[…] L’armi con le quali il Principe difende il suo Stato, o le sono proprie o le sono mercenarie, o ausiliarie, o miste. Le mercenarie, o ausiliarie sono inutili e pericolose; e se uno tiene lo Stato suo fondato in su l’armi mercenarie, non starà mai fermo né sicuro, perché le sono disunite, ambiziose, e senza disciplina, infedeli, gagliarde tra gli amici, tra li nemici vili […]
Niccolò Machiavelli, Il Principe, Cap. XII
Con queste parole, Niccolò Machiavelli metteva in guardia i propri contemporanei contro l’inaffidabilità delle compagnie di ventura che infestavano l’Italia e l’Europa del XVI secolo. Allora fenomeno diffusissimo, il mercenariato costituiva di fatto una vera e propria piaga, la quale visse il suo apice un secolo più tardi nel corso della Guerra dei Trent’anni (1618-1648). In un’Europa sconvolta da uno dei conflitti più violenti della storia umana, nacque con la pace di Vestfalia (1648) un nuovo ordine basato sul concetto di Stato assoluto, principale attore dello scenario internazionale. I singoli regni iniziarono a fare maggiore affidamento sui propri soldati piuttosto che sui mercenari, i quali finirono per lasciare gradualmente il terreno agli eserciti nazionali, consentendo allo Stato di divenire il detentore esclusivo del potere coercitivo e dell’uso della forza.
Oggi, tuttavia, il fenomeno del mercenariato è tornato ad accompagnare i conflitti, creando non pochi problemi dal punto di vista giuridico e morale. Si tratta di un fenomeno in parte diverso rispetto a quello che potevano essere le compagnie di ventura dell’Italia dell’epoca di Machiavelli, o dell’Europa delle guerre di religione, presentandosi come un fattore molto più complesso e ricco di sfaccettature.
I mercenari prendono oggi il nome di contractors e possono essere definiti come compagnie private operanti nel settore della sicurezza, dotate di armamenti, mezzi ed equipaggiamenti più o meno sofisticati, e capaci di stipulare un contratto (da cui il termine contractors) col governo di uno Stato, al fine di effettuare operazioni militari all’estero, o per supportare forze armate regolari impegnate in un conflitto. Il termine “contractors” è utilizzato intercambiabilmente sia per indicare l’ente privato, sia il personale da esso impiegato.
La rinascita del mercenariato si lega alla complessità stessa della guerra contemporanea: i contractors non necessariamente vengono assoldati per essere ingaggiati direttamente nelle operazioni di combattimento (anche se, come vedremo, ci sono diversi casi in cui ciò è accaduto), ma essi sono sovente utilizzati in operazioni di supporto, reclutamento e addestramento. In effetti, le azioni militari su larga scala non richiedono il dispiegamento esclusivamente di combattenti, ma anche di servizi di trasporto, logistica, polizia e sorveglianza; è proprio questo l’impiego più comune del mercenario di oggi.
A segnare il punto di svolta di tale andamento sono state le guerre in Afghanistan e Iraq, durante le quali il numero di contractors impiegato da Washington è arrivato ad eguagliare i soldati regolari USA; un grande cambiamento considerando che, nel corso della guerra del Vietnam, i contractors costituivano solo il 20% degli effettivi americani. Secondo uno studio pubblicato dal Watson Institute for International and Public Affairs, dall’ottobre del 2001, un totale di 7.071 contractors hanno perso la vita in Afghanistan, Iraq e Pakistan; di contro, le perdite regolari statunitensi ammontano a 6.860.
Tra le compagnie private impiegate in Iraq da Washington, la più famosa è certamente Blackwater, fondata da Erik Prince nel 1997. Nel settembre del 2007, durante un episodio di tensione, i contractors di Blackwater aprirono il fuoco contro la popolazione irachena a Piazza Nisour (Baghdad), uccidendo 17 civili e ferendone 25. Nel 2015, gli autori dell’attacco sono stati condannati a 30 anni di reclusione da un tribunale a Washington, mentre uno degli aggressori ha ricevuto l’ergastolo. L’episodio dimostra la pericolosità dell’impiego di personale militare privato nel corso di operazioni belliche. Anche se i contractors non vengono direttamente impiegati nei combattimenti, il loro utilizzo in operazioni di vigilanza o polizia può degenerare comunque in episodi di efferata violenza, specialmente se il personale privato è equipaggiato con armamenti pesanti.
