Panama Papers, cinque anni dopo

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il 3 aprile 2016, diverse testate giornalistiche pubblicarono in contemporanea un massiccio numero di articoli riguardanti dei documenti trapelati da una società panamense di consulenza per holdings offshore, la Mossack Fonseca. Questi documenti presero il nome di “Panama Papers” e vennero definiti sin da subito come “la più grande fuga di notizie finanziarie della storia”.

Da quel giorno, grazie al lavoro di centinaia di giornalisti, coordinato dall’International Consortium of Investigative Journalists (‘ICIJ’), il mondo scoprì una parte dei segreti della finanza coperti da giurisdizioni compiacenti. Un modo con cui società multinazionali, ma anche politici e vip, riuscivano a evadere le tasse sui loro immensi patrimoni. 

Questo leak ha permesso, solo negli ultimi due anni, il recupero in dieci Paesi (tra cui Australia, Belgio, Danimarca, Germania e Italia), di 185 milioni di dollari. Diversi politici hanno perso la propria credibilità, mentre altri sono stati condannati. Alcuni parlamenti, come quello inglese e statunitense, hanno usato i Panama Papers come strumento di pressione per l’approvazione di leggi più stringenti in materia fiscale. 

Più in generale, tra azioni locali e iniziative di enti internazionali, anche grazie ai Papers si è creato un clima avverso nei confronti delle giurisdizioni che fanno della segretezza fiscale il loro biglietto da visita per capitali e investitori esteri.

 

Le conseguenze più eclatanti

Sin dal primo giorno delle pubblicazioni, #PanamaPapers era top trending su Twitter in mezzo mondo. A otto anni dalla crisi finanziaria che aveva sconvolto la vita di milioni di persone, venire a sapere come, nel concreto, la stessa finanza agiva per proteggere i grandi capitali internazionali da un’equa tassazione aveva animato il dibattito internazionale. 

L’attenzione dell’opinione pubblica è stata quindi suffragata dalle inchieste dei giornalisti e dei tribunali locali, intenti a svelare i collegamenti tra i nomi presenti sui Papers e le autorità politiche o quelle imprenditoriali. Il lavoro di ricerca su un doppio binario, quello mediatico e quello giuridico, ha infine portato a dei cambi radicali sia dal punto di vista politico che legislativo.

Alcuni politici della vita reale persero il lavoro, persino la libertà”, si legge in un long-form dedicato a questo quinto anniversario sul sito dell’ICIJ. Tra i casi più vistosi c’è quello del primo ministro islandese, Sigmundur David Gunnlaugsson, costretto alle dimissioni dopo che alcune testate locali rivelarono che, insieme alla moglie, possedeva una compagnia nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche. 

Oppure il caso di Nawaz Sharif, a lungo primo ministro del Pakistan, rimosso dal suo incarico nel 2017 dalla Suprema Corte pakistana e incarcerato proprio a seguito delle rivelazioni dei Panama Papers.

Quindi il caso di Malta, che sempre nel 2017, costò la vita a Daphne Caruana Galizia, giornalista investigativa che si occupò di diversi casi di corruzione legati allo scandalo Panama Papers. Tra questi c’erano i traffici illeciti dell’ex capo dello staff dell’allora primo ministro Joseph Muscat, Keith Schembri.

Per non parlare dell’America latina, dove diversi politici sono tuttora indagati non solo per aver evaso le tasse, ma per aver approfittato della segretezza sui loro conti per portare avanti attività illecite. Tra i tanti, uno dei casi più recenti è quello dell’ex candidato alla presidenza del Perù Rafael López Aliaga. Il leader di Renovación Popular è tuttora indagato per lavaggio di denaro e per non aver dichiarato dei fondi provenienti da alcune “attività sospettose”, come definite dal Ministero Pubblico peruviano.

 

Le azioni svolte per correre ai ripari

Dal punto di vista economico, i Panama Papers sono stati un’occasione per diverse nazioni per riuscire a risalire al passaggio di denaro che i facoltosi contribuenti non avevano mai dichiarato di possedere. In questo modo, almeno secondo l’ultimo conteggio dell’ICIJ, sono stati riportati nelle casse statali più di 1,36 miliardi di dollari.

Lo stesso governo di Panama, che all’inizio aveva denunciato la strumentalizzazione della campagna per “distorcere i fatti e offuscare la reputazione del Paese“, ha sottoscritto nel 2017 la Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters, una convenzione internazionale promossa dall’OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per rendere più fruibile la condivisione di informazioni sui contribuenti con altre nazioni.

Anche diversi Paesi della zona caraibica hanno iniziato a cambiare la propria politica di segretezza sugli investitori stranieri, pressati dall’Unione europea, gli Stati Uniti e da diverse organizzazioni internazionali. Per alcuni di questi, come i Territori d’Oltremare Britannici o gli arcipelaghi di Saint Kitts e Nevis e Bermuda, l’esser catalogati come “paradisi fiscali”, è stato per lungo tempo un vantaggio dal punto di vista degli investimenti

Da una decina di anni a questa parte, invece, lo svelamento della loro politica di riservatezza in ambito fiscale ha creato un clima di avversione tale da incidere negativamente sugli investimenti futuri. Motivo per cui tutte quelle giurisdizioni presenti nelle svariate “liste nere” in giro per il mondo, hanno adottato di volta in volta una politica più conciliatrice e diretta allo svelamento delle proprie informazioni tributarie.

