Il nuovo Senegal panafricanista e nazionalista

Elezioni Senegal
Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Gli ultimi tre anni in Senegal non sono stati affatto tranquilli. Tensioni politiche e sociali sono state all’ordine del giorno e hanno segnato profondamente il Paese. Facendo temere che potesse perdere la reputazione di democrazia più stabile dell’Africa occidentale.

Il periodo di crisi si è concluso il 24 marzo con l’elezione alla presidenza di Bassirou Diomaye Faye. Una figura di rottura rispetto alla precedente leadership di Macky Sall. Panafricanista, populista e nazionalista, Faye ha fin da subito promesso cambiamenti radicali sul piano economico, sociale e politico.

Un voto travagliato

Le elezioni erano fissate per il 25 febbraio. Ma a inizio mese l’allora presidente Sall aveva deciso unilateralmente di rimandarle a fine anno. Una necessità, secondo lui, dettata dall’esigenza di risolvere il conflitto tra Consiglio costituzionale e Parlamento. Se il primo non aveva ammesso alle elezioni alcuni candidati di punta, il secondo aveva aperto un’indagine su due giudici per corruzione.

In realtà, Sall voleva guadagnare tempo per far fronte all’esclusione di Karim Wade. Con cui il presidente uscente – consapevole della debolezza di Amadou Ba, candidato del suo partito – aveva stipulato un’alleanza in vista del secondo turno.

Tuttavia, dopo giorni di manifestazioni di piazza, la Corte costituzionale ha riaffermato la propria superiorità sull’esecutivo, imponendo di rispettare la scadenza del mandato presidenziale, il 2 aprile. Sall si è quindi dovuto piegare, fissando il voto per il 24 marzo.

Il verdetto delle urne ha confermato il desiderio di cambiamento dei senegalesi. Infatti, gli ultimi tre anni della presidenza di Sall (al potere dal 2012) sono stati segnati da attacchi alle istituzioni democratiche, arresti di leader dell’opposizione e giornalisti e blocchi di internet. Nel 2023, la repressione delle proteste popolari aveva causato 60 morti, centinaia di feriti e oltre mille arresti. Ma soprattutto c’era il timore serpeggiante che Sall si candidasse per un terzo mandato, incostituzionale.

Faye e le promesse di cambiamento

Fino a poco prima del voto, Faye era una figura pressoché sconosciuta ai più, nonostante fosse il braccio destro di Ousmane Sonko. Quest’ultimo era il leader dei Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’eticità e la fraternità (Pastef), partito di opposizione, sciolto dal governo nell’estate del 2023.

Con l’avvicinarsi delle elezioni, Faye è rapidamente salito alla ribalta poiché Sonko, condannato a due anni di carcere per incitazione all’insurrezione, non poteva candidarsi. Il Codice elettorale senegalese infatti stabilisce che chi ha sentenze a carico non può partecipare alle elezioni.

Anche su Faye pendono diverse accuse, tra cui quella di oltraggio alla Corte. Per questo, dieci giorni prima del voto, si trovava ancora in detenzione preventiva. Così come era in carcere anche Sonko. Entrambi sono stati rilasciati (insieme ad altri oppositori politici) il 14 marzo, grazie a un’amnistia generale. Cioè, l’estremo tentativo di Sall di calmare le incessanti proteste popolari nelle principali città del Paese, Dakar, Ziguinchor e Saint-Louis.

Faye e Sonko hanno fatto campagna elettorale insieme. E l’hanno improntata sul cambiamento. Hanno posto l’accento sul desiderio dei senegalesi di una rottura con il passato e sulla lotta contro il sistema. In questo modo, hanno intercettato il malcontento dei più giovani e di coloro che affrontano maggiori difficoltà.

Alla guida del nuovo governo – Faye è presidente, mentre Sonko è stato investito della carica di Primo ministro – stanno muovendo i primi passi. Ma le rotture con il passato hanno già iniziato a emergere.

Nazionalismo economico

La necessità di riappropriarsi delle risorse nazionali è stata fin da subito al centro della campagna elettorale di Faye e Sonko. Non a caso, in cima all’agenda governativa, c’è proprio la rivalutazione delle concessioni sullo sfruttamento delle ricchezze naturali del Paese: petrolio, gas e minerali. L’obiettivo è stipulare con le compagnie straniere degli accordi vantaggiosi anche per il Senegal e i suoi cittadini.

La prima piattaforma petrolifera offshore, gestita dall’azienda australiana Woodside, dovrebbe iniziare a breve la produzione. Il progetto per la produzione di gas naturale liquefatto, al confine tra Mauritania e Senegal, procede invece spedito sotto il controllo di Bp e Kosmos Energy. Mentre aumenta lo sfruttamento dei giacimenti minerari, soprattutto quelli di zircone, abbondanti nella regione secessionista della Casamance.

I contratti per lo sfruttamento di queste risorse, generalmente, assicurano ampie percentuali alle compagnie straniere. Ben poco resta al Senegal e ai suoi cittadini. Proprio per sovvertire questo squilibrio, il governo ha già annunciato delle audit (un processo di verifica delle concessioni esistenti). Così da valutare i contratti ed eventualmente rinegoziare quelli troppo svantaggiosi per il Paese.

Armatori europei e cinesi

Il pesce è l’altra grande risorsa di cui è ricco il Senegal. Su questo fronte, le prime mosse sono già in atto. La pesca illegale di natura industriale è da tempo una delle note dolenti dell’economia nazionale. Il Paese dispone di 700 chilometri di coste e l’economia di sussistenza è spesso legata proprio alle attività ittiche.

