La risposta del Sud-Est asiatico: l’ASEAN

ASEAN
Gunawan Kartapranata - Wikimedia Commons - CC-BY-SA 3.0

L’associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN) fu il risultato della guerra tra Malesia e Indonesia (c.d. Konfrontasi) e venne istituita l’8 agosto 1967 a Bangkok, capitale Thailandese, con la firma della Dichiarazione dell’ASEAN siglata dai Padri Fondatori dell’accordo: Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia. Nel tempo si sono aggiunti all’associazione il Brunei Darussalam (1984), il Vietnam (1995), il Laos ed il Myanmar (entrambi nel 1997) ed infine la Cambogia (1999). I nuovi ingressi hanno portato i Paesi Membri a dieci.

Inizialmente l’ASEAN era una semplice organizzazione regionale con la funzione di riallacciare i rapporti tra 3 dei Paesi Fondatori i cui rapporti erano stati fortemente compromessi dalla recente guerra (Indonesia, Malesia, Filippine). Oggi l’ASEAN rappresenta una realtà molto importante in termini di forza economica e politica per il sudest asiatico. La vicinanza di tali Paesi con la Cina porta inevitabilmente l’Associazione a ricoprire un ruolo strategico nel contrastare l’espansione militare ed economica della Repubblica Popolare Cinese. A tal fine, l’ASEAN rappresenta la principale controparte dei paesi occidentali (in particolare degli Stati Uniti) nella infuocata vicenda del Mare del Sud. Oltretutto, L’Associazione di questi paesi può essere paragonata e confrontata in relazione all’Unione Europea, alla sua forma, ai suoi punti di forza e alle sue debolezze.

Focalizzandoci sugli obiettivi dell’ASEAN, vediamo facilmente come il fine dell’Associazione sia essenzialmente economico. Le proposte all’interno della carta dell’ASEAN sono principalmente:

  • Accelerare la crescita economica ed il progresso sociale e culturale mediante sforzi condivisi nello spirito di uguaglianza e collaborazione;
  • Promuovere una collaborazione attiva su materie di interesse comune in campo economico, sociale, tecnologico, scientifico e culturale;
  • Collaborare in modo più efficiente per aumentare l’utilizzo e la produzione delle industrie e delle agricolture dei diversi paesi membri, espandere il volume del commercio, migliorare i trasporti e le vie di comunicazione, nonché aumentare gli standard di vita della popolazione;
  • Mantenere i benefici derivanti dalla cooperazione con organizzazioni regionali ed internazionali che condividono i medesimi obiettivi comuni.

Al fine di raggiungere questa prosperità economica e questa alleanza pacifica tra i vari Membri, ognuno deve adottare e rispettare i principi fondamentali contenuti nel Trattato di Amicizia e Cooperazione nel Sudest Asiatico (TAC) del 1976: tra i vari principi il più importante è quello di assicurare il rispetto reciproco per l’indipendenza, la sovranità, l’integrità del territorio di ogni Stato ed infine l’identità nazionale di ciascun Membro. Si nota evidentemente, grazie anche al principio per cui è obbligatorio l’abbandono delle minacce e dell’uso della forza tra gli Stati Membri, come l’ASEAN sia il prodotto di un trattato di pace.

Come ogni organizzazione regionale in un mondo globalizzato che miri ad un aumento della ricchezza, anche l’ASEAN ha previsto un’area di libero scambio tra i Paesi Membri che dovrebbe rappresentare la locomotiva per il raggiungimento degli obiettivi precedentemente esposti. L’istituzione dell’ASEAN Free Trade Area (AFTA) ha condotto a stilare una lista di prodotti cui le barriere tariffarie all’interno della Regione devono essere prossime allo zero. Ad oggi, secondo l’organizzazione, il 99% dei prodotti contenuti nella Common Effective Preferential Tariff (CEPT), dell’ASEAN-6 (Brunei, Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia) è stata portata all’interno di un range che oscilla tra 0%-5%. I Paesi rimanenti (Cambogia, Laos, Myanmar e Vietnam) stanno lentamente raggiungendo i livelli dei primi sei, includendo all’interno del range tariffario circa la metà dei prodotti contenuti nella CEPT.

Per implementare questo processo gli Stati sono al lavoro per tentare di eliminare le barriere c.d. non tariffarie (regolamentazioni non fiscali del commercio estero il cui scopo è quello di limitare la circolazione delle merci, ed in particolare, quello di limitare le importazioni. Si pensi ai contingentamenti o all’embargo). Ovviamente questa volontà di ridurre al minimo barriere di qualsiasi tipo è funzionale anche nei rapporti con altre Associazioni o altri Stati, in particolare per attirare flussi finanziari e investimenti. Stati Uniti, Giappone ed Unione Europea rappresentano oggi i principali mercati per le esportazioni dell’ASEAN.

