L’Egitto e la “Dottrina Macron”

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Dal 23 al 26 ottobre, il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi si è recato in visita a Parigi per il primo incontro con il presidente francese. Diverse ONG attive sul fronte dei diritti umani hanno chiesto a Emmanuel Macron un commento sulle numerose violazioni in atto in Egitto; tuttavia, dopo che l’entourage presidenziale aveva assicurato che il tema sarebbe stato affrontato negli incontri privati e in conferenza stampa, il 25 ottobre lo stesso presidente ha smorzato gli entusiasmi di chi si aspettava un segnale di rottura.

In risposta alla domanda di un giornalista che rievocava numerosi casi ben noti, tra cui quello di Giulio Regeni, Macron ha dichiarato: “Come non accetto che altri leader mi impartiscano lezioni sul modo di governare il mio Paese, non impartisco lezioni agli altri leader, credo nella sovranità degli Stati. Il presidente Al Sisi ha una sfida, la stabilità del Paese, la lotta ai movimenti terroristici, questo è il contesto in cui è chiamato a governare, non possiamo non tenerne conto”. È una risposta che in fondo desta ben poche sorprese, se si approfondisce il rapporto tra Parigi e il Cairo.

La partnership franco-egiziana

Francia ed Egitto hanno una lunga storia di collaborazione sul piano economico, militare e culturale, diventata ancora più stretta dal 2011, e soprattutto dopo la deposizione del presidente Muhammad Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, da parte del generale al-Sisi, poi eletto presidente nel 2013. Le relazioni non sono state scalfite da alcuni episodi controversi, come quello del francese Eric Lang, morto nel 2013 in un commissariato al Cairo.

La lotta al terrorismo e gli scambi commerciali sono i due pilastri di questa partnership. Per quanto riguarda il primo ambito, a un Accordo di cooperazione militare e tecnica firmato nel 2005 ha fatto seguito, nel 2015, la firma di un contratto per la vendita di 24 aerei Rafale, una fregata e dei missili: un affare da 5 miliardi e 200 milioni di euro. In risposta alle perplessità dei cittadini francesi, l’allora ministro degli esteri Fabius, pur confermando l’atteggiamento critico nei confronti di alcune politiche del governo egiziano, aveva sottolineato l’importanza di preservare la stabilità e il ruolo dell’Egitto come potenza regionale in un equilibrio geopolitico complesso. La Francia continua a condurre affari redditizi nonostante l’embargo proclamato dal Consiglio dell’Unione Europea: nel luglio 2013, gli Stati Membri si impegnarono a sospendere le importazioni di “qualsiasi equipaggiamento che possa essere usato per la repressione interna” e a riesaminare i contratti di fornitura e l’assistenza militare forniti al Paese. Le misure, confermate nel febbraio 2014, non sono legalmente vincolanti, non essendo state emanate in forma di atto ufficiale; resta tuttavia un segnale politico in apparenza importante, che Parigi non si fa scrupolo a disattendere.

I rapporti commerciali sono un altro punto cruciale nell’agenda dei due paesi: secondo il ministero degli esteri francese, nel 2016 la Francia era il sesto investitore straniero in Egitto, con più di 160 imprese attive sul territorio. Tra i numerosi accordi firmati nel 2016 tra Hollande e al-Sisi, un importante progetto bilaterale per il completamento della metropolitana del Cairo, e diversi contratti nel campo dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni.

La dottrina Macron e gli interessi in Egitto

Il primo incontro tra al-Sisi e il nuovo presidente è avvenuto nel segno della continuità o della rivoluzione? Nella conferenza stampa a conclusione della visita, il presidente francese ha citato due dossier chiave: la lotta al terrorismo sul territorio egiziano e nella regione (con uno spazio dedicato alla discussione delle crisi in Libia e Siria), e lo sviluppo economico. Più volte nel corso del suo intervento ha ricordato l’importanza dell’“amicizia egiziana”, della “partnership strategica in un contesto regionale complesso e conflittuale” e delle relazioni economiche tra i due paesi. Non a caso, l’agenda di al-Sisi prevedeva anche un incontro con i rappresentanti dell’imprenditoria francese; tra le questioni in discussione, anche l’acquisto di altri 12 aerei Rafale e un sistema satellitare per l’esercito – sempre che il Cairo sia in grado di pagare. Poche sorprese, in apparenza: ma qual è la strategia del presidente?

Equilibri politici e territoriali

In molti tentano di decifrare la “dottrina Macron” per il medio e vicino Oriente. Parlando di politica estera, egli ha spesso sottolineato che i valori della Francia sono alla base della difesa dei suoi interessi all’estero; tuttavia, i secondi sembrano prevalere sui primi. Appare, allo stesso tempo, un potenziale fattore di discontinuità rispetto ai predecessori, ossia la ricerca di un equilibrio maggiore tra le parti in gioco. Questa strategia è funzionale a un contesto caratterizzato da profonde divisioni, e in particolare dalla competizione regionale tra l’Arabia Saudita e l’Iran. Mentre Hollande era stato più volte accusato di una vicinanza eccessiva a Riyadh, Macron cerca di tutelare gli interessi francesi assumendo una posizione più equidistante, per non perdere un cliente di lunga data quale la monarchia saudita, approfittando allo stesso tempo delle opportunità economiche aperte grazie alla revoca delle sanzioni all’Iran da parte dell’Unione Europea. Anche di fronte all’embargo applicato nei confronti del Qatar da parte di Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, la Francia si è proposta come mediatrice, invitando i quattro a sospendere le misure e a ricercare il dialogo. Nel suo incontro con lo sceicco qatariota al-Thani, avvenuto a settembre, Macron ha auspicato una rapida soluzione della crisi, che rischia di frammentare il fronte unitario contro il terrorismo. Altra preoccupazione, più implicita ma altrettanto pressante, è la difficoltà crescente nel mantenere buoni rapporti politici e commerciali con tutti i Paesi coinvolti.

