L’Economia iraniana alla vigilia delle elezioni

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@A.Davey- CC BY 2.0

La Repubblica Islamica dell’Iran ricopre un ruolo fondamentale nel commercio internazionale, specialmente per quanto riguarda il settore energetico. Molti Stati dipendono dal petrolio e dal gas iraniano, e allo stesso tempo l’Iran dipende fortemente da queste esportazione che sono state messe a dura prova dalle sanzioni sul nucleare imposte dall’Unione Europea e dagli Usa. Il Paese dunque rappresenta uno snodo cruciale per la situazione mediorientale. A tre settimane dalle elezioni presidenziali, in cui l’attuale Presidente Rouhani cerca la rielezione, cerchiamo di analizzare l’economia iraniana.

L’economia iraniana è la seconda economia più grande nella zona medio-orientale e nord-africana, seconda solo all’Arabia Saudita, con un PIL stimato nel 2016 pari a 412.2 miliardi di dollari. Lo Stato si classifica inoltre secondo per popolazione, dietro all’Egitto (91.5 milioni), con 79.1 milioni di abitanti. Il potenziale economico dell’Iran è veramente impressionante: il paese è l’unico al mondo che presenta contemporaneamente grandi giacimenti di petrolio e gas. Per quanto riguarda il petrolio, l’Iran è quarto al mondo in termini di riserve (è tra gli Stati Membri dell’OPEC), mentre è secondo per riserve di gas presenti nel territorio. Questa ricchezza, tuttavia, rappresenta croce e delizia per il paese, poiché l’economia dipende fortemente dalle esportazioni di tali risorse. Secondo un recente studio del Fondo Monetario Internazionale, il tasso di crescita del PIL iraniano si registra attorno ad un solido 7.4%, ma quando il settore petrolifero viene eliminato dalle stime, il tasso di crescita scende ad un misero 1%. Dunque, la crescita economica del paese, fortemente ancorata al mercato energetico, rimane estremamente volatile.

Quando parliamo dell’economia iraniana negli ultimi 20 anni, non possiamo trascurare il tema delle sanzioni economiche imposte contro lo sviluppo del nucleare. Ci sono stati due tipi di regimi sanzionatori verso l’Iran: uno è quello messo in atto da organismi internazionali (Onu e Unione Europea) e uno invece messo in atto da singoli stati, dunque su base bilaterale (ad esempio Stati Uniti, Canada, Regno Unito). Per quanto riguarda l’ONU, le sanzioni sono state motivate dal rifiuto iraniano a interrompere il processo di arricchimento dell’uranio e a collaborare con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA); tali sanzioni prevedono il blocco del rifornimento di armamenti pesanti e di tecnologia nucleare; il blocco delle esportazioni delle armi iraniane; il congelamento dei beni di alcuni individui e imprese che si ritiene abbiano un ruolo nel programma nucleare iraniano.

L’UE e gli USA hanno posto in essere misure restrittive del commercio di componenti che possono essere utilizzati da Teheran per lo sviluppo del proprio programma nucleare; il congelamento dei beni di individui e imprese collegati al programma nucleare; il blocco delle esportazioni verso l’Iran di tecnologia e componenti per la raffinazione e l’estrazione di gas naturale; il blocco delle importazioni, dell’acquisto e del trasporto di petrolio e gas naturale iraniano; il congelamento dei beni di proprietà della Banca Centrale Iraniana e il blocco delle transazioni in oro o altri metalli preziosi con la stessa banca; il blocco delle transazioni finanziarie con banche iraniane.

Tali sanzioni sono state quasi totalmente eliminate in seguito al Piano di Azione Congiunto Globale (JCPOA), raggiunto a Vienna il 14 luglio 2015 tra l’Iran, il P5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti – più la Germania), e l’Unione europea. Il JCPOA è entrato in vigore il 16 gennaio 2016 e prevede l’eliminazione delle riserve di uranio a medio arricchimento, di tagliare del 98% le riserve di uranio a basso arricchimento e di ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas per tredici anni. Per i successivi quindici anni l’Iran potrà arricchire l’uranio solo al 3,67%. Per monitorare e verificare il rispetto dell’accordo da parte dell’Iran, l’ AIEA avrà regolare accesso a tutti gli impianti nucleari iraniani. Con l’elezione di Trump , gli USA potrebbero rivedere la propria posizione sull’annullamento delle sanzioni.

