Sulla strada per Kyiv: in viaggio tra le due anime ucraine

Remix con supporto AI © Halibutt CC BY-SA 3.0

Strade enormi circondano la città di Kyiv. Ampie corsie per collegare questo agglomerato di persone in continua espansione. Grandi ponti scavalcano il fiume Dnepr e uniscono i due lati della città, in una metafora materiale che avvicina l’Est all’Ovest. Le due anime ucraine, quella russofona della sponda orientale e quella ucrainofona a occidente, tracciano il leitmotiv storico della divisione e dell’unità di questo paese. Attraversando le strade della città di Kyiv, notando la sua policromia di stili e di identità, è nata l’idea di raccontare, in un ciclo di articoli tematici, la storia passata e presente della Repubblica Ucraina, cercando di fare di chiarezza e provando un po’ ad uscire dalla nostre certezze culturali occidentali.

Terra di confine

Partendo dai confini dell’impero Austroungarico per arrivare al limite del Mar d’Azov, l’Ucraina è da sempre terreno conteso tra europei e moscoviti. Le sue ingenti risorse idriche, la fertilità delle sue terre e la posizione strategica della città di Kyiv come collegamento commerciale tra Nord e Sud, l’hanno resa preda delle mire espansionistiche degli antichi imperi. Il nome stesso di questo paese, Ucraina, deriva dal termine slavo “kraj”, con il significato di “terra di confine”. Un confine combattuto e indeciso, fino alla fine della seconda guerra mondiale.

Negli anni precedenti, i territori occidentali, da Leopoli (oggi L’viv) fino alla riva sinistra di Kyiv, hanno spesso cambiato governante passando da dominio polacco a dominio austroungarico. Mentre, dopo il 1922, queste regioni furono divise tra Polonia, Cecoslovacchia e Romania. Nella parte russa invece, l’Ucraina era divisa in Piccola Russia, Russia Meridionale e Russia Occidentale. In queste zone, dalla fine del XVIII secolo, gli Zar attuarono un processo di russificazione, imponendo l’abbandono della lingua ucraina nelle pubblicazioni, nell’amministrazione e nell’esercito. Questo creò le prime differenze culturali con le aree occidentali, dove il ceppo linguistico Rutheniano (da cui derivano polacco, ucraino e bielorusso) era radicato sopratutto tra le élites culturali dell’epoca.

Il processo di russificazione venne intensificato a seguito della Rivoluzione Bolscevica, accompagnato dalla sostituzione dei funzionari pubblici con funzionari russi e dalla collettivizzazione forzata delle terre. Quest’ultima portò alla grande carestia del 1929-1933, conosciuta col nome di Holdomor, che causò un numero di morti stimato tra i 5 e gli 8 milioni. Il malcontento tra la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, in cerca di indipendenza e rivalsa, e la Russia sovietica esplose durante la seconda guerra mondiale, quando più di 30.000 ucraini si arruolarono nelle linee naziste delle Waffen-SS in funzione antibolscevica e alla costituzione dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Questo gruppo fu particolarmente attivo nei territori occidentali, dove si rese colpevole di numerosi crimini contro le minoranze ebraiche e contro gli abitanti di origine polacca.

A seguito dell’avanzata russa contro la Germania e la riconquista di tutti i territori occupati dai nazisti, l’Armata Rossa si scontrò duramente contro i membri dell’UPA, in un conflitto durato fino agli anni Cinquanta e accompagnato da dure repressioni contro i cittadini ucraini presenti in quelle zone. Tuttavia, anche i russi utilizzarono la strategia del nazionalismo ucraino. Con l’obiettivo di stabilire una frontiera etnografica tra Polonia e RSS Ucraina, furono deportati più di 300.000 polacchi e le regioni precedentemente sotto dominio cecoslovacco e rumeno furono aggiunte all’Ucraina. Per ultima, la Crimea venne donata da Chruščëv nel 1954, in occasione dei “300 anni di amicizia” tra le due nazioni, sopratutto per risolvere le carenze idriche della regione.

In maniera quasi paradossale, la Russia sovietica fu quindi la principale responsabile di sofferenze e morti nel territorio ucraino, ma anche della sua unificazione per come lo conoscevamo prima del 2014.

La nascita dell’Ucraina indipendente

A seguito della dissoluzione dell’URSS, l’Ucraina proclamò la sua indipendenza nel 1991, ma entrò quasi immediatamente in una pesante crisi economica che le fece perdere più del 60% del PIL tra il ’91 e il ’99. Questo favorì un immediato ritorno alla dipendenza dalla Russia, in termini di supporto energetico ed economico, acuendo nuovamente le tensioni tra distretti a diversa tradizione linguistica. Inoltre questo legame prese una forma privatistica più che statale, i cui nodi venivano stretti dai cosidetti “oligarchi” ucraini e russi. Con il termine oligarchi, si intendono pochi individui che sono riusciti a trarre vantaggio dalle privatizzazioni dei primi anni novanta, in un sistema, quello post sovietico, descritto nel romanzo Limonov come “senza regole del gioco, senza leggi, senza sistema bancario e fiscale”.

In queste condizioni, divennero presto monopolisti dell’energia, dei media e dell’industria e non persero occasione di esercitare tutta la loro influenza particolaristica sulla politica dei nuovi stati indipendenti. Il primo governo ucraino fu quindi segnato da una forte retorica nazionalistica portata avanti dal presidente Kravčuk. Queste argomentazioni propagandistiche non furono però accompagnate dalle riforme necessarie per combattere la recessione economica e nel 1994 venne sostituito da Leonid Kučma, ex primo ministro e dirigente della Južmaš, una delle più grandi fabbriche di armamenti dell’ex Unione Sovietica.

Questo governo fu in grado di cambiare la Costituzione e di inaugurare la nuova moneta nazionale, ma, nel contempo, si caratterizzò per una corruzione pervasiva, in cui gli oligarchi si arricchirono a scapito di una nazione in crisi. Nel 2000 il presidente Kučma venne accusato di essere il mandante dell’omicidio di un giornalista che indagava sui legami tra governo e oligarchi e nel paese si posero le basi per la Rivoluzione Arancione del 2004Dal 2004 al 2014, tutte le tornate elettorali si sono basate sulla contrapposizione di  candidati filoeuropei e filorussi, rispettivamente sostenuti dai territori occidentali e orientali. Nel 2004 le prime votazioni furono annullate per brogli, in favore del candidato scelto dagli oligarchi, e sostenitore di Putin, Viktor Janukovyč. Lo stesso in carica durante le proteste del 2014, poi costretto a fuggire in Russia a seguito delle proteste di Euromaidan.

Partendo dalle queste proteste, definite Rivoluzione della Dignità, molte sono state le delazioni rispetto a una deriva nazifascista dell’Ucraina. Dai media mainstream ai siti di informazione più di sinistra, l’attenzione viene sempre portata sulla parola “nazionalisti” e sui membri dei due movimenti di opposizione Svoboda (Libertà) e Pravyi Sektor (Settore Destro), come se fossero stati loro i protagonisti della rivolta e del successivo sviluppo politico del paese. Eppure, secondo i dati del Kyiv International Institute of Sociology e del Il’ko Kucheriv Democratic Initiatives Found, solo il 5% dei presenti in Piazza Maidan (Maidan Nezalezhnosti), allo scoppio delle rivolte, si trovava lì in solidarietà dei partiti di opposizione e questo numero scende al 3% a Febbraio del 2014. Gli stessi giovani abitanti di Kyiv sconfessano questo presunto sentimento nazifascista, dichiarandosi apertamente indipendentisti. Infatti, nella tornata elettorale di ottobre 2014, il partito Svoboda ha a malapena raggiunto il 4% e Pravi Sector nemmeno il 2%.

Tra disillusione e nuovo slancio

Con la vittoria del partito di centro Blocco Petro Poroshenko “Solidarietà” e l’elezione dell’omonimo candidato a Presidente, il paese ha incominciato la sua strada verso le riforme. Tra la cittadinanza però, resta alto il livello di sfiducia verso le istituzioni e il governo, dovuta ad una generale disillusione rispetto ad un concreto cambiamento nella classe dirigente. Infatti, Poroshenko non è un volto nuovo nel panorama politico ucraino e la sua posizione di magnate del cioccolato lo fa assomigliare pericolosamente a quegli oligarchi di cui tutto il paese vuole fare finalmente a meno. Nonostante ciò, l’attuale agenda politica sta procedendo decisa verso una generale modernizzazione e democratizzazione del sistema statale ucraino.

Due settimane fa, ad esempio, è stato approvata una modifica alla Carta Costituzionale, in cui si fissano le prerogative europeiste del paese e la volontà di raggiungere gli standard richiesti per l’ingresso nell’Unione. Nel programma di governo, inoltre, sono segnate circa 62 riforme necessarie e in procinto di attuazione nei prossimi anni. Le prioritarie per ora riguardano pubblica amministrazione, privatizzazioni, sanità ed istruzione. Si tratta di riforme radicali che dovrebbero andare a stravolgere anni di stasi e inefficienza governativa.

Dopo aver accettato un salvataggio di circa venti miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale, l’Ucraina è ancora in cerca di prestiti e investimenti esteri per stabilizzare e completare queste riforme. Particolarmente interessanti sono le scelte relative alla riforma dell’istruzione, per la quale si sono affidati all’aiuto finanziario e di capitale umano della Finlandia (al quinto posto al mondo per sistema educativo nei dati OECD Pisa), e rispetto all’implementazione portuale e cantieristica, per la quale hanno firmato un accordo bilaterale con il Giappone (la cui industria navale è la seconda al mondo). Inoltre sono stati costituiti uffici e organi giudiziari speciali per combattere la corruzione e l’influenza degli oligarchi, come il National Anti-corruption Bureau, lo Special Anti-corruption Prosecutor’s Office e la Supreme Anti-corruption Court.

Grazie a questi primi cambiamenti, in soli quattro anni dalla Rivoluzione, l’Ucraina è passata dalla 143esima posizione del Transparency corruptcion perception Index alla 130esima e dalla 112esima posizione del World’s Bank’s doing businness alla 76esima. Secondo stime del Ministero delle Finanze ucraino, queste misure saranno in grado di far tornare nelle casse statali una cifra pari a circa il 6% del PIL del paese.

La vera rivoluzione però sta avvenendo soprattutto nel settore digitale. La necessità di rapidi cambiamenti nell’amministrazione e la mancanza di personale specializzato stanno incrementando l’occupazione giovanile in questo settore. Ad oggi l’Ucraina è il primo paese in Europa in termini di occupazione su piattaforme online e il primo al mondo per la presenza di “IT freelance”. In termini di reddito, i giovani che lavorano nel campo digitale hanno salari più alti della media e ampie possibilità di incrementare le proprie competenze. Inoltre, questo settore aggrega personale estremamente preparato in termini educativi e contribuisce a variegare e a stabilizzare i rapporti internazionali con le più grandi economie mondiali e con i paesi dell’ex blocco sovietico.

Accompagnare con buone pratiche politiche la rivoluzione digitale sarà un modo per implementare totalmente il mercato del lavoro, incrementare le competenze delle nuove generazioni, rafforzare il welfare e ridurre la povertà.

 

Fonti e approfondimenti:

  • Ukrainian Institute for Economic Research and Policy Consulting, Anticorruption Report 2018.
  • fDi Intelligence Magazine, Ukraine strives for stability, 2018.
  • Internews Ukraine NGO, Reforms Guide Book, 2017.

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: