La linea curva: confini, etnie e religioni

Russia Cina aspetti culturali
@Todenhoff - Wikimedia Commons - CC-BY-SA 2.0

Di Francesco la Forgia e Yauheniya Dzemianchuk

Nei capitoli precedenti del progetto, ci siamo soffermati sui vari fattori geopolitici che influenzano le dinamiche di frontiera tra diversi Stati dell’Asia Centrale e Orientale. Dalle vecchie dispute territoriali, alle nuove occasioni di cooperazione, passando per il ruolo giocato da fiumi e arterie commerciali, i confini presi in esame hanno messo in luce le numerose sfumature che caratterizzano le relazioni transfrontaliere in questa macroregione.

Nell’epilogo del progetto, ci soffermeremo sugli aspetti culturali che colorano le zone di frontiera. I confini, oltre a demarcare i territori di un Paese, costituiscono un punto d’incontro e di fusione tra diverse etnie e religioni, ma anche di scontro e tensione. Il nostro viaggio lungo uno dei confini più estesi e affascinanti del mondo, quindi, sta per giungere alla fine. Con quest’ultimo articolo, arriveremo al capolinea del nostro tour: l’anima della Siberia. 

I Buriati sul lago di Baikal

Con i suoi 31.500 km2 di estensione, il lago di Baikal costituisce il bacino d’acqua dolce più grande al mondo. In esso confluiscono più di 330 fiumi e le sue risorse idriche rappresentano ben 1/5 dell’acqua dolce presente sulla superficie terrestre. Situato nella Siberia sud-orientale, il Baikal è diviso tra i territori dell’oblast’ russo di Irkutsk e la Repubblica di Buriazia, anch’essa parte della Federazione Russa.

Grazie alla ricchezza della sua fauna e alla sua acqua potabile, il lago ha da sempre costituito un luogo adatto allo stanziamento di gruppi umani. Di fatto, sulle sue sponde convivono le due anime della Siberia: quella più recente di etnia russa e religione ortodossa, e quella più antica rappresentata dal ceppo mongolico dei Buriati, la cui religione tradizionale è lo sciamanesimo.

I Buriati costituiscono il gruppo indigeno più numeroso della Siberia, con circa 500.000 individui. La maggior parte di essi vive nella Repubblica di Buriazia (la quale confina a Sud con la Mongolia), ma un numero non trascurabile risiede nell’oblast’ di Irkutsk, sulla sponda occidentale del lago di Baikal.

Popolo di pastori, i Buriati si insediarono in Siberia nel corso del XIII secolo durante l’impero di Gengis Khan. I primi contatti tra russi e Buriati risalgono al XVII secolo, quando lo stato zarista diede inizio a un’aggressiva espansione verso est, volta a inglobare la totalità della Siberia. Verso gli inizi del XVIII secolo, le forze dello Zar avevano soggiogato con successo le popolazioni  nomadi della Siberia e assunto il controllo dei territori intorno al lago di Baikal.

Nel corso del XX secolo, i Buriati subirono una profonda erosione culturale dovuta alle politiche di russificazione e all’arrivo di coloni dalla parte occidentale dell’Impero zarista. Un’attenuazione di tale processo si ebbe nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione bolscevica: approfittando del momento di disordine e del vuoto di potere causato dalla caduta dello Zar, nel 1919,  i Buriati diedero vita a un movimento pan-mongolo volto a riunire tutte le popolazioni di tale ceppo in un solo Paese.

Questi tentativi indipendentisti vennero soppressi nel 1920, quando le forze bolsceviche riuscirono a prendere il controllo dell’area intorno al lago di Baikal. La Repubblica Socialista Sovietica di Buriazia venne creata dal governo bolscevico nel 1922, ma la resistenza della popolazione indigena continuò fino al 1924. Con l’avvento di Stalin al potere, il processo di erosione culturale si intensificò. Le pratiche relative alla religione sciamanica vennero soppresse, mentre il tradizionale alfabeto buriato venne sostituito da quello latino nel 1931 e  poi da quello cirillico nel 1939.

Con il crollo dell’Unione Sovietica i Buriati hanno recuperato, in parte, la propria identità culturale, tornando a dedicarsi alle pratiche spirituali sciamaniche e alla preservazione della propria lingua e dei propri usi e costumi. Tuttavia, nuovi rischi derivano dallo schiacciamento demografico causato dalla maggioranza di popolazione russa e dal turismo di massa.

In tale ottica, nel 2018, un congresso pansciamanico ha richiesto formalmente al governo di Mosca il riconoscimento dello sciamanesimo come quinta religione tradizionale (insieme al Cristianesimo ortodosso, il Buddismo, il Giudaismo e l’Islam), al fine di tutelare gli usi e i costumi dei Buriati e rimediare all’erosione culturale.

Gli Uiguri nello Xinjiang

Situato nel Nord-Est della Cina, lo Xinjiang è caratterizzato da una profonda tensione etnica e religiosa. In questa regione, vive la minoranza turcofona e musulmana degli Uiguri, considerati dal governo di Pechino come un elemento di instabilità e terreno fertile per il terrorismo internazionale, a causa del loro credo religioso.

Altro fattore di tensione è determinato dal confine condiviso a nord-est con Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan: tre repubbliche indipendenti dell’Asia Centrale la cui popolazione condivide le stesse caratteristiche etniche, linguistiche e religiose degli Uiguri. Nell’ottica del Partito Comunista Cinese, quindi, tale situazione crea il rischio di movimenti secessionisti e sediziosi.

La regione divenne ufficialmente parte del territorio cinese nel 1949, anno in cui le forze comuniste di Mao Zedong riuscirono a trionfare nella guerra civile contro la fazione nazionalista. Gli Uiguri vennero riconosciuti come minoranza etnica solamente nel 1954, ma il governo di Pechino diede inizio a dure politiche di assimilazione culturale e a favorire l’insediamento di coloni di etnia Han (la maggioranza cinese). Oggi, i 24 milioni di Uiguri che vivono nello Xijiang rappresentano solo il 54% della popolazione della regione.

Le ingenti riserve di gas naturale e petrolio dello Xinjiang hanno un valore strategico non trascurabile per le necessità economiche e la grande sete di energia della Cina. Inoltre, la regione ricopre un ruolo fondamentale nel mastodontico progetto infrastrutturale della Nuova Via della Seta. Per questa ragione, Pechino ha dato inizio a un massiccio flusso di capitali e investimenti nella regione per rendere lo Xinjiang un punto di snodo delle vie commerciali con il resto dell’Asia Centrale. Ne consegue la necessità, per la Cina, di stringere ulteriormente la propria morsa sulla popolazione per impedire il nascere di ogni movimento indipendentista.

Tale processo di soppressione culturale è entrato in un’ulteriore fase di acutizzazione nel 2014, quando il governo cinese ha dato inizio a una vera e propria politica di rieducazione sistematica della popolazione uigura. Migliaia di abitanti dello Xinjiang vengono detenuti in campi di rieducazione dove sono costretti a rinnegare la propria religione, a giurare fedeltà alla Repubblica Popolare e a imparare il cinese mandarino. Nel 2017, diverse immagini satellitari hanno rivelato la presenza di ben 39 campi di rieducazione, le cui dimensioni si sono triplicate nel corso del 2018. Secondo le Nazioni Unite, il numero di internati raggiunge ormai il milione.

La Cina non accenna ad affievolire la propria stretta sulla minoranza uigura, considerando come un potenziale elemento sovversivo chiunque professi la religione islamica in pubblico. La tensione viene esacerbata ulteriormente dalla connessione di alcuni gruppi indipendentisti uiguri con frange del terrorismo internazionale come il Movimento Islamico del Turkestan Orientale (ETIM).

Tuvani in Tuva

I Tuvani sono una popolazione di ceppo turco di piccole dimensioni insediatasi nella parte meridionale della Siberia. La maggior parte dei Tuvani vive nella Repubblica di Tuva, riconosciuta all’interno della Federazione Russa. Geograficamente, la Repubblica si trova nella regione di Tannu, la quale comprende il bacino dell’alto Jenissei. Secondo il censimento nazionale del 2010, la popolazione tuvana ammontava a 263.934 abitanti.

Appartenuta all’Impero cinese fin dal 1757, la regione del Tannu entrò nelle mire espansionistiche zariste a partire dal 1858. In seguito all’instaurazione della Repubblica in Cina nel 1912, la Mongolia e Tuva si dichiararono indipendenti e si posero sotto la protezione dello Zar. Il modello adottato dai due Stati era quello di repubblica teocratica lamaista – il medesimo adottato dal Tibet, con cui condividevano religione e tradizioni.

I Tuvani, la gran parte dei quali si professa di fede lamaista buddista, sono principalmente discendenti di gruppi nomadi provenienti dalla Mongolia e parlano una lingua di ceppo turco. Nel 1943, il governo di Mosca sostituì l’alfabeto tradizionale con quello cirillico.

In seguito alla Rivoluzione russa, le truppe comuniste invasero Tuva nel 1920. Anche se mantenne un certo grado di autonomia tra le due guerre mondiali come Repubblica Popolare di Tuva, la regione divenne uno Stato-satellite dell’Unione Sovietica a partire dal 1921. Nell’ottobre 1944, l’area fu ufficialmente annessa all’Unione Sovietica.