Il 6 maggio, Faye ha mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale di pubblicare la lista delle barche autorizzate ad andare in mare. Salta all’occhio la nazionalità: su 151 operatori registrati solo 19 sono stranieri. Ma, ogni giorno, i pescatori locali denunciano un numero di armatori cinesi ed europei decisamente maggiore rispetto a quello che ci si aspetterebbe visto il numero ridotto di operatori registrati. Perciò, ha preso piede la concreta ipotesi di prestanome. Un aspetto su cui il governo ha già puntato la propria attenzione.

A supportare le tesi dei pescatori locali c’è il report pubblicato a ottobre 2023 dall’Environmental Justice Foundation (EJF). Al suo interno, l’organizzazione denuncia che, sui 99 pescherecci a strascico – vietati in Europa – che battono bandiera senegalese, il 20% è in mano ad armatori cinesi e il 29% a europei. Ed è nelle loro reti che finisce gran parte del pesce al largo del Senegal. Sempre l’EJF infatti riporta anche che tra il 2012 e il 2019 i pescatori artigianali senegalesi hanno visto ridursi il pescato del 60%.

Oltre a far man bassa di tutto il pesce disponibile, i pescherecci – con le loro manovre a pochi chilometri dalle coste – devastano aree riservate alla riproduzione ittica. Mentre le reti a strascico raschiano i fondali e sollevano il carbonio stoccato nei pozzi oceanici, trasformandolo in anidride carbonica, dannosa per l’ambiente marittimo.

Fuori dal franco Cfa

Come molti altri Paesi dell’Africa occidentale, anche il Senegal, con l’indipendenza, aveva adottato il franco Cfa. Una moneta ancorata al franco francese e poi all’euro con un tasso di cambio fisso. Ma che porta con sé l’obbligo per i Paesi africani di depositare il 70% delle proprie riserve di valuta straniera nel Tesoro di Parigi.

In campagna elettorale, Faye e Sonko hanno evidenziato che per questo il Senegal non ha una propria sovranità monetaria. Entrambi infatti hanno invocato l’uscita da quello che è – a tutti gli effetti – uno strumento del neocolonialismo francese in Africa.

Appoggiano la proposta di sostituire il franco Cfa con una nuova moneta unica, l’eco. Un tema su cui i Paesi della Comunità economica dell’Africa occidentale (Ecowas) dibattono da tempo. Non a caso, al ministero dell’Economia, Sonko ha nominato Abdourahmane Sarr, economista famoso per la sua posizione riformista sul franco Cfa.

Uno sguardo alla geopolitica

Dopo l’elezione di Faye, alcuni osservatori hanno iniziato ad associarlo ai regimi golpisti di Mali, Burkina Faso e Niger. L’atteggiamento populista del nuovo presidente del Senegal e la sua critica aperta all’Occidente hanno immediatamente ricordato l’approccio nazionalista e la retorica antifrancese delle giunte del Sahel. Facendo temere a Unione europea e Stati Uniti di essere a un passo dal perdere un importante alleato nella regione.

Ma un governo eletto democraticamente – per quanto radicale e panafricanista – non è paragonabile a regimi militari saliti al potere con dei colpi di stato. Il Senegal di Faye e Sonko sta sì assumendo posizioni di rottura con l’amministrazione precedente e non risparmia critiche all’Occidente, oltre ad avere un atteggiamento panafricanista e nazionalista, ma si esprime nel quadro di istituzioni democratiche.

Difficilmente, il Senegal si avvicinerà alla Russia che è invece diventata il principale partner militare di Mali, Burkina Faso e Niger. Come, altrettanto difficilmente, verrà meno la collaborazione securitaria presente tra Dakar, Stati Uniti e Unione europea. A differenza dei tre Paesi del Sahel, in Senegal non operano movimenti jihadisti e Faye non ha intenzione di aprire ora loro le proprie porte.

Piuttosto, un approccio più radicale si registrerà in ambiti dove il Paese ha tutto da guadagnare e poco da perdere. Come le risorse.

Fonti e approfondimenti

Ehing, Claudia, A glimmer of hope for West Africa?, International Politics and Society, 2 aprile 2024. 

Environmental Justice Foundation, “Au point de rupture: Comment le chalutage de fond précipite l’effondrement de la pêche artisanale au Sénégal”, 30 ottobre 2023.

Gauriat, Valérie, “La crisi della pesca in Senegal: i pescatori locali accusano l’Ue”, Euronews, 11 febbraio 2022.

IntrAfrica. Senegal: stress-test democratico. 22 febbraio 2024.

Kanté, Aissatou, Kwarkye, Sampson, “Will Senegal’s new president shake up external relations?”, Institute for Security Studies, 22 aprile 2024.

Niang, Amy, “2024 Senegal election crisis points to deeper issues with Macky Sall and his preferred successor”, The Conversation, 18 marzo 2024.

Pedrielli, Alberto, “Dopo le elezioni, il Senegal volta pagina?”, Lo Spiegone, 26 marzo 2024.

Reuters, “Senegal says oil, gas and mine contracts will be reworked if needed”, 11 aprile 2024.

SenePlus, “Les grands noms des hydrocarbures au Sénégal”, 7 aprile 2024.

Scopri di più da Lo Spiegone

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere