Non solo Usa, Russia e potenze dell’UE, la situazione libica offre uno scenario interessante per tanti altri Stati soprattutto dell’area mediterranea, Egitto su tutti. Di fatto, fin dallo scoppio della seconda guerra civile libica nel 2014, l’Egitto di Al-Sisi ha rivolto il proprio sguardo verso Ovest, motivato da interessi e paure di vario tipo, nonché da un legame culturale che unisce i due Paesi.
Esattamente come gran parte dei Paesi arabi del Mediterraneo, anche l’Egitto ha avuto a che fare con ondate rivoluzionarie e grandi cambiamenti legati alle cosiddette “Primavere Arabe”. Di particolare importanza è la presa del potere dell’attuale leader del Paese Al-Sisi (2013), che col tempo si è distinto per la dura repressione del movimento socio-politico noto come “Fratelli Musulmani”, tra i più potenti in Egitto. Le violenze che hanno caratterizzato l’operato del movimento durante la presidenza di Morsi (2012-2013), porteranno il “partito” e il suo leader Muhammad Bani ad essere dichiarati fuori legge dopo il colpo di stato di Al-Sisi, capo delle forze armate (2013).
Anni di lotte e persecuzioni hanno portato i vertici dei“Fratelli Musulmani” ad allontanarsi dall’Egitto e a rifugiarsi in Libia dove il caos conseguente alla caduta di Gheddafi ha offerto loro la possibilità di radicarsi sul territorio e di entrare nella vita politica del Paese: nell’aprile del 2018, l’Alto Consiglio di Stato, stanziato a Tripoli, ha eletto come proprio Presidente Khalid Al-Mishri, esponente dei “Fratelli Musulmani”.
Preoccupato per un possibile ritorno dei “Fratelli Musulmani”, Al-Sisi non si è fatto problemi ad appoggiare fin dalla prima ora il Generale Haftar anch’egli avverso alla “fratellanza”, considerata abbastanza forte da poter giocare un ruolo di primaria importanza in tutto il Nord Africa. Sulla base di questa comune antipatia, i due leader hanno concluso più accordi concernenti aiuti militari e finanziamenti economici atti a perseguire l’operazione di annientamento dei “Fratelli Musulmani” e dei suoi alleati (tra cui figurano personalità schierate con Al-Serraj). Per Al-Sisi è di fondamentale importanza che il futuro della Libia sia messo nelle mani del Generale Haftar, accomunato al leader egiziano anche da una comune linea politica riguardo gli islamisti che usano la Libia come base d’appoggio per operare in Egitto.
Le sigle terroristiche che operano in Egitto sono diverse, la più aggressiva è però l’Isis. Infatti negli anni passati, Daesh ha colpito più volte in Egitto. L’obiettivo prediletto è stata la nutrita comunità copta, i cristiani-ortodossi nativi egiziani che rappresentano il 10% della popolazione. Proprio nell’ottica di una guerra preventiva nei confronti del terrorismo si spiega la partecipazione dell’Egitto all’Operazioni “Dignity” (2017), guidata dal Generale Haftar intenzionato a riconquistare Derna, città della Cirenaica orientale sotto controllo del Califfato.
Fin dall’inizio delle operazioni, l’Egitto di Al-Sisi ha garantito raid aerei in supporto delle truppe di terra libiche (con il benestare della Francia), impegnate fin dal 2015 ad assediare la roccaforte islamista. La liberazione della città è avvenuta nel 2017, ma l’operazione di sradicamento dei terroristi richiede ancora tempo e ha bisogno di aiuti non solo militari ma anche economici e logistici. Richieste che l’Egitto intende continuare a soddisfare.
Gli interessi economici dell’Egitto nello scenario libico
Oltre a interessi militari e politici, l’Egitto è spinto a partecipare attivamente nello scenario libico anche da interessi economici, tanto fragili quanto importanti per il Governo di Al-Sisi. Il Premier egiziano ha di fatto mostrato la propria preoccupazione per i cittadini egiziani in Libia, lavoratori emigrati da decenni che, una volta iniziati gli scontri militari, hanno cercato protezione in patria pur senza avere la possibilità di essere riassorbiti nel tessuto lavorativo e sociale (scenario attualmente inattuabile per il fragile Egitto). Le stime dei lavoratori egiziani in Libia si aggirano intorno a una cifra che va dai 700.000 al milione e mezzo di unità. Lavoratori che versano sotto forma di rimesse in Egitto quasi 20 miliardi di dollari, linfa vitale per le casse di uno Stato in estrema difficoltà economica nonché politica e sociale.
A far gola ad Al-Sisi c’è anche il futuro energetico d’Egitto.Un Paese che intende sviluppare la propria infrastruttura industriale ha sempre necessità di petrolio. Necessità che può essere soddisfatta da Haftar, qualora diventi leader riconosciuto della Libia. La vittoria del Governo di Tobrukoffrirebbe un’opportunità non da poco per l’Egitto, che intende rilanciarsi economicamente anche grazie alle fonti energetiche presenti in una Regione nella quale vuole tornare a fare la voce grossa. Linfa vitale per le imprese del settore energetico egiziano, nei decenni passati tagliate fuori quasi del tutto da Total (Francia) e l’italiana Eni.
L’Egitto come attore protagonista nello scenario libico
Essendo direttamente interessato e avendo appena messo alle spalle un lungo periodo di cambiamenti e rivoluzioni (forse non del tutto), l’Egitto punta di tornare a diventare un attore regionale di primaria importanza anche tramite lo scenario libico. Sostenitore di Haftar fin dalla prima ora, il sostegno di Al-Sisi al Governo di Tobruk potrebbe essere messo in dubbio dall’avvicinarsi della posizione dell’Egitto a quella dell’Italia e, conseguentemente, dai contrasti con la Francia, primo sponsor del Generale Haftar.
Esattamente come l’Italia, il Ministro degli Esteri egiziano ha fatto sapere che l’Egitto sosterrà la risoluzione che prevede le elezioni, ma solo quando il Paese si dimostrerà più stabile e con un quadro politico meglio definito. Affermazioni che hanno fatto storcere il naso a Macron, sicuro che eventuali elezioni a dicembre vedrebbero vincitore Haftar, il cavallo su cui Parigi ha puntato.
Tuttavia il Governo di Al-Sisi non va descritto come lontano dalla posizione francese. Infatti, fin dall’inizio del conflitto, l’Egitto ha provato a far valere il proprio ruolo di attore protagonista a livello regionale tramite la diplomazia, e in particolare, col tentativo di proporsi come mediatore con alcune delle fazioni presenti in Libia.
Fonti:
Foreign affairs World War Web, volume 97, settembre-ottobre 2018.
“I Fratelli musulmani nel mondo contemporaneo”, M. Campanini, 2012, UTET.
“Il fondamentalismo islamico, R. Guolo, 2002, Laterza.
http://www.aspeinstitute.it/aspenia-online/article/gli-interessi-egiziani-nello-scenario-libico
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