La precaria stabilità di Taiwan

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La politica dell’Asia pacifica sta vivendo un notevole sviluppo e una forte ondata di novità nell’ultimo anno. Negli ultimi anni molti movimenti per la libertà di espressione e la democratizzazione del proprio Paese si sono sovrapposti e susseguiti in Asia, dal movimento degli ombrelli di Hong Kong fino a quello dei girasoli di Taiwan.

L’isola più contesa del mondo è stata chiamata al voto durante il 2016 e il risultato delle urne ha dato un risultato già atteso da tempo ma comunque molto innovativo e in controtendenza rispetto al passato. Infatti la vittoria del Partito Democratico Progressivo (PDP) ha ottenuto a maggioranza parlamentare e anche la vittoria presidenziale, consegnando così per la prima volta nella storia taiwanese il Paese a una donna. Tsai Ing-wen è stata eletta dal popolo il 16 gennaio 2016 ed è entrata ufficialmente in carica solo il 20 maggio dello stesso anno. Nel suo discorso di insediamento non sono mancate le posizioni progressiste rispetto alla storia del proprio Paese e, soprattutto, la volontà di prendere una netta posizione nei confronti della Cina. 

Questa è la prima volta nella storia che il Kuomintang (KMT) o un suo alleato non vincono le elezioni da quando Chiang Kai-shek nel 1949, dopo la presa del potere in maniera violenta e rivoluzionaria di Mao Zedong in Cina, fuggì con i suoi sostenitori in questa isola e ne rimase prigioniero fino alla sua morte. E allora Tsai ha voluto iniziare il nuovo corso politico con una sfida enorme, ovvero quella della formale indipendenza dalla Repubblica del Popolo della Cina. Questo processo secondo il partito di maggioranza, il PDP, è necessario per la sopravvivenza di Taiwan come entità all’interno del sistema mondo.

Ricordiamo che per il diritto internazionale per essere riconosciuto come Stato c’è la necessità imprescindibile di tre elementi fondamentali ovvero il territorio, la popolazione e il governo. Quello che è al centro del dibattito che dura oramai dall’instaurazione del socialismo reale in Cina nel 1949 a oggi è sulla sovranità territoriale. Secondo il governo cinese Taiwan non è nient’altro che l’isola di Formosa appartenente al governo cinese. Secondo il popolo erede del fuggiasco Chiang Kai-shek invece sarebbe un territorio di sovranità di Taiwan auto-riconoscendosi in questo modo Stato indipendente. Nessuno Stato Occidentale intrattiene relazioni con lo Stato di Taiwan e coloro che invece hanno scelto come partner internazionale la piccola isola del Pacifico sono una esigua manciata, circa 22.

La scelta di volersi rendere definitivamente indipendente in modo tale da poter accedere all’ONU attraverso l’articolo 4 della Carta della Nazioni Unite è un obiettivo molto lontano e, per molti versi, molto più in salita della situazione di un Paese quale la Palestina. Questa difficoltà è soprattutto perché nessuno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, ovvero USA, Francia, Regno Unito, Russia e Cina, intrattiene nessun tipo di relazione internazionale con il Paese in questione e quindi nessuno di loro ha la volontà di portare avanti la richiesta di autodeterminazione di Taiwan.

In questa situazione è ancora più importante ricordare che la Cina è l’unica che intrattiene relazioni con l’isola di Formosa per il semplice motivo che applica dazi e regolazioni economiche come se il territorio fosse di propria competenza. In questo caso quindi non può essere definito come una relazione internazionale ma una mera amministrazione interna, all’interno della quale Pechino ha deciso di lasciare una certa libertà governativa all’isola. 

Il governo Tsai quindi sta provando a liberarsi dall'”oppressione” cinese attraverso una riorganizzazione economica in modo tale da creare un nuovo modello economico di stampo taiwanese che possa svincolare Taiwan dal giogo cinese. Più del 40% dell’export di Taiwan è verso la Cina e più del 20% dell’import proviene dal colosso asiatico. In questo secondo caso la Cina si attesta come primo Stato da cui Taiwan importa, seguono Giappone con il 17% e USA con l’11%. Il trattato principale a cui il nuovo governo vorrebbe andarsi ad accodare per respirare aria diversa da quella cinese è il partenariato Tans-pacifico (TPP). Questo infatti è un’unione economica creata dagli Stati Uniti per avere un controllo maggiore sui piccoli Stati confinanti con la Cina comunista che altrimenti diventerebbero con facilità prede del colosso cinese.

Dal punto di vista internazionale Taiwan sta cercando di prendere una posizione nel mondo in modo da poter essere riconosciuta anche in maniera indiretta come Stato sovrano. Nel maggio 2016 però la Corte dell’Aja ha respinto l’affermazione, all’intero di un processo tra Filippine e Cina riguardo le isoli Spratly, che l’isola di Itu Aba possa essere di sovranità taiwanese essendo essa una roccia più che un’isola. Questa sentenza ha affermato indirettamente che la comunità internazionale non riconosce Taiwan come Stato indipendente e che le proprie pretese non sono prese in considerazione. Inoltre questa sentenza ha limitato la possibilità di Taiwan di poter estendere la propria Zona Economica Esclusiva (ZEE), ovvero una zona di 200 miglia in cui lo Stato ha la sovranità economica e quindi sono di sua competenza, anche all’interno delle Isole Spratly.

Il panorama del nuovo governo quindi sembra essere molto complicato e molto difficile da risolvere, sicuramente impossibile nell’arco di un singolo mandato. Per questo motivo Tsai dovrà sicuramente spingere in maniera insistente con la comunità internazionale per il riconoscimento dell’autonomia di Taiwan dalla Cina senza però mai mettere in reale difficoltà le relazioni economiche con la Cina per non veder affondare le proprie sicurezze interne. Dall’altra parte dovrà riuscire a creare un terreno fertile per poter essere nuovamente eletta nelle prossime votazioni in modo tale da poter continuare la sfida più grande che Taiwan abbia mai affrontato dalla sua nascita. In questo senso la nascita del così detto “Terzo Polo” del Partito del Nuovo Potere (PNP), nato dal movimento dei girasoli del 2014, potrebbe essere un ottimo alleato. Il PNP ha ottenuto in questa tornata elettorale solo cinque seggi all’interno dell’Assemblea Legislativa su un totale di 113 ma la sua forza simbolica e vicinanza su alcune tematiche con il partito di governo potrebbe creare un’asse importante per entrambe le parti.

 

Approfondimenti:

http://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2016/01/daily-chart-14

http://thediplomat.com/2016/05/its-official-taiwan-has-a-new-president/

http://asia.nikkei.com/magazine/20160526-FACING-UP-TO-HISTORY/Politics-Economy/Taiwan-and-China-don-t-let-politics-stand-in-the-way-of-deals

http://thediplomat.com/2016/04/south-china-sea-itu-aba-might-be-key-to-philippines-v-china/

http://www.un.org/en/member-states/

http://www.worldsrichestcountries.com/top_taiwan_imports.html

http://thediplomat.com/2016/02/taiwans-third-force-makes-its-presence-known-in-legislature/

http://www.economist.com/news/asia/21648026-social-movements-stir-taiwans-hyperactive-democracy-sunflower-seeds

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