Il ritiro americano dalla Siria e i possibili scenari

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

L’annuncio americano di abbandonare la Siria ha lasciato gran parte degli alleati e dei competitor degli Stati Uniti a bocca aperta, soprattutto dopo i missili dello scorso anno. “Quando ti confronti con quello che ritieni essere il più temibile degli avversari, non ti aspetti che faccia una mossa così stupida, ma la storia ci dice che a volte succede”: questa è una delle frasi che nelle ultime settimane è stata più volte attribuita a fonti di intelligence russa. Molto probabilmente la dichiarazione è falsa, ma è sicuramente vero che una mossa del genere era totalmente inaspettata da parte degli altri attori presenti nell’area mediorientale, tant’è che nessuno ha chiaro quali potranno essere i possibili sviluppi.

 

Una decisione umorale

Per moltissimo tempo, durante anni della sua presidenza, abbiamo assistito alle dichiarazioni del Presidente Bush nelle quali affermava che si sarebbe ritirato dall’Iraq, dato che la missione era “compiuta”. Ma nel frattempo, il Paese bruciava in una orribile guerra civile e lui continuava a mandare truppe. È servito Obama e l’accordo con le tribù sunnite per permettere un effettivo ritiro della forza militare americana, lasciando però un vuoto che sarebbe stato poi in qualche modo riempito dall’ISIS.

In Siria, invece, il Presidente Trump ha preso una decisione immediata, quasi non avesse capito esattamente cosa stessero facendo i suoi reparti, o quasi avesse più necessità di rispettare una promessa elettorale. Quando i suoi ufficiali gli hanno comunicato che le cellule legate all’organizzazione centrale dello Stato Islamico – quindi non alle entità collaterali ad essa – non avevano più controllo diretto sul territorio, ha immediatamente deciso di abbandonare la zona di guerra.

Come si legge dai report del Congresso, è chiaro che le cellule di ISIS non sono ancora state eliminate e che la situazione di instabilità è ancora molto presente. Ragion per cui, davanti a questa decisione, James Mattis ha presentato le dimissioni da Segretario alla difesa, mentre John Bolton e Mike Pompeo hanno incominciato a rilasciare dichiarazioni contrastanti come “Gli Stati Uniti non abbandoneranno la Siria fino a che ci sarà un rischio di terrorismo“.

Davanti a questa posizione è adesso necessario delineare alcuni possibili scenari che si incentreranno sugli attori  presenti nell’area, come la Siria di Assad, la Turchia, i curdi, l’ISIS, l’Iran e la Russia. 

 

La Russia

Molti analisti sostengono che ormai, con l’annuncio, Trump ha creato un danno irreparabile allo status degli USA in Medio Oriente. Se infatti ora decidesse di bloccare la ritirata, si dimostrerebbe un partner inaffidabile, mutevole e influenzabile dall’opinione pubblica; mentre se decidesse di andarsene senza trovare alcuna soluzione futura, potrebbe creare molti problemi. Il consiglio che è comparso anche in vari articoli, tra cui quelli sul magazine Foreign Affairs, è quello di trovare un accordo con la Russia di Putin, la quale faccia da garante di alcune posizioni care agli USA.

Se Trump è un uomo avventato, non si può dire lo stesso di Putin, che vede nel ritiro degli Stati Uniti infiniti vantaggi, ma anche un possibile rischio per la potenza russa. Nonostante Fox News svenda la mossa di Trump come un geniale piano per ingolfare i russi nelle sabbie mediorientali, riprendendo il caso della guerra afghana del ’79 di Charlie Wilson, Putin sembra molto poco interessato a fare da garante di posizioni americane.

L’unico interesse dei russi è quello di non far scoppiare un guerra calda tra attori che non può controllare, ma non si batterà per difendere i diritti di alcuna minoranza né cercherà una soluzione stabile. A Mosca basterà avere una situazione tampone finché il suo alleato più fedele, la Siria di Assad, non sarà in grado di esprimere di nuovo quel controllo dell’area che aveva prima, e tornare a godersi le proprie basi di Tarthus e di Latakia.

In ottica russa, lo scenario più probabile sarà quello di fare da broker per accordi win-win che non garantiscano nessuna modifica territoriale tra le parti attualmente in gioco. Userà il suo ascendente e un po’ della sua limitata ricchezza, investita nella moneta russa, per convincere Erdogan a non muovere guerra ai curdi, trovando il numero giusto di chilometri da mettere tra l’inizio del territorio di Ankara e quello degli YPG. Convincerà Assad e gli iraniani a evitare uno scontro diretto con gli israeliani al sud, mentre gli permetterà di continuare a eliminare i propri oppositori politici dall’area senza troppe remore. Da quella che Fox News chiama una “strategia geniale“, i russi avranno praticamente solo guadagni netti, diventeranno ancora di più gli unici attori globali dell’area e vi guadagneranno in forma di contratti di ricostruzione in Siria, contratti per idrocarburi in Turchia e contratti industriali in Israele.

