Trump abbandona l’America First per combattere in Siria

Lo Spiegone

Circa alle 3.45 di questa notte il Presidente Donald J. Trump ha dato l’ordine alla flotta USA di stanza in Medio Oriente (cacciatorpediniere USS Porter e cacciatorpediniere USS Ross) di lanciare 59 missili Tomahawk contro la base aerea siriana di Shayrat. Dopo sei anni di politiche americane più propense a risolvere le guerre simmetriche, ovvero quelle combattute tra Stati nazionali, in maniera diplomatica da oggi si inizia di nuovo con la guerra calda. L’ultima volta che venne applicato questo uso della forza fu contro la Libia nel 2011 da parte di Barack Obama per contrastare l’allora leader libico Mhuammed Gheddafi.

Il discorso con cui il presidente degli USA ha reso nota la decisione di attaccare direttamente Bashar al Assad è stato contraddistinto da un sentimentalismo che non appartiene al Donald Trump che abbiamo conosciuto fino ad ora. Stando alle sue parole l’attacco è stato la risposta all’attacco chimico che è stato sferrato qualche giorno fa dalla base aerea siriana di Shayrat (ovvero quella attaccata nella notte) che ha provocato la morte di 75 persone, tra cui 28 bambini. Ha sottolineato anche il fatto che il gas utilizzato è una delle armi chimiche vietate dalle Organizzazioni Internazionali e che quindi la risposta americana era necessaria per mantenere il mondo civilizzato. Proprio quel “Mondo civilizzato” è stato chiamato a unirsi all’iniziativa statunitense per sconfiggere definitivamente il “dittatore Assad”.

Perché 59 missili Tomahawk contro Shayrat?

E’ di notevole importanza comprendere che gli USA disponevano di circa 3 tattiche diverse per attaccare la Siria e che dopo una lunga discussione all’interno del Pentagono è stato deciso di utilizzare i due cacciatorpediniere. Le altre due opzioni erano:

  1. Una dozzina di caccia sulla portaerei USS George H.W. Bush di stanza in Medio Oriente, accompagnata da missili guidati e navi che avrebbero potuto lanciare Tomahawk.
  2. Forza anfibia che include la 24° Unità di Spedizione Marina, la quale avrebbe potuto chiamare a raccolta jets Harrier e elicotteri d’assalto Cobra.

Quindi la linea adottata dal Pentagono e dal governo statunitense è stata la linea più morbida tra quelle prese in considerazione. Questo dato può essere analizzato attraverso altri fattori che possiamo racchiudere in:

Donald J. Trump non ha chiesto l’autorizzazione al Congresso per questo attacco contro la Siria. La costituzione degli Stati Uniti d’America infatti prevede il passaggio attraverso l’organo legislativo per una posizione così importante come l’attacco armato (e quindi l’utilizzo dell’uso della forza) da parte del potere esecutivo. Proprio per questo, un’azione troppo massiccia o troppo devastante avrebbe sollevato molte più critiche e polemiche di quante già ce ne siano.

Per quanto ne sappiamo fino ad ora, sembra che l’Amministrazione Trump abbia avvertito le forze russe dell’attacco circa 3 ore prima che venisse messo in atto. Questo ha portato a una rapida evacuazione della base colpita da parte della truppe russe e siriane, limitando in questo modo le perdite.

Se ci fosse stato l’avvertimento da parte statunitense alle forze russe, questo porterebbe a una conclusione ovvia: l’uso della forza non aveva l’obiettivo di raggiungere uno scopo prettamente militare. All’interno di una guerra infatti, la componente militare è la forza più distruttiva e decisiva che mira a infliggere all’opponente delle perdite sostanziali al fine di vincere. Quello che sembra essere accaduto, invece, è più una volontà di costruire un dialogo con le controparti utilizzando una dialettica violenta e arrogante. La retorica di Donald Trump quindi è cambiata, passando da un isolazionismo e una critica permanente a tutti coloro che vedevano nella Siria una proprietà statunitense a un ruolo più pragmatico. Il distacco tra il Trump della campagna elettorale e dei social network e il Trump presidente degli USA si sta sempre di più allargando.

Le reazioni

Ovviamente le reazioni di questo attacco sono avvenute all’interno del territorio statunitense e al di fuori.

Interne

Sono principalmente due le reazioni importanti per quanto riguarda gli USA.

Il Congresso ha da subito protestato in maniera molto forte contro il proprio Presidente, non accettando che l’autorizzazione all’uso della forza scavalchi il lasciapassare del Congresso. Le reazioni sono più che giustificate, ma è da sottolineare come questo non sia un fatto del tutto nuovo, anche se molto raro. Altre due volte il Presidente non ha chiesto il parere del Congresso. Wodroow Wilson quando gli USA entrarono nella Prima Guerra Mondiale e nel 2001 George W. Bush non passò per il Congresso prima di attaccare l’Afghanistan. Ma anche l’attacco del 2011 da parte di Obama nei confronti della Libia crearono un dibattito molto acceso.

