La visita ufficiale in Corea del Sud del Vice Presidente USA Mike Pence tenutasi tra il 16 e il 17 aprile marca un punto di svolta nell’ atteggiamento di Washington verso Pyongyang. Nel corso del vertice, Pence ha dichiarato: «l’era della Pazienza strategica [Strategic Patience] è finita», facendo ben intendere come il Presidente Trump non sia più disposto a tollerare oltre gli atti provocatori della Corea del Nord.
Questa dichiarazione sottolinea una profonda rottura con la posizione adottata dalle precedenti amministrazioni USA nei confronti della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Obama, come anche Bush prima di lui, aveva preferito optare per una strategia basata sulla così detta pazienza strategica, la quale prevedeva un approccio multilaterale (ossia coinvolgendo i vari attori regionali se non la comunità internazionale) incentrato sull’adozione di sanzioni economiche nei confronti della Corea del Nord. Si trattava quindi di uno stratagemma di lungo periodo finalizzato a far montare la pressione su Pyongyang con metodi legittimi e a indurre il regime a porre fine al proprio programma nucleare; una minaccia per gli Stati Uniti e l’intera regione.
Tuttavia, come dichiarato dal numero due della Casa Bianca, ora «tutte le opzioni sono sul tavolo», non escludendo quindi una soluzione militare del problema. Le parole di Pence arrivano in un momento cruciale della politica estera di Donald Trump, vale a dire poco dopo gli attacchi missilistici ordinati dal Presidente contro le forze di Assad in Siria. Lo scenario si fa sempre più pericoloso, con un’amministrazione americana che non ha paura di utilizzare il proprio arsenale bellico e una Corea del Nord sempre meno intenzionata a porre fine al proprio programma nucleare. Proprio mentre Pence era in viaggio per recarsi in Corea del Sud, Kim Jong-Un, Guida Suprema della Repubblica Democratica Popolare, ha ordinato un nuovo test missilistico, poi fallito, mettendo a dura prova la pazienza di Trump.
Tuttavia, il braccio di ferro tra Washington e Pyongyang sembra essere solo all’inizio. Martedì scorso gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno condotto diverse esercitazioni militari, alle quali Kim Jong-un ha risposto in grande stile con un’imponente esercizio di artiglieria e conducendo un altro test missilistico sabato, anche questo fallito.
Arrivati a questo punto di massima tensione, quali sono quindi le valutazioni che gli Stati Uniti devono prendere in considerazione nel rapportarsi con la Corea del Nord? È veramente arrivato il momento della fine della pazienza strategica? Quali sarebbero le conseguenze di un attacco militare contro la corea del Nord nel caso in cui si optasse per questa opzione? E soprattutto, perché fino ad ora gli Stati Uniti hanno deciso di mantenere un atteggiamento prudente pur avendo dalla loro parte un’indiscussa superiorità militare?
Nel caso in cui Trump dovesse optare per l’utilizzo della forza, il Pentagono sceglierebbe probabilmente di condurre una serie di attacchi aerei di precisione, i così detti surgical air strikes, al fine di distruggere le strutture nucleari di Pyongyang (la più grande conosciuta al momento si trova a Yongbyon nel Nord Est del Paese). In tale eventualità, lo scopo degli USA sarebbe quello di apportare un danno al programma atomico Nord Coreano tale da nullificare le speranze di Kim Jong-un di ottenere il deterrente contro gli USA; ma un tale attacco scatenerebbe una massiccia risposta da parte di Pyongyang.
Nel corso dell’ultimo decennio, sono state tre le argomentazioni che hanno portato i vertici americani ad optare per la Pazienza Strategica piuttosto che per un’azione militare:
I costi di un eventuale attacco
Un conflitto con la Corea del Nord potrebbe rivelarsi essere molto costoso per gli Stati Uniti, sia dal punto di vista delle vite umane, che sotto l’aspetto economico. Già tra il 1993 e il 1994 il Pentagono aveva calcolato che le perdite americane nel caso di un attacco USA su larga scala contro Pyongyang ammonterebbero a ben 52 000 soldati nei soli primi 90 giorni di guerra, mentre le vittime Sud Coreane nello stesso periodo di tempo arriverebbero a ben 490 000. Vi è inoltre il rischio che gli Stati Uniti, anche dopo il raggiungimento della vittoria totale contro il nemico e all’annientamento del regime, si impantanino in un lungo e costoso processo di State-building simile a quello Iracheno o Afghano. In tal caso, il risultato sarebbe un ulteriore drenaggio delle risorse economiche americane nel lungo periodo.
Il conflitto potrebbe rivelarsi catastrofico
Seoul si trova a soli 56 km dal confine con la Corea del Nord, e nel caso di una guerra Pyongyang non esiterebbe ad utilizzare il proprio arsenale nucleare contro la capitale della Corea del Sud. Al momento il regime del Nord dispone di un missile Ndong armabile con una testata nucleare e con un raggio di azione di 2000 chilometri, permettendo a Kim Jong-Un di colpire anche il Giappone. C’è da dire però che il dispiegamento anticipato del sistema antimissilistico THAAD (Termianl High Altitude Area Defense) da parte di Washington in Corea del Sud, rende improbabile che un missile Ndong riesca a colpire il bersaglio prima di essere intercettato e neutralizzato in volo. Tuttavia, anche nel più ottimista degli scenari, le perdite per la popolazione Sud Coreana sarebbero enormi. Pyongyang dispone di ben 21 000 pezzi di artiglieria schierabili lungo il confine, tra cui anche lanciarazzi multipli, i quali potrebbero porre Seoul sotto una costante pioggia di fuoco. Inoltre, la Corea del Nord dispone anche di armi chimiche armabili su missili balistici. Nel caso di un conflitto, i 10 milioni di abitanti di Seul sarebbero un bersaglio molto facile.
