Questa notte il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato l’uccisione con un missile da un drone del Generale Qassem Soleimani, leader de facto delle Guardie Rivoluzionarie e in particolare delle milizie Quds. L’azione è di portata enorme per molte ragioni, ma principalmente per l’importanza che il generale Soleimani rivestiva nella strategia di proiezione internazionale dell’Iran. Le forze Quds sono infatti la parte dei Pasdaran delegata alle missioni all’estero, pensate dall’Ayatollah Khomeini per esportare la rivoluzione islamica del ’79 oltre i confini iraniani.
Le milizie Quds
Partiamo dalle milizie Quds, il cui nome deriva da quello della città santa iraniana di Qom. Questa nell’immaginario islamico sciita è il luogo più sacro del Paese degli Ayatollah, una sorta di Gerusalemme iraniana. Anche per questo, per molto tempo, questo corpo militare è stato conosciuto come le milizie di Gerusalemme.
L’origine delle forze Quds è da rintracciare nella cosiddetta “guerra imposta”, cioè la guerra Iran-Iraq. Le forze Quds nacquero per motivi strategici e soprattutto in risposta alla diffidenza che il leader supremo nutriva verso l’esercito iraniano. Durante il conflitto infatti emersero chiaramente i limiti a livello strategico e organizzativo dell’esercito iraniano. Inoltre, l’establishment militare non aveva ancora attraversato un processo di massiccia ideologizzazione rivoluzionaria, presentando di fatto ancora degli elementi laici.
Crebbe dunque, all’interno della classe dirigente rivoluzionaria, la necessità di dotarsi di una forza diversa dal servizio segreto civile e militare, per guidare azioni atte a mantenere e rafforzare l’autorità della forza rivoluzionaria. Iniziarono a farsi le ossa una serie di ufficiali d’élite attraverso operazioni sotto copertura in Iraq e di controllo della popolazione nelle regioni curde. Le prime missioni cruciali lontane dai confini iraniani furono dirette verso il Libano e l’Afghanistan.
Si delineò dunque in questi anni una strategia che le milizie iraniane usarono da quel momento in poi sistematicamente. L’obiettivo di base è l’inserimento in territorio straniero, la creazione di gruppi ideologicamente legati alla missione iraniana, a cui fornire supporto logistico e militare, oltre che addestramento in ambito tecnico e politico. In questo modo sono fioriti moltissimi gruppi legati all’Iran. Il più famoso è sicuramente Hezbollah in Libano, ma ve ne sono moltissimi altri in tutti i Paesi mediorientali e negli angoli più disparati del mondo.
Dal punto di vista dell’organizzazione, le milizie Quds si dividono in cellule, i cui effettivi comprendono organizzatori e combattenti. Queste due entità sono spesso separate e operano senza contatti diretti tra loro. Gli organizzatori sono tendenzialmente la base della cellula, l’altra parte invece si attiva solo nel caso in cui ve ne sia bisogno. Dato il carattere estremamente segreto delle Forze Quds, è solo dopo varie fughe di notizie da Teheran che si è capito come queste si sviluppino attorno a otto grandi direttori. Europa e Stati Uniti, Nord Africa, Afghanistan e Penisola indiana e Russia sono le grandi aree internazionali assegnate a un alto ufficiale. Poi, all’interno del Medio Oriente, vi è una cellula che si occupa delle minacce interne, mentre ogni grande Paese nemico dell’Iran ha una sua specifica cellula di controllo: Turchia, Israele, Arabia Saudita e Golfo.
Le milizie Quds a partire dal 1982 sono state sulla linea del fronte di ogni grande scontro che ha coinvolto l’Iran. Negli anni ’80 e ’90, si registrò infatti il loro coinvolgimento in gran parte degli attentati in Medio Oriente di stampo islamista sciita contro le forze occidentali, i regimi sunniti del Golfo e di Saddam Hussein. Gli storici attentati di Beirut e di Tiro nella prima metà degli anni ’80 contro i marines americani, che portarono anche alla morte dell’allora capo ufficio della CIA per il Medio Oriente, furono perpetrati da uomini della neonata Hezbollah sotto il coordinamento di funzionari delle milizie Quds.
Attualmente, fonti americane riferiscono che l’organizzazione, dopo il successo nella lotta all’ISIS, ha allargato il suo raggio di azione. Una cellula delle milizie Quds, ad esempio, è di base a Caracas in Venezuela per mantenere la stabilità delle relazioni con il governo di Maduro, notizia confermata dallo stesso governo di Teheran. Vi sono ancora molte storie riguardanti le vicende delle milizie Quds che potrebbero essere raccontate, ma ai fini della notizia di oggi è necessario capire che esse sono la rappresentazione della forza di proiezione geopolitica del governo iraniano al di fuori dei confini.
