e la mancanza di ostacoli al contrabbando di merci verso il Senegal. Per l’MFDC, l’allontanamento di Yammeh è stato un duro colpo, che ha alimentato la percezione di accerchiamento e isolamento. 

Il succedersi degli scontri e il verificarsi di eventi particolarmente violenti come il massacro di Bayotte del 2018 – durante il quale, per mano ribelle, hanno perso la vita 14 civili – hanno spinto, a inizio 2021, l’esercito senegalese a intraprendere numerose operazioni militari per smantellare l’MFDC, ma senza successo. Si tratta di azioni il cui impatto spesso non si limita al Senegal, ma tocca anche la regione meridionale di Foni, nel vicino Gambia, causando crisi transfrontaliere dato che gli sfollati sono sia senegalesi che gambiani. 

Le fonti di finanziamento dell’MFDC e il ruolo delle risorse naturali

Secondo le autorità senegalesi, il conflitto sarebbe per la maggior parte finanziato tramite un’economia illegale: l’MFDC sfrutta le zone di confine e la foresta per contrabbandare cannabis e alberi di palissandro (quest’ultimo dichiarato quasi estinto già nel 2012). Ma non solo: grazie alla conformazione del territorio ricco di foreste e quindi di vegetazione fitta, il commercio di droga è diventato un’ottima fonte redditizia.

Le risorse della Casamance sono un ulteriore elemento di destabilizzazione. L’area possiede giacimenti di petrolio ed è ricca di zircone, minerale utilizzato specialmente nell’industria chimica e nucleare. Perciò, attori esterni, quali le multinazionali, contribuiscono a minare l’equilibrio già precario dell’area. Un esempio è il progetto di estrazione dello zircone da parte di una società australo-cinese, la Carnegie-Astron. Da tempo, ci sono tensioni poiché il sito estrattivo sarebbe localizzato nel villaggio di Niafrang sulla costa nordoccidentale della Casamance, al confine con il Gambia e adiacente a una zona marittima protetta. 

I residenti locali e gli esperti scientifici indipendenti si sono opposti alla multinazionale e al governo di Dakar che aveva concesso all’impresa di iniziare i rilevamenti su tutta la costa della Casamance. Le ragioni dell’opposizione ruotano attorno all’inquinamento che il sito produrrebbe e alle conseguenze irreversibili che lo sfruttamento del terreno avrebbe sull’ecosistema di quelle aree. Anche l’MFDC si è opposto alla creazione del progetto estrattivo, ma in realtà il suo dissenso è dovuto alla volontà di sfruttare le risorse delle proprie aree, opponendosi all’ingerenza di attori esterni (e, soprattutto, estranei). L’MFDC da sempre difende la convinzione che i casamançais siano gli unici che possano usufruire delle proprie risorse.

Una pace è possibile?

Nonostante il difficile dialogo tra le parti interessate, negli ultimi anni, i tentativi di porre fine agli scontri sono stati innumerevoli. Il 4 agosto 2022, sotto la supervisione del presidente della Guinea-Bissau, Umaro Sissoco Embaló, allora presidente dell’ECOWAS, è stato firmato un accordo di pace. Ma tra le diverse fazioni ribelli è stato siglato solamente dal Fronte sud di César Atoute Badiate e dal Comitato provvisorio delle ali politiche e combattenti di Lansana Fabouré. 

L’accordo prevedeva la deposizione delle armi, il reciproco impegno nel raggiungere una pace duratura nella regione e sanciva che, a partire dal 1° ottobre 2022, sotto la supervisione della Guinea-Bissau, sarebbe dovuto iniziare un processo di identificazione e registrazione di tutti i ribelli dell’MFDC e dei loro leader. 

Tuttavia, la frangia più intransigente del movimento, guidata da Salif Sadio, ha rifiutato tale accordo, rendendo impossibile la sua realizzazione. Ciononostante, nel marzo 2023, il Comitato provvisorio delle ali politiche e combattenti ha firmato quello che viene considerato l’Atto II dell’accordo di pace e, pochi mesi dopo, anche il Fronte nord Diakaye ha acconsentito a deporre le armi.

Sembrerebbe quindi che negli ultimi mesi ci sia stato un cambio di passo rispetto al passato, dettato dalla decisione di diverse fazioni dell’MFDC di cessare i combattimenti. Tuttavia, se gli interventi diplomatici e il dialogo tra gli attori locali e internazionali continueranno a essere sporadici e poco coordinati, nel tempo continueranno ad alternarsi momenti di relativa tranquillità ed escalation violente. 

 

 

 

 

Fonti e approfondimenti 

Africanews. 2022. “Senegal launches operation against rebels in Casamance”.

Business & Human Rights Recource Centre. 2018. “[Reportage] Sénégal: Niafrang résiste face au projet d’extraction de zircon”.

Chemam, Melissa, “Senegal begins appeal trial for trio sentenced to life over Casamance killings”, Radio France Internationale, 19/05/2023.

Diallo, Mamadou Alpha, “Sénégal: Casamance, l’exploitation du zircon fait polémique”, Business & Human Rights Recource Centre, 10/10/2017.

Embalo, Allen Yero, “En Casamance, l’exploitation du zircon n’emballe pas la population”, Radio France Internationale, 13/12/2014.

Embalo, Allen Yero, “Quelle est la portée de l’accord de paix signé à Bissau entre Dakar et le Front Sud du MFDC?”, Radio France Internationale, 05/08/2022.

Foucher, Vincent. 2018. “The Mouvement des Forces Démocratiques de Casamance: The Illusion of Sepa- ratism in Senegal?”

De Vries Lotje, Englebert Pierre, Schomerus Mareike. Secessionism in African Politics, Palgrave Series in African Borderlands Studies, 2019, pp.265-292. 

Fraschini Koffi, Matteo, “In Senegal brucia la Casamance: “colpa” del petrolio”, L’Avvenire, 15/06/2022.

Gueye, Amadou, “Polémique autour de l’exploitation du zircon en Casamance”, Au Sénégal, 13/04/2023.

Hopkins, Gail. 2011. “Casamance refugees in The Gambia: self-settlement and the challenges of integration”. UNHCR. Research Paper No. 220:4.

Lemmi, Davide; Simoncelli, Marco, “Rebel conflict in Senegal’s Casamance region far from over”, DW, 01/09/2023.

Manneh, Nelson, “Foni Kansala Border Villages in Turmoil”, Foroyaa, 26/12/2022.

Ndiaye, Boucar Baba, “In Senegal’s War-Torn Casamance, a Dialogue Builds Stability”, United States Institute of Peace, 17/08/2022.

Reuters. 2007. “Veteran Senegal separatist leader dies in Paris”.

Roll, Nick, “We took our children and ran’: thousands displaced as Senegal’s 40-year war crosses border”, The Guardian, 29/03/2023.

Sambou, Wahany Johnson, “Senegal: Faction of Casamance rebellion inks peace deal”, Africanews, 19/07/2023.

 

 

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò