La piramide del potere comunista cinese: il partito agli occhi del popolo

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Contrariamente alle aspettative occidentali, essere parte del Partito Comunista Cinese non è una moda ampiamente diffusa tra i cinesi. Non solo perché il percorso per il conseguimento della membership si è evoluto diventando nel corso degli anni sempre più complesso, ma anche perché non tutti vedono il PCC come l’unica alternativa per una vita migliore. Naturalmente, come spesso accade nel corso della storia, la concezione di un determinato fenomeno cambia nel tempo.

La prospettiva strategica cinese si basa sulla capacità di adattamento considerate determinate circostanze. Anche in questo caso, la concezione del Partito da parte della popolazione cinese si è trasformata in base alle inevitabili conseguenze dettate dalla storia. Sebbene l’ideologia sia tuttora utilizzata come strumento di legittimazione della classe politica al potere, stabilire l’effettivo supporto della popolazione rimane una sfida.

L’alternativa comunista pre-1949

La Cina degli inizi del XX secolo era un Paese frammentato, economicamente arretrato  e vittima dei trattati ineguali che garantivano privilegi territoriali alle potenze straniere.  Un esempio è il Trattato di Nanchino , firmato tra Cina e Gran Bretagna nel 1842, che consentì l’apertura di alcuni porti cinesi al commercio estero e l’introduzione del principio di extraterritorialità. I giovani intellettuali che fondarono il Partito comunista cinese nel luglio del 1921, avevano come obiettivo la costruzione di una società socialista e un cambiamento radicale per la nazione. Il PCC nasce quindi come organizzazione di massa, che proponeva un barlume di luce e di riscatto per un Paese dilaniato dalle guerre, impoverito e al collasso.

Per tutto il periodo rivoluzionario, il Partito veniva tendenzialmente considerato come l’alternativa per la ricostruzione di un Paese prospero e moderno. Le numerose adesioni agli albori del PCC confermano la visione positiva che il popolo cinese aveva del Partito. Nel 1927 la membership del Partito raggiunse i 57 mila iscritti. Un altro fattore che spinse i cinesi ad unirsi alla causa rivoluzionaria era l’idea di combattere contro un nemico comune: lo straniero e l’imperialismo. Il sentimento anti-imperialista si inasprì con lo scoppio della guerra sino-giapponese del 1937: in seguito all’invasione giapponese, infatti, 598 mila cinesi aderirono al PCC.

 

Maoismo tra privilegi e delusioni

Con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, il PCC divenne un partito a tutti gli effetti, con una maggiore istituzionalizzazione e professionalizzazione dei membri. Il fine ultimo era di ricostruire una nuova nazione dopo anni di caos. La costruzione del consenso in epoca maoista avvenne soprattutto grazie alla propaganda comunista e il carisma indiscusso del leader. La proiezione di una società ideale, egualitaria e prospera alimentava lo spirito rivoluzionario del tempo.

Durante l’epoca maoista, essere parte del PCC comportava numerosi vantaggi. Si aveva una sicurezza dal punto di vista economico, lavorativo e sanitario. L’educazione era accessibile a tutti,  la ridistribuzione delle terre aveva migliorato le condizioni di vita dei contadini. Tuttavia l’euforia dei primi anni della Repubblica Popolare Cinese (RPC) si affievolì presto. Il malcontento tra la popolazione cominciò a manifestarsi con il Grande Balzo in Avanti e raggiunse il suo apice con la Rivoluzione Culturale (1966-1976). Il Grande Balzo in Avanti consisteva in un piano di riforme quinquennale lanciato da Mao Zedong nel 1958. L’obiettivo principale era di portare la Cina fuori dall’arretratezza economica.Gli errori di pianificazione, però, causarono l’effetto opposto: miseria e oltre 40 milioni di morti.

Dopo il fallimento del piano quinquennale, con l’avvio della Grande Rivoluzione Culturale proletaria nel 1966, il Partito ambiva a colpire i responsabili del disastro economico con l’accusa di aver perso di vista la causa rivoluzionaria. Tuttavia, il decennio che si protrae fino alla morte del leader Mao Zedong nel 1976, sarà uno dei più bui della storia cinese caratterizzato da violenze fisiche e psicologiche, un eccessivo culto della personalità del leader ed estremizzazione ideologica.  

La legittimità del PCC era legata all’ideale rivoluzionario, alla lotta di classe, ed era quasi garantita. Dopo la morte di Mao, però, l’eredità degli anni della Rivoluzione Culturale porteranno Deng Xiaoping a reinventarsi strumenti per mantenere viva la legittimità del Partito.

 

Modernizzazione e avanzamento di carriera

“Arricchirsi è glorioso”. Lo slogan lanciato da Deng Xiaoping smorza i toni e spiana la strada per l’economia socialista di mercato dove l’arricchimento personale non è considerato controrivoluzionario. Il partito si evolve ancora, rispondendo alle esigenze della nuova realtà cinese e ai cambiamenti socio-economici sotto la leadership di Deng Xiaoping. Molti studiosi hanno osservato come le riforme economiche degli anni Ottanta abbiano indebolito la fede politica verso il Partito in favore dei vantaggi economici che esso garantiva.

