Circa 7.300.000 elettori boliviani si recheranno alle urne il prossimo 18 ottobre per rinnovare gli organi legislativo ed esecutivo e scegliere il nuovo binomio presidente-vicepresidente. Il Paese andino si trova a un bivio: dovrà decidere se ritornare al MAS, dopo la breve parentesi di Jeanine Áñez al governo, o segnare una netta svolta politica. Nonostante la presidente ad interim abbia ritirato la sua candidatura, il fronte anti-MAS resta ancora diviso tra Carlos Mesa, candidato centrista con più possibilità di vittoria, e Luis Fernando Camacho, che pretende di annullare completamente l’eredità di Evo Morales. L’obiettivo è quello di arrivare al ballottaggio per concentrare i voti su un solo candidato.
Il sistema elettorale
Per vincere al primo turno, l’aspirante presidente deve superare il 50% delle preferenze o raggiungere il 40% con 10 punti di vantaggio sul secondo. È questo l’obiettivo di Luis Arce — scelto dal MAS per portare avanti un progetto continuista con i governi di Morales — che potrebbe essere favorito dalla frammentazione dell’opposizione. Nel caso in cui, invece, si arrivi al ballottaggio, Carlos Mesa ha solide probabilità di vittoria.
L’Assemblea Legislativa Plurinazionale è bicamerale. La Camera dei Deputati è formata da 130 membri, il Senato da 36, in entrambi i casi eletti per cinque anni di mandato. Si vota in base a nove circoscrizioni dipartimentali, con sistema proporzionale o a maggioranza semplice, dipendendo dal seggio. Per la presidenza e vicepresidenza la circoscrizione è unica e nazionale. Le modifiche alla legge elettorale del 2005 hanno imposto l’inclusione di una quota del 30% di rappresentanti donne in tutti gli organi.
Il MAS riparte da Arce
Una sentenza del Tribunal Constitucional Plurinacional ha impedito a Evo Morales di ripresentarsi, sia come presidente che come senatore. La legge boliviana prevede che il candidato debba risiedere nel Paese per almeno i due anni precedenti alle elezioni, ma il leader del MAS è in esilio da quando ha deciso di rinunciare alla presidenza per le pressioni delle Forze Armate. Per questo motivo, la cupola del partito e le principali organizzazioni di base boliviane a supporto dei diritti indigeni e agrari, il Pacto de Unidad, si sono riuniti a gennaio a Buenos Aires per votare nuovi rappresentati.
In quella sede è stato scelto Luis Arce (57 anni) come candidato a presidente. Ex ministro dell’economia (2006-2019) e uomo di fiducia di Morales, sotto la sua guida la Bolivia è cresciuta più di tutti in America latina con un aumento del PIL annuale superiore al 4%. Inoltre, la povertà è scesa dal 60% al 35% e la povertà estrema dal 32% al 15%. La sua figura mira a raccogliere i voti della classe media (il 54% dell’elettorato). Al suo fianco, il candidato vicepresidente sarà David Choquehuanca, che invece incarna le istanze dei campesinos e degli indigeni, essendo di origine aymara.
Il programma elettorale del nuovo binomio MASista si fa portavoce dell’eredità di El Indio. La loro “Agenda del Bicentenario” (alla fine del mandato, nel 2025, si compieranno i 200 anni dalla fondazione della Bolivia) contempla 13 pilastri per lo sviluppo, tra cui un’ulteriore riduzione della povertà, l’universalizzazione dei servizi di base come salute ed educazione e la diversificazione dell’economia, ancora dipendente dalle materie prime. A ciò si aggiunge il completamento del piano per l’industrializzazione del litio (estrazione senza privatizzazione), l’esplorazione dei campi gassiferi e la difesa dei diritti dei popoli indigeni. Ideologicamente, la gestione Arce-Choquehuanca, che in questo momento oscilla tra il 30% e il 40% delle preferenze, dovrebbe sancire il rientro della Bolivia nell’Alianza Bolivariana de los Pueblos de Nuestra América (ALBA) e riavvicinarsi al blocco socialista rappresentato da Venezuela e Cuba.
