Le donne dei partiti nazionalisti in Europa

Da alcuni anni a questa parte, in Europa, il problema del nazionalismo è sempre più evidente. In diversi stati europei stanno emergendo partiti di estrema destra che stanno raccogliendo un numero elevato di consensi. 

Abbiamo già parlato di nazionalismo in diverse circostanze: nel caso tedesco, con l’ascesa dell’ AfD,  nel caso polacco, dove si spera in una “controrivoluzione” europea ed un ritorno allo Stato nazionale, e, infine, in quello ungherese per quanto riguarda la forte spinta anti-immigrati.

I partiti antisistema non hanno mai ricevuto così tanti consensi come nell’ultimo periodo; questo è avvenuto sicuramente per varie problematiche, come la grave crisi economica dal 2007 in poi, l’intolleranza verso i migranti e lo scetticismo nei confronti delle politiche europee.

Abbiamo già affrontato ampiamente il problema del nazionalismo. Ciò che non abbiamo ancora affrontato, invece,  è analizzare il ruolo centrale delle donne in questi partiti.

Frauke Petry, Alternative Für Deutschland, Germania.

Frauke Patry è nata nel 1975 ed è l’attuale leader del partito “Alternativa per la Germania”. Il partito, fondato nel febbraio del 2013, nasce con lo scopo di mettere in discussione le politiche europee e soprattutto l’adesione della Germania alla moneta unica  e già nel 2014 riesce a conquistarsi sette posti nel Parlamento Europeo.

Frauke Petry viene eletta leader del partito nel luglio 2015 e riesce a trasformarlo , da principarlmente euroscettico e tendenzialmente liberale, in una forza politica principalmente xenofoba, antiabortista e populista. Queste posizioini estreme della Petry portano proprio lo stesso fondatore del partito, Bernd Lucke, ad abbandonarlo, non riconoscendovisi più.

La Petry è molto scaltra: in varie interviste rilasciate parla spesso dei suoi quattro figli e di quanto sia importante, ma allo stesso tempo difficile, vederli, a causa dei suoi innumerevoli impegni. Il consenso al suo partito arriva proprio tramite queste abili mosse; Frauke Petry cerca un legame con l’elettorato, un motivo per cui le persone possano riconoscersi nella sua figura, questa è proprio la spinta populista che ha trasformato il partito.

Angela Merkel ha definito la politica di Frauke Petry, ironizzando sul nome del partito, come “alternativlos” (senza alternative). La risposta della Petry non si è fatta attendere. Questa infatti rifiuta categoricamente che il suo partito venga chiamato populista, xenofobo o anti-immigrati, ma lo definisce liberal-conservatore.

Le posizioni assunte dalla Petry sono sicuramente estreme, lei stessa ha dichiarato che dovrebbero sparare ai migranti che tentano di entrare nel Paese illegalmente. Il futuro programma del partito è già stato deciso: si muove a favore di un processo di assimilazione culturale, e non di integrazione dei migranti, si spera in un ritorno al nucleare e si fanno pressioni affinché sia indetto un referendum per l’uscita della Germania dall’Europa.

Siv Jensen, Fremskrittspartiet, Norvegia

Nata nel 1969, a capo del “Partito del Progresso”. Laureata in economia, entra in Parlamento nel 1997. Nel 2006 diventa segretario del partito, succedendo allo storico leader Carl I. Hagen.

Il partito ufficialmente viene definito liberal-conservatore, ma molti accademici ne danno una più veritiera collocazione, additandolo come di estrema destra e populista. Il programma politico  ruota intorno a problemi quali l’immigrazione e, in relazione a questa, la sicurezza dei cittadini, le politiche europee e il problema della tassazione (si vuole eliminare la tassa sulla proprietà). Proprio per queste posizioni piuttosto estreme fin dalla sua fondazione nel 1973 è stato spesso isolato.

Dal 2006 Siv Jensen ha reso il partito ancora più estremista: si batte per un referendum sulla politica dell’immigrazione, tant’è che nel 2009 ha proposto una legge per ridurre del 90% le quote stabilite dall’Unione Europea e ha affermato, inoltre, che la linea del partito, per quanto riguarda la politica estera, segue le orme di quanto fatto da Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Il Partito del Progresso è stato l’unico partito norvegese ad appoggiare Israele nella guerra contro Gaza. La Jensen ha anche proposto un programma contro epidemie globali come HIV, AIDS e tubercolosi, proprio a seguito dei continui arrivi di migranti. Inutile dire che ovviamente si sia dichiarata contro matrimoni tra persone dello stesso sesso e adozioni da parte di omosessuali

La Jensen viene sempre più accusata di Thatcherismo. Se prima il partito era semplicemente di estrema destra adesso, il gioco che fa la Jensen è più complesso (tanto da far diventare il suo partito il terzo del Paese); non cerca un legame con l’elettorato ma vuole creare un clima di paura tra le persone. Fondamentalmente è lo stesso clima che potrebbe creare un qualsiasi atto terroristico, solo che invece di ordigni esplosivi, Siv Jensen lo fa attraverso i suoi discorsi populisti.

