La tensione commerciale USA-Cina è un’eterna partita a scacchi

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Questo è solo l’inizio!” con queste parole Donald J. Trump ha inziato un nuovo capitolo delle relazioni economiche tra i suoi Stati Uniti d’America e la Repubblica Popolare Cinese. “Difenderemo i nostri lavoratori e proteggeremo le nostre idee, creazioni e invenzioni che danno potere al nostro magnifico Paese”. Sotto inchiesta c’è la questione dei diritti intellettuali che, secondo la presidenza statunitense, sono costantemente violati dalla controparte cinese.

Secondo la Sezione 301 del Trade Act del 1974 il governo statunitense può imporre sanzioni a Paesi stranieri che abbiano violato accordi commerciali o abbiano attuato altre pratiche illegittime. Donal J. Trump ha ripescato questo atto presidenziale dell’era Ford per aprire un’inchiesta nei confronti del gigante asiatico. Importante notare che l’inchiesta richiede lunghi tempi di ricerca e supervisione prima di dare dei frutti maturi per prendere decisioni attive. Questo perché in verità, come nel gioco degli scacchi, la mossa finale degli USA non è quella di imporre barriere commerciali con il suo più grande alleato economico. Quali sono quindi i diversi obiettivi che la pedina Trump vorrà raggiungere con questa intimidazione?

Un Paese che esporta $462,6 miliardi (durante tutto il 2016) verso la superpotenza statunitense a fronte di un import dagli statunitensi di $115,6 miliardi non può essere penalizzato con dazi e sanzioni così facilmente. Più di $300 miliardi di deficit da parte USA nei confronti cinesi, circa il 70% del loro intero deficit. Imporre barriere commerciali significherebbe un suicidio economico.

Bisogna quindi pensare all’azione di Trump come una minaccia nei confronti della Cina per guadagnare qualcosa. Un trattamento di favore economico. Attirare l’attenzione di nuovi investitori. Un’alleanza politico-diplomatica. Tutte e tre le possibilità sono concrete e possono essere raggiunte da Trump. Andiamo ad analizzare quindi come elementi quali l’acciaio, il triangolo politico-economico USA-Cina-Taiwan e la situazione in Corea del Nord possono essere cruciali per la stabilità del più discusso presidente degli USA.  

Favori economici tra le due parti del Pacifico

Prendiamo in esempio la campagna elettorale di Donald J. Trump dello scorso anno. “America first!” era lo slogan. La paura del protezionismo era esplosa in tutto il mondo. Prendiamo ora in esempio l’acciaio. La produzione USA è stata di 78.845 tonnellate nel 2016, mentre la produzione della Cina è stata di 803.825 tonnellate.

Il 50% della produzione mondiale di acciaio appartiene alla Cina. Durante gli ultimi mesi le due potenze hanno provato a raggiungere un accordo che permettesse loro di ribilanciare questo gap troppo grande senza danneggiare le parti. L’idea principale è stata quella di tagliare la produzione di acciaio in favore di una “svolta ambientale” da parte cinese. Allo stesso tempo il governo di Pechino ha intenzione di incanalare gli investimenti tagliati all’interno del mercato americano. Ecco qui che i due esempi citati prima si incontrano.

 

L’acciaio è stato il bene meno remunerativo per la Cina negli ultimi sei anni per due ragioni principali: la domanda globale di acciaio sta decrescendo sempre di più e le leggi cinesi sull’ambiente sono sempre più restrittive. Ciò porta a un inutilizzo del bene all’interno del sistema. C’è inoltre un terzo motivo per cui questo rebalance produttivo è visto in maniera positiva da Pechino: nel 2016 dei 119 casi di investigazione di anti-dumping e anti-subsidy contro la Cina, quasi il 50% erano relativi a prodotti d’acciaio.

Ovviamente dalla prospettiva statunitense, l’incremento del PIL grazie all’incremento della produzione dell’acciaio sarà una vittoria politica importantissima per Donald J. Trump. Nel breve periodo questo sarà un dato che Trump porterà in ogni comizio e sbandiererà contro tutti i suoi avversari politici. Sarà una boccata d’aria fresca dopo le tante critiche degli ultimi tempi.

Va poi ricordato che l’incremento della produzione di acciaio verrà attuato grazie all’apertura di nuovi impianti e acciaierie. L’aere geografica che sembra essere stata individuata per questo fine è la Rust Belt, ovvero dove risiede lo zoccolo duro dell’elettorato del tycoon.

Nuovi investitori con vecchi alleati

C’è da prendere in considerazione anche un altro parametro all’interno di questa tensione, reale o presunta che sia. Infatti pensando alle tensioni tra Cina e Stati Uniti la più grande che può venirci in mente è quella che riguarda la questione di Taiwan. Dopo le ultime, vere, tensioni degli anni ’90 la questione taiwanese sembra essersi spostata da una questione prettamente politica ad una possibilità per gli USA.