I candidati oppositori
Oltre ad Arce, gli elettori potranno scegliere tra altri sei candidati, ma solo due possono realisticamente aspirare al secondo turno: Carlos Mesa e Luis Fernando Camacho. Pur essendo entrambi critici di Morales, rappresentano anime diverse dell’opposizione: il primo non rinnega completamente l’eredità di El Indio e spinge per la moderazione; il secondo è decisamente più orientato verso destra e professa un cambiamento radicale del Paese, partendo da una riforma delle istituzioni e dichiarandosi a favore del federalismo. Tuttavia, entrambi i candidati prevedono un allentamento della presenza dello Stato nell’economia, il ritorno alla Repubblica al posto dello Stato Plurinazionale e l’allineamento diplomatico con gli Stati Uniti.
Mesa (67 anni), attualmente dato tra il 25% e il 33%, è stato il penultimo presidente non MASista prima dell’avvento di Morales al potere. Governò il Paese tra il 2003 e il 2005 criticando la repressione di Sánchez de Lozada, che causò 70 morti durante la Guerra del Gas, ma non seppe mantenere il consenso. Alle elezioni dell’ottobre dello scorso anno sfiorò il ballottaggio prima che il conteggio dei voti venisse interrotto e riprendesse con un vantaggio definitivo di Morales di poco più di 10 punti.
Quest’anno ci riproverà mantenendo il suo programma, che prevede un forte sviluppo delle imprese, un rafforzamento delle istituzioni per ridurre l’abuso di potere ma anche punti in sintonia con il MAS come il diritto alla salute universale e gratuito sebbene con un’apertura ai servizi privati. La sua coalizione, Comunidad Ciudadana, conta di attirare l’elettorato moderato della classe media in virtù del “voto utile”, dato che in questo momento è il candidato che ha più possibilità di sconfiggere Arce.
Luis Fernando Camacho (41 anni), dato tra il 12% e il 18%, è un avvocato, imprenditore ed ex presidente del Comité Civico de Santa Cruz, la regione più ricca del Paese. È considerato uno dei grandi fautori della destituzione di Morales per aver incitato le proteste ed essere riuscito a entrare nel Palacio Quemado (sede dell’Esecutivo), dove si è inginocchiato davanti a una Bibbia. Accanto a lui in quella lotta e come candidato vicepresidente per la sua coalizione, Creemos, si è schierato Marco Pumari, nonostante a dicembre sia stato diffuso un audio in cui gli chiedeva in cambio del suo appoggio 250.000 dollari e il controllo della dogana di Potosí, città di cui è originario.
Con lo slogan “Dio, Patria, Popolo”, Camacho e Pumari propongono un taglio netto con il passato, incluso con Carlos Mesa, colpevole, a loro avviso, di aver condannato solo in parte la gestione di Morales. Il loro programma infatti prevede: l’eliminazione della rielezione oltre i due mandati, il diritto di voto per i sedicenni, la graduale decentralizzazione dei servizi sanitari e dell’educazione e la nomina dei membri dei tribunali da parte del Congresso, non del presidente. L’elettorato in questo caso è quello della classe media conservatrice e delle élite regionaliste, come nella sua Santa Cruz.
Gli altri candidati non hanno speranza di insidiare i primi tre posti: nessuno di loro supera il 3%, neanche il pastore evangelico coreano naturalizzato boliviano Chu Hyun Chung, che ai comizi del 2019 raggiunse l’8%. Completano la lista l’ex presidente socialdemocratico Tuto Quiroga, il minatore Feliciano Mamani e la conservatrice nazionalista María De La Cruz Bayá.