Il Generale Qassem Soleimani
Se un attacco alle forze Quds avrebbe di certo scosso le fondamenta della fragile situazione mediorientale senza arrivare però a minacciarne la stabilità, è quasi sicuro che l’uccisione del Generale Qassem Soleimani, vista la sua enorme popolarità, avrà ricadute drastiche e imprevedibili.
La vita del Generale Soleimani è il manifesto dell’uomo perfetto secondo la dottrina dell’ormai defunto Ayatollah Khomeini. Soleimani nacque infatti a Qom, città da cui Khomeini gestiva l’Iran negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione. Di origini umili lasciò la città per poter ripagare i debiti di famiglia lavorando in una fabbrica. E’ proprio qui che iniziò la sua formazione ideologica. Essendo parte delle masse di “diseredati” a cui si rivolse Khomeini quando scoppiò la rivoluzione nel ’79., Soleimani partecipò attivamente alle rimostranze di piazza e nei giorni successivi al ritorno dell’Ayatollah si arruolò nelle Guardie Rivoluzionarie.
Sebbene la vocazione internazionale maturò solo in seguito, il generale fin dall’inizio si formò lontano dalla capitale. La prima missione infatti fu nelle regioni iraniane al confine con l’Azerbaijan. Durante la guerra con l’Iraq, dopo aver fatto missioni con la sua unità lungo il confine, si spostò di continuo viaggiando soprattutto in Baluchistan, regione sudorientale dell’Iran a maggioranza sunnita. Soleimani si distinse da subito come un uomo dalla spiccata perspicacia e dall’innata tendenza alla strategia militare, all’organizzazione e al controllo.
A partire dagli anni ’80 e fino a metà degli anni ’90, compì il suo cursus honorum all’interno dell’organizzazione e superò numerose purghe interne. Alla metà degli anni ’90, poteva contare su una fittissima rete di contatti: da curdi e sciiti iracheni – da cui poi creerà le milizie Badr – fino ai gruppi jihadisti palestinesi e all’amicizia stretta con Nasrallah, il leader di Hezbollah.
Nel ’97 quindi, il leader Supremo Khamenei, in difficoltà per la salita al potere di leader moderati come Khatami, decise di mettere Soleimani alla guida delle forze Quds.
Un esempio dell’intransigenza di Soleimani, ma anche del suo intuito politico e della sua influenza è dato dal modo in cui questi interpetò e gestì i maggiori episodi di dissenso popolare degli ultimi due decenni. Nel 1999, il generale fu il firmatario insieme ad altri militari di alto rango, di una lettera rivolta al presidente Khatami per chiedere un’azione decisa contro le proteste studentesche prima di passare a un’azione militare. Nel 2009 invece, percependo a giusto titolo la delicatezza della situazione, criticò, secondo fonti interne, la risposta violenta del presidente Ahjmadinejad.
È comunque con la comparsa dell’ISIS che Soleimani ha compiuto il salto da organizzatore di servizi di sicurezza a leader del Paese. La propaganda che l’ha ritratto in Iraq come baluardo degli oppressi contro il mostro sunnita l’ha trasformato in un’icona, che tuttora attira consensi in tutta la regione. Negli ultimi cinque anni è diventato sempre più influente, coltivando regolarmente rapporti con alti personaggi diplomatici sia occidentali sia della regione. Basti pensare agli incontri con molti funzionari americani e allo storico incontro con Muqtada Al Sadr durante il processo di formazione dell’attuale governo iracheno.
Prima della sua morte, avvenuta questa notte, Qassem Soleimani, era considerato il numero due del regime iraniano, appena un gradino sotto il Leader Supremo e un gradino sopra il presidente Rouhani. Molti già scommettevano sulla sua candidatura a presidente nelle prossime elezioni. Adesso bisognerà capire cosa succederà e chi prenderà il suo posto in un Medio Oriente che è sempre di più sull’orlo del collasso.
Fonti e approfondimenti
D. Filkins, “The Shadow Commander“, The New Yorker, 23/09/2013
M. Hirsh, “U.S. Strike Kills One of Iran’s Most Powerful Military Leaders“, Foreign Policy, 2/01/2020
M. Dubowitz and R. Takeyh, “Labeling Iran’s Revolutionary Guard. Why Trump Should Designate It a Terrorist Group“, Foreign Affairs, 6/03/2017
J. Borger and M. Chulov, “US kills Iran general Qassem Suleimani in strike ordered by Trump“, The Guardian, 3/01/2020