Eritrea: l’indipendenza e le relazioni con l’Etiopia

Etiopia e Eritrea_LoSpiegone

Proseguiamo con il nostro approfondimento sulla storia dei rapporti tra Eritrea ed Etiopia, riprendendo le fila del discorso dall’articolo precedente, il quale si conclude con la fine della guerra tra i due Paesi del Corno d’Africa, avvenuta nel 1991, e l’indipendenza eritrea, due anni dopo.

La prima Eritrea (1991-1998)

Dopo un lungo e tortuoso percorso, iniziato nel 1961 con la guerra contro il regime etiope da parte dell’EPLF, l’Eritrea giunse alla piena indipendenza nel 1993 e, con un referendum, il popolo eritreo proclamò la nascita della Repubblica Eritrea mettendo a capo del neonato governo Isaias Afewerki. Da allora il Primo Ministro non è mai cambiato: pur essendo stata approvata una nuova costituzione nel 1997, le elezioni furono costantemente posticipate e il potere rimase nelle mani dell’EPLF di Afewerki, che cambiò il nome del partito in Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia. 

I precetti della nuova costituzione non entrarono mai in vigore, anzi, il partito monopolizzò fin da subito gli uffici di stampa e ne represse la libertà di opinione e pose sotto il suo controllo la Polizia e la Magistratura. Il Paese divenne ben presto un’autocrazia monopartitica di stampo militare, nel quale la società civile è costretta ad una leva obbligatoria indeterminata.

La nascita di un nuovo stato nell’area del Corno d’Africa, da sempre geopoliticamente molto instabile, aggravò i problemi già esistenti. Ne è un esempio la guerra contro lo Yemen del 1995 per il possesso delle Isole Hanish, sotto l’amministrazione dello Yemen. L’Eritrea rivendicò le isoleconsiderate strategiche per la loro posizione nel Mar Rosso, nel punto di passaggio dei traffici marittimi verso il canale di Suez. La risposta yemenita fu ovviamente negativa, e scoppiò una piccola guerra che si risolse subito grazie all’intervento della Corte Permanente di Arbitrato, che assegnò l’arcipelago allo Yemen nel 1995.

Guerra con l’Etiopia (1998-2000)

Nell’anno in cui si risolse la controversia con lo Yemen, si inasprirono i rapporti con l’Etiopia, che sfociarono in una guerra che ancora oggi non è completamente risolta. Prima di arrivare allo scontro, il neonato stato eritreo intrattenne ottimi rapporti economici con l’Etiopia, la quale sembrò poggiare le basi per una futura alleanza; l’Eritrea infatti divenne lo sbocco sul mare prediletto dall’Etiopia, con il porto di Assab che negli anni Novanta registrò un incremento dei commerci con Addis Abeba. I primi segni di una possibile crisi si intravidero quando i due Paesi si scontrarono proprio su questioni daziarie e commerciali relative al porto di Assab.

L’aggravarsi dei rapporti tra Etiopia ed Eritrea fece riemergere il problema della definizione dei confini tra essi, vivo sin dal 1991. Sull’argomento venne a crearsi nel 1997 un comitato di frontiera, pronto a demarcare i nuovi confini nazionali, basandosi sulle antiche linee disegnate dall’Italia, che dividevano la colonia eritrea dall’Impero Etiope. Le diverse interpretazioni degli scritti e dei disegni, nonché i più che possibili errori nelle carte geografiche dell’epoca, generarono più di qualche incomprensione.

Tra queste, il territorio della città di Badmè divenne il casus belli per i due stati. A causa dell’imprecisa definizione della frontiera stabilita nel 1902 fra l’Italia (allora potenza coloniale in Eritrea) e l’Impero d’Etiopia, lo status della località e delle aree circostanti non era del tutto chiaro. Il territorio sarebbe stato comunque riconosciuto come eritreo, nel 1977, da parte del Fronte di Liberazione del Tigrè, precursore di uno dei gruppi che forma oggi il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope, attuale coalizione di governo di Addis Abeba, con un accordo di “cessione” in favore del Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo. Le due formazioni erano allora alleate contro il regime del Derg.

Nel 1993 con la creazione del nuovo stato eritreo, il territorio di Badme fu inserito nella regione del Tigray settentrionale, ovvero sotto la giurisdizione etiope, bypassando quindi il precedente accordo. L’Eritrea rispose rivendicando il possesso di tale territorio, e passò all’azione nel 1998, quando utilizzò i militari per riconquistare la città. La risposta di Addis Abeba non tardò ad arrivare e Meles Zenawi, allora Primo Ministro etiope, schierò a sua volta l’esercito. I combattimenti si intensificarono sia via terra lungo il confine etiope-eritreo, sia con attacchi aerei che colpirono, ad esempio, gli aeroporti dei rispettivi Paesi, provocando centinaia di morti. Per placare l’escalation di combattimenti sempre più intensi e feroci, intervenne la comunità internazionale: l’Organizzazione dell’Unità Africana lavorò congiuntamente con il piano di pace messo a punto da Stati Uniti e Rwanda, denominato appunto proposta USA/Rwanda. La proposta verteva su 4 punti, che richiedevano il ritiro immediato delle forze e la smilitarizzazione della zona, nonché il ritorno allo status quo precedente il conflitto. L’Eritrea rifiutò in toto il progetto di pace, e di conseguenza, l’Etiopia riprese gli scontri organizzando una massiccia offensiva per la riconquista di Badmè. L’esercito etiope riconquistò il territorio conteso e arrivò persino alle porte di Asmara, la capitale eritrea; il 27 febbraio 1999 l’Eritrea accettò la proposta USA/Rwanda e i futuri colloqui di pace.

