Da Obama a oggi: il cambiamento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti

Cuba
@Chuck Kennedy - Wikimedia Commons - Public Domain

Il futuro di Cuba dipende dalle prossime elezioni del 3 novembre negli Stati Uniti. Mai due candidati alla presidenza USA hanno avuto visioni così opposte sulle relazioni bilaterali con l’isola. Il sostituto di Raúl Castro, Miguel Díaz-Canel, nato nel 1960, anno in cui iniziò l’embargo, si ritrova a gestire un Paese in crisi, passato in pochi anni dall’apertura economica offerta da Obama ai 120 provvedimenti punitivi di Trump. Mentre l’Unione Europea critica il tycoon per le sue misure, da una vittoria di Biden ci si aspetta la fine definitiva dell’isolamento

L’era Obama: la normalizzazione dei rapporti

La strategia di Barack Obama si fondava sull’assunto che l’embargo fosse fallito. Infatti, l’isolamento di Cuba ha avuto l’effetto contrario a quello sperato: non ha portato alla caduta del regime e ha peggiorato la reputazione degli Stati Uniti, che a tratti si sono “isolati nell’emisfero occidentale”, secondo quanto affermato dall’ex presidente. Obama voleva porre fine “agli ultimi vestigi della Guerra Fredda nelle Americhe” per produrre un cambiamento attraverso forme di contaminazione economica e culturale. Normalizzare i rapporti tra i due Paesi avrebbe favorito l’inserimento dell’isola nel contesto liberale e permesso un più facile controllo, soprattutto in materia di diritti umani.  

Obama aveva già inviato segnali di apertura poco dopo l’inizio del suo primo mandato. Nell’aprile del 2009 revocò le restrizioni sui viaggi per motivi familiari e sull’invio di rimesse a Cuba e quattro anni più tardi ristabilì il servizio postale diretto per la prima volta dal 1963. Ma solo il 17 dicembre del 2014, l’ex presidente degli Stati Uniti e il suo omologo cubano Raúl Castro annunciarono ufficialmente l’inizio delle trattative per stabilire nuovi rapporti bilaterali. Un’apertura resa possibile anche grazie alla mediazione del Canada e di Papa Francesco. Le riunioni si svolsero in segreto e portarono a uno scambio di prigionieri, tra cui Alan Gross, collaboratore dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale arrestato a L’Avana e condannato a 15 anni con l’accusa di spionaggio. 

Gli effetti della riapertura di Cuba

Il Congresso, dove i Repubblicani ottennero la maggioranza nelle elezioni di metà mandato, impedì una revoca totale dell’embargo ma, nonostante l’intoppo, i progressi furono significativi.

Vi fu la riapertura delle ambasciate a Washington e L’Avana, nonchè l’intervento di Castro all’Assemblea Generale dell’ONU e la visita di Obama all’isola nel 2016. Inoltre si annullarono restrizioni ai viaggi in 12 categorie, si pose fine alla politica conosciuta come “piedi asciutti-piedi bagnati” (uniformando così le politiche sull’immigrazione) e si eliminò il Paese comunista dalla lista degli Stati patrocinatori del terrorismo.

Lo scambio culturale ed economico viaggiò a una tale velocità che una parte della società cubana accusò Obama di voler distruggere Cuba al pari dei suoi predecessori, ma con un altro metodo. 22 gruppi di lavoro cominciarono a collaborare sulla sicurezza e su temi scientifici e accademici, mentre le crociere e i voli diretti trasportavano oltre 600.000 statunitensi sull’isola. Migliaia di cubani approfittarono dell’ingente flusso di turisti aprendo piccoli ostelli, ristoranti privati, bar, discoteche che attraevano personaggi come Beyoncé, Madonna o i Rolling Stones, protagonisti di uno storico concerto di fronte a 200.000 persone. Le compagnie di telecomunicazione erano pronte a investire sull’isola, dove solo il 5% della popolazione aveva accesso a Internet.

Il Partito Democratico si aspettava che Hillary Clinton approfondisse le relazioni con Cuba sulla falsariga di Obama. Tuttavia, alle elezioni del 2016 si impose Trump e la sua ostilità assestò un duro colpo al regime.

L’era Trump: diversi passi indietro

Il magnate newyorkese condusse una campagna elettorale incentrata sulla critica alla accordi dell’era Obama, principalmente quelli con Cuba e con l’Iran sul nucleare. Tuttavia, Trump aveva inviato alcuni suoi subordinati a L’Avana per esplorare le opportunità d’affari anche durante le primarie repubblicane. Abbandonò l’idea solo per ottenere l’appoggio della comunità cubana di Miami, che continuava a dichiararsi favorevole all’embargo. Malgrado i 120 provvedimenti volti a restringere nuovamente i rapporti, il tycoon ha comunque mantenuto diversi canali di comunicazione e non ha eliminato tutte le concessioni del suo predecessore. Non a caso, l’ambasciata resta ancora aperta.

Nel 2017 un Memorandum su Cuba annunciò le prime restrizioni: limitazioni alle rimesse, divieto delle crociere turistiche e dei voli commerciali e di affari con organi vincolati al potere militare. Il rapporto si fece complicato quando Washington denunciò un “attacco alla salute” di alcuni suoi diplomatici a L’Avana.  Essi infatti avevano sofferto episodi di perdita di conoscenza, vuoti temporanei di memoria, nausea o vomito, ricondotti ad armi non convenzionali, come quelle a ultrasuoni. A settembre Trump rimosse gran parte dello staff e si disse certo della responsabilità del governo di Cuba nella vicenda.

