La dottrina militare iraniana: la guerra ibrida di Tehran

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La morte del generale iraniano Qasem Soleimani, avvenuta all’inizio di quest’anno per mano degli Stati Uniti, ha segnato l’inizio di un nuovo capitolo del lungo conflitto tra Washington e Teheran. Il comandante delle Forze Quds delle Guardie della Rivoluzione islamica è stato eliminato da un drone militare MQ-9 Reaper statunitense, nei pressi dell’aeroporto internazionale di Baghdad in Iraq nelle prime ore del 3 gennaio scorso. L’attacco chirurgico, ordinato dal Presidente degli Stati Uniti, ha evidenziato la volontà di Washington di orchestrare l’eliminazione diretta dei leader militari iraniani, aggiungendo quindi un ulteriore gradino al processo di escalation che ormai vede i due Paesi fronteggiarsi da più di quarant’anni.

La risposta della Repubblica Islamica non si è fatta attendere e il 7 gennaio diversi missili balistici iraniani hanno colpito le basi americane in Iraq di Al Asad ed Erbil, provocando diversi danni strutturali, ma evitando intenzionalmente di causare perdite in termini di vite umane per il personale americano. Si è trattato di un attacco ben calibrato, in quanto Teheran è riuscita a dimostrare la sua capacità e volontà di colpire le basi strategiche USA nella regione, senza tuttavia scatenare una guerra con Washington.

Lo scontro aperto è stato evitato, almeno per il momento, ma l’inasprimento delle relazioni USA-Iran e l’incremento costante delle capacità di risposta di Teheran portano a interrogarsi sull’entità della minaccia posta dalla Repubblica Islamica. Di fatto, l’Iran, negli ultimi anni, ha investito diverse risorse nello sviluppo del proprio apparato militare, trovando la formula perfetta per la propria strategia nella combinazione di elementi di guerra convenzionale con l’impiego di forze non- statali.

Le Forze armate iraniane

Nel ranking mondiale delle forze militari, l’Iran è quattordicesimo, posizionandosi come una potenza regionale capace di contrastare l’influenza statunitense in Medio Oriente. Nel 2020, il personale militare attivo del Paese ammonta a ben 523.000 unità, con un numero di riservisti che raggiunge la cifra di 350.000, per un totale di 873.000 uomini.

Le Forze armate iraniane si articolano principalmente in due corpi: l’esercito, anche noto con il nome di Artesh, e il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. I due organismi presentano caratteristiche diverse che per certi versi le contrappongono.

L’esercito ha come fine ultimo la difesa del Paese contro le minacce esterne, andando quindi a costituire una forza di tipo convenzionale. Esso si divide a sua volta in in forze di terra, aeronautica e marina. Di contro, il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (noto anche come Pasdaran), creato nel 1979 dall’ Ayatollah Komeini, ha come missione principale quella di proteggere il regime attuale dalle forze dissidenti interne, ma anche dai nemici d’oltre confine. Il corpo assume quindi una funzione di carattere ideologico e politico, la quale si declina in una maggiore radicalizzazione dei sui effettivi (circa 190.000 uomini).

All’interno del corpo dei Pasdaran, vi è inoltre la Forza Quds, un reparto speciale responsabile delle operazioni al di fuori del Paese. A partire dal 2007, le Forze Quds sono state annoverate dagli Stati Uniti nella lista delle organizzazioni finalizzate alla promozione del terrorismo internazionale, essendo esse attive in azioni di supporto e addestramento di diverse milizie sciite nella Regione.

In seguito alla Rivoluzione islamica del 1979, l’esercito regolare subì diverse epurazioni al fine di eliminare le ultime frange delle forze armate rimaste fedeli allo Scià Mohammad Reza Palhavi. Ne conseguì un periodo di forte diffidenza tra il corpo delle guardie della rivoluzione e Artesh. Negli anni successivi, l’esercito dimostrò la propria lealtà al nuovo regime guadagnandosi la fiducia del governo, ma le rivalità tra le due entità militari persistono a causa dell’accesso iniquo ai finanziamenti e al diverso grado di influenza esercitato nel sistema politico iraniano.

In termini di equipaggiamento e mezzi a disposizione, l’arsenale iraniano è per lo più composto da sistemi di combattimento obsoleti provenienti dall’estero (Cina e Unione Sovietica, ma anche dagli Stati Uniti nel periodo precedente alla rivoluzione del ’79), con qualche componente più recente di produzione domestica.

Per sopperire a tale mancanza, tra il 2014 e il 2018, il budget allocato per la spesa militare dal governo di Teheran è cresciuto regolarmente ogni anno, per poi subire una drastica riduzione nel 2019, a seguito della reimposizione delle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti. Dai 27.3 miliardi di dollari stanziati nel 2018 per la spesa militare, si è passati ai soli 19.6 miliardi nel 2020.