Un risultato incerto
Durante la campagna elettorale, il rinvio delle elezioni per tre volte (dal 3 maggio si è passati al 17, poi al 6 settembre e infine al 18 ottobre) ha suscitato grandi polemiche. Il MAS e Comunidad Ciudadana sono sempre stati a favore di un ritorno al voto il prima possibile per sfruttare la loro buona posizione nei sondaggi. In numerose occasioni hanno accusato la presidente ad interim di voler estendere il suo mandato per guadagnare consensi. Mesa in particolare ha sottolineato la necessità di un governo forte per l’impossibilità di Áñez di gestire il Paese di fronte a una maggioranza parlamentare MASista. Al contrario, Camacho avrebbe preferito recarsi alle urne il prossimo anno per permettere al suo progetto di continuare a crescere.
Nei sondaggi, Arce e Mesa si sono sempre confermati al primo e al secondo posto. L’annuncio della candidatura di Áñez aveva in parte sconvolto i piani del fronte anti-MASista, preoccupato da un sondaggio di settembre che dava il candidato di Morales attorno al 40% con oltre 10 punti di distacco. Di fronte a quei dati, la presidente ha scelto di ritirarsi e gli analisti sostengono che i suoi voti si dirigeranno verso Camacho, che gode di un elettorato simile. La dinamica del “voto utile” potrebbe però favorire Mesa, che negli ultimi sondaggi è cresciuto diminuendo lo scarto con Arce, adesso tra i 5 e i 7 punti.
Le ultime accuse contro Morales
Nel corso dell’anno di governo transitorio, solo in un sondaggio il MAS è sceso al di sotto del 30%. In quel momento, Morales si trovava sotto i riflettori per le varie accuse a lui rivolte. Una riguardava la sua vita privata: una relazione con una diciannovenne iniziata quando lei era minorenne, per la quale l’ex presidente è stato denunciato per “estupro” (quando il maggiorenne convince la minorenne ad avere una relazione sessuale con l’inganno o approfittando della sua posizione), abuso sessuale e traffico di persone. L’altra si deve alle proteste dei sindacati vicini all’ex presidente scaturite dall’ultimo rinvio del voto che, secondo alcuni giornali, hanno impedito il trasporto di ossigeno agli ospedali durante la crisi sanitaria. Per questa ragione sarebbe deceduta la sorella di El Indio, Esther Morales.
Il peso di questi eventi sulle intenzioni di voto è ancora tutto da definire. Se il MAS non dovesse vincere al primo turno, è molto difficile che riesca a farlo al ballottaggio. Il fronte anti-MAS unito raccoglierebbe più consensi del partito che ha governato la Bolivia dal 2006 al 2019. Dopo il primo appuntamento del 18 ottobre, il secondo turno è fissato per il 29 novembre. Sarà probabilmente quella la data decisiva.
Fonti e approfondimenti
Francesca Rongaroli, Elezioni in Bolivia (parte 1): “Gracias Evo, pero que descanse”, Lo Spiegone, 6/10/19
Francesca Rongaroli, Elezioni in Bolivia (Parte 2): Evo, Mesa e poche certezze, Lo Spiegone, 17/10/19
Francesco Betrò e Francesca Rongaroli, Golpe o non golpe, per la Bolivia si aprono grandi incognite, Lo Spiegone, 17/11/19
Francesco Betrò, La riorganizzazione del MAS senza Evo Morales, Lo Spiegone, 18/04/20
Tele Sur, ¿Quiénes son los candidatos a la Presidencia de Bolivia?, 18/09/20
Fabiola Chambi, A menos de un mes de las elecciones en Bolivia: ¿Cuáles son los canditatos y qué esperar?, VOA Noticias, 29/09/20
Correo del Sur, ¿Qué ofrecen los partidos al país en sus programas de gobierno?, 16/02/20
Fernando Molina, La derecha apartidista boliviana forma una alianza electoral bajo el lema “Dios, patria, pueblo”, El País, 31/12/19
Fernando Molina, La oposición a Evo Morales se divide para las elecciones bolivianas, El País, 4/02/20
Fernando Molina, El partido de Evo Morales cae en los sondeos, pero aún es favorito en Bolivia, El País, 7/09/20
Diego von Vacano, Cómo sacar a Bolivia del atolladero, New York Times, 9/09/20Infobae, Los últimos sondeos en Bolivia dejan la puerta abierta a una segunda vuelta electoral, EFE, 1/10/20
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