Inoltre, la Corea del Nord potrebbe decidere di trascinare nel conflitto anche altre potenze regionali, come il Giappone, facendo salire ancora di più la posta in gioco al fine di convincere gli Stati Uniti a desistere dall’andare fino in fondo.
Una guerra contro la Corea del Nord potrebbe alterare l’equilibrio regionale
Le conseguenze politiche di un’azione contro il regime comunista potrebbero essere inaccettabili. La Cina, sebbene ormai allineata con gli USA nel condannare Kim Jong-un, difficilmente accetterebbe un attacco USA contro un paese confinante. Già Pechino ha espresso nei mesi passati la sua profonda insoddisfazione per il dispiegamento delle difese antibalistiche THAAD in Corea del Sud, in quanto capaci di alterare l’equilibrio nucleare tra le due superpotenze; ma un attacco vero e proprio contro la Corea del Nord verrebbe interpretato dalla Cina come una dichiarazione di unilateralismo da parte degli Stati Uniti, creando quindi uno strappo profondo nelle già complicate relazioni tra Washington e Pechino. Persino la Corea del Sud non è interessata ad un repentino crollo del regime del Nord. La riunificazione sarebbe un processo costoso e molto delicato, il quale potrebbe creare non pochi problemi, sia politici che economici a Seul. In fine, le conseguenze catastrofiche di una guerra danneggerebbero drasticamente l’economia della regione Pacifica. Nonostante il grande passo indietro fatto da Trump rispetto al Pivot to Asia di Obama, l’Asia Pacifica costituisce ancora un importante partner commerciale per gli USA e l’indebolimento della sua economia potrebbe avere degli effetti controproducenti.
Queste considerazioni costituiscono delle forti argomentazioni contro l’eventualità di un attacco USA e si sono dimostrate sufficienti a far desistere la Casa Bianca dallo scegliere la guerra negli anni passati. E’ vero, se si guarda al passato la politica della Pazienza Strategica, nonostante le dure sanzioni contro Pyongyang, non ha saputo ottenere grandi risultati. Nel 2008, durante l’amministrazione Bush, gli Stati Uniti hanno posto fine agli scambi commerciali con la Corea del Nord tramite l’Enemy Act. Nel 2010 Washington ha bloccato tre enti Nord Coreani dal possedere proprietà o interessi su proprietà sotto la giurisdizione americana e nel 2011 l’importazione diretta o indiretta di beni, servizi e tecnologie è stata proibita. Ancora nel 2016 diversi alti ufficiali del regime, compreso Kim Jong-un, sono stati inseriti nella lista nera di Washington e i loro beni negli USA congelati. Altre sanzioni imposte a Pyongyang impediscono: l’ottenimento di finanziamenti per lo sviluppo agricolo, la possibilità di ricevere finanziamenti provenienti dalla Banca Commerciale, l’esportazione o l’importazione di finanziamenti bancari e la possibilità di effettuare scambi culturali. In tutta risposta, la Corea del Nord ha condotto diversi test nucleari (2006, 2009, 2013 e due nel 2016 – l’ultimo dei quali forse una bomba all’idrogeno) e numerosi test missilistici, rendendo ben chiaro di non aver alcuna intenzione di cedere alla pressione esterna degli USA.
Tutti i test della Corea del Nord sono volti a sviluppare un missile armabile nuclearmente e di gittata intercontinentale, ossia capace di colpire gli Stati Uniti. Al momento Pyongyang sembra ben lontana dal raggiungere questa capacità tecnologica, forse ci vorranno ancora dieci anni, ma se non ostacolato, il regime potrebbe prima o poi raggiungere il suo obiettivo. L’opzione di un attacco preventivo ha valore dal punto di vista strategico (ossia agire prima che Pyongyang possa colpire gli USA), ma ignora totalmente il costo umano ed economico di una guerra preventiva su vasta scala. L’amministrazione Trump si trova di fronte ad una scelta molto difficile da prendere. Le ormai imminenti elezioni in Corea del Sud (9 maggio) potrebbero incidere decisivamnte sulla risoluzione della crisi, ma i toni usati da Pence rivelano la profonda tensione che ormai corre tra gli USA e il regime.
Fonti e Approfondimenti:
Robert Ayson, and Brendon Taylor, “Attacking North Korea”, Comparative Strategy, July/Aug./Sept. 2004
http://theconversation.com/attacking-north-korea-surely-donald-trump-couldnt-be-that-foolish-76144
https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/apr/19/donald-trump-north-korea-armada-gaffe
http://www.bbc.com/news/world-asia-pacific-11813699
http://thediplomat.com/2016/09/enough-strategic-patience-time-for-a-new-us-north-korea-policy/
http://www.voanews.com/a/us-strike-on-north-korea-could-put-seoul-in-jeopardy/3826065.html
http://www.cfr.org/north-korea/us-policy-toward-north-korea/p29962
http://www.investopedia.com/articles/investing/021815/us-and-eu-sanctions-against-north-korea.asp
https://www.theguardian.com/world/2016/jul/06/north-korea-kim-jong-sanctions-blacklist