La dottrina militare iraniana

Consapevole della superiorità tecnologica e in mezzi degli Stati Uniti, Teheran ha saputo elaborare una strategia militare focalizzata sulle tattiche di guerra asimmetrica. Gli obiettivi che la Repubblica Islamica intende perseguire con tale approccio sono principalmente due:

  • La difesa del regime e del Paese dalle minacce, sia esterne, che interne;
  • Emergere nello scenario regionale come potenza dominante.

In quest’ottica, le forze convenzionali della Repubblica Islamica hanno lo scopo di scoraggiare un’invasione nemica su larga scala e di rendere il costo umano ed economico di una guerra convenzionale intollerabile. D’altro canto, Teheran persegue i propri obiettivi oltre confine appoggiandosi a diverse milizie sciite e attori non-statali nella regione, ingaggiando i propri avversari tramite operazioni di guerra per procura e destabilizzando i Paesi alleati di Washington.

Tramite tale forma di guerra ibrida, la Repubblica Islamica mantiene il costo politico delle proprie azioni offensive all’estero molto basso, in quanto l’impossibilità di attribuire la responsabilità dei diversi attacchi direttamente a Teheran tutela il Paese da un’eventuale risposta diretta dei propri avversari.

Le forze missilistiche

L’Iran ha sviluppato nel corso degli anni un discreto arsenale di missili balistici, i quali costituiscono la spina dorsale della strategia di deterrenza di Teheran. Il corredo missilistico iraniano vanta diversi sistemi a corto e medio raggio (Short-Range Ballistic Missile – SRBM e Medium-Range Ballistic Missile – MRBM), consentendo alla Repubblica Islamica di colpire obiettivi all’interno di un raggio di 2.000 km. In questo modo, l’Iran ha la capacità di scagliare una raffica di missili contro le basi militari avversarie e di compromettere la capacità combattiva dei propri rivali.

L’arsenale iraniano invece non include missili balistici a gittata intermedia (Intermediate-Range Ballistic Missile – 3000-5500 km) e missili intercontinentali (Intercontinental Ballistic Missile – con gittata maggiore di 5.000 km). Questi ultimi consentirebbero all’Iran di minacciare direttamente il territorio nazionale degli Stati Uniti. Considerati i vantaggi strategici che tale tipo di sistemi comporterebbero per la Repubblica Islamica, Teheran potrebbe investire diverse risorse in futuro per ottenere questa categoria di armamenti.

Inoltre, Teheran sta investendo nello sviluppo di missili cruise (Land-attack cruise missile). Tali sistemi viaggiano a un’altitudine nettamente inferiore rispetto alla traiettoria seguita dai missili balistici, essendo quindi meno vulnerabili alle difese antimissile.

Nonostante le forze missilistiche iraniane necessitino ancora di diversi miglioramenti tecnologici, la loro precisione ed efficacia è stata dimostrata durante l’attacco del 7 gennaio alle basi USA di Al Asad ed Erbil. Il raid ha causato diversi danni alle strutture dei due avamposti americani, ma allo stesso tempo ha evitato di causare perdite tra le forze armate statunitensi, evitando una risposta massiccia americana e dimostrando la precisione dei sistemi iraniani.

Forze navali

Grazie alla sua posizione strategica sullo stretto di Hormuz, Teheran detiene la possibilità di negare l’accesso (Antiaccess/area denial – A2/AD) ai suoi avversari al Golfo Persico e, quindi, di limitare il traffico marittimo in uno dei punti nevralgici del commercio di petrolio internazionale. In tale ottica, la Repubblica Islamica ha sviluppato una forza navale calibrata per l’attuazione di tattiche di guerra asimmetrica.

La marina iraniana è composta, dunque, da rapide imbarcazioni d’attacco e missili antinave. Un ruolo fondamentale è anche ricoperto dai minisottomarini, classe Yono (costruiti su modello nordcoreano) e Kilo (invece di produzione russa). La tattica navale iraniana consisterebbe nell’attaccare in sciami le unità nemiche al fine di soverchiare i loro sistemi di difesa e renderle in questo modo più vulnerabili.

Attori non-statali

Il fiore all’occhiello della strategia ibrida iraniana è senza dubbio costituito dai diversi attori non-statali, ai quali Teheran si appoggia per perseguire i propri interessi nello scenario regionale. Nel corso degli anni, la Repubblica Islamica ha costituito una rete efficiente di milizie col fine di contrastare l’influenza di USA e Israele (l’altro grande nemico dell’Iran) in Medio Oriente. Denominata dall’establishment iraniano come ‘Asse della Resistenza’, tale tramaglio di attori non-statali include organizzazioni come Hezbollah in Libano, i ribelli Houthi in Yemen, diverse milizie sciite in Iraq e le forze siriane fedeli al regime di Assad.

