Euramérica: il rapporto con il gigante statunitense

Rapporto Stati Uniti
@KarenArnold - Public Domain Pictures - CC0

Lo scorso articolo di Euramérica ha messo in luce i rapporti diplomatici e commerciali presenti tra l’Unione europea e i Paesi dell’America latina. Questo articolo tratterà invece la loro relazione con la principale potenza mondiale: gli Stati Uniti d’America.

Presupposti diversi

La relazione degli USA con i Paesi europei e latino-americani si basa su presupposti profondamente diversi. Washington è infatti legata da legami secolari ai Paesi dell’Europa Occidentale, da cui la maggior parte dei suoi cittadini discendono e da cui ha ereditato usi e costumi. Il legame si è poi fortemente rinsaldato con il decisivo intervento americano nelle due guerre mondiali e, negli anni successivi alla fine del secondo conflitto, dal decisivo supporto del Piano Marshall e dalla comune adesione alla NATO. Le relazioni tra gli Stati Uniti e le cancellerie europee sono state improntate, sia pure con un chiaro squilibrio economico e militare a favore di Washington, a un rapporto amichevole e paritetico.

Diversa è stata la situazione con i Paesi dell’America latina in cui gli USA, sin dai tempi della dottrina Monroe dei primi decenni dell’Ottocento, hanno esercitato una pesante influenza, di stampo sostanzialmente imperialistico. Se questa influenza è stata palese ed esplicita fino al primo Novecento (emblematico fu il caso di Cuba tra il 1898 e l’inizio della dittatura castrista), si è fatta più velata ma non meno presente nel periodo della Guerra Fredda, in cui gli USA, preoccupati dall’espansione del comunismo, non si sono fatti molti scrupoli ad abiurare i principi fondanti di libertà e democrazia, sostenendo tutte le numerose dittature militari sudamericane.

Dopo la fine della Guerra Fredda, il Sud America (anche per via della fine delle ingerenze di Washington) si è avviato a una difficile ma evidente transizione verso la liberaldemocrazia, in cui la relazione con l’ingombrante vicino nordamericano è infatti un punto fondamentale e caratterizzante delle differenti proposte politiche.

I rapporti commerciali

Le relazioni commerciali tra USA e Unione europea sono sempre state fitte e caratterizzati da una certa liberalità, nonostante il permanere di dazi e limitazioni. Gli Stati Uniti sono il maggior partner economico dell’Unione europea nel suo complesso, mentre i Paesi Ue sono secondi solo alla Cina per il commercio statunitense.

Nel 2013, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e Barack Obama iniziarono le trattative per un accordo di libero scambio tra le due aree, chiamato Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). L’obiettivo del TTIP era la promozione di una più libera circolazione dei beni, ottenuta attraverso la rimozione dei dazi e delle barriere all’ingresso, l’adozione di provvedimenti antidumping e l’impegno per uniformare le normative vigenti. Secondo i fautori dell’accordo, i consumatori americani ed europei avrebbero beneficiato di un mercato più ampio con prezzi più bassi e, secondo alcune stime, il PIL dei Paesi contraenti avrebbe potuto avere un incremento tra l’1 e il 2%.

Tuttavia, i forti dubbi circa le normative sanitarie e ambientali (che negli USA sono decisamente più lasche che in Europa) e, soprattutto i grandi cambiamenti sociali ed economici in molti settori che il TTIP avrebbe portato hanno spinto molti Paesi, in primis Francia e Germania, a far decadere le trattative già nel 2016. L’allora candidato Donald Trump, di cui sono note le convinzioni protezioniste, aveva fatto una feroce campagna elettorale contro il trattato, su cui peraltro aveva espresso molte remore anche la rivale Hillary Clinton.

Un altro mastodontico trattato di libero scambio tra gli USA e tutti gli Stati latino-americani, con la sola esclusione di Cuba, è stato negoziato e poi bocciato all’inizio degli anni 2000. La Free Trade Area of Americas (FTAA) prevedeva a sua volta la rimozione dei dazi, interventi per un maggior accesso al mercato e, controversamente, un’ampia libertà di interventi diretti stranieri nelle aziende dei Paesi contraenti. In questo caso, ai benefici economici prospettati dai fautori dell’accordo gli scettici contrapponevano la possibilità per la forte economia statunitense di acquisire importanti quote di mercato nei fragili Paesi latino-americani. L’opposizione di Venezuela, Argentina, Brasile e Bolivia, allora guidati da governi progressisti e antiamericani, fece naufragare l’accordo. I Paesi del Sudamerica hanno cercato con alterni successi di dare maggiore impulso al Mercosur, mentre gli USA hanno firmato un accordo di libero scambio meno ambizioso con alcuni Paesi centro-americani.

Situazione attuale e sviluppi futuri

Le relazioni, specialmente commerciali, degli Stati Uniti d’America con il resto del mondo sono profondamente mutate dall’elezione di Donald Trump nel 2016. La sua politica protezionista e l’imposizione di dazi anche nei confronti di Paesi alleati come quelli dell’Unione europea hanno scardinato certezze vecchie di decenni. Sebbene questa scelta stia per il momento pagando a livello economico, gli USA sono ora nettamente più isolati a livello internazionale. Tutti i principali Paesi europei (con la parziale eccezione dell’Italia) sono critici verso le politiche dell’attuale amministrazione americana e preoccupati dal suo crescente isolazionismo. Figlia di questa scelta è per esempio la firma del Trattato di Aquisgrana nel gennaio di quest’anno, che aumenta la collaborazione franco-tedesca anche a livello militare, tradizionalmente appannaggio della NATO.

Dopo il fallimento del FTAA, i Paesi latino-americani si sono rivolti altrove nelle loro relazioni commerciali, con un notevole aumento dell’influenza cinese e la firma dell’accordo tra Ue e Mercosur. I dazi di Trump non hanno peraltro neanche risparmiato il più fidato alleato nella regione, il Brasile di Jair Bolsonaro, che pochi giorni fa ha visto tassati l’acciaio e l’alluminio che esporta a Washington. Tuttavia, dopo il successo del socialismo in salsa sudamericana degli anni Duemila, gli USA hanno oggi nella regione altri fedeli alleati oltre al Brasile. Paesi come Cile e Colombia, per esempio, guardano al presidente repubblicano come a un modello di successo. Dall’altra parte però, le già fragili relazioni con Cuba, Venezuela e Nicaragua sono ulteriormente peggiorate.

L’America latina è dunque più polarizzata dell’Europa rispetto alla sua relazione con Washington, dimostrando ancora una volta che il suo grado di integrazione è a uno stadio decisamente inferiore rispetto a quello raggiunto oltreoceano.

 

Fonti e approfondimenti 

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