Marco Rubio, senatore della Florida, sarà il prossimo segretario di Stato degli Stati Uniti. Scelto e nominato da Donald Trump, Rubio servirà quindi nella nuova amministrazione che entrerà in carica a gennaio come capo della diplomazia statunitense. Rubio era stato preso in considerazione anche come papabile nome per la vicepresidenza, salvo poi essere scelto J.D. Vance.
La nomina di Rubio al Dipartimento di Stato lascia scoperto il suo seggio senatoriale. Il governatore della Florida Ron DeSantis nominerà quindi un sostituto fino alle prossime elezioni federali, quelle di Midterm previste nel 2026.
Le primarie del 2016
Rubio aveva corso nel 2016 come candidato presidente durante le primarie repubblicane. In quell’occasione fu uno degli incomodi sulla strada di Trump verso la nomination repubblicana. Il Super Tuesday dell’epoca risultò un bagno di sangue per Rubio, arrivando sempre dietro a Trump e al senatore texano Ted Cruz.
Dopo la sconfitta nella sua Florida, dove venne doppiato dal tycoon, e in altri Stati, Rubio non poté far altro che ritirarsi. In quel momento era il candidato favorito dall’establishment repubblicano dell’epoca. Durante la campagna fu molto aggressivo verso l’attuale presidente eletto, definendolo “imbarazzante” e accusandolo di dire cose “senza senso”, più altre dichiarazioni di questo genere.
Donald Trump, come fatto con altri, gli aveva affibbiato il nomignolo di “Little Marco” per sminuirlo e attaccarlo. Ma tutto è cambiato da quel momento e il Partito repubblicano ha visto un cambiamento che non ha risparmiato nessuno, Rubio compreso. Il senatore ha quindi ricucito i rapporti con lui, fungendo da consigliere informale per la politica estera e aiutandolo a prepararsi per il suo primo dibattito contro Biden nel 2020.
Il lavoro al Senato
Rubio dal 2010 a oggi, anno in cui è stato eletto al Senato per la prima volta, si è molto speso nei temi riguardanti la politica internazionale, assumendo posizioni dure su dossier importanti come quelli cinese, venezuelano, iraniano e cubano. Su quest’ultimo vale la pena ricordare la sua ascendenza cubana, con i genitori emigrati in Florida dall’isola prima che lui nascesse.
La scelta sarebbe anche un premio verso l’elettorato cubano-americano, e latinoamericano in generale, della Florida, che in questi anni ha molto contribuito a rendere il Sunshine State saldamente repubblicano. Rubio sarà il primo con queste origini a servire come segretario di Stato.
Attualmente Rubio occupa la posizione di vicepresidente della Commissione intelligence del Senato, ed è membro della Commissione affari esteri. Durante il mandato si è concentrato molto riguardo la politica estera statunitense nei confronti dell’America latina, sostenendo dure sanzioni contro i regimi di Cuba e del Venezuela. In passato Rubio si era distinto per posizioni interventiste e neocon, favorevoli al dispiegamento della potenza statunitense nel mondo, scontrandosi con la vena isolazionista che un decennio fa stava crescendo all’interno del partito.
Le posizioni di Rubio
Nel 2019 ha contribuito a convincere l’amministrazione Trump ad adottare una severa politica di sanzioni contro il Venezuela, nel tentativo di spodestare il presidente venezuelano Nicolás Maduro. “È solo questione di tempo – ha commentato -. L’unica cosa che non sappiamo è quanto tempo ci vorrà, e se sarà pacifico o sanguinoso.
Riguardo al Medio Oriente, Rubio ha costantemente insistito per una strategia di massima pressione contro l’Iran e ha sostenuto la decisione di Trump di ritirarsi dall’accordo sul nucleare negoziato e portato a compimento dall’amministrazione Obama. Sostenitore di Israele, ha ampiamente difeso le operazioni belliche di Israele a Gaza e in Libano, respingendo le accuse secondo cui le forze israeliane abbiano fatto un eccessivo ricorso allo strumento militare in entrambi i teatri.