Le priorità della dottrina Macron

Le priorità, come la conferenza stampa ci mostra, sono essenzialmente strategiche (anti-terrorismo) ed economiche. Nel caso dell’Egitto, come di altri paesi della regione, i due interessi si combinano e si rinforzano a vicenda nel forgiare la diplomazia commerciale francese. È Jean-Yves Le Drian, ministro della difesa con Valls e attuale ministro degli affari esteri, a chiarire quest’ultimo punto in un’intervista a Le Parisien rilasciata nell’agosto 2017. Per contrastare il deficit della bilancia commerciale, il ministro punta a incrementare il numero d’imprese esportatrici da 120.000 a 200.000 nel corso del suo mandato: diversi i settori interessati, ma l’industria delle armi è uno dei più importanti e redditizi, con una collaborazione già in atto con il ministero della Difesa.

Ecco, dunque, che il rafforzamento del ruolo francese nell’area mediterranea e del Medio Oriente ha due facce: la ricerca di una partnership di ampio respiro contro il terrorismo comprende anche la vendita di armi ai paesi dell’area, un affare che allo stesso tempo consente a Parigi di consolidare e diversificare le proprie relazioni commerciali e diplomatiche. È un approccio pragmatico in linea con la tradizionale politica francese, i cui risultati hanno in passato dato vita ad alcune controversie, come il caso eclatante della vendita di armi al generale Haftar per combattere Daesh, nonostante la Francia di Hollande riconoscesse ufficialmente il governo di Tripoli guidato da Sarraj. Più in generale, armare degli stati contro il terrorismo non offre, di per sé, garanzie sull’uso che questi faranno delle armi acquistate: ci si può, ad esempio, domandare se gli acquisti di al-Sisi non siano stati usati anche per la repressione interna, o che fine facciano le armi acquistate dalle monarchie del Golfo.

Qual è il posto dei diritti umani in questo quadro strategico? È sempre Le Drian a rivelarlo, stavolta in un’intervista a Le Monde risalente allo scorso giugno. Secondo il governo, i diritti umani sono essenziali, ma bisogna ricercare “l’efficacia, non la pubblicità. Proprio come Macron che non vuole “dare lezioni”, è il confronto privato, non la denuncia pubblica, a portare maggiori risultati nel lungo periodo.  Durante la sua visita, al-Sisi ha rilasciato un’intervista a France 24, respingendo al mittente tutte le accuse delle ONG. Nell’impossibilità di verificare la validità della politica della riservatezza, c’è da chiedersi quale dialogo sui diritti umani Macron abbia potuto intraprendere, con un governo che continua a negare le proprie azioni.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

Reuters, “Egypte: Des ONG interpellent la France sur la visite d’al Sissi“, 23/10/2017

The New Arab, “French President Macron urges lifting of Qatar blockade

Pietro del Re, “Regeni, Al Sisi a Parigi: “L’Egitto non pratica torture”. La cautela di Macron: “La vostra sfida è la lotta al terrorismo”“, Repubblica, 24/10/2017

Alexis Boisselier, “Pourquoi Emmanuel Macron ne veut pas froisser l’Egypte“, Le Journal du Dimanche, 24/10/2017

Ambassé de France au Caire, “La coopération militaire et de défense

Manuele Franci, “Egitto: la Francia vende le armi ad al-Sisi“, Rivista Europae, 23/02/2015

Sipri, “EU arms embargo on Egypt“, 03/10/2017

MOCI, “Égypte : ce qu’il faut savoir des accords signés pendant la visite du président Hollande

Michel Cabirol, “Douze Rafale en jeu lors de la venue du président égyptien à Paris“, La Tribune, 20/10/2017

Joseph Bahout, “La difficile définition d’une « doctrine Macron » au Proche-Orient et au Maghreb“, Orient XXI, 10/07/2017

Marc Cher-Leparrain, “Ce que dit Emmanuel Macron“, Orient XXI, 21/04/2017

Interview de Jean-Yves Le Drian pour “Le Parisien – Aujourd’hui en France” (31 août 2017) – Intervista di Jean-Yves Le Drian per “Le Parisien“, 31/08/2017

« Une France forte et ambitieuse » – Interview de Jean-Yves Le Drian au quotidien Le Monde (29 juin 2017) – Intervista di Jean-Yves Le Drian per “Le Monde“, 29/06/2017

DME, SERES. Evaluation de la coopération française en Egypte. 2005.

Intervista di al-Sisi a France 24

 

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