Marine Le Pen, Front National, Francia.

Nata nel 1968, figlia di Jean-Marie Le Penn, fondatore del “Front National” nel 1972. Dopo le dimissioni del suo fondatore nel 2011, Marine diventa presidente del partito con più del 67% dei voti.

Fin dalle sue origini il partito è sempre stato nazionalista, xenofobo, rappresentante della destra populista, ma si è sempre presentato, ufficialmente, come un “grande movimento patriottico, né di destra, né di sinistra”. La linea politica è di certo mutata con Marine, si è parlato, infatti, in ambito economico, di un passaggio dal sostegno della privatizzazione a un intervento totale dello stato. Inoltre Marine cerca di ripulire il partito da quell’idea di simpatia per il fascismo, tant’è che lo stesso Jean-Marie è stato espulso per aver fatto commenti riguardanti le camere a gas durante la seconda guerra mondiale. Il partito quindi, dopo essere stato ripulito,   non è più visto in maniera così negativa dall’opinione pubblica e, ad oggi, molti nuovi sostenitori sono soprattutto giovani.

Marine Le Pen deve il suo successo anche ai fatti accaduti di recente: gli attacchi terroristici hanno sviluppato un forte sentimento di odio e paura nei confronti degli immigrati, situazione già messa a dura prova da una politica di assimilazione culturale presente in Francia. Perciò non è tanto la Le Pen a creare un clima di paura nell’opinione pubblica, poiché questo è già presente, ma lo sfrutta a suo vantaggio, facendone una vera e propria politica di partito.

Beata Szydlo, Prawo i Sprawiedliwość, Polonia.

Nata nel 1963, Primo Ministro dal 2015 e Vicepresidente del partito “Diritto e Giustizia”.

Il partito, già dalla sua fondazione nel 2001, è sempre stato populista di destra, euroscettico e contrario al federalismo europeo. Alcune tra le posizioni portate avanti  sono la lotta contro la liberalizzazione delle droghe, la legalizzazione dell’eutanasia e dei matrimoni fra persone dello stesso sesso. Un’arma che il partito usa per attirare voti a sé è quello di una forte politica anti-immigrazione e, nonostante la Polonia non abbia il problema dei rifugiati, questa posizione viene usata come leva proprio per conquistare maggiori consensi.

L’apporto fornito dalla Szydlo è stato certamente quello di una nuova immagine, necessaria per rilanciare il partito e attirare giovani. Centrale per la sua nomina a candidato Primo Ministro è stato il contributo nella campagna elettorale del Presidente Duda. Il ruolo della Szydlo, come quello dell’attuale Presidente della Repubblica, è vitale per il partito, ma soprattutto per il suo fondatore, Jaroslaw Kaczynski. Quest’ultimo infatti mira a rafforzare “Diritto e Giustizia” muovendo dei fili invisibili e monopolizzando la politica dell’intero Paese, garantendo al suo partito la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio e una salda maggioranza in Parlamento.

Il ruolo assunto da queste donne muta da paese a paese, in base al contesto e alle varie situazioni. La cosa che le accomuna è sicuramente questa forte vicinanza con il populismo, che ovviamente è alla base di ogni movimento estremista.

Le domande che dovremmo porci sono: perché queste donne emergono proprio nei partiti di estrema destra? E perché proprio le donne? Sicuramente l’immagine di una donna può risultare nuova, differente, soprattutto per il risvolto sull’opinione pubblica, in quanto questa riesce sicuramente ad attirare un nuovo elettorato, riesce a muovere le carte in tavola in caso di immobilismo politico.

Una donna in un partito può avere una duplice funzione. In primo luogo ha quell’elemento in più che è sicuramente la capacità di creare un legame con l’elettorato. In secondo luogo, la donna verrà sempre vista come un’alternativa, qualsiasi schieramento politico rappresenti.

Il legame che queste donne riescono a creare con l’elettorato è senza dubbio forte, ma basato su un errore di fondo; queste donne vogliono rappresentare quella che è una forte identità nazionale. L’opinione pubblica dovrebbe porsi quindi questa domanda: come può crescere un’identità nazionale dove manca alla base un’identità fra tutti gli uomini?

Fonti e approfondimenti:

https://www.theguardian.com/world/2016/jun/19/frauke-petry-acceptable-face-of-germany-new-right-interview

http://www.bbc.com/news/world-europe-36130006

https://www.theguardian.com/world/2013/oct/01/norway-conservatives-coalition-immigration

https://www.theguardian.com/commentisfree/2012/mar/27/far-right-philozionism-racism

https://www.economist.com/news/leaders/21646205-frances-mainstream-parties-must-do-more-counter-far-right-national-front-resistible

https://www.theguardian.com/world/2015/oct/25/szydo-beata-szydo-polands-putative-pm-emerges-from-obscurity

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