Israele sta violando il diritto internazionale?

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il 24 Gennaio a Davos, in occasione del World Economic Forum in Svizzera, è avvenuto un incontro alquanto particolare tra Netanyahu, primo ministro israeliano, e Kagame, primo ministro del Rwanda. I due si sarebbero incontrati per discutere circa la decisione di Israele di espellere gli “infiltrati” presenti sul territorio di Israele e dirottarli verso il Rwanda, anche se il governo ruandese ha fatto sapere come non ci sia alcun accordo segreto e che il Paese non accetterà migranti se ciò avvenisse in violazione del diritto internazionale.

Cosa sta accadendo in Israele e chi sono questi “infiltrati”

Per comprendere l’attuale situazione occorre fare un passo indietro, al 2013, quando il Paese ha dato il via a una politica di immigrazione per cui sono state avanzate numerose promesse a coloro che decidevano “volontariamente” di lasciare il Paese; promesse, tra cui quella di protezione, che non sono mai state mantenute.

Negli stessi anni si è iniziato a sentir parlare della “Prevention of infiltration law”, legge che, dopo essere state rigettata tre volte dalla Corte Suprema per violazione del principio di proporzionalità, è stata ufficialmente implementata dal 2016. Essa prevede l’immediata detenzione dei migranti all’ingresso nel Paese per un periodo massimo di 12 mesi e, a tal fine, sono stati creati svariati centri di detenzione; tra questi, nel 2013, figura il centro detentivo di Holot, il più importante del Paese. Nonostante la legge sia passata solo nel 2016, le politiche migratorie israeliane vanno avanti da anni, con deportazioni forzate e con il sistema dei centri detentivi, anche se, nel 2014, la Corte Suprema ha dichiarato l’illegalità di Holot e predisposto la sua chiusura. Questo momento sembra arrivato solo ora, in quanto, nel dicembre 2017, il governo israeliano, emendando la Prevention of Infiltration Law, ha annunciato la chiusura di Holot in un periodo massimo di tre mesi.

Apprendendo la notizia si potrebbe ben sperare in un cambio di rotta delle politiche israeliane, ma ciò, purtroppo, non corrisponde alla realtà. Holot, infatti, svolge da sempre la funzione di forzare i migranti a lasciare volontariamente il Paese, negando loro anche i diritti fondamentali. Nonostante ciò, i dati dicono che la maggior parte dei migranti preferisce la prigione all’eventualità di lasciare il Paese. Questo dato ha portato quindi alla decisione di chiudere il centro e alla successiva decisione, presa con l’implementazione della legge di immigrazione, di imporre un aut aut ai migranti: o l’abbandono volontario (con un supporto logistico-economico) o il carcere immediato.

La situazione ha subito una repentina accelerazione, in particolare da quando, il 1 Gennaio 2018, è stata pubblicata la procedura prevista per la gestione dei migranti, che vengono sempre individuati come “infiltrati”, in quanto, per svariati motivi che andremo a vedere, non vengono definiti come “rifugiati” ma come “migranti in cerca di lavoro”; con questo espediente, come abbiamo già avuto modo di vedere, il governo israeliano cerca di giustificare la minor tutela di diritti nei loro confronti.

Il progetto messo in atto riguarderebbe circa 40’000 migranti eritrei e sudanesi, attualmente presenti nel Paese. Tra questi, a quelli presenti a Holot,  è stato comunicato che hanno a disposizione 60 giorni per decidere se andarsene in un Paese terzo (che non viene volontariamente specificato nel documento, in quanto si parla di “paese con governo stabile”, ma che sembra essere quasi certamente il Rwanda) o rimanere in Israele ed essere incarcerati. Scegliendo la prima possibilità, verrebbe loro garantita assistenza nella forma di 3500$ per il biglietto aereo e gli spostamenti, un documento di viaggio, procedure di integrazione facilitate, con un permesso di residenza assicurato all’arrivo nel nuovo Paese, e l’assicurazione di non essere riportati nel Paese di provenienza. Tale procedura dovrebbe riguardare tutti coloro che non hanno, entro la fine del 2017, fatto richiesta d’asilo e coloro a cui è stata rifiutata. 