Le critiche dell’Unione Europea non riuscirono a frenare l’ingente mole di provvedimenti che l’amministrazione repubblicana aveva ancora in programma. Cuba tornò nella lista dei Paesi coinvolti nell’appoggio al terrorismo, ma fu la riattivazione del Titolo III della Legge Helms-Burton a provocare la condanna della comunità internazionale. Con questa misura, varata da Bill Clinton nel 1996, si permette ai proprietari di beni confiscati durante la Rivoluzione cubana di tornare a reclamare i vecchi possedimenti a distanza di decenni, rendendo la legge statunitense valida a livello extraterritoriale.

Gli ultimi attriti

Nel frattempo, Miguel Díaz-Canel ha sostituito Raúl Castro alla guida del governo isolano, ma gli Stati Uniti continuano a sostenere che sia ancora il fratello di Fidel a gestire il potere da dietro le quinte. L’ultimo attacco in ordine cronologico si è verificato nel contesto della pandemia mondiale. Il vicepresidente Mike Pompeo ha criticato aspramente gli alleati Qatar e Sudafrica per aver accettato l’aiuto dei medici cubani. Inoltre ha accusato L’Avana di schiavizzare il suo personale sanitario trattenendo il 75% del suo salario. 

Solo qualche giorno dopo, un cubano-americano ha attaccato l’ambasciata a Washington a colpi di arma da fuoco provocando la reazione di Díaz-Canel, che ha collegato il fatto con la politica di “aggressione e ostilità” del governo degli Stati Uniti. L’interruzione del flusso turistico ha fatto sprofondare Cuba in una nuova crisi economica. Ciò ha costretto il presidente a effettuare i cambi radicali che Raúl Castro si era rifiutato di attuare durante l’era Obama: eliminazione della doppia moneta; concessioni a compagnie straniere e flessibilità delle tasse per le piccole imprese. In questo momento, il Paese è a corto di derrate alimentari, in particolare di pollo e uova, due alimenti fondamentali per la dieta cubana. Un problema che fa riaffiorare i ricordi del periodo speciale vissuto dopo la fine dell’Unione Sovietica.

Gli scenari post-elezioni

La posizione dei due avversari, Joe Biden e Donald Trump, su Cuba appare abbastanza chiara ma ci sono alcuni elementi da tenere in considerazione. Biden aveva appoggiato la strategia obamiana da vicepresidente come si evince anche dalla visita di sua moglie Jill all’isola nell’ottobre del 2016. Tuttavia, durante la campagna per le primarie democratiche non ha mai enfatizzato la questione e ha cercato di ottenere i voti cubani in Florida facendo appello agli altri punti chiave del suo programma, come lavoro e salute. Il primo a riportare il tema nel dibattito è stato Bernie Sanders, che ha bilanciato i difetti autoritari del sistema cubano con i successi sulla salute e l’istruzione. A quel punto, Biden non ha esitato ad attaccarlo, accusandolo di difendere Fidel Castro, “un dittatore”.

Ciò nonostante, ci si aspetta da lui una visione molto simile a quella di Obama, che pone l’apertura come requisito fondamentale per il cambio di regime. Al contrario dell’ex presidente, però, dovrebbe affrontare questioni spinose che sono rimaste in sospeso come la chiusura della base di Guantánamo; le nazionalizzazioni; le compensazioni e i diritti umani. Inoltre, in molti hanno segnalato che, se Biden dovesse vincere, Robert Menéndez, l’ultimo democratico a mantenere una posizione pro-embargo, dovrebbe occupare la presidenza della Commissione per gli Affari Internazionali e la sua influenza non sarebbe da sottovalutare.

Nel caso di una vittoria di Trump, la previsione è che le relazioni bilaterali non dovrebbero ulteriormente peggiorare. Non è da escludere, infatti, che si possano rinegoziare gli accordi quando Raúl Castro abbandonderà il comando del Partito Comunista nel 2021. Va aggiunto che i membri pro-embargo dello staff del tycoon sono stati licenziati (John Bolton) o sono in via di uscita (Mauricio Claver-Calone dirigerà la Banca Interamericana di Sviluppo). Resta solo Carlos Trujillo, ora Sottosegretario del Dipartimento di Stato per l’America Latina e, soprattutto, Marco Rubio, senatore repubblicano per la Florida. 

 

Fonti e approfondimenti

El País, La Cuba de Trump, 3/07/19

ISPI, L’ombra di Trump sulle relazioni Cuba-USA, 18/04/18

Il Post, Cosa ha cambiato Trump nei rapporti tra Stati Uniti e Cuba, 17/06/17

Cuba Ahora, Estados Unidos vs Cuba: cronología de un rompimiento, 4/01/20

On Cuba News, Cronología: Relaciones Cuba-EE UU a cinco años del “deshielo”, 17/12/19

DW, Cuba, Estados Unidos, los cubanos y la desesperanza, 18/07/20

BBC Mundo, Los 5 grandes efectos económicos del acuerdo entre Cuba y EE UU, 21/12/14

The Washington Post, Opinione dei leader democratici sulla relazione con Cuba

CNN, Why Cuba is watching America’s election race so closely, 29/01/20

Nikoláy V. Kaláshnikov e Magomed A.-M. Kodzóev, De Obama a Trump: transformación de las relaciones entre Cuba y Estados Unidos en la etapa actual, 1-26  

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