La silenziosa guerra in Yemen

La Porta dello Yemen nella città di Sana
@Dan - Flickr - License CC BY-SA 2.0

Il 23 marzo 2016 un violento attacco aereo delle forze armate statunitensi in Yemen ha spazzato via alcuni campi di addestramento usati dai terroristi dell’AQAP causando circa 200 morti. L’AQAP è un’organizzazione terroristica affiliata ad Al-Qaeda, è attiva in Yemen e Arabia Saudita dal 2009 ed è combattuta dall’esercito yemenita, appoggiato da Arabia Saudita e USA.

Lo Yemen fino al 1990 era diviso in due stati: la Repubblica Araba dello Yemen e la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, di ispirazione marxista. I due stati, da sempre in contrasto tra loro, si sono uniti alla fine degli anni ’80 per sfruttare assieme i pozzi petroliferi presenti al confine e creare un’area di libera circolazione di merci e di cittadini.

La situazione in questa zona è in continuo sviluppo: le ondate di protesta della primavera araba agli inizi del 2011 nella capitale Sana’a, causate da disoccupazione, povertà e diseguaglianze, hanno portato nel 2012 alla deposizione del capo dello stato ‘Ali ‘Abd Allah Saleh dopo 32 anni di governo ininterrotto, cedendo il potere al suo vice ‘Abd Rabbih Mansur Hadi. Il nuovo presidente ha appoggiato la lotta contro il terrorismo islamico, ottenendo così il già citato supporto militare e logistico da Arabia Saudita e USA.

La rivolta yemenita è stata guidata da una delle fazioni più moderate degli sciiti, gli zayditi. Questa variante dello sciismo islamico sopravvive soltanto nello Yemen e qui si è formato il gruppo armato degli Huthi. Fin dall’inizio questa minoranza è stata colpita e vessata dallo Stato centrale, con lo scopo di ridefinire la gestione del potere. Il cambio di governo non ha giovato alla causa Huthi e, agli inizi del 2015, con una nuova rivolta nella capitale Sana’a, le milizie zaydite hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale deponendo il nuovo presidente. Il colpo di Stato ha causato lo scioglimento del  parlamento e del governo provocando una guerra civile.

Quali sono le parti in conflitto?

  • Gli Huthi, a capo della rivoluzione, supportati dall’Iran e da Hezbollah.
  • Le forze governative del presidente Hadi, supportate da una coalizione regionale araba con a capo l’Arabia Saudita e gli USA.
  • Le organizzazioni terroristiche dell’AQAP, in maggioranza, e dell’ISIS.

L’AQAP  ha ottenuto il controllo di intere aree della regione centro-orientale e organizzato numerosi attentati nella capitale Sana’a contro moschee sciite. Per contrastare il terrorismo islamico, gli Stati Uniti hanno effettuato attacchi aerei su larga scala per cercare di arginare le avanzate jihadiste. I fondamentalisti più radicali hanno abbandonato Al-Qaeda per unirsi alle milizie del sedicente Stato Islamico presente nel Paese: l’ISIS, infatti,  sta acquistando sempre più consapevolezza dei propri mezzi portando dalla propria parte un numero considerevole di estremisti (per maggiori informazioni vedi I fondamenti del pensiero jihadista).

Il 26 marzo 2015 l’Arabia Saudita ha lanciato una grande campagna militare, chiamata “Tempesta Decisiva”, che è stata appoggiata il 15 aprile dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la Risoluzione 2216 (2015) che decreta degli obblighi e dei vincoli nei confronti degli Huthi:

  • L’uso della forza della coalizione.
  • Un totale embargo sulle armi.
  • La riconsegna delle armi sequestrate dai depositi delle forze governative.
  • La riconsegna dei territori conquistati e della capitale Sana’a.
  • La fine delle iniziative belliche.

E’ stata creata inoltre l’operazione “Restaurare la speranza” che ha come obiettivo riportare il presidente Hadi al governo e porre fine all’avanzata degli Huthi. A distanza di un anno gli attacchi della coalizione araba non si sono ancora fermati. Aeroporti, fabbriche e centrali elettriche sono state distrutte dai bombardamenti sauditi che hanno provocato frequenti blackout nella zona della capitale. I raid sono ritenuti illegali dalle Nazioni Unite: circa 3200 civili hanno perso la vita dallo scoppio della guerra e il 60% delle vittime sono state uccise da raid della coalizione.

Lo Yemen si trova di fronte ad una crisi senza precedenti, l’83% dell’intera popolazione sopravvive grazie agli aiuti umanitari, sono più di due milioni gli sfollati e i raid sauditi continuano a colpire i civili, principalmente con armi vendute dai Paesi membri dell’Unione Europea (principalmente UK, Francia e Italia) e dagli Stati Uniti. In questi ultimi mesi il Parlamento europeo sta tentando di approvare un embargo sulle armi contro l’Arabia Saudita, senza di esso difficilmente si giungerà ad un accordo tra le parti.

Nonostante i ripetuti appelli da parte di Amnesty International, l’Arabia Saudita continua a violare i diritti umani e il diritto internazionale: infatti alcuni raid della coalizione araba hanno colpito intenzionalmente la popolazione civile, anche con l’uso massiccio di bombe a grappolo, esplosivi letali banditi dalla “Convenzione ONU sulle bombe a grappolo” adottata il 30 maggio 2008. La comunità internazionale silenziosamente finanzia la guerra, continuando a vendere armi alla coalizione araba. 

Riportiamo le parole dette da Brian Wood, direttore della campagna “Esportazione di armi e diritti umani” di Amnesty International che, dal nostro punto di vista, riassumono precisamente quale sia il bilancio economico, politico e umano in questo piccolo Stato nel sud della penisola araba. “Il mondo non ha soltanto voltato le spalle alla popolazione dello Yemen; molti Stati hanno in realtà contribuito alle sue sofferenze, fornendo armi e bombe che sono state utilizzate per uccidere e ferire illecitamente civili e distruggere case e infrastrutture. Questo ha causato una catastrofe umanitaria “

Fonti e approfondimenti:

http://www.globalsecurity.org/military/world/war/yemen4.htm

http://www.bbc.com/news/world-middle-east-29319423

http://www.ecfr.eu/mena/yemen#cap6

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