Nonostante il peso del settore energetico, l’Iran presenta altre potenzialità che ancora risultano non sfruttate pienamente. Anzitutto, l’economia iraniana è stabilmente nelle prime 30 economie mondiali, davanti ad Israele, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Austria e Sud Africa, con un PIL pro capite pari a 17,000$ nonostante la crescita stagnante degli anni precedenti all’accordo sul nucleare. Inoltre, aspetto molto importante, il rapporto debito pubblico/PIL si attesta attorno al 12%, uno dei più bassi al mondo. Inoltre, l’economia risulta molto diversificata: circa il 50% è destinato ai servizi, il 41% all’industria e il 9% all’agricoltura. Nel 2011, prima che venissero poste sanzioni, l’Iran era il tredicesimo paese al mondo per produzioni di automobili, producendo più modelli del Regno Unito ad esempio. Grazie a tale diversità, dal 2013 la bilancia commerciale presenta un saldo positivo (+375 milioni di dollari), grazie soprattutto alla produzione automobilistica, prodotti chimici, miniere e minerali, utilities e telecomunicazioni. Il maggiore importatore di prodotti iraniani è la Cina con un valore totale di 615$ milioni. Dunque, da un punto di vista strutturale, l’economia iraniana potrebbe accendersi da un momento all’altro.

Ad ogni modo, l’indicatore più promettente per il potenziale iraniano è certamente il capitale umano. Circa il 64% della popolazione ha meno di 35 anni e il 73% della popolazione è urbana (percentuale simile ai paesi più industrializzati). Tale fascia di popolazione ha un buon grado di educazione: in media il tasso di alfabetizzazione raggiunge l’87% e  per i giovani tra i 15 e i 24 anni il 98%, percentuali non scontate nei paesi mediorientali. Inoltre, dei 4.4 milioni di studenti iscritti all’università, il 60% sono donne, percentuale ancor meno scontata. Con il 13.3% di laureati sul totale della popolazione in età lavorativa, l’Iran è il primo paese mediorientale per numero di laureati. Uscendo dal Medio Oriente, l’Iran ha percentuali maggiori di paesi come Messico (12.5%) e Brasile (11.7%). Per concludere il tema dell’educazione, l’Iran è quinto per numero di ingegneri dopo Cina, India, USA, e Russia.

Dunque, quali sono i motivi per cui l’Iran non riesce a cambiare marcia?

Una prima ragione è sicuramente la mancanza di investimenti esteri in territorio iraniano: nel 2015 la quota si aggirava attorno a 43 miliardi, che risulta un numero veramente impressionante se inserito in un contesto di sanzioni internazionali, ma che, se comparato ad altri paesi con possibilità economiche simili, risulta molto esiguo: si pensi che gli investimenti esteri in Turchia ammontano a 209 miliardi di dollari. La questione degli investimenti diretti esteri in Iran è una questione molto difficile da discutere e proprio per questo è al centro del dibattito elettorale.

La necessità di risorse estere deriva da un mix di fattori: la grande porzione di giovani, un alto tasso di disoccupazione e l’inflazione elevata (sebbene per la prima volta ad una cifra sotto Rouhani) indicano che il tasso di risparmi interno è troppo basso per sostenere adeguati investimenti domestici e, dunque, per spingere l’economia. L’alternativa di investimenti statali è anche essa una opzione poco credibile poiché il governo iraniano ha investito poco e male. Un altro fattore da considerare, che risulta non attraente per le compagnie straniere, è il tentativo non molto convinto di liberalizzare il mercato che di per sé non rappresenta un fattore negativo per il paese, ma certamente limita lo spazio per le multinazionali di generare profitti. E’ bene qui ricordare che gran parte dell’economia iraniana è nelle mani dei quadri del governo e delle Guardie Rivoluzionarie, pertanto risulta molto difficile un’apertura vera del mercato. Quelle compagnie che hanno investito in territorio iraniano, devono invece fare i conti con un pensiero politico ostile al concetto stesso di investimenti stranieri.

Nonostante tali problematiche, secondo il report dell’Organizzazione per gli Investimenti e l’Assistenza Tecnica ed Economica dell’Iran, dal 22 dicembre 2015 al 28 febbraio 2017 (notiamo che è il periodo coincidente con la fine delle sanzioni economiche) il governo Rouhani ha approvato investimenti diretti esteri per un valore pari a più di 12$ miliardi.

L’attuale Presidente sta basando la sua campagna elettorale proprio su questo dato e su altri due argomenti. Il primo è che le inespresse potenzialità del Paese sono da attribuire all’operato economico del predecessore Mahmoud Ahmadinejad, incapace di sfruttare l’alto prezzo del petrolio. Il secondo sono i risultati positivi raggiunti dal 2013 ad oggi, specialmente dopo l’attuazione del JCPOA a gennaio 2016. Tra i più importanti sicuramente la riduzione dell’inflazione ad un tasso pari al 9% (la percentuale ad una cifra è stata raggiunta solo due volte negli ultimi 26 anni), il livello di esportazioni di petrolio che raggiunge i livelli del 1979 (i più alti nella storia iraniana) e il debito, accresciuto dalle sanzioni, completamente ripagato.