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Al pari degli Stati Uniti, anche la Federazione Russa, spesso e volentieri, impiega mercenari nel corso di operazioni militari. Celebri sono i Little Green Men, le forze irregolari russe che nel 2014 occuparono i punti strategici della città di Sinferopoli nel corso dell’annessione della Crimea alla Russia. Tutt’ora, sia il governo di Kiev, sia le forze secessioniste supportate da Mosca, impiegano un vasto numero di compagnie di sicurezza private per le loro azioni belliche. Tra queste si può citare il Gruppo Wagner. Registrato in Argentina, ma di base a Krasnodar, in Russia, il Gruppo Wagner è stato assoldato dal Cremlino per effettuare operazioni militari nel corso del conflitto in Ucraina. La compagnia conta un numero di effettivi pari a 3.600 tra cui, oltre a cittadini russi, è presente un gran numero di serbi.
Sean McFate, ex contractor e autore di The Modern Mercenary, un libro che analizza a fondo il fenomeno delle compagnie di ventura dell’epoca contemporanea, distingue tra due figure di mercenari: i mercenari veri e propri e le compagnie militari. Secondo McFate, i primi combatterebbero per il migliore offerente, rientrando quindi nella definizione classica del mercenario; mentre la seconda figura di contractor, quella della compagnia militare, indicherebbe invece un ente privato ingaggiato per reclutare e addestrare forze militari poi impiegate da uno Stato legittimo.
McFate utilizza due esempi per supportare la sua distinzione. Nel 2003, lo State Department americano decise di impegnare gli Stati Uniti nella costituzione di un nuovo esercito per la Liberia, allora appena uscita da una guerra civile sanguinosa. Già impegnata in Medio Oriente, Washington decise di affidare il reclutamento e l’addestramento di un nuovo esercito per la Liberia ad una compagnia privata dal nome DynCorp. L’ente di sicurezza riuscì in questo caso ad avviare e concludere con successo il processo di reclutamento, consentendo alla Liberia di costituire un nuovo esercito e stabilizzare il Paese. Le forze armate liberiane, in base a quanto affermato da McFate, rimasero fedeli al governo, partecipando anche ad operazioni di peacekeeping in Mali nel 2013.
D’altro canto, McFate usa la Somalia come esempio negativo di mercenariato. Nel 1995, le regioni semiautonome di Somaliland e Puntland arruolarono compagnie di sicurezza private per contrastare le azioni di pirateria sulle coste della Somalia. In questo caso, l’assenza di un governo centrale forte ha impedito la creazione di un esercito legittimo, mentre la presenza di diversi gruppi armati privati nel Paese non ha fatto altro che peggiorare la situazione di caos già esistente.
Sebbene la Liberia costituisca un esempio positivo di come le compagnie militari private possano essere utilizzate in un processo di state-building, essa rimane un caso isolato non molto convincente. Pur ammettendo che le compagnie private possano avere successo nella costituzione e nell’addestramento di eserciti (senza quindi poi mantenerne il comando), ciò non garantisce che questi enti non cerchino comunque di esercitare la propria influenza nella vita politica ed economica di un Paese. Anche solo il formare un’armata è una prerogativa essenziale degli Stati: demandare tale funzione ad altri enti implicherebbe una mancanza di autosufficienza dello Stato per quanto riguarda la sicurezza, e di conseguenza una perdita di legittimità. Affidare la costituzione di un esercito a dei contractors rimane una scelta rischiosa e con possibili risultati controproducenti.
Tra gli esempi negativi di mercenariato si può anche accennare al caso della Sierra Leone. All’inizio del 1995, il Paese si trovava in piena guerra civile, con le forze ribelli che si apprestavano ad assediare la capitale Freetown. Il governo dovette ricorrere, per salvarsi, all’arruolamento di una compagnia di sicurezza privata dal nome di Executive Outcomes, di base in Sud Africa. In breve, Executive Outcomes, dotata di elicotteri e artiglieria pesante, respinse le forze ribelli, permettendo al governo di ristabilire il proprio controllo sul territorio. A prima vista un altro successo, ma in seguito al conflitto i contractors continuarono a influenzare la vita politica ed economica del Paese, ottenendo concessioni per l’estrazione di diamanti a favore di una firm ad essi associata. Come se ciò non bastasse, una volta che le forze mercenarie lasciarono la Sierra Leone, le violenze all’ interno del Paese ripresero.
Il quadro generale tracciato evidenzia come, in diversi casi, l’utilizzo di contractors abbia prodotto dei risultati sfavorevoli; ma se l’affidarsi a compagnie militari private non costituisce una soluzione ottimale per gli Stati, cosa porta un governo ad ingaggiare contractors? Quali sono i vantaggi di una tale scelta?