In agosto, Donald J. Trump ha infatti stretto un’alleanza senza precedenti con la Foxconn, anche conosciuta come Hon Hai Precision Industry. L’accordo, firmato in estate, si basa sull’investimento di $10 miliardi nella costruzione di una fabbrica di schermi a cristalli liquidi nello Stato del Wisconsin.

 

Per analizzare meglio questo investimento e come esso rappresenti un fattore cruciale al fine di comprendere le tensioni commerciali tra Trump e la Cina di Xi Jinping sono necessari tre elementi:

  • Foxconn ha stretto un’alleanza con Apple così forte da poter essere definito quasi interdipendente
  • L’accordo che Donald J. Trump ha raggiunto con il CEO della Foxconn aiuterà a dare lavoro a circa 130.000 persone
  • Sei delle prime sette fabbriche della Foxconn, le più importanti nella produzione Apple e non solo, sono situate in Cina

Apple prodotto USA targato Taiwan

Il 15 agosto 1998 veniva lanciato il primo iMac della storia (G3), Apple aveva fatto il suo debutto nel mercato. Nel 2000 la Hon Hai Precision Industry concludeva un accordo con Apple per la produzione dell’iMac.

Questa unione da allora è sempre stata più avvolgente, fino al punto da affermare che addirittura parti del design dell’iPhone vennero fatte dalla compagnia taiwanese. La prima generazione iPhone venne lanciata il 29 giugno 2007 e i due colossi erano diventati praticamente complementari. Apple investì $93 miliardi in un fondo per la tecnologia del Gruppo SoftBank, la Foxconn si aggiunse all’investimento attraverso la Sharp (unità giapponese della stessa Foxconn). Foxconn acquistò il mercato delle memorie esterne della Toshiba, Apple seguì l’investimento. 

La dipendenza della Foxconn dagli introiti dovuti ai prodotti Apple hanno toccato il picco più alto nel 2012 (circa il 55%), anno in cui venne lanciato l’iPhone 5. In ogni caso oggi più del 50% delle entrate del colosso taiwanese provengono dalla vendita Apple.

Tra il 2010 e il 2014 Tim Cook, CEO Apple dal 2011, ha visitato gli stabilimenti cinesi della Foxconn tre volte. Le due aziende si vengono incontro sempre in modo da non provocare problematiche al partner. Investimenti. Produzione. Ricavi. Addirittura problematiche ambientali. L’ultima frontiera sembra essere quella dell’impiego di forza lavoro statunitense.

“America first!” ma con i soldi asiatici

Non è ancora chiaro se la fabbrica del Wisconsin della Foxconn produrrà dispositivi per la Apple o no, ma quello che è sicuro è che con essa arriveranno molti posti di lavoro. Si parla di 130.000 lavoratori che potranno essere impiegati nella produzione. A Milwaukee, Wisconsin. Rust Belt. Ecco che lo zoccolo duro dell’elettorato di Donald J. Trump viene premiato nuovamente. Voti importanti e pubblicità ancora più importante.

Non può essere stimato a oggi l’investimento che la Rust Belt accoglierà dagli investimenti asiatici, cinesi e taiwanesi, quello che però sembra essere sicuro è che l’America First non può essere applicata senza l’aiuto estero. Quello che può essere detto è che Trump stia effettivamente lavorando per aiutare l’economia interna a crescere ma non grazie alle investigazioni contro la Cina o con il protezionismo. Vero è il contrario, invece.

Foxconn investirà negli USA non come mercato principale

Dopo questa spiegazione è facile pensare che qualcosa stia cambiando. Che Trump stia effettivamente vincendo una guerra commerciale contro la Cina grazie all’interesse che Terry Gou (CEO Foxconn) ha mostrato agli USA. Non è proprio così.

 

Come al solito le relazioni internazionali per essere normali devono essere complicate. Infatti, gli stabilimenti Foxconn il Cina sono cruciali per la sua produzione e la sua stabilità. Da nord a sud la Cina è cosparsa di aziende che assemblano prodotti per Apple. Inoltre a oggi è difficile capire se Donald J. Trump stia cercando di rivitalizzare il proprio Paese o se stia preparando questi accordi per un semplice fine elettorale.

Il quartiere generale della Foxconn è, ovviamente, a Taiwan e la vicinanza geografica con le industrie è un fattore che avvantaggia sempre le aziende. Inoltre, l’azienda di Gou sta cercando di ridurre il più possibile l’interdipendenza con Apple in modo tale da poter essere più libera e meno legata all’andamento del prodotto USA.

La Corea del Nord può essere il punto di incontro tra Cina e USA

Non è difficile oggi farsi venire in mente una delle affermazioni di Donald J. Trump nei confronti della Corea del Nord. Aggressive e violente. Come abbiamo già detto in passato però, le parole del presidente USA nei confronti della penisola coreana hanno sempre celato un fondo di mera propaganda. Sembrava essere arrivata la fine della “pazienza strategica” dell’era Obama e probabilmente è vero. Trump ha deciso di non ignorare Kim Jong Un ma di affrontarlo per riaffermare la potenza statunitense. Ma senza una vera base strategica i suoi parametri d’azione sono stati, fino a ora, inefficaci.

