Nonostante le promesse di uniformare il campo di gioco, le società europee continuano ad affrontare importanti restrizioni di investimento formali e informali nel mercato cinese. Anche se la Cina si muove per abolire legalmente il trattamento speciale delle società straniere, il Paese continua a classificare gli investimenti come stranieri o domestici. Questo duplice approccio è pensato per soddisfare le politiche industriali del Paese, ponendo allo stesso tempo delle condizioni per l’apertura dei mercati agli IDE stranieri.
Come l’UE investe in Cina
Le società europee, e straniere in generale, possono investire in Cina attraverso i seguenti strumenti societari: Equity Joint Venture (EJV), Cooperative Joint Venture (CJV) e Wholly Foreign Owned Enterprises (WFOE). La CJV è l’unica struttura che è possibile costituire mantenendo la soggettività giuridica delle parti, realizzando, via contrattuale, un’associazione temporanea fra imprese. Gli altri strumenti prevedono invece che le società straniere debbano registrare una nuova società, dotata di una soggettività giuridica distinta da quella dei soci. Questa sarà soggetta alla legge sulle società cinesi e a condizioni diverse e più rigorose (ad es. sulla nazionalità dell’amministratore delegato o sul numero di cittadini stranieri nel consiglio di amministrazione).
La direzione dei flussi commerciali
Secondo i dati Eurostat, nel 2018 la Cina è stata la seconda destinazione dei beni europei (11%), preceduta dagli Stati Uniti (21%) e seguita da Svizzera (8%), Russia (4%) e Turchia (4%). Allo stesso tempo, ha rappresentato il maggior partner per le importazioni in UE (20%), seguito dagli Stati Uniti (13%), Russia (8%), Svizzera (6%) e Norvegia (4%). Tra Cina e UE persiste un deficit commerciale che ha raggiunto nel 2018 ben 185 miliardi di euro.
La tabella mostra come le esportazioni dell’UE di beni manufatti avevano una quota maggiore (84%) rispetto ai beni primari (12%). I manufatti più esportati sono stati macchinari e veicoli (53%), seguiti da altri prodotti manifatturieri (18%) e prodotti chimici (13%).
Allo stesso tempo, le importazioni cinesi in UE di manufatti (97%) sono state più elevate rispetto a quelle di beni primari (2%). I beni più importati sono macchinari e veicoli (53%), seguiti da altri prodotti manifatturieri (39%) e prodotti chimici (5%). I tre maggiori esportatori europei verso la Cina sono la Germania (93.715 milioni di euro), il Regno Unito (23.365 milioni di euro) e la Francia (20.850 milioni di euro).
I flussi europei, commerciali come di investimenti, dipendono dal diverso trattamento degli investimenti stranieri rispetto agli investitori domestici: gli IDE europei (e stranieri in generale), ad esempio, non possono attingere a settori che mettono in pericolo la sicurezza nazionale, pregiudicano l’interesse pubblico, causano inquinamento, danneggiano le risorse naturali, utilizzano terreni agricoli per fini non agricoli o rappresentano una minaccia per le installazioni militari.
La direzioni dei flussi di investimenti
Gli investimenti in uscita globali della Cina sono diminuiti nel 2017 per la prima volta, quando Pechino ha emesso i controlli sui capitali. L’Europa continua comunque ad essere la meta preferita degli investitori cinesi. Al contrario, gli investimenti europei in Cina restano poco brillanti a causa dei persistenti ostacoli, prima e dopo l’accesso al mercato.
Se gli investitori cinesi godono di uno dei regimi di investimento più aperti in Europa, le compagnie straniere sono limitate strategicamente in molti settori del mercato cinese. Vi sono preoccupazioni significative che le nuove politiche (come “Made in China 2025”, sicurezza informatica o attuazione della legge anti-monopolio) continueranno a spostare il terreno di gioco a favore delle imprese di proprietà cinese, anche se la Cina si muove per abolire legalmente il trattamento speciale delle società straniere.
Le Liste Negative
La Cina rappresenta per l’UE un partner commerciale imprescindibile, tuttavia, è chiaro che i rapporti sono caratterizzati da due squilibri: uno riguardante i flussi di import/export, l’altro i flussi di investimenti. Una delle cause è rappresentata dal fatto che la Cina concepisce gli investimenti come stranieri o domestici. Tuttavia, dal 2017 ci sono margini di miglioramento che derivano dalle pressioni internazionali.
In quell’anno la Cina ha infatti abbandonato il Catalogo per gli investimenti stranieri, un lungo elenco che fino a quel momento indicava i settori che per gli investitori stranieri erano vietati e limitati. Il documento è stato sostituito da due “Liste Negative”, che pongono ancora limiti agli stranieri ma in modo molto meno restrittivo.
Il 30 giugno 2019, la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (NDRC) e il Ministero del commercio (MOFCOM) hanno emesso le due “Liste Negative”e un “Catalogo dei settori incoraggiati” per le società estere che intendono investire in Cina. Le due liste fanno riferimento alle misure amministrative speciali sull’accesso agli investimenti esteri (“Lista negativa nazionale 2019 per gli investimenti stranieri”) e alle misure amministrative speciali sulle zone di libero scambio sull’accesso agli investimenti esteri (“Lista negativa FTZ 2019 per gli investimenti stranieri”). I rispettivi elenchi saranno applicabili in diverse aree: la lista FTZ è per le zone di libero scambio e l’elenco nazionale è per il resto del Paese.