I. Riduzione del costo politico interno di un conflitto
Come già accennato, la guerra è un affare molto complesso che richiede una grande quantità di personale: non solo combattenti, ma anche coloro che vengono impegnati nel fornire supporto logistico, servizi di sicurezza, polizia e sorveglianza. Paesi come gli Stati Uniti hanno ormai un esercito completamente formato da volontari e professionisti. Quando Washington va in guerra, si trova di fronte due opzioni:
- Ricorrere alla coscrizione militare, come nel caso del Vietnam;
- Affidarsi ai contractors per aumentare il numero degli effettivi.
La prima opzione presenta chiaramente dei costi politici elevatissimi. Ricorrere alla coscrizione è una scelta dolorosa, che potrebbe trovare l’opposizione di parte della popolazione e produrre gravi danni all’interno della società: esattamente quanto successo nel caso della Guerra in Vietnam. La seconda opzione permette, invece, di contenere i costi politici e di limitare l’avversione dei cittadini alla scelta di entrare in guerra. La morte di soldati americani all’estero è sempre difficile da digerire, mentre quando sono i mercenari a perdere la vita la notizia fa meno scalpore. L’utilizzo di contractors in Afghanistan e Iraq ha permesso di ridurre il numero di “boots on the ground”.
II. Riduzione del costo diplomatico e internazionale di azioni belliche all’estero
L’utilizzo di contractors per condurre operazioni militari introduce la possibilità di effettuare azioni sotto copertura, confondendo i rivali dello scacchiere internazionale, e impedendo quindi una chiara e immediata risposta degli avversari. L’esempio emblematico è quello della guerra di Crimea: l’utilizzo di forze irregolari ha permesso alla Russia di agire quasi indisturbata, celando ciò che costituiva una vera e propria aggressione. Nel caso in cui Mosca avesse utilizzato forze regolari del proprio esercito, il risultato sarebbe stato una risposta più decisa da parte della NATO, aumentando la possibilità di un scontro diretto tra Washington e Mosca. La scelta di utilizzare forze irregolari e contractors ha, di contro, consentito al Cremlino di guadagnare tempo, e di conseguire i propri obiettivi con costi molto ridotti, lasciando invece i propri rivali nell’incapacità di optare per una reazione commisurata.
III. La possibilità di negare in parte la propria responsabilità in caso di fallimento
Infine, un altro dei vantaggi dell’impiego di mercenari è la possibilità di negare la propria responsabilità diretta nel caso in cui le cose vadano male. È l’esempio del massacro attuato dalle guardie di Blackwater a Baghdad nel 2007. In questo caso, pur essendo stati ingaggiati dal Pentagono, la responsabilità degli atti violenti fu attribuita ai singoli autori ed a Blackwater, e non alle forze armate americane.
Nonostante l’utilizzo di contractors presenti diversi vantaggi di tipo immediato per gli Stati che li impiegano, bisogna considerare diversi effetti collaterali e svantaggi a lungo termine. In primo luogo, i governi che prendono la decisione di assoldare compagnie militari private devono tenere a mente il grande impatto negativo, in termini di efficienza, che ciò potrebbe avere sul corso delle operazioni. Un certo grado di diffidenza si potrebbe infatti instaurare tra i soldati regolari e i contractors. Di fatto, questi ultimi andrebbero a costituire delle forze di “seconda categoria”, creando un certo risentimento tra i due diversi tipi di personale. Inoltre, la presenza di compagnie militari private nel corso delle operazioni significherebbe avere anche una catena di comando molto più complessa e intricata, con una maggiore difficoltà nell’attribuzione delle competenze.
Un altro fattore che contribuisce ad un abbassamento della qualità delle forze schierate in campo è la necessità di assoldare personale in maniera repentina. Nel caso della guerra in Iraq, l’immediato bisogno del Pentagono di trovare personale ha portato a un allentamento degli standard delle compagnie militari private, causando quindi un impatto sull’efficienza generale delle operazioni belliche.
Ancora più gravi sono, invece, gli effetti a lungo termine di un vasto impiego di contractors. Ad esempio, il fatto che il loro utilizzo riduca drasticamente il costo politico interno dell’entrare in guerra, potrebbe comportare un aumento dell’uso della forza per risolvere controversie internazionali. Per le democrazie, il costo politico e sociale di una guerra è spesso un deterrente sufficiente per evitarla ad ogni costo, ma se si ricorre al mercenariato (piuttosto che alla coscrizione) per raggiungere il numero di effettivi necessario a condurre le operazioni, questo deterrente perde di efficacia.
