Strategie a confronto: Trump vs Pelosi

Sono passati ormai 28 giorni dall’inizio dello shutdown negli USA, ovvero il blocco  parziale delle attività amministrative iniziato il 22 dicembre scorso. Cerchiamo di capire le due posizioni che si stanno scontrando.

Lo shutdown è iniziato a causa dello scontro politico tra Trump e il Congresso statunitense. Grazie al risultato delle scorse Midterm elections, la Camera dei Rappresentanti è ora sotto il controllo dei Democratici e quindi non più favorevole al Presidente sullo sblocco dei finanziamenti, pari a 5,7 miliardi di $, per la costruzione del muro al confine con il Messico. Il suo rifiuto di firmare qualsiasi disegno di legge che non contenesse i suddetti fondi ha infine condotto al parziale shutdown governativo.

In quello che è ufficialmente lo shutdown più lungo della storia degli Stati Uniti, l’impressione è che sia i Democratici che il Presidente siano arroccati sulle proprie posizioni e decisamente poco inclini a concedere qualcosa all’avversario. Uno scontro in qualche modo anche banale, con la richiesta della Speaker della Camera di rimandare il classico discorso presidenziale sullo Stato dell’Unione e la ripicca di Trump, che le ha negato l’aereo per un volo all’estero.

La strategia di Nancy Pelosi

Da parte dei Democratici, Nancy Pelosi (la neoeletta speaker della Camera) e Chuck Schumer (leader del partito al Senato) sentono la pressione della base e dei promotori della linea dura all’interno del partito. In questo scontro dalla forte connotazione ideologica, non sono assolutamente disposti a concedere anche un solo dollaro a Trump. Finanziare la costruzione del muro significherebbe infatti cedere alle richieste di Trump due mesi dopo avere vinto le Midterm elections, dando al Presidente i fondi per realizzare la promessa più importante della sua campagna elettorale. In questo modo gli verrebbe concessa una vittoria politica importante, lasciando il passo alla retorica razzista che sta dividendo l’elettorato americano e creando conflitti al suo interno.

Nella strategia che stanno portando avanti Pelosi e i suoi si può vedere tutta quella che è stata l’evoluzione del Partito Democratico nell’ultimo ventennio. La linea dura nasce da eventi lontani, come la famosa sconfitta elettorale subita da Al Gore alle presidenziali del 2000 – quando l’atteggiamento poco battagliero dell’establishment di allora mise un freno alle richieste di riconteggio dei voti nella decisiva Florida, dove Bush vinse con un distacco di appena 537 voti – ma raggiunge anche i giorni nostri. La vecchia guardia sente la pressione forte dei nuovi Democratici progressisti, che hanno messo in seria difficoltà Hillary nel 2016 e, contro ogni pronostico, hanno vinto primarie importanti: su tutti, il caso di Alexandria Ocasio-Cortes che ha vinto a New York contro Crowley. Diversi stimoli hanno concorso nel rendere il Partito Democratico e i suoi dirigenti più combattivi, decisi e pronti ad affrontare un conflitto di questa portata.

Il messaggio degli ultimi anni, in cui la spinta della base ha avuto un peso non indifferente, è chiaro: dai Democratici ci si aspetta conflittualità e un’opposizione senza mezzi termini su questioni chiave come i diritti civili e sociali. La resistenza ai repubblicani non è un’opzione, è una necessità per la continuazione del Partito stesso.

La stessa Pelosi, pur essendo espressione della vecchia guardia dei Democratici, è un simbolo di questo rinnovamento: la sua elezione a speaker della Camera è stata infatti resa possibile solo grazie a un accordo con l’anima più progressista del Partito, che sta acquistando un peso politico importante nelle dinamiche interne.

Il Partito Democratico ha quindi ogni interesse a mantenere la linea dura. Anche la proposta messa in campo nel meeting con Trump della settimana scorsa è un messaggio importante. La richiesta del Presidente per il finanziamento di 5,7 miliardi è stata accolta solo parzialmente: l’ammontare del finanziamento è stato portato a circa 1,3 miliardi, concessi però solo per la gestione e il controllo della sicurezza alla frontiera col Messico e non per la costruzione del muro. L’idea, infatti, è che nonostante i Democratici siano pronti a trattare per sbloccare l’impasse, alcune questioni, tra cui la costruzione del muro, sono non negoziabili, e non c’è alcuna intenzione di subire una sconfitta su questa battaglia dalla forte caratterizzazione ideologica.