Già da queste poche righe riassuntive del documento, appaiono chiare le problematicità che esso presenta e soprattutto il motivo che fa interrogare molti sul reale rispetto del diritto internazionale di tale procedura.

Il diritto internazionale e il principio di non refoulement

Il principio che verrebbe in questo caso violato sarebbe quello di Non Refoulement,  previsto dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951, sullo statuto dei rifugiati.

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Il principio di non refoulment è ormai, da decenni, consolidato nel diritto internazionale, ed è presente in svariate convenzioni regionali e internazionali, entrando così a far parte a tutti gli effetti del diritto consuetudinario internazionale.
In particolare, nel contesto della Convenzione di Ginevra, esso è stato sempre interpretato in modo estensivo, andando a configurare la “minaccia” quale violenza generalizzata che minaccia, appunto, la vita o la libertà di una persona. Sono presenti solamente due restrizioni a tale diritto, nel comma 2, riguardanti il fatto che si debba trattare di un pericolo futuro e non di un comportamento passato e che debba rappresentare un pericolo per la comunità in toto.

Questo è il principio a cui ci si sta appellando in questi giorni contro Nethanyau, e sempre questo è il principio che lui sostiene di non star violando quando si riferisce ai migranti quali infiltrati e non rifugiati. 
Si innesta qui il problema del comprendere se quello che viene affermato dal governo sia vero o meno e, a quanto appare dai dati, la risposta è abbastanza scontata. Israele è, infatti, il Paese con il tasso minore di riconoscimento delle domande di asilo politico in occidente, addirittura inferiore all’1%. Alcune fonti riportano come su 15’000 domande di asilo pervenute negli ultimi anni, solamente 11 siano state accettate, dato rappresentativo dell’inefficacia del sistema di immigrazione israeliano. Come se non bastasse queste domande, ad oggi, possono essere presentate in un solo ufficio in tutta Israele, che si trova a Tel Aviv, e alcune richieste rimangono in stand by per più di 4 anni, per non parlare di tutte quelle scartate senza che sia stato fatto un esame reale della domanda.

Questo è il primo punto fondamentale nella comprensione del rispetto del diritto internazionale. Siamo realmente sicuri che i 40’000 migranti presenti attualmente in Israele, non siano tutti rifugiati? Se così non fosse, l’art 33 si applicherebbe e l’espulsione verso paesi quali Rwanda e Uganda, in cui, come documentato da svariate associazioni internazionali, i diritti umani spesso non vengono rispettati, sarebbe completamente illegale. 

A tal proposito, secondo il report rilasciato dall’OHCHR nel 2016, riguardante la situazione in Eritrea afferma che:

Criteri di Candidabilità-2

A ciò si aggiunge il fatto che, come testimoniato da un interessante report rilasciato a Gennaio 2018 da tre ricercatori indipendenti esperti di migrazioni: Better a Prison in Israel than dying on the way, le fantomatiche promesse di assistenza non vengano rispettate. Attraverso un’analisi di chi ha già lasciato “in modo volontario” il Paese, viene mostrato come in molti casi, all’arrivo in Paesi come il Rwanda, i migranti vengano lasciati privi di documenti, venga loro impedita la possibilità di richiedere asilo e finiscano vittime di ogni sorta di violenza e sopruso, fino ad arrivare alla morte, che può avvenire nei centri detentivi in Libia, nel Mediterraneo e in molti altri modi.