Qual è poi il quadro giuridico a cui fare riferimento nel caso consueto in cui vi siano degli incidenti, o nel caso in cui i contractors esercitino una violenza eccessiva? Spesso le compagnie militari sono enti multinazionali, con la sede giuridica in un Paese e quella fisica in un altro (come ad esempio succede per il Gruppo Wagner). Per non parlare, poi, del fatto che cittadini di diversi Paesi lavorano per questi enti privati. Tenendo a mente ciò, quale giurisdizione bisognerebbe applicare per risolvere le controversie in tale ambito? I confini della materia sono così sfocati da incrementare il rischio che eventuali perpetuatori di crimini di guerra rimangano impuniti.
L’uso di contractors aumenta inoltre il rischio di delegittimazione di uno Stato. L’eccessiva presenza di contractors, impegnati in operazioni di polizia e sorveglianza, in Afghanistan ha indebolito ulteriormente il governo locale. La polizia di un Paese deve essere in mano al governo del Paese stesso; in caso contrario, la popolazione nutrirà un profondo senso di alienazione nei confronti dello Stato, danneggiando ogni possibilità di nascita di una cultura democratica.
Infine, vi è anche la questione della sindrome da stress post-traumatico. Gli eserciti regolari hanno a disposizione diversi strumenti per trattare e seguire i soldati una volta tornati a casa: lo stesso non si può affermare per le compagnie militari private. Uno studio del 2013 pubblicato dalla RAND Corporation (un think tank statunitense che si occupa di temi relativi a sicurezza e difesa) ha comprovato come, su un campione di contractors provenienti da vari Paesi, ben il 25% soffrisse di sindrome da stress post-traumatico.
L’unico Paese che sembra utilizzare i contractors in maniera più accorta è la Cina. Il gigante asiatico impiega le compagnie militari private principalmente per difendere i propri investimenti esteri. La Belt and Road Initiative (BRI) ha portato Pechino ad assoldare una grande quantità di mercenari, per sorvegliare l’implementazione degli ambiziosi progetti infrastrutturali legati alla BRI.
La caratteristica principale dei contractors arruolati da Pechino è che essi non hanno il permesso di essere armati, o di aprire il fuoco. L’utilizzo di armi è consentito dalla Repubblica Popolare Cinese solo in casi di estrema necessità, proprio per evitare un evidente coinvolgimento di Pechino negli affari interni degli altri Paesi. Di fatto, l’Esercito di Liberazione Popolare rimane ancorato al principio di non ingerenza.
Una delle principali compagnie di sicurezza private impiegate dalla Cina è la DeWe. Di base a Pechino, la DeWe è specializzata in evacuazione di personale in situazioni di pericolo. Nel luglio del 2016, la compagnia ha effettuato un’operazione di salvataggio durata 5 giorni a Juba, in Sud Sudan, città in quel momento divorata da violenti scontri tra fazioni locali. In quell’occasione, grazie alla DeWe, il personale della China National Petroleum Corp è stato evacuato e portato a Nairobi, in Kenya.
Sia ben chiaro: anche la Cina utilizza i mercenari con l’intento di nascondere le proprie ingerenze in Paesi esteri, ma ciò viene fatto in maniera molto più discreta e sicura. Proibire ai contractors di portare armi e di aprire il fuoco, fatta eccezione per casi di estrema necessità, impedisce che si verifichino episodi violenti come quello di Piazza Nasour nel 2007.
Fonti e approfondimenti
Pietro Orizio, Ucraina, la Guerra Mercenaria, Limes, Aprile 2018
https://www.foreignaffairs.com/reviews/2015-06-16/hired-guns
https://thediplomat.com/2018/03/chinas-private-army-protecting-the-new-silk-road/
https://www.securitydegreehub.com/most-powerful-private-security-companies-in-the-world/
https://www.theguardian.com/commentisfree/2013/jan/23/military-contracting-corporate-mercenaries
https://www.defenseone.com/technology/2014/09/china-hacks-us-military-transport-contractors/94445/
https://www.ft.com/content/2a1ce1c8-fa7c-11e6-9516-2d969e0d3b65
https://www.rand.org/content/dam/rand/pubs/research_reports/RR400/RR420/RAND_RR420.pdf
https://www.nytimes.com/1999/02/04/opinion/saving-sierra-leone-at-a-price.html