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La strategia di Trump

Da parte di Trump, invece, l’impressione è che al momento non ci sia la volontà di porre fine allo shutdown e accettare un disegno di legge che non contenga finanziamenti per il muro col Messico.

Anche la risoluzione in un compromesso sembra, ad oggi, una soluzione poco percorribile, sia perché le parti non sono alla ricerca di un terreno politico comune che possa risolvere l’impasse, sia perché Trump ha più volte dimostrato di non essere prono all’accettazione di soluzioni a metà, percepite come sconfitte politiche. Inoltre, in questi due anni di Presidenza, ha sempre dimostrato di non temere né lo scontro, né di essere visto come una figura divisiva, anzi. Esacerbare il conflitto è una delle strategie preferite di Trump, sia per attitudine personale, sia perché si è reso conto che così facendo riesce da un lato a compattare il suo elettorato, e dall’altro a creare linee di frattura che rendono difficile la coesione, sia elettorale che partitica, all’interno dell’opposizione.

Una delle strategie percorribili da Trump potrebbe essere quella di dichiarare lo stato di emergenza nazionale per sbloccare autonomamente i fondi per il muro e, di conseguenza, porre fine allo shutdown. Tuttavia, le basi legali per questa azione non sembrano essere solide, e c’è la possibilità che l’iniziativa venga bloccata dal ramo giudiziario.

Lo shutdown è comunque funzionale alla strategia politica di Trump, che in questo momento ha bisogno di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da alcune questioni scottanti che stanno mettendo a dura prova il Presidente USA. Da una parte, il ritiro delle truppe americane dalla Siria annunciato il 19 dicembre scorso, che ha causato diverse perplessità, se non opposizioni, tra molti addetti ai lavori e tra gli alleati degli USA, nonché in parte dell’opinione pubblica. Dall’altra, il famoso Russiagate, – l’inchiesta sulle possibili ingerenze da parte della Russia sull’elezione di Trump alle Presidenziali del 2016 – sta iniziando a diventare un caso con basi sempre più solide: se dovesse continuare a evolversi, ha il potenziale per mettere il Presidente in seria difficoltà.

Trump ha quindi bisogno dello shutdown. L’opinione pubblica guarda con sfavore al Presidente, mentre il suo isolamento politico all’interno dell’amministrazione cresce. I malcontenti degli addetti ai lavori nei confronti di Trump sono già noti da tempo e non accennano a diminuire, con il solo Mike Pence rimasto al suo fianco a dargli manforte nel tentativo di negoziare un accordo.

Vi sarà una conclusione?

Al momento quindi non vi sono vie semplici e immediate per la risoluzione dell’impasse. Né i Democratici né Trump hanno, per diverse ragioni, motivi urgenti che possano spingerli a concedere qualcosa all’avversario pur di far ripartire i lavori del governo. La strada più breve potrebbe essere la forzatura ipotizzata da Trump – e ventilata da molti esperti come sempre più probabile – di dichiarare lo stato d’emergenza e cercare così di bypassare il Congresso per sbloccare i finanziamenti. Ma se le corti USA dovessero bloccare l’iniziativa presidenziale, la situazione tornerebbe al punto di partenza, costringendo le parti, prima o poi, a lavorare per un compromesso che si prefigura molto complicato.

Fonti e approfondimenti:

The New York Times, “What Trump Could Learn From His Shutdown”, 10 gennaio 2019, https://www.nytimes.com/2019/01/10/opinion/editorials/trump-shutdown-pelosi.html

FiveThirtyEight, “Americans Don’t Want A Government Shutdown Because Of The Border Wall”, 14 dicembre 2018, https://fivethirtyeight.com/features/americans-dont-want-a-government-shutdown-because-of-the-border-wall/

FiveThirtyEight, “How Will The Shutdown End?”, 09 gennaio 2019, https://fivethirtyeight.com/features/how-will-the-shutdown-end/

FiveThirtyEight, “The Public Blamed Trump For The Shutdown — But That May Be Changing”, 04 gennaio 2019, https://fivethirtyeight.com/features/the-public-blamed-trump-for-the-shutdown-but-that-may-be-changing/

FiveThirtyEight, “Trump Has Lost Ground In The Shutdown Blame Game”, 09 gennaio 2019, https://fivethirtyeight.com/features/trump-has-lost-ground-in-the-shutdown-blame-game/

ABC News, “The Costs of the Government Shutdown”, 17 ottobre 2013, https://abcnews.go.com/blogs/politics/2013/10/the-costs-of-the-government-shutdown

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