Sia la lista nazionale che la lista FTZ sono state notevolmente ridotte: il numero di articoli nell’elenco nazionale è sceso da 180 nel 2011 a 40 nel 2019, mentre gli articoli nell’elenco FTZ sono scesi da 190 nel 2013 a 37 nel 2019. Nel complesso, le liste negative sono state snellite, mentre il catalogo dei settori incoraggiati è stato esteso con l’obiettivo di sostenere gli investitori stranieri negli investimenti o nell’ingresso sul mercato cinese. Va notato, tuttavia, che le liste non sono esaurienti né in termini di ostacoli esistenti, né in termini di inclusione di tutti i settori economici.
La nuova Legge sugli investimenti esteri
Alla riduzione dell’elenco dei settori vietati per gli investitori stranieri, si aggiunge la nuova legge sugli investimenti esteri. Le due manovre impegnano la Cina a offrire agli investitori stranieri parità di condizioni con le loro controparti nazionali.
Lo scorso 15 marzo 2019, il Congresso Nazionale del Popolo Cinese ha approvato la nuova Legge sugli investimenti esteri che entrerà in vigore il primo gennaio 2020. La nuova normativa sostituirà le tre leggi emanate tra il 1979 e il 1990 che fino ad oggi hanno disciplinato gli investimenti esteri diretti in Cina: Law on Sino-Foreign Equity Joint Ventures (EJV), Law on Sino-Foreign Contractual Joint Ventures (CJV) e Law on Wholly Foreign Owned Enterprises (WFOE).
La Legge, comunemente conosciuta come FIL – Foreigner Investment Law – comprende anche investitori provenienti da Hong Kong, Macao e Taiwan. L’obiettivo principale che la legge si propone è quello di promuovere gli investimenti esteri in Cina tutelando la proprietà intellettuale di società straniere e cinesi. Il testo è suddiviso in 6 capitoli per un totale di 42 articoli. La brevità del testo e le disposizioni piuttosto schematiche creano preoccupazioni sull’interpretazione della disciplina in casi di incertezza.
Alcune novità della nuova legge
Le nuove disposizioni impediscono espressamente ai partner cinesi di Joint Venture di sottrarre informazioni sensibili ai loro partner stranieri, attraverso le protezioni incluse nell’articolo 22. Inoltre, non solo vietano ai funzionari governativi di utilizzare le misure amministrative per perseguire i trasferimenti forzati di tecnologia (ancora l’articolo 22), ma li rende anche penalmente responsabili nel caso in cui lo facciano (articolo 39).
Oltre alle considerazioni relative alla proprietà intellettuale, la legge stabilisce che gli investitori stranieri riceveranno pari trattamento per la richiesta di licenze (articolo 30) e la partecipazione agli appalti pubblici (articolo 16): due denunce comuni da parte della comunità imprenditoriale internazionale.
In termini di gestione degli investimenti esteri, l’articolo 4 della Legge afferma che lo Stato dovrebbe utilizzare la lista negativa e trattare gli investitori stranieri alla pari degli investitori domestici durante le fasi iniziali della costituzione.
La nuova legge contiene misure (ad esempio, l’articolo 20) per proteggere gli investimenti stranieri dall’espropriazione arbitraria. In circostanze particolari, tuttavia, la legge afferma che lo Stato può espropriare o requisire l’investimento di investitori stranieri per l’interesse pubblico. In tal caso, la legge si impegna a procedere all’espropriazione e alle requisizioni secondo le procedure prescritte dalla legge e offrire un “equo e ragionevole risarcimento”.
Inoltre, l’articolo 35 stabilisce che alcuni investimenti potrebbero essere soggetti a revisioni della sicurezza nazionale e che le decisioni prese per motivi di sicurezza nazionale sono definitive e non possono essere impugnate.
Cambio rotta?
Le nuove promesse di Pechino hanno portato qualche risultato. Nella prima metà del 2019, gli investimenti esteri diretti in Cina sono aumentati del 2% su base annua a 69,7 miliardi di dollari. Solo per giugno, gli IDE sono cresciuti del 3% fino a 16,13 miliardi di dollari. La nuova lista negativa della Cina mira a unificare l’accesso al mercato e la nuova legge è un passo nella giusta direzione per affrontare alcune preoccupazioni degli investitori stranieri.
Tuttavia, nella loro forma attuale, sono disposizioni troppo generali per sapere come funzionerà nella pratica e molti analisti non sono sicuri che risponderanno pienamente alle preoccupazioni europee.
In più, nonostante la loro importanza, le nuove linee guida non devono essere considerate l’unico riferimento per gli investitori stranieri. Limitazioni e requisiti aggiuntivi possono anche derivare da altri meccanismi e leggi, come la National Security Review, la legge anti-monopolio o la Joint Venture Law. Esistono altri ostacoli meno tangibili a causa dell’ingombro amministrativo e delle procedure di autorizzazione, nonché del protezionismo locale che può bloccare i potenziali investimenti. Questo può accadere anche nel caso in cui un dato settore sia incluso tra quelli incoraggiati nel catalogo: ciò spiega perché le società europee continuano a subire restrizioni significative anche se alcuni settori sono nominalmente aperti agli investimenti esteri.
Fonti e approfondimenti
Alessandra Colarizi, “Crollano gli investimenti cinesi in Europa“, Il Fatto Quotidiano Online, 15 marzo 2019.
Fabio Angiolillo. “Development through acquisition: the domestic background of China’s Europe policy“, IAI Papers, n°1, 2019.
EUROSTAT, “China-EU – international trade in goods statistics“, marzo 2019.
Alexander Chipman Koty, “China’s New Foreign Investment Law“, China Briefing, marzo 2019.
Xu Wei, “Premier Li: Foreign companies to be equals“, China Daily, marzo 2019.
Trading Economics, “China Foreign Direct Investment“.
Thilo Hanemann e Mikko Huotari, “EU-China FDI: Working towards reciprocity in investment relations“, MERICS, aprile 2018.