Il clima in Israele è quindi molto teso, soprattutto a sud di Tel Aviv, nel quadrante chiamato Little Africa, in cui vengono da anni ammassati i migranti provenienti da vari paesi africani, senza che venga offerta loro una possibilità minima di integrazione. A ciò si aggiunge la tensione generale nel Paese. Molti sono gli appelli dalle ONG e dalle Associazioni di Vittime dell’Olocausto per fermare questa azione. A tal riguardo l’UNHCR ha affermato che:


Dall’inizio di questo programma, nel dicembre 2013 fino a giugno 2017, circa 4.000 eritrei e sudanesi sono stati trasferiti per il “programma di partenza volontaria” del governo israeliano, in due paesi africani, Ruanda e Uganda.
A causa della segretezza che circonda questa politica e della mancanza di trasparenza riguardo alla sua attuazione, è stato molto difficile per l’UNHCR seguire e monitorare sistematicamente la situazione delle persone trasferite in questi paesi africani. L’UNHCR, tuttavia, teme che queste persone non abbiano trovato una sicurezza adeguata o una soluzione duratura alla loro situazione e che molti abbiano successivamente tentato spostamenti pericolosi all’interno dell’Africa o dell’Europa.
Come parte della Convenzione sui Rifugiati del 1951, Israele ha l’obbligo legale di proteggere i rifugiati e le altre persone bisognose di protezione internazionale “, ha affermato l’Alto commissario per la protezione dell’UNHCR, Volker Türk. “L’UNHCR e la comunità internazionale hanno sostenuto Israele al fine dell’adempimento ai suoi obblighi internazionali, anche attraverso il reinsediamento o la ricerca di altre soluzioni durature per 2.400 rifugiati che sono partiti da Israele negli ultimi due anni”.


Ad oggi, però, c’è ancora poco di ufficiale, soprattutto riguardo questo fantomatico “Paese terzo” in cui verranno portati i migranti, quindi bisognerà aspettare la conferma per poter dare un giudizio reale circa la violazione o meno del diritto internazionale.

Fonti e Approfondimenti:

Hotline Refugee website:

Settembre: http://hotline.org.il/en/publication/through-hidden-corridors-new-trends-in-human-trafficking-which-exploit-the-asylum-system-in-israel/

Dicembre: asylum-seekers-from-eritrea-and-sudan-in-israel-december-2017

Gennaio: better-a-prison-in-israel-than-dying-on-the-way

ANNUAL REPORT:  http://hotline.org.il/wp-content/uploads/2017/04/דוח-שנתי-באנגלית-2016-אינטרנט.pdf

STUDIO DI TRE RICERCATORI SULLE MIGRAZIONI:

Fai clic per accedere a Testimonies-of-refugees-departed-Israel-to-Rwanda-and-Uganda-who-reached-Europe-research-report-Birger-Shoham-and-Bolzman-Jan-2018-ENG.pdf

REPORT OHCHR Eritrea 2016:  http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/CoIEritrea/Pages/2016ReportCoIEritrea.aspx

Diritto internazionale, rifugiati e principio del Non Refoulement

Fai clic per accedere a Convenzione_Ginevra_1951.pdf

http://www.unhcr.org/excom/scip/3ae68ccd10/note-non-refoulement-submitted-high-commissioner.html

Approfondimenti

https://www.haaretz.com/opinion/.premium-torture-death-at-sea-what-awaits-asylum-seekers-israel-deports-1.5626675

israel-holocaust-survivors-african-migrants-netanyahu

http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/israel-issues-deportation-notices-african-refugees-benjamin-netanyahu-a8194306.html

http://www.bbc.com/news/world-middle-east-42541515

https://www.theguardian.com/world/2018/jan/03/benjamin-netanyahu-asks-if-african-migrants-can-be-forcibly-removed-from-israel

https://www.haaretz.com/israel-news/.premium-netanyahu-pushes-for-forced-expulsion-of-african-asylum-seekers-1.5630348

https://www.agi.it/estero/israele_migranti_africani-3334259/news/2018-01-03/

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