Islam Insight: I Fratelli Musulmani

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Islam Insight

Mentre il termine “Islam” denota, in maniera ampia, gli aspetti religiosi, culturali, sociali e storici della religione islamica dal VII secolo ad oggi, la parola “Islamismo” o “Islam politico”, si riferisce ad una corrente riformatrice, emersa a partire dall’800, che ha come obiettivo la costituzione di un sistema islamico (nizam islami) a fondamento dello Stato e della società. Tuttavia, sopratutto dopo il 9/11, nel dibattito pubblico etichette come Islamismo, “radicalismo”, “fondamentalismo”, “estremismo islamico” sono ricorse in maniera indifferenziata, eludendo le differenze tra movimenti molto diversi come, per esempio, la Fratellanza Musulmana e l’ISIS.

Islam Insight intende proporre una raccolta di articoli con lo scopo di far luce e approfondire le caratteristiche di fenomeni spesso mal rappresentati o dati per scontati nel discorso mainstream sull’Islam. 

Questo primo articolo è dedicato alla Fratellanza Musulmana e intende delineare un quadro generale dell’ideologia, dello sviluppo storico e della diffusione del movimento nel mondo arabo.

I successi elettorali in Egitto e Tunisia post-Primavere Arabe hanno catalizzato un rinnovato interesse per la Fratellanza Musulmana, il più diffuso tra i movimenti islamisti nel mondo arabo. Fondata in Egitto nel 1928 ad opera del maestro elementare Hasan al-Banna, la Fratellanza, al pari di altri movimenti di rinnovamento religioso (tajdid), è nata e si è sviluppata come reazione a episodi di forte shock culturale, sociale, politico ed economico che hanno sconvolto il mondo arabo in diversi momenti storici.  Nel giro di pochi anni il movimento conobbe un’espansione straordinaria, passando da quattro succursali nel 1929 a 2000 nel 1949.

 

Diffusione e struttura

Già dai primi anni di vita del movimento, il successo della Fratellanza ha oltrepassato i confini egiziani penetrando quasi tutti i paesi arabi: Siria, Palestina, Giordania, Libia, Tunisia, Marocco, Sudan, monarchie del Golfo, e Turchia. I gruppi arabi sunniti che ne sono emersi, chiamati da Laura Guazzone – docente di storia contemporanea dei paesi arabi – “movimenti freristi”, condividono l’organizzazione e l’impianto ideologico della matrice egiziana, mentre sul piano politico e sociale si sviluppano a seconda del contesto locale in cui hanno preso forma.

Al suo interno l’organizzazione prevede quindi una struttura gerarchica dominata dalla Guida Suprema a cui sono subordinati sei livelli amministrativi. Ognuno di questi livelli include ranghi diversi di membri scelti dalla Fratellanza e cooptati attraverso un processo di indottrinamento (tarbiya) che può durare anni.

 

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L’ideologia

Dal XVIII secolo, il mondo arabo è stato vittima della crisi culturale e socioeconomica determinata dal collasso dell’impero ottomano, dalla penetrazione della modernità e dei valori occidentali e dall’invasione coloniale. In questo contesto fiorì il dibattito sul ruolo dell’Islam nello Stato moderno e l’ideologia di al-Banna si affermò e diffuse. Il leader, che rimane ancora oggi il pilastro intellettuale del movimento, fu in grado di rispondere a questa crisi d’identità predicando la necessità di ritornare all’Islam del Profeta e dei suoi compagni per riformare un’identità islamica e, di conseguenza, una società in grado di guidare uno Stato retto dai precetti della shar’ia.

Questa riforma della società poteva realizzarsi solo gradualmente attraverso una serie di fasi: il cambiamento passa in primo luogo per l’individuo, poi per la famiglia, la società, il governo, fino alla fondazione di uno Stato islamico in Egitto che, a sua volta, porta alla riunificazione delle nazioni musulmane e infine alla diffusione della chiamata (da’wa) islamica in tutto il mondo. Questo approccio contribuisce tutt’ora a creare un pervasivo senso di dedizione tra i membri, dando loro un obiettivo e un piano d’azione a lungo termine.

Inoltre, l’identità islamica è onnicomprensiva e investe tutti gli aspetti della vita quotidiana. Intenti così ampi e un linguaggio semplice e immediato permisero ad esponenti di derivazione sociale molto diversa di identificarsi nel mandato frerista che, tra l’altro, istruiva gli adepti a privilegiare l’azione sull’ideologia. Al fine di diffondere il modello sociale islamico i membri della FM, infatti, si impegnarono in iniziative caritatevoli, nella costruzione di scuole, cliniche e club e in opere di proselitismo nelle moschee, nelle università, sui mezzi di informazione, etc. In tal modo, da un lato la Fratellanza riempiva i vuoti lasciati dallo Stato nell’offerta di servizi sociali e dall’altro creava nuove possibilità di reclutamento.