Per quanto riguarda la situazione del conflitto in corso fra Russia e Ucraina, Rubio ha di recente assunto una posizione simile a quella di Trump, affermando che il conflitto ha raggiunto una situazione di stallo e “deve essere portato a una conclusione“. È quindi probabile che sosterrà la creazione di un tavolo di trattative, facendo pressioni su Kyiv se necessario. Rubio è stato in ogni caso critico col presidente russo Vladimir Putin in passato.
Il dossier cinese
Ma è sulla Cina, che varcando i confini continentali, Rubio si è dimostrato più deciso in questi ultimi anni. Durante la prima amministrazione a guida Trump, il senatore della Florida ha cercato di promuovere una politica industriale volta ad aiutare gli Stati Uniti a competere meglio con l’economia cinese guidata da Pechino.
Al Congresso Rubio è stato anche tra l’altro co-presidente della Commissione esecutiva bipartisan sulla Cina, avviata per elaborare una politica più aggressiva verso il Dragone, in particolare nel tentativo di affrontare le violazioni dei diritti umani in quel Paese. Nel 2020, Rubio ha sponsorizzato un disegno di legge volto ad impedire l’importazione di beni cinesi realizzati con l’uso di manodopera forzata dalla minoranza etnica uigura. Il presidente Biden l’ha firmato l’anno successivo.
Punto non chiaro, è se in nome dell’idea trumpiana di “America First”, nei panni di segretario di Stato, rinuncerà a possibili interventi statunitensi in altre parti del mondo, dando esclusiva priorità al dossier cinese. Un qualcosa che andrebbe contro le idee mostrate in passato sul ruolo interventista nello scenario internazionale degli Stati Uniti.
Una squadra in via di formazione
La scelta di Rubio appare comunque in linea con la politica che Donald Trump sta attuando nel nominare la sua squadra di governo. La lealtà appare essere un nodo chiave in questo processo selettivo, come apparso ben chiaro con la nomina di Susie Wiles a capo dello staff.
Il tycoon sembra voglia avere attorno collaboratori allineati, fidati e ideologicamente affini per evitare scontri interni come nella precedente esperienza di governo, quando più di qualcuno venne licenziato qualche tempo dopo aver ottenuto un incarico. I casi dell’ex segretario alla Difesa Jim Mattis e dell’ex Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton sono i principali esempi.
Legge e ordine, non solo uno slogan
E questa intenzione appare ancora più evidente guardando ai casi di Mike Pompeo e Nikki Haley. Il primo che aveva servito proprio come segretario di Stato sotto Trump, sarebbe stato escluso poiché aveva espresso critiche e parole di condanna per i fatti legati all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
Si vociferava anche che potesse candidarsi alla presidenza, salvo poi tirarsi indietro per non sfidare lo stesso Trump e non inimicarselo troppo. Un posto per lui nella prossima amministrazione sembrava esserci, come segretario alla Difesa, ma Trump lo ha alla fine escluso.
Nikki Haley, ex governatrice della Carolina del Sud e ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite sotto Trump, si è invece candidata alla presidenza a differenza di Pompeo, sfidando il suo ex presidente.
Ma in elezioni primarie senza storia, Haley ha comunque aspramente criticato l’attuale presidente eletto. Via Truth – il social network fondato da Trump su cui rilancia i propri comunicati – The Donald ha scritto che non inviterà “l’ex ambasciatrice Nikki Haley o l’ex segretario di Stato Mike Pompeo a unirsi all’amministrazione Trump, che è attualmente in formazione”. Concludendo di aver “apprezzato molto lavorare con loro in passato” ringraziandoli “per il loro servizio al nostro Paese”. Legge e ordine non solo uno slogan elettorale, a quanto pare.
Fonti e approfondimenti
Greenwood, M., Wilner, M., Trump planning to choose Rubio to lead State Department in historic first, Miami Herald, 11/11/2024
Haberman, M., Swan, J., Wong, E., Trump Expected to Name Marco Rubio as Secretary of State, The New York Times, 11/11/2024
Hudson, J., Lamothe, D., Caldwell, L., Dawsey, J., Trump eyes Rubio for secretary of State, Waltz for national security adviser, The Washington Post, 11/11/2024
Shepardson, D., Trump says Haley, Pompeo will not join second administration, Reuters, 10/11/2024
Skopeliti, C., First Thing: Trump expected to appoint China critics Marco Rubio and Mike Waltz, The Guardian, 12/11/2024


