L’Altra America: Uruguay

Nel secondo appuntamento della nostra rubrica “L’Altra America” parleremo dell’Uruguay. Terzo Stato più piccolo dell’America meridionale, detto anche la Svizzera del Sud America, l’Uruguay è la democrazia più sviluppata di tutto il subcontinente americano. La fiducia nelle istituzioni e nella forma di governo si mantengono a livelli eccezionali dalla fine della dittatura militare a metà degli anni ’80.  Negli ultimi anni, poi, il Paese è diventato un campione dei diritti civili, tanto da venire eletto The Economist’s “Country of the Year” nel 2013: traguardo irraggiungibile senza la guida del Presidente Pepe Mujica, con il suo impegno per la depenalizzazione e statalizzazione della cannabis e la legalizzazione del matrimonio omosessuale.

Indipendenza

Scampato alla devastazione delle prime ondate di conquistadores sbarcati in America – vista l’assenza di ricchi giacimenti di metalli preziosi e la lunga resistenza all’invasione combattuta dagli oriundi Charrúas – per quasi due secoli l’Uruguay fu teatro di conflitti geopolitici tra Spagna, Portogallo e Regno Unito, che tentavano vicendevolmente di limitarsi nell’espansione coloniale. In queste contese furono inizialmente gli spagnoli a radicarsi con successo nella colonia, fondando la capitale Montevideo nel 1726. Inserito quindi all’interno del Vicereame spagnolo del Rio della Plata, l’Uruguay ottenne l’indipendenza nel 1811 sfruttando la fragilità della Corona, assediata in patria dall’ingordo Napoleone Bonaparte. A seguito dell’invasione Luso-brasiliana del 1816, fu annesso al Brasile con la forza. E dopo numerose rivolte contro l’occupazione, nel 1825 Uruguay e Argentina formarono la Federazione delle Province Unite del Rio della Plata, ingaggiando i brasiliani in quella che sarà ricordata come la Guerra dei 500 giorni: per sedare questo conflitto – che proseguiva senza vincitori né vinti – il Regno Unito intervenne tra i due litiganti, e guidò i contendenti alla pace. Solo con il Trattato di Montevideo del 1828 l’Uruguay si costituì come Stato completamente indipendente. Due anni dopo, l’approvazione della Costituzione sancì solennemente la Repubblica.

Evoluzione della forma di Stato e del quadro politico

Con la nascita del nuovo Stato sorsero anche le tradizionali divisioni politiche ottocentesche tra conservatori e liberali. Nel Paese del Rio della Plata, i due schieramenti assunsero il nome di Blancos e Colorados, dal colore delle fasce che i militanti indossavano per identificarsi. Le due fazioni gettarono il Paese in una lunga guerra civile, cominciata nel 1839 e terminata nel 1852: i conservatori, sostenuti dal dittatore argentino Juan Manuel de Rosas, furono sconfitti dalle forze liberali, sostenute da un contingente francese guidato da Giuseppe Garibaldi (in Uruguay dal 1840, dopo essere fuggito dal Brasile con Anita). A seguito di questa vittoria, i Colorados resero illegale la schiavitù, ma non riuscirono a mettere fine ai conflitti interni. Le nuove tensioni – fomentate anche dalle rivalità dei Paesi vicini – continuarono infatti fino al 1870, quando i due partiti siglarono un accordo sulle zone di influenza, spostando la rivalità sui banchi del parlamento. Da allora fino al 1929, il Paese conobbe un periodo di grande sviluppo: i grandi flussi migratori di quegli anni, provenienti per la maggior parte da Spagna e Italia, furono fondamentali per la crescita economica del Paese. Agricoltura, industria e trasporti vennero notevolmente potenziati, ed il ruolo di Montevideo crebbe incredibilmente come porto strategico nella regione del Rio de la Plata. Anche il piano giuridico seguì questo corso progressista, tanto che in quegli anni venne abolita la pena di morte e fu introdotto il diritto al divorzio.

Nel 1919, a distanza di quasi novant’anni, venne modificata la Costituzione, introducendo il suffragio universale e sancendo la separazione tra Stato e Chiesa. Forte dell’esperienza congiunta di spagnoli e italiani, nessun altro Paese della regione sudamericana può vantare, ad oggi, un’autonomia dall’influenza della Chiesa cattolica ampia quanto il Paese del Rio della Plata. Mentre, invece, gli effetti della Grande Depressione raggiunsero anche l’Uruguay, aprendo la strada alla breve dittatura del presidente blanco Gabriel Terra – grande sostenitore del Patto d’Acciaio. Alla sua morte, nel 1942, venne ripristinata la Repubblica, e nel 1945 l’Uruguay dichiarò guerra a Germania e Giappone. Durante il periodo della Guerra Fredda, il Paese conobbe un lungo periodo di recessione e – come nel resto del mondo – conservatori e dittature militari si scontrarono con i movimenti di guerriglia di stampo marxista-leninista. Il più famoso di questi movimenti conobbe il suo acme negli anni ’70: prendendo il nome da Tupac Amarú, il capo della rivolta indipendentista del Perù del 1780, i Tupamaros si costituirono nel 1965 come movimento politico e non guerrigliero. Nel loro programma, infatti, l’eventuale uso della violenza era limitato in base alla funzione strategica ed alla possibilità di successo politico. Nel concreto, si trattava di rapine a banche ed altri tipi di attività imprenditoriali, al fine di ridistribuire la ricchezza fra le ampie fasce di popolazione in povertà. Nel 1968 – dopo le violenze del governo contro gli antagonisti e la sospensione delle garanzie costituzionali per volontà del presidente Jorge Pacheco – il Movimento Tupamaro reagì con sequestri e omicidi politici, di cui furono vittime anche un ambasciatore britannico e un agente dell’FBI. Nel 1973, un colpo di stato militare metteva fine al movimento, arrestando quasi tutti i leader della rivolta e tenendoli in ostaggio sotto minaccia di esecuzione, in caso qualunque attività politica fosse stata organizzata dai Tupamaros. La dittatura assorbiva allora quasi la metà della spesa pubblica e, nonostante la vittoria sui ribelli, le condizioni economiche non accennarono a migliorare. Il malcontento si concretizzò nel 1980, quando il governo venne sconfitto al referendum per cambiare la Costituzione repubblicana e poi, di nuovo, nel 1984 quando – dopo una mobilitazione generale di 24 ore – i militari riconsegnarono il potere nelle mani dei civili. Inizialmente, i primi governi (ancora legati alle pressioni dell’esercito) garantirono amnistia e immunità ai fiancheggiatori ed alla dirigenza della dittatura. Solo  nel 2004, con la vittoria della coalizione di sinistra Frente Amplio, i responsabili dei dieci anni di regime vennero arrestati e giudicati per i loro crimini. Nel 2009, poi, un nuovo presidente del Frente veniva eletto: José “Pepe” Mujica, uno dei nove dirigenti Tupamaros imprigionati per più di dieci anni. Ed alle elezioni del primo marzo 2015 il paese ha eletto il terzo presidente consecutivo del Frente. L’Uruguay è oggi una piena democrazia, nella forma di Repubblica Presidenziale, con un tasso del 98% di alfabetizzazione ed uno dei più bassi livelli di povertà nel mondo.

Politica estera

Con l’88% di popolazione di etnia europea (di cui il 44% italiana), l’Uruguay è da sempre legato culturalmente e politicamente al Vecchio Continente. A livello regionale prevalgono, invece, i contatti con i grandi vicini Argentina e Brasile. Inoltre, negli ultimi anni, si è consolidato il rapporto commerciale con la Cina, divenuta primo partner di Montevideo. Il paese è stato promotore e fondatore di MERCOSUR e ALDI, due fondamentali organizzazioni di commercio e integrazione del Sud America. La politica estera uruguayana si muove quindi principalmente in due direzioni: il raggiungimento di nuovi mercati esteri, e le relazioni con i Paesi limitrofi politicamente affini. Grazie al suo intenso attivismo diplomatico, ed al rispetto e attenzione verso i diritti umani, ha anche raggiunto un certo grado di autorevolezza internazionale.

Visione economica

La linea economia del Frente Amplio ha guidato il Paese verso l’uscita dalla crisi del 2002, ed al contenimento di quella del 2008. Durante i tre mandati della coalizione di sinistra gli investimenti sono triplicati, la disoccupazione è stata dimezzata, e nel 2010 l’Uruguay è stato elogiato dal Fondo monetario internazionale per i successi della sua politica economica e la sua reazione alla recessione mondiale. L’attuale governo sta  inoltre sostenendo grandi partenariati pubblico-privati, al fine di aumentare gli investimenti nelle infrastrutture, diversificando i mercati di esportazione e rafforzando il sistema bancario. Ancora oggi, la lotta alla povertà ed alle diseguaglianze sono i punti cardine del programma del Frente.

 

Bandiera

Il vessillo uruguayo riprende la bandiera degli Stati Uniti: infatti, le nove bande orizzontali della bandiera originale rappresentavano i nove dipartimenti originari che si ribellarono alla Spagna. Il sole in alto a destra è invece il Sol de Mayo, simbolo della rivoluzione del maggio 1810 – che segnò l’inizio del processo di indipendenza dalla Spagna delle nazioni del Vicereame del Rio della Plata. L’Uruguay è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere più di una bandiera. Oltre alla bandiera Nazionale infatti sono riconosciute altre due bandiere storiche: quella di Artigas (da José Gervasio Artigas, padre della patria), e quella dei Trentatré Orientali (dal gruppo rivoluzionario che lotto contro l’occupazione brasiliana nel 1825).

 

 

Fonti e approfondimenti:

https://lospiegone.com/2018/09/08/laltra-america-per/

https://lospiegone.com/2017/03/22/vazquez-bis-come-cambiato-luruguay-dal-dopo-mujica-a-oggi/

http://www.treccani.it/enciclopedia/uruguay_%28Atlante-Geopolitico%29/

http://www.limesonline.com/rubrica/la-marijuana-in-uruguay-sara-monopolio-di-stato

https://www.economist.com/leaders/2013/12/18/earths-got-talent

http://www.latinobarometro.org/lat.js

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