La Virginia al voto: primo test per Biden

Ron Cogswell - Wikimedia Commons - Licenza CC BY 2.0

Il 2 novembre si terranno in Virginia le elezioni per eleggere il prossimo governatore dello Stato. Un primo importante appuntamento elettorale, al di fuori del Congresso, dopo l’elezione di Joe Biden a presidente degli Stati Uniti. Il riverbero dell’elezione del governatore della Virginia diventa quindi un importante barometro a livello nazionale per giudicare a che punto si trovano le forze politiche in campo. Specialmente se la competizione appare così aperta come sembra.

Le forze in campo

Il candidato del Partito democratico è Terry McAuliffe, il quale si è imposto nelle primarie lo scorso giugno. Politico di lungo corso, McAuliffe ha ricoperto molti incarichi nel partito, lavorando nel corso degli anni con Bill e Hillary Clinton. Il democratico è  stato, inoltre, già governatore della Virginia dal 2014 al 2018. Se dovesse vincere sarà il primo governatore dello Stato a servire in due mandati non consecutivi dai tempi di Mills Godwin, negli anni Settanta.

Il candidato repubblicano è invece l’uomo d’affari Glenn Youngkin, per 25 anni impiegato nel The Carlyle Group, società internazionale di asset management con attività di private equity. Nelle fila del Carlyle Group, Youngkin è arrivato a ricoprire la posizione di Amministratore Delegato, per poi abbandonare la società nel settembre del 2020, poco prima di annunciare la sua candidatura. Durante le primarie, vinte lo scorso maggio, Youngkin ha speso di tasca sua 5,5 milioni di dollari nella sua campagna elettorale.

La campagna elettorale

Durante la campagna elettorale i candidati, per forza di cose, hanno affrontato questioni interne ai partiti d’appartenenza. Da questo punto di vista, la posizione di McAuliffe, in uno Stato dove alle ultime elezioni Biden ha trionfato con 10 punti di distacco sul suo avversario, è stata chiaramente più semplice e trasparente, sposando le politiche della Casa Bianca.

Tuttavia, il calo di popolarità e le difficoltà del presidente al Congresso nel portare avanti la propria agenda, rendono la sfida incerta e aperta, ma questo lo vedremo più avanti. Sta di fatto che persino l’ex presidente Barack Obama si è scomodato, raggiungendo la Virginia per dare il suo appoggio a McAuliffe. 

«Per la direzione della Virginia e per la direzione di questo Paese per le generazioni a venire», ha detto Obama a Richmond, «non lasciate perdere, votate». L’apparizione di sabato dell’ex presidente, ha seguito diverse altre visite di alto profilo nello Stato da parte dei democratici nel corso di questo mese, tra cui la vicepresidente Kamala Harris.

Youngkin ha avuto, invece, un percorso più complesso. Donald Trump, ormai sempre più “padrone” del Partito repubblicano, ha approvato e dato il suo endorsement a Youngkin, nonostante avesse sconfitto una candidata decisamente più trumpiana per ottenere la nomination. Trump ha dichiarato che per vincere il candidato deve abbracciare “il movimento MAGA” (dallo slogan della campagna Trump, Make America Great Again – il movimento trumpiano) e Youngkin durante la campagna elettorale ha corteggiato sia i sostenitori più intransigenti dell’ex presidente che quelli più moderati.

Quando era in corsa per la nomina repubblicana, Youngkin ha sempre rifiutato la legittimità della vittoria di Biden. Dopo la vittoria, si è invece spostato sulla posizione opposta, dichiarandola legittima. 

Durante le primarie, Youngkin si è espresso contro tutta la legislazione democratica, dichiarando di essere un oppositore dell’aborto e di biasimare la legislazione più dura sul controllo delle armi. Appena vinta la nomination ha, invece, sempre de-enfatizzato la propria voce su tali questioni. A luglio, la NRA (National Rifle Association – la principale lobby delle armi del Paese) ha scelto di non appoggiare Youngkin dopo che si era rifiutato di confermare la sua posizione sui diritti delle armi da fuoco.

Nello stesso mese è stato sorpreso, inoltre, da un microfono acceso mentre diceva a un attivista che avrebbe limitato i suoi commenti sull’aborto durante la campagna in modo da non alienarsi gli elettori indipendenti.

Allo stesso modo si è dimostrato contrario all’insegnamento della cosiddetta critical race theory (teoria critica della razza – teoria che rimarca il ruolo del razzismo nelle disuguaglianze della società statunitense) nelle scuole della Virginia, punto molto importante per i sostenitori dell’ex presidente e argomento utilizzato contro i democratici. Appare, quindi, una figura di Youngkin bifronte: una di lotta e una di governo; una trumpiana e una più moderata. Sintomo dello scontro interno a un partito sempre più “trumpizzato”.

I dibattiti

Nel corso della campagna elettorale i due contendenti si sono sfidati in due dibattiti, dopo che Youngkin ha rinunciato a presentarsi al primo, in quanto uno dei moderatori nel 2010 aveva donato 250 dollari al fondo di soccorso della Clinton Foundation, gestita dagli alleati di McAuliffe Hillary e Bill Clinton, dopo il terremoto di Haiti.

Nei dibattiti i candidati si sono sfidati su molti dei temi che rimbalzano nel panorama politico nazionale. Dal Covid e i vaccini, passando per l’ambiente, l’aborto e le ultime elezioni presidenziali, McAuliffe e Youngkin hanno animato lo scontro schierandosi in maniera abbastanza chiara secondo le attuali posizioni partitiche, seppur moderate.