Dopo la morte di Mao, il PCC diventò un partito sempre più elitario, la legittimità politica iniziò a sfumare in favore del progresso economico e tecnologico. La crescita economica fu supportata da un consenso popolare diffuso, ma allo stesso tempo contribuì all’aumento delle disparità insite alla società cinese.  Secondo alcuni ricercatori le ineguaglianze economiche vengono accettate culturalmente dalla popolazione in base all’idea chi è più ricco lo è perché ha lavorato più duramente.

Sotto la leadership di Deng Xiaoping, la narrativa del Partito si orienta verso una depoliticizzazione della morale rivoluzionaria e un ritorno alla centralità del Partito. La promozione del progresso materiale in simbiosi con il progresso spirituale apre nuovi spazi a diversi strati della popolazione.

 

Servire il popolo nella Cina contemporanea

L’ideologia confuciana è ritornata in auge con Xi Jinping , cosi come il nazionalismo. Nell’ideologia confuciana è infatti l’individuo che rispettando il proprio ruolo contribuisce al corretto funzionamento della società. Il Presidente Xi ha introdotto un nuovo strumento per ripristinare la fiducia, intaccata da episodi di corruzione interni al PCC prima della sua elezione a Segretario Generale nel 2012. Merita attenzione anche la scelta strategica di effettuare il primo discorso pubblico come Segretario del PCC nel Museo Nazionale di Pechino durante l’allestimento della mostra “La strada verso la rinascita”. É in questa occasione che Xi promuove uno dei punti cardine della sua politica: il Sogno Cinese. Esso racchiude gli interessi del popolo cinese al fine di creare una società moderatamente prospera entro il 2021 e pienamente sviluppata entro il 2049.

Il lancio del Sogno Cinese, la rinascita della nazione, rimarcano l’importanza dell’individuo all’interno di un contesto. La linea politica di Xi rievoca il passato glorioso della Cina, ponendo l’accento sulle conseguenze positive che la realizzazione del sogno cinese avrà sulla collettività. Ha ridato un ideale collettivo in cui credere. Il proliferare di attività di volontariato, la promozione del turismo “rosso” e lo studio delle teorie dei leader comunisti sono parte delle strategie di costruzione del consenso tra la popolazione. Tuttavia, la maggior parte dei giovani mostra un disinteresse verso la politica, vedendo il nuovo PCC come garante di vantaggi economici e scalata sociale.

Per quanto radioso possa sembrare il futuro proposto dal PCC, le disuguaglianze sociali sono ancora presenti, così come la povertà, l’inquinamento e la mancanza di tutele per i lavoratori migranti. Se da un lato il malcontento tra la popolazione sia presente e ben controllato, dall’altro lato l’accesso a internet offre la possibilità di esprimere la disapprovazione su piattaforme non direttamente controllate dal Partito.

 

PCC: il padre benevolo del popolo cinese

Il Partito non può dunque essere considerato un attore statico. Era rivoluzionario quando la storia richiedeva una rivoluzione per una rinascita cinese. È diventato un partito di tecnocrati per garantire l’attuazione delle riforme economiche per una Cina più moderna. Ha aperto le porte ad una nuova classe sociale considerata controrivoluzionaria in precedenza, ossia gli imprenditori privati. La Cina di Xi Jinping è ormai nota per il crescente autoritarismo e una morsa sempre più stretta sui cittadini. Eppure, il consenso tra la popolazione cinese non sembra sgretolarsi.

Se da un lato con l’apertura avviata da Deng, la fede politica sia passata per un periodo in secondo piano, dall’altro il Partito viene ancora visto come custode degli interessi del popolo. Per ripristinare la legittimità del PCC indebolita dagli scandali che colpirono il Partito all’inizio del suo mandato, Xi utilizza le campagne anti-corruzione e il ripristino della disciplina tra i membri.

I cambiamenti socio-economici hanno indubbiamente influenzato la popolazione cinese, rendendola anche più consapevole. La sfida che si ritrova ad affrontare costantemente il Partito è il rinnovo degli strumenti per garantirne la legittimità. L’ideale rivoluzionario non è più sufficiente, il successo economico neanche. Il rapporto di fiducia tra il Partito e i suoi cittadini è di garantire gli interessi del popolo per il conseguimento della rinascita della grande nazione cinese.

 

 

Fonti e Approfondimenti

Angelo Maria Cimino, Ideologia e sviluppo politico nella Cina di Xi, Working paper CSCC, 2018

Chu, Yun-han. “Sources of Regime Legitimacy and the Debate over the Chinese Model.” China Review 13, no. 1 (2013): 1-42. June 18, 2020.

Dickson, Bruce J. “Cooptation and Corporatism in China: The Logic of Party Adaptation.” Political Science Quarterly 115, no. 4 (2000): 517–40.

Dickson, Bruce J. “Who Wants to Be a Communist? Career Incentives and Mobilized Loyalty in China.” The China Quarterly 217 (May 2013): 42–68.

Dynon, Nicholas. “”Four Civilizations” and the Evolution of Post-Mao Chinese Socialist Ideology.” The China Journal, no. 60 (2008): 83-109. Accessed June 18, 2020. http://www.jstor.org/stable/20647989.

Luca Tinnirello, Sinologie- Questione di legittimità, China files.

Lawrence R. Sullivan, Historical Dictionary of the Chinese Communist Party. Lanham, MD: Scarecrow Press, 2012.

Guihua Xie and Yangyang Zhang. “Seeking out the Party: A Study of the Communist Party of China’s Membership Recruitment among Chinese College Students.” Chinese Journal of Sociology 3, no. 1 (2017): 98–134.

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