La politica di Rouhani tuttavia non è riuscita ad incidere su alcuni temi fondamentali. Innanzitutto, tra marzo 2016 e marzo 2017 il tasso di disoccupazione è aumentato, dal 11% al 12.4%. Nello specifico, tra le donne il tasso di disoccupazione raggiunge il 21% e tra gli iraniani tra i 15 e i 29 anni si attesta ad un critico 26%. Non è quindi un caso che negli ultimi sondaggi, gli intervistati hanno posto come priorità per il prossimo governo il tema del lavoro. Per ricordare l’importanza del tema è intervenuto anche l’ Ayatollah Khamenei, nel suo discorso annuale, definendo il prossimo anno come l’anno della “Resistenza Economica” con al centro produzione e occupazione. Il termine Resistenza Economica viene inteso come l’obiettivo di porre in atto manovre di politica economica capaci di ridurre la dipendenza del paese da aiuti esterni, promuovendo l’autosufficienza.

Altri indicatori rischiano di mettere in crisi la rielezioni di Rouhani: l’Iran si attesta al 131esimo posto su 176 paesi nella speciale classifica sulla percezione pubblica della corruzione, e proprio Rouhani, con il fratello, sono stati accusati di corruzione. In più, nel corso del 2016 è scoppiato lo scandalo degli altissimi stipendi per le più alte cariche dello Stato. A questo scenario si aggiungono le accuse degli sfidanti alla carica di Presidente, come Mohammad Bagher Ghalibaf (Sindaco di Teheran), di servire solo il 4% della popolazione più ricca. Rouhani, tuttavia, per rispondere a queste critiche ha ripreso una manovra, introdotta da Ahmadinejad, di sussidi verso le fasce più povere della popolazione, che in questi mesi prima delle elezioni dovrebbero aumentare addirittura del 50%. Ovviamente, con questa manovra, le accuse di populismo verso Rouhani sono aumentate a dismisura.

Conclusioni

Le prossime elezioni saranno un complesso banco di prova per Rouhani e le sue politiche economiche. La minaccia Trump, ricordiamo fortemente legato ad Israele e a stretto contatto con l’Arabia Saudita (acerrimi nemici dell’Iran), potrebbe mandare in fumo il PACG, accordo di fondamentale importanza per l’economia iraniana, riportando il paese in una stagnazione perenne. Il prossimo Presidente, tuttavia, a prescindere o meno dalla presenza di tali sanzioni, dovrà essere in grado di investire e sviluppare le grandissime risorse interne, a partire dal capitale umano. E’chiaro che gli investimenti diretti esteri portano più velocemente alla creazione di posti di lavoro ed opportunità per i giovani, ma se ci si affida solo ad essi, la crescita sarà ancorata esclusivamente a fattori esterni. L’Iran, la vecchia gloriosa Persia, deve riprendere in mano le redini del suo destino, sfruttando (e dunque non dipendendo) da capitali stranieri.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.foreignaffairs.com/articles/iran/2015-10-20/windfall-iran

https://www.foreignaffairs.com/articles/iran/2017-05-02/rouhani-s-economic-record?cid=int-lea&pgtype=hpg

https://financialtribune.com/articles/economy-domestic-economy/63712/375-million-surplus-in-iran-foreign-trade

https://financialtribune.com/articles/domestic-economy/61633/12b-worth-of-fdi-approved-in-iran-post-sanctions

http://en.mehrnews.com/news/124337/Leader-s-Nowruz-message-for-Iranian-year-1396

http://en.mehrnews.com/news/124454/Annual-inflation-rate-stands-at-9

https://www.tasnimnews.com/en/news/2017/04/14/1378755/us-biggest-importer-of-hand-woven-carpets-from-iran-official

http://databank.worldbank.org/data/reports.aspx?source=2&country=IRN

http://www.worldbank.org/en/country/iran/overview#1

http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2017/01/weodata/weorept.aspx?sy=2010&ey=2017&scsm=1&ssd=1&sort=country&ds=.&br=1&pr1.x=44&pr1.y=0&c=429&s=NGDP_RPCH%2CNGDPD%2CTM_RPCH%2CTX_RPCH%2CTXG_RPCH%2CLUR%2CBCA&grp=0&a=

http://www.iran-daily.com/News/175865.html

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