McAuliffe è un candidato democratico moderato, come lascia intuire anche il suo cursus honorum politico. Sulla campagna vaccinale si è espresso vicino e favorevole ai provvedimenti presi dall’amministrazione Biden, accusando il suo avversario di diffondere una retorica “anti-vax” a causa del suo scetticismo riguardante la richiesta di vaccinazione dei dipendenti federali avanzata dalla Casa Bianca. 

Sulla questione aborto, il discorso si è spostato sulla legge approvata di recente in Texas che impone parametri a dir poco restrittivi. Youngkin si è dimostrato, seppur contrario all’aborto, maggiormente moderato sulla questione, affermando che non avrebbe mai firmato quella legge, sostenendo inoltre, che in casi di stupro, incesto e quando la salute della donna è in pericolo, l’aborto dovrebbe essere concesso. Favorevole invece sulla questione McAuliffe, il quale ha dichiarato la necessità di proteggere la decisione delle donne.

Per quanto riguarda il cambiamento climatico, Youngkin ha detto che non sa quali siano le sue cause e che comunque, seppur ci fossero, queste non avrebbero importanza, aggiungendo che non avrebbe firmato il Clean Economy Act della Virginia (che prevede che le emissioni di carbonio della Virginia raggiungano lo zero entro il 2050). Il candidato repubblicano ha poi affermato invece, che avrebbe usato tutte le fonti di energia per affrontare il cambiamento climatico senza «mettere a rischio l’intera rete energetica per scopi politici». Di altra opinione invece, è stato McAuliffe, il quale ha esposto la necessità di utilizzo di energia pulita nello Stato entro il 2035, sottolineando la proposta secondo cui la Virginia ne diventi un centro di produzione.

Inevitabilmente si è poi affrontato il tema dell’integrità delle ultime elezioni. Dopo aver sostenuto una «task force per l’integrità delle elezioni», Youngkin ha dichiarato di non credere che ci siano state «frodi significative» e ha affermato che la questione della frode è «una questione di democrazia». Youngkin ha sottolineato di ritenere che «Joe Biden sia il nostro presidente» e al tempo stesso ha criticato, però, il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan. McAuliffe ha preso nota dell’appoggio di Donald Trump a Youngkin, definendolo un “aspirante Trump”. Entrambi i candidati hanno dichiarato che concederanno l’elezione, se l’altro risulterà vincitore.

Perchè questa elezione conta

Come detto in precedenza, questa elezione appare molto aperta, come testimoniano i sondaggi. Secondo la media aggregata dei sondaggi di FiveThirtyEight, al 31 ottobre Youngkin è avanti di un punto percentuale col 47,8% contro il 46,8% cui è dato McAuliffe. Questa corsa (così come quella del New Jersey) sarà un primo importante test nei confronti dell’operato presidenziale anche in vista delle midterm elections del prossimo anno, dove i democratici potrebbero perdere il controllo del Congresso

Verrà quindi messo alla prova anche l’appello dei due partiti agli elettori più cruciali e ambiti a livello nazionale, quelli dei sobborghi, popolosi e diversificati, fondamentali in questa contesa come per quella del prossimo anno. Se i democratici si sono guadagnati la fedeltà a lungo termine dei suburbi è una delle principali domande cui le elezioni in Virginia potrebbero abbozzare una risposta.

I numeri della Virginia fanno eco al declino di Biden nei sondaggi di approvazione nazionale e suggeriscono che la sua posizione nello Stato non sia più la stessa. La debolezza del presidente potrebbe infatti aver prodotto un ambiente elettorale abbastanza favorevole per il GOP. Visti i dati sugli stretti margini nei sondaggi e il leggero svantaggio, i democratici sono preoccupati, incluso McAuliffe, che ha recentemente dichiarato a un gruppo di democratici in una teleconferenza che la campagna ha dovuto «sollevare» i «venti contrari da Washington» a causa dell’impopolarità del presidente in Virginia. 

Ma se i problemi politici di Biden, per la loro influenza negativa sulla campagna, preoccupano gli strateghi elettorali democratici, questi ultimi impallidiscono di fronte all’onda d’urto che colpirebbe la Casa Bianca in caso di sconfitta di McAuliffe. Un esito negativo, infatti, finirebbe per mandare nel panico più totale i democratici in vista delle elezioni di medio termine del prossimo anno, quando il loro partito dovrà affrontare uno svantaggio storico come partito di governo.

La campagna di Youngkin potrebbe invece offrire spunti per gli altri repubblicani che si presenteranno alle urne in futuro su come affrontare i postumi della sconfitta di Trump mantenendo la base a bordo. Quindi, mentre Biden e McAuliffe hanno molto di più da perdere, la campagna Youngkin è anche un banco di prova su come il GOP potrebbe migliorare la sua competitività, nonostante gli scontri interni e la radicalizzazione del partito.

 

Fonti e approfondimenti

Collinson, S., “Virginia’s gubernatorial election is more important than ever as a national barometer”, CNN, 11/10/2021.

Milbank, D., “Youngkin banishes Trump, but he can’t clean the stench of Trumpism”, The Washington Post, 24/10/2021.

Navarro, A., “Vaccine mandates and abortion bans fuel Virginia’s first gubernatorial race debate”, CBSNews, 17/09/2021.

Peoples, S., “Virginia Gubernatorial Candidates on Attack From Start in Debate”, NBCWashington, 28/09/2021.

Skelley, G., Wilkes, M., “How Close Is Virginia’s Governors Race?”, FiveThirtyEight, 15/10/2021.

Trip, G., “In Virginia, a Test of Messages and Candidates Ahead of the Midterms”, The New York Times, 19/10/2021.

Walker, J., Abdulahi, S., “‘Don’t sit this one out’: Obama stumps for Virginia governor candidate Terry McAuliffe”, The Guardian, 24/10/2021.

 

Editing a cura di Cecilia Coletti

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