Dopo un processo che durò per tutto il 1999, mentre lungo il confine si combatteva ancora, si arrivò agli accordi di Algeri del 18 giugno 2000, con cui le parti si accordarono per la creazione di una zona di sicurezza temporanea (TSZ), di 25 chilometri di larghezza, in Eritrea, e per l’insediamento della Missione delle Nazioni Unite in Etiopia ed Eritrea (UNMEE), a monitoraggio del confine. Nel quadro degli Accordi venne istituita inoltre l’Ethiopia-Eritrea Boundary Commission (EEBC), in collaborazione con la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia, la quale decretò, con una sentenza risolutiva finale, il passaggio della sola città di Badmè sotto la giurisdizione eritrea, mentre il territorio del Tigrè settentrionale rimase sotto il controllo etiope.

Gli accordi di Algeri portarono alla provvisoria cessazione delle ostilità e alla fine ufficiale della guerra tra Etiopia ed Eritrea. Le spese del conflitto, in relazione allo scarsa modificazione dei confini, furono enormi; lo sforzo economico che i due Paesi affrontarono per impegnarsi quotidianamente alla guerra portarono all’aggravarsi delle loro condizioni economiche, che già in precedenza erano tra le peggiori del continente. In particolare, la scelta economica di Afewerki, volta a destinare oltre il 20% del PIL agli armamenti (decisione ancora oggi in vigore), portò ad un impoverimento della società eritrea rispetto al periodo di giurisdizione etiope. Inoltre, le perdite umane furono considerevoli: per soli 2 anni di guerra circa 70.000 uomini persero la vita.

La situazione attuale

Con l’inizio del nuovo millennio, i rapporti tra Eritrea ed Etiopia rimasero stabili, fino al 2005, quando la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia stabilì che l’Eritrea  aveva violato il diritto internazionale quando attaccò l’Etiopia nel 1998, scatenando il conflitto. Il verdetto fu pronunciato anche a causa della pressione che l’Etiopia fece alla Corte, poiché era in disaccordo con la decisione precedente riguardo l’assegnazione di Badmè.

Si aprì dunque una nuova stagione del conflitto, quella che è tuttora in svolgimento. I rapporti tra Eritrea e Nazioni Unite si aggravarono al punto che Afewerki nel 2006 chiese lo smantellamento della missione di peacekeeping a monitoraggio del confine, decisione avallata anche dalla stessa Etiopia. L’UNMEE ha terminato il suo incarico nel 2008, cosi come l’EEBC. L’allontanamento della comunità internazionale ha aperto la strada ai moltissimi gruppi dissidenti e terroristici che brulicano nel Corno d’Africa. Entrambi i Paesi son accusati di sostenere alcune bande armate che utilizzano per intralciarsi a vicenda, come gli shaab-ab somali, un gruppo terroristico di stampo jihadista, che opera nel sud della Somalia; in particolare l’Eritrea sembra essere il principale sostenitore delle rivolte degli Oromo in Etiopia, una delle maggiori etnie del Paese.

Ad oggi, le possibilità di porre fine alla contrapposizione tra i due Paesi sembrano molto scarse ma, al contempo, pare difficile possa scoppiare una vera guerra. Infatti, riguardo le scarse possibilità di una soluzione, è da considerare che ragioni di politica interna spingono l’Eritrea, ma anche l’Etiopia, al mantenimento di uno stato di attrito; entrambi i regimi lo hanno usato come una scusa per aumentare il loro potere interno a scapito della democrazia e della crescita economica. Inoltre l’intera area è da tempo priva di stabilità e sicurezza, basti pensare all’implosione del Sud Sudan, alla situazione in Somalia, alle tensioni islamiste in Kenya, oltre che alla guerra nel vicino Yemen. Dunque, la diplomazia internazionale ha posto in secondo piano le dispute tra Asmara e Addis Abeba, concentrandosi invece sulla soluzione di problemi come la necessità di instaurare un governo stabile in Somalia o di porre fine alla guerra civile sudanese e al conflitto in Darfur. Recentemente, nel giugno 2017, a destabilizzare ulteriormente gli equilibri della zona, è scoppiato un contenzioso tra Eritrea e Gibuti, a causa dello schieramento di truppe eritree al confine tra i due Paesi. Qualsiasi conflitto militare tra Eritrea e Gibuti rischia di infiammare nuovamente le rivalità eritreo-etiopi.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.lapresse.ca/international/afrique/201606/14/01-4991592-lethiopie-met-en-garde-lerythree-contre-une-guerre-totale.php

file:///C:/Users/User/Downloads/ETHERITJAN04%20(1).pdf

http://www.bbc.com/news/world-africa-36515503

https://www.crisisgroup.org/africa/horn-africa/eritrea/beyond-fragile-peace-between-ethiopia-and-eritrea-averting-new-war

https://pca-cpa.org/ru/cases/81/

https://www.africa.upenn.edu/Urgent_Action/apic_7798.html

https://www.hrw.org/reports/2003/ethioerit0103/ethioerit0103-05.htm

http://www.africanews.com/2017/10/05/global-church-body-to-intervene-in-ethiopia-eritrea-border-dispute/

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