Fin qui nulla di nuovo rispetto a qualsiasi altra unione regionale. Quello che si vuole mettere in luce è il potenziale economico che l’ASEAN può rappresentare: considerando singolarmente i Membri dell’Associazione potremmo facilmente considerarli trascurabili. Tuttavia se andiamo a considerare il tasso di crescita del PIL dal 2010, ogni Paese (eccetto il Brunei), rispetto all’anno base preso a riferimento, registrano tassi positivi. Il Laos, il Myanmar, le Filippine, la Cambogia e il Vietnam trainano la crescita, ma non dimentichiamoci il recente sviluppo di Singapore il quale è divenuto un polo finanziario di primo livello (seconda piazza borsistica dell’Asia orientale dopo il Giappone), tanto da essere considerato dalla Banca Mondiale tra i paesi ad alto reddito.

Le possibilità economiche attuali e potenziali dell’ASEAN sono imponenti. Se consideriamo in aggregato i 10 Paesi, l’ASEAN rappresenta la settima economia mondiale (l’UE presa come singolo sarebbe la seconda). Parlando in termini di popolazione l’ASEAN presenta oggi 640 milioni di persone, circa la metà della Cina ma maggiore della popolazione dell’Unione Europea (circa 500  milioni). Il motto dell’Associazione è “Una visione , una identità, una comunità”. Tuttavia, l’Associazione non sembra ancora pronta a sfruttare il proprio potenziale, in particolare a causa delle visioni politiche di ogni Stato che rimangono ancora eterogenee e controverse fra loro. Per ritornare al rapporto con la Cina, tra i Membri dell’ASEAN ogni Paese ha un atteggiamento diverso nei confronti di Pechino: non vi è dunque una  visione comune tangibile in politica estera, i Paesi non agiscono come un unicum compatto e questo sembra essere la principale criticità dell’Associazione. Bisogna tuttavia ricordare come i rapporti unilaterali siano spinti fortemente dalla Cina, la quale non ha alcun interesse ad alimentare la compattezza dell’Associazione.

Inoltre, tra gli obiettivi dichiarati dall’associazione c’è, come detto, anche quello di migliorare lo standard di vita delle popolazioni, puntando ad eliminare la povertà. Utilizzando i dati forniti dai governi alla Banca Mondiale e considerandoli in relazione alla soglia di povertà assoluta fissata da quest’ultima (ricordiamo essere fissata a soli 1,90 $ al giorno) si nota un lento miglioramento, ma ancora non sufficiente. Considerando gli unici Paesi che hanno fornito dati sulla povertà alla Banca Mondiale nel 2014 vediamo come il Vietnam e l’Indonesia (tra i più virtuosi in termini di tasso di crescita del PIL) presentano percentuali di povertà assolute altissime seppure in diminuzione rispetto agli anni precedenti; per il Vietnam, il 13,5% della popolazione vive con meno di 1.90$ al giorno, per l’Indonesia l’11,3% e per le Filippine addirittura il 25,2% secondo gli ultimi dati disponibili nel 2012.

Sembra chiaro come nonostante il forte incremento del PIL e l’incremento dell’area di libero scambio, l’ASEAN debba ancora risolvere le necessità sociali e primarie della popolazione.

Descritte le potenzialità economiche e le principali criticità dell’ASEAN, sembra certo che questo nuovo colosso economico sia destinato a giocare un ruolo cruciale nel continente asiatico e non solo. Nel primo scenario, l’ASEAN si aggiungerà alla agguerrita competizione economica e politica di Cina e Giappone. Nel secondo, le potenzialità economiche dell’Associazione potranno continuare ad essere sfruttate dai Paesi occidentali con investimenti diretti esteri (si pensi alle multinazionali che insediano i propri stabilimenti in tali Stati, prassi già molto sviluppata nella Regione) o tramite investimenti finanziari (si pensi a Singapore). Tuttavia, tutte queste potenzialità verranno sfruttate a pieno solo se gli Stati riusciranno a mettere da parte i singoli interessi, impegnandosi a raggiungere il bene comune, soprattutto dei popoli. Ecco l’altra grande similitudine tra ASEAN ed Unione Europea.

Fonti e Approfondimenti:

http://asean.org/

http://asean.org/asean-economic-community/asean-free-trade-area-afta-council/

http://thediplomat.com/2016/12/the-asean-crisis-part-1-why-the-south-china-sea-is-a-critical-test/

http://thediplomat.com/2016/09/the-war-that-gave-birth-to-asean/

http://databank.worldbank.org/data/home.aspx

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