In questo modo si è iniziato a favorire lo scambio di informazioni fiscali con i Paesi da cui provenivano gli investitori affinché si riuscissero a chiudere le ricerche di flussi di denaro scomparsi dalle dichiarazioni dei redditi e finiti in quegli stessi paradisi fiscali.

 

Le nuove leggi per combattere l’evasione fiscale

Nel Regno Unito, dal 2016 in poi, il Parlamento si è mosso più volte per approvare diverse leggi che contrastassero l’evasione fiscale. Dal 2017, ad esempio, gli avvocati che non denunciano i clienti per “evasione fiscale” rischiano di essere giudicati per un reato penale. 

Inoltre, grazie a un emendamento del Sanctions and Anti-Money Laundering Act, del 2018, è stato imposto ai Territori d’Oltremare Britannici di presentare una lista completa di tutti i beneficiari di conti presso i loro istituti bancari, oltre che fornire i nomi delle società che hanno base nel territorio. 

In Ghana è stata invece approvata una nuova legge che impone l’identificazione dei proprietari effettivi delle società nel Paese, obiettivo che è stato dichiarato possibile anche grazie alle rivelazioni dei Papers. Gli stessi sono stati citati anche in Danimarca come strumento per giustificare il rafforzamento dei componenti nei ministeri per la lotta alla frode fiscale. 

Infine, gli stessi, ha spiegato Gary Kalman, capo di Transparency International negli Usa, sono risultati utili al fine di persuadere il Congresso degli Stati Uniti all’approvazione del Corporate Transparency Act. In particolare, si tratta di una nuova legge statunitense, divenuta tale a gennaio di quest’anno, che richiede la trasmissione da parte di alcune entità commerciali, in assenza di un’esenzione, di informazioni dettagliate sui loro “beneficiari effettivi” al Dipartimento del Tesoro

La legge, che rientra all’interno del più vasto Anti-Money Laundering Act del 2020, è a sua volta parte del National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2021 (“NDAA”). Per alcuni è il “culmine di oltre un decennio di sforzi del Congresso per implementare la rendicontazione della titolarità effettiva per le entità aziendali”, si legge su Business law today. Per altri, invece, l’indebita violazione del diritto di milionari e di vari cittadini di alto profilo di difendere il proprio anonimato da paparazzi o possibili rapitori. 

 

La forza della collaborazione nel giornalismo d’inchiesta

Infine, la grandezza dei Panama Papers sta anche nel fatto di aver mostrato al giornalismo d’inchiesta l’importanza della collaborazione transnazionale.  

Se, un anno prima della pubblicazione, il Süddeutsche Zeitung avesse scelto di voler puntare sull’esclusiva mondiale, pubblicando da solo la notizia del leak, probabilmente oggi il successo dei Panama Papers non sarebbe stato tale.

Fu grazie innanzitutto alla collaborazione con l’International Consortium of Investigative Journalists, che i colleghi di tutto il mondo hanno potuto accedere a quei documenti esclusivi e portare avanti le proprie indagini a livello nazionale, arrivando così alla fine di quelle matasse che si intrecciavano in tutto il mondo. Una collaborazione che viene rivendicata e promossa dall’ICIJ, grazie alla quale più di un centinaio di testate e ben 378 giornalisti in tutto il mondo hanno potuto lavorare nello stesso progetto. 

La lezione dei Panama Papers, anche per i giornalisti, continua a portare a diversi risultati in giro per il mondo. Un esempio lampante è quello creatosi in America latina dove, nello stesso anno dello scandalo internazionale, ne era sorto un altro: il caso Lava Jato. 

Di diversa entità e natura, Lava Jato è stato, “in piccolo”, l’occasione per sperimentare nuove forme di giornalismo collaborativo tra diversi giornalisti. Grazie a un proficuo scambio di informazioni, rivelatosi più fluido di quello che avveniva tra i tribunali nazionali, si è potuto portare alla luce in diversi Paesi del sub-continente il giro d’affari di alcune ditte di costruzioni brasiliane, intente a corrompere politici locali per la concessione di appalti truccati.

 

 

Fonti e approfondimenti

Will Fitzgibbon e Michael Hudson, Five years later, Panama Papers still having a big impact, ICIJ, 03/04/2021

Il caso Daphne Caruana Galizia, dall’inizio, Il Post, 02/12/2019

ICIJ, Watch: Reliving the key moments of the Panama Papers, ICIJ, 20/04/2021

Stefano Vergine, Panama Papers, 10 cose da sapere sulla più grande fuga di notizie di tutti i tempi, L’Espresso, 05/04/2016

C’è grossa crisi, Cinque anni dopo i Panama Papers il mondo è ancora un paradiso. Fiscale, Valori.it, 14/04/2021

Alessandro Galimberti, Quanto valgono i segreti dei Panama Papers? Persi 230 miliardi di dollari in una settimana, Il Sole 24 Ore, 24/05/2016

Robert W. Downes, Scott E. Ludwig, Thomas E. Rutledge, Laurie A. Smiley, The Corporate Transparency Act – Preparing for the Federal Database of Beneficial Ownership Information, Businesslawtoday.org, 16/04/2021

Paolo Biondani, Gloria Riva, Vittorio Malagutti, Leo Sisti e Stefano Vergine, Panama Papers, ecco i primi 100 nomi degli italiani con i soldi in paradiso, L’Espresso, 08/04/2016

Panama Papers: Investigación global, IDL-Reporteros.

 

Editing a cura di Elena Noventa

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