Al-Banna, tuttavia, rimase vago su quella che dovrebbe essere l’agenda del movimento al governo. La filosofia politica della FM poggia su una revisione islamica e determinista della storia per cui il rinnovamento morale della società inevitabilmente porterebbe al successo politico. Manca quindi un programma coerente e chiaro di come lo Stato Islamico dovrebbe governare. Questa ambivalenza ha servito bene una cieca fiducia nella leadership, nonostante azioni spesso contraddittorie o fallimentari. Ad esempio, al- Banna criticava la politica di partito (hizbiyya) come fonte di divisione nella società; ma ciò non gli ha impedito di concorrere alle parlamentari del 1942.

È anche vero però, che questa stessa ambiguità ha reso l’ideologia abbastanza flessibile da adattarsi a diverse necessità storiche e contesti geografici, rendendole possibile sopravvivere a fasi alterne di inclusione e repressione da parte dei regimi. Infattida un lato, società e sistemi politici diversi hanno determinato perfomance diverse. Dall’altro, la costante minaccia alla sua esistenza ha influito sulla segretezza delle dinamiche interne e su un atteggiamento di cauta diffidenza nei confronti degli altri gruppi politici e di azioni troppo progressiste. Paradossalmente, nonostante la retorica critica di al-Banna e il messaggio riformista, le esperienze al governo della Fratellanza hanno spesso finito per favorire lo status quo.

 

Da al-Banna alle Primavere arabe

Tuttavia tra gli anni ’50 e ’60, dopo questo primo periodo di espansione,  il movimento entrò in una fase di stagnazione dovuta alle massicce repressioni e alla popolarità del nazionalismo arabo e secolare di ispirazione nasseriana. Peraltro, uno degli effetti delle incarcerazioni di massa fu la deriva militante di Qutb che ispirerà il pensiero jihadista.

Un nuovo moto di crisi scaturisce dalla sconfitta nella guerra del ’67, quando la svolta autoritaria per contenere il dissenso dei partiti di sinistra, dei movimenti studenteschi e dei sindacati e il deterioramento delle condizioni economiche, generarono la perdita di legittimità dei regimi repubblicani e il ritorno sulla scena pubblica e politica dei movimenti freristi.

In particolare, la nova Guida Suprema al-Tilmisani incoraggiò la partecipazione politica come l’opportunità di cambiare il sistema dall’interno e rigettò fermamente la dottrina qutbista e l’utilizzo della violenza come strategia politica. Inoltre le nuove autocrazie, vedi Sadat in Egitto, riabbracciarono la propaganda religiosa come contrappeso alla sinistra.

Questo trend fu intensificato dagli eventi del ’79: la Rivoluzione islamica in Iran, l’occupazione della Grande Moschea in Arabia Saudita da parte dei wahhabiti radicali, la resistenza dei mujaheddin in Afghanistan e la pace tra Egitto e Israele. Infatti nel decennio 1980-90, gli islamisti radicarono la propria presenza negli spazi della vita civile, dai sindacati alle università, e beneficiarono dell’apertura liberale di quegli anni per inserirsi nel gioco elettorale fino alle repressioni tra gli anni ’90 e 2000.

Dal 2000 poi, lo shock della globalizzazione, la diffusione del modello neoliberista statunitense e la guerra al terrorismo dopo l’11/9 hanno determinato la connivenza tra Occidente e dittature mediorientali, una crescente insofferenza popolare verso povertà e ingiustizia sociale dilaganti e il trionfo della propaganda jihadistaLa Fratellanza invece ha perso consensi, accusata di passività e acquiescenza verso i regimi. A ciò si aggiunga la polarizzazione interna tra leadership tradizionalista e una generazione più giovane e riformista di membri.

Infine, la più recente fase di instabilità si è palesata con i movimenti popolari del 2011 che hanno portato alla caduta dei regimi in Egitto, Tunisia e Libia e al generale sconvolgimento degli equilibri nella regione. Rimane da vedere quindi, quale sarà l’impatto di questa fase sull’islamismo frerista considerando, in particolare, il rovinoso epilogo della presidenza Morsi in Egitto e le proteste che stanno agitando la Tunisia dallo scorso giovedì.

 

 

Fonti e Approfondimenti

Guazzone Laura et al., “Storia ed evoluzione dell’islamismo arabo. I fratelli musulmani e gli altri”, Mondadori Education, 2015

Kandil Hazem, “Inside The Brotherhood“, Polity Press, Cambridge, 2015

Al- Anani Khalil, “Inside the Muslim Brotherhood. Religion, Identity, and Politics“, Oxford University Press, New York, 2016

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