L’opposizione ancora più forte è arrivata dai ranghi della destra radicale statunitense. Quella parte di popolazione che tanto aveva spinto Trump verso la vittoria, capeggiata da Steve Bannon, oggi volta le spalle al “traditore dell’America First”. Alt-right (il gruppo in questione) ha molto probabilmente assunto una posizione di contrasto verso il Presidente proprio dopo che il loro leader Bannon è stato cacciato come Consigliere di Donald Trump. L’altra faccia della medaglia, però, può essere vista come proprio il licenziamento di Bannon (avvenuto tra l’attacco chimico e la risposta statunitense) abbia dato via libera a Trump di cambiare le carte in tavole e non essere più ancorato al nazionalismo dell’America First.

Estere

Possiamo dividere le reazioni delle potenze internazionali in tre punti:

La Russia. Ovviamente la potenza internazionale maggiormente colpita da questo attacco ha subito scagliato la prima pietra contro gli USA. Una vera e propria minaccia è stata lanciata contro il colosso Occidentale dicendo che ci saranno “conseguenze negative”. Il rappresentante ONU russo ha affermato “dobbiamo pensare a conseguenze negative, conseguenze negative, se avverranno azioni miliari. Tutto il peso della responsabilità sarà su chi inizierà questo tipo di azioni tragiche”. Dopo l’attacco la Russia ha chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza ONU.

La Gran Bretagna. Con il Brexit alle porte l’atteggiamento di Theresa May è sempre più mirato a creare la Global Great Britain, ovvero una Gran Bretagna che sappia riconquistare il panorama mondiale senza essere legata all’Unione Europea. In questo senso i primi commenti da Londra sono stati di appoggio incondizionato all’azione USA nei confronti del “barbaro Bashar al Assad”. Il comunicato ufficiale del governo è stato “il Governo della Gran Bretagna appoggia fermamente l’azione degli USA, che crediamo sia stata un’appropriata risposta al barbarico attacco chimico lanciato dal regime siriano, e è inoltre (il governo) impegnato nello scoraggiare ulteriori attacchi”.

L’Unione Europea. L’alto rappresentante per la Politica Estera europea, Federica Mogherini, ha affermato che l’Unione europea “era stata informata della probabilità di un’imminente svolta degli Stati Uniti” in Siria. Quello che emerge poi è la spiegazione di come quest sia “un’azione puntuale e limitata, e non una tappa di un’escalation militare” e che quindi l’Unione Europea non ha la volontà di utilizzare l’uso della forza come mezzo di risoluzione del conflitto. Rispetto agli altri attori mondiali la difficoltà dell’UE è quella di dare una risposta veloce ed univoca all’interno di crisi internazionali come questa. Probabilmente tra qualche giorno i governi che compongono l’UE raggiungeranno una linea comune da seguire per porre fine a una possibile escalation di violenza (ricordando anche che l’UE ha  la Francia come unico membro permanente all’interno del Consiglio di Sicurezza).

Fonti e Approfondimenti:

http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN179058?utm_campaign=trueAnthem%3A+Trending+Content&utm_content=58e6f3d004d3013c216ae418&utm_medium=trueAnthem&utm_source=facebook

http://www.reuters.com/article/us-mideast-crisis-syria-un-russia-idUSKBN179039?utm_source=Facebook&utm_medium=Social

https://www.theatlantic.com/politics/archive/2017/04/syria-reaction/522252/?utm_source=atlfb

https://www.theatlantic.com/news/archive/2017/04/us-syria-strike/522237/

http://www.internazionale.it/opinione/bernard-guetta/2017/04/07/bombardamento-statunitense-siria

http://www.vox.com/world/2017/4/6/15214758/us-syria-assad-bomb-cruise-missile?utm_campaign=vox.social&utm_medium=social&utm_content=voxdotcom&utm_source=facebook

http://news.xinhuanet.com/english/2017-04/07/c_136190171.htm

https://www.thenation.com/article/trump-launched-missile-strikes-on-syria-without-congressional-authorization/

US missiles destroy the airbase of the warplane of Khan Shaykhun

http://www.conflict-news.com/articles/us-launches-tomahawk-strikes-against-syrian-government

http://thehill.com/policy/defense/327738-pentagon-us-strike-in-syria-a-proportional-response

http://www.telegraph.co.uk/news/2017/04/07/donald-trump-launches-us-air-strikes-against-assad-regime-syria/

Attacco in Siria, l’Ue “lavorerà con gli Usa per porre fine alla brutalità”

 

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