L’economia della Corea del Nord sta infatti crescendo, grazie soprattutto all’investimento fatto nell’industria pesante. Così come il loro avanzamento tecnologico sembra essere cresciuto in maniera vistosa grazie al test ICBM di fine luglio e al test nucleare di settembre 2017, il sesto nella storia nord coreana, il quarto dell’era Kim Jong Un. 

Dall’altra sponda del Pacifico però la Repubblica Popolare Cinese continua a cercare di rallentare la corsa alle armi e di diminuire la tensione. Questo non perché Pechino abbia uno spirito pacifista, ma perché la guerra nella penisola coreana significherebbe destabilizzare tutta l’area asiatica, nonché la Cina stessa. Xi Jinping ha quindi l’interesse ad utilizzare tutti i mezzi diplomatici, politici ed economici per evitare che le tensioni si alzino fino alla soglia della guerra.

E proprio questo potrebbe essere un fattore su cui Donald J. Trump e il suo staff stanno lavorando. La Cina sembra essere vulnerabile sul tema e quindi questa potrebbe essere una leva per gli USA. Convincere la Cina ad aiutare gli Stati Uniti d’America sulla questione nord coreana in cambio di una “clemenza” dal punto di vista dei dazi imponibili dallo Stato americano dopo l’investigazione (secondo i parametri sopra citati della Sezione 301 del Trade Act del 1974).

L’11 settembre 2017 il Consiglio di Sicurezza ONU ha approvato nuove sanzioni alla Corea del Nord, questa volta sulla materia tessile. Un’altra pugnalata targata USA alla politica del dialogo tra le due parti del Pacifico. La risoluzione proposta dall’ambasciatrice ONU di Washington è stata modificata dall’originale (che era molto più stringente) per permettere alla Cina e alla Russia di votare a favore. Così è stato.

Conclusione

Le relazioni commerciali tra USA e Cina sono molto più complesse di quello che sembrano, insomma. I due grandi colossi economici sono  fortemente interconnessi e ogni singola mossa avventata potrebbe provocare instabilità anche al di fuori delle loro relazioni. Per questo è importante capire come una frase, un’azione o un gesto possano essere rivolti al raggiungimento di un fine più profondo.

In questa analisi abbiamo provato a mostrare come l’economia, la politica e la diplomazia, così come le risorse energetiche e la tecnologia, debbano essere tutte comprese all’interno della medesima discussione per comprendere il vero obiettivo di Trump. Non verranno inflitti colpi mortali all’economia mondiale. Tuttavia, quello che probabilmente potrà succedere è il consolidamento dell’elettorato repubblicano, necessario per la sopravvivenza del fenomeno Trump al potere. Inoltre, attraverso questo gioco di scacchi, gli Stati Uniti potrebbero raggiungere la sponda opposta del Pacifico, riuscendo quindi ad avere dei vantaggi sia economici che diplomatici, non pienamente raggiunti dalla presidenza Obama.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.chinafile.com/conversation/trump-says-he-wants-fairer-trade-china-will-his-latest-move-work

https://www.eurasiagroup.net/live-post/the-us-can-win-a-trade-war-with-china-that-doesnt-mean-it-should-try

https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2017-05-19/art-steel-deal

https://asia.nikkei.com/magazine/20170824/Viewpoints/Robert-A.-Manning-While-Trump-looks-to-the-past-Xi-wants-to-own-the-future

https://asia.nikkei.com/Viewpoints/Minxin-Pei/Washington-and-Beijing-on-dangerous-collision-course-over-North-Korea

https://asia.nikkei.com/magazine/20170803/Business/Foxconn-puts-America-first-with-10-billion-Wisconsin-facility

https://asia.nikkei.com/Business/Companies/Foxconn-s-grand-plans-for-EVs-pivot-from-China-to-US

http://www.chinadaily.com.cn/world/2017-08/13/content_30538336.htm

http://www.telegraph.co.uk/comment/personal-view/3638174/Not-two-countries-but-one-Chimerica.html

http://www.chinadaily.com.cn/opinion/2017-08/14/content_30572626.htm

http://www.trade.gov/mas/ian/tradedisputes-enforcement/tg_ian_002100.asp

http://www.chinadaily.com.cn/china/2017-08/14/content_30571465.htm

https://www.theguardian.com/world/2017/aug/15/donald-trump-china-trade-war-investigation

Fai clic per accedere a Steel+Statistical+Yearbook+2016.pdf

https://asia.nikkei.com/magazine/20170713/On-the-Cover/Foxconn-Apple-and-the-partnership-that-changed-the-tech-sector

http://www.cinaforum.net/visto-da-pechino-corea-del-nord-nuove-sanzioni-ok-cina/

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