Lo strumento primario con cui Teheran supporta gli attori non-statali a essa affiliati è costituito dalle Forze Quds, ossia, come già accennato, il reparto dei Pasdaran incaricato delle operazioni esterne. Tale corpo è quindi ingaggiato in diversi scenari operativi, fornendo supporto, addestramento e materiale bellico alle milizie parte dell’Asse della Resistenza.

Al giorno d’oggi, la Siria è lo scenario in cui Teheran ha impiegato la maggior quantità di risorse. Sin dal 2011 si calcola che la Repubblica Islamica abbia fornito finanziamenti al regime di Assad per un valore di 15 miliardi di dollari (parte dei quali sotto forma di greggio), nel tentativo di evitare il collasso del governo alleato. Il coinvolgimento dell’Iran è andato ben oltre la provvisione di equipaggiamenti e denaro, con ben 10.000 operativi inviati tra il 2011 e il 2014. Per lo stesso periodo, le forze non iraniane in Siria sponsorizzate da Teheran toccano, secondo alcune stime, le 130.000 unità; si tratta di milizie fedeli al regime di Assad, ma anche di Hezbollah.

Hezbollah è l’organizzazione con cui l’Iran ha instaurato il legame più duraturo. Dal 1982, Tehran collabora con questo attore al fine di minare gli interessi di Israele e USA nella Regione. Unità operative, Hezbllah sono spesso assoldate dall’Iran per condurre azioni di rappresaglia contro i propri rivali.

L’Iran è anche molto attiva nel sostenere i ribelli Houthi in Yemen, ormai impegnati dal 2015 in una sanguinosa guerra civile contro le forze governative, sostenute a loro volta dall’Arabia Saudita. La Repubblica Islamica è sospettata di essere il mandante di diversi attacchi contro gli impianti petroliferi sauditi. Inoltre, i droni da combattimento utilizzati dai ribelli nello sforzo bellico, come i Quatef-1, presentano diverse similarità con il modello iraniano Abdil, suggerendo una collaborazione degli Houthi con Teheran per quanto riguarda l’acquisizione di tali tecnologie avanzate.

Conclusioni

La strategia della guerra ibrida adottata dall’Iran presenta diversi punti di forza. L’eliminazione del generale Soleimani va interpretata come il risultato delle crescenti preoccupazioni di Washington verso un nemico che, giorno dopo giorno, acquisisce sempre più capacità combattiva. Il corredo missilistico di Teheran, tenendo conto dei recenti sviluppi tecnologici, costituisce un deterrente reale per i nemici della Repubblica Islamica, mentre la rete di milizie non-statali a essa affiliate le consentono di condurre azioni offensive contro i propri avversari e di negare la responsabilità di tali operazioni.

Tuttavia, sono molti i punti deboli della strategia iraniana. Sebbene l’arsenale missilistico di Teheran abbia acquisito una notevole potenza di fuoco, il Paese necessita di una maggiore quantità di sistemi di lancio e operatori. Infine, la rivalità tra il Corpo delle guardie della rivoluzione e Artesh si traduce in una ridondanza delle loro funzioni e in una conseguente mancanza di coordinamento. Tali debolezze, unite alla mancanza di risorse economiche dovuta alle sanzioni dei Paesi occidentali, ridimensionano marcatamente la minaccia iraniana.

 

 

Fonti e approfondimenti

Iran Military Power, Defense Intelligence Agency, 2019

Iran Military Strength (2020), Global Firepower, 2020

Iran attack: How strong is Iran’s military?BBC, 9 gennaio 2020

Ariane M. Tabatabai, ‘Syria Changed the Iranian Way of War‘, Foreign Affairs, 16 agosto 2019

Ilan Goldenberg, ‘What a War With Iran Would Look Like‘, Foreign Affairs, 4 giugno 2019

Mackenzie Eaglen, ‘It Wasn’t Luck That No U.S. Soldiers Were Killed In Iran’s Strikes On Iraq‘, The National Interest, 19 gennaio 2020

Maysam Behravesh, The Ayatollah’s Den of Espionage, Foreign Affairs, 12 novembre 2019

Marcus Weisgerber, ‘What We Know About the Missiles Iran Fired Into Iraq‘, Defense One, 8 gennaio 2020

Patrick Tucker, ‘Iran Is Expanding Its Online Disinformation Operations‘, Defence One, 9 gennaio 2020

Patrick Tucker, Iran Is Getting Ready to Blow Up A Fake Aircraft Carrier, Again, Defence One, 8 gennaio 2020

Tom Nichols, ‘Iran’s Smart StrategyDefense One, 10 gennaio 2019

Uri Friedman, The Blueprint Iran Could Follow After Soleimani’s Death, Defense One, 6 gennaio 2020

 

 

 

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