Inizialmente denominata come regione di Tuvan Oblast’, venne trasformata in una Repubblica Socialista Sovietica nell’ottobre 1961. Come parte dell’URSS, Tuva conobbe un grande afflusso di coloni russi, il quale risultò in uno squilibrio demografico nella regione.

Le aspirazioni nazionaliste tuvane vennero espresse apertamente nel 1989, quando fu creato il Fronte Popolare Tuvano e fu richiesta la secessione dalla Federazione Russa. Nel 1993, il parlamento di Tuva ha adottato una nuova Costituzione e il diritto di secessione dalla Federazione Russa: anche il nome ufficiale della Repubblica è stato cambiato da Tuva a Tyva. Tuttavia, le tendenze nazionaliste sono state mitigate dalla povertà della Repubblica, la quale riceve la maggior parte dei propri finanziamenti da Mosca.

Con il crollo dell’ Unione Sovietica, la maggioranza etnica di Tuva ha consolidato la sua quota demografica da 2/3 a 3/4 della popolazione della Repubblica. Dopo il 1990, infatti, Tuva è stata luogo di una serie di conflitti inter-etnici causati dalla presenza dei numerosi insediamenti russi.

Oggi, i Tuvani etnici rappresentano circa l’80% della popolazione – una rarità nelle “repubbliche etniche” russe. Le pratiche culturali tuvane – musica popolare, wrestling khuresh e nomadismo – catturano l’immaginazione degli “Amici di Tuva”, un’ associazione culturale che sostiene la causa dei Tuvani in tutto il mondo.

Rispetto ad altre minoranze etniche, i Tuvani godono di migliori prospettive di preservazione all’interno della Federazione Russa – anche grazie al proprio isolamento a livello infrastrutturale. Dal punto di vista linguistico, ad esempio, i Tuvani sono sempre stati molto resistenti alla russificazione, nonostante le misure adottate dalle autorità locali per rafforzare la posizione del russo nell’insegnamento.

I gruppi etnici tuvani si sono stabiliti non solo sul territorio russo, ma anche in Cina e in Mongolia. Questi Paesi hanno avuto influenze molto diverse sullo sviluppo moderno delle comunità tuvane; in entrambi, tuttavia, i Tuvani sono considerati una minoranza nazionale e non hanno uno status nazional-territoriale.

In Mongolia, ci sono almeno quattro grandi gruppi etno-locali di Tuvani, che abitano in diversi aimag (tribù), e sono uniti linguisticamente da diversi dialetti di Tuvan. In Cina, invece, la maggior parte della popolazione tuvana vive nei distretti di Habahe e Burjin, della provincia autonoma kazaka: qui, i Tuvani sono conosciuti come Kok Monchaks. Le statistiche cinesi non riportano quella tuvana come nazionalità distinta e, quindi, i Kok Monchaks non sono inclusi nella lista ufficiale delle minoranze che vivono in Cina

Conclusioni

Nella loro sterminata lunghezza, i confini in Asia Centrale e Orientale sono sempre stati caratterizzati dalla convivenza di etnie diverse. La loro storia è segnata da un continuo processo di erosione culturale, spesso connesso a un deliberato tentativo dello Stato centrale di procedere con l’assimilazione etnica dei gruppi indigeni.

Nel caso dei Buriati e dei Tuvani, queste pratiche repressive sono oramai cessate, lasciando spazio alla speranza di una rinascita degli antichi usi e costumi. Per gli Uiguri, invece, deve ancora giungere il tempo del riconoscimento dei propri diritti culturali e religiosi da parte dello Stato – e soprattutto della cessazione delle pratiche di persecuzione nei loro confronti.

 

Fonti e approfondimenti

Juri Rescheto, Lake Baikal is holy to the Buryats, DW, 15 settembre 2016:

Daniel Plumley, Traditionally Integrated Development Near Lake Baikal, Siberia, Cultural Survival, settembre 1998

Buryat People, Encyclopedia Britannica

Vladimir Rozanskij, Russian shamans elect a supreme leader: ‘Now Moscow must recognize us’, Asia News, 22 giugno 2018

Susanna Stefanini, La politica di Pechino nello Xinjiang: tra sinizzazione e crescita economica, Lo Spiegone, 13 novembre 2018

Masha Gessen, Where the Jews Aren’t:The Sad and Absurd Story of Birobidzhan, Russia’s Jewish Autonomous Region (Jewish Encounters Series) Hardcover – August 23, 2016

World Directory of Minorities and Indigenous Peoples – Russian Federation, November 2014

Paula L. W. Sabloff. American Anthropologist, vol. 104, no. 1, 2002, pp. 312–314. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/683793.

Мухаметзянова-дуггал Р. М., Кляшев А. Н. Религиозные меньшинства России: теоретико-правовой и социальный аспекты // Вестник Башкирск. ун-та. 2010. №3.

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