 

Assad e l’Iran

Quelli che forse pensano di guadagnare di più da questa ritirata americana sono sicuramente gli iraniani, e in particolare i conservatori iraniani. Una delle cose che più rovina la strategia di Teheran in Siria è una piccola base che controlla la regione dell’Al Tanf, a contatto con il confine giordano. Questa è tenuta dagli uomini delle forze speciali americane ed è di conseguenza intoccabile a meno di non scatenare una guerra con Washington. Il ritiro di Trump risulta dunque un’occasione incredibile per le forze iraniane: in questo modo potrebbero controllare totalmente l’autostrada che corre da Baghdad verso Damasco, e che non è stata praticamente toccata dalla guerra. Un regalo che permetterebbe di accorciare di molto quella linea che da Teheran corre fino a Beirut, evitando di passare per quei territori dove spesso le forze dell’ISIS ancora tendono imboscate e provocano danni.

I conservatori e i Pasdaran iraniani vedono proprio in questo collegamento una speranza per annullare l’effetto delle sanzioni dello stesso Trump, il quale risulterebbe, in questo modo, colui che crea e risolve il problema. Il mercato nero di sostanze stupefacenti, di armi, di beni di lusso sopperirà infatti ai danni creati all’economia reale dalle sanzioni del Presidente, che colpiranno soprattutto i cittadini iraniani e non il regime.

 

ISIS, i curdi e la Turchia

Come gli stessi documenti americani affermano, l’ISIS non è caduto, le sue cellule sono attive e la leadership, nonostante sia stata indebolita, non è stata decapitata. L’organizzazione, come molti sostengono, ha compiuto “il salto” anche in Medio Oriente: da organizzazione territoriale è passata a essere organizzazione terroristica latente. Un processo che facilmente può essere fatto anche in senso opposto e in particolar modo quando vi è uno spazio vuoto, come può sembrare quello creato dal ritiro delle forze americane.

La struttura dello Stato Islamico ha mostrato più volte questa capacità, come si vede in Iraq, dove si riforma ogni volta che l’esercito iracheno demilitarizza alcune zone. Quando l’intelligence americana lascerà quello spazio, verrà meno il supporto all’unica forza rimanente che è stata effettivamente in grado di contrastare lo Stato Islamico: i curdi. Le forze dello YPG sono quelle che più temono l’abbandono americano. Il supporto tattico militare targato USA è stato cruciale nella lotta all’ISIS, mentre la copertura, anche se parziale, dalle forze turche gli ha permesso di esistere – nonostante la missione turca  “Scudo dell’Eufrate”.

La situazione che più crea disagio è proprio quella determinata da questo triangolo tra Erdogan, i curdi e l’ISIS. Qui, i quesiti sono molteplici. Dopo la ritirata degli Stati Uniti la Turchia continuerà la guerra all’ISIS?, e nel caso in cui accetterà di farlo, come riuscirà se molti dei mercenari che ha usato per combattere i curdi nella missione “Scudo dell’Eufrate” erano proprio ex miliziani ISIS?

 

Il Medio Oriente in fiamme di Trump

La decisione di Trump di ritirare le truppe dalla Siria permetterà al caos, che adesso è già molto presente, di prendere il sopravvento. In una regione che soffre di horror vacui bisogna sapere che ogni spazio libero verrà inevitabilmente occupato, distruggendo equilibri. Con Israele pronto ad attaccare l’Iran se questi si avvicinerà troppo alla propria zona di influenza, con il triangolo tra Turchia, curdi e ISIS pronto a riesplodere e con il disinteresse russo a una soluzione stabile, il Levante mediorientale sembra essere ad ora una delle situazioni più tese a livello globale.

 

 

Fonti e approfondimenti

The Guardian,” Bolton: US troops will not leave Syria till Isis beaten and Kurds protected”, 6 gennaio 2019, https://www.theguardian.com/world/2019/jan/06/trump-bolton-syria-withdrawal-conditional.

Associated Press,”What is the US/Russia “deconfliction line”?”,  7 Aprile  2017: https://apnews.com/9147aa068855466386cf19ddab5bc827

Foreign Affairs, “Withdrawing From Syria Leaves a Vacuum That Iran Will Fill”, 8 gennaio 2019, https://www.foreignaffairs.com/articles/syria/2019-01-08/withdrawing-syria-leaves-vacuum-iran-will-fill?cid=int-nbb&pgtype=hpg.

Foreign Affairs,If Trump Wants to Get Out of Syria, He Should Strike a Deal With Russia, 9 Gennaio 2019, https://www.foreignaffairs.com/articles/syria/2019-01-09/if-trump-wants-get-out-syria-he-should-strike-deal-russia?cid=int-nbb&pgtype=hpg .

Wall Street Journal, A Small U.S. Base Gets in Iran’s Way—but Maybe Not for Long, 27 Dicembre 2018https://www.wsj.com/articles/a-small-u-s-base-gets-in-irans-waybut-maybe-not-for-long-11545919201. 

Brookings,  Trump’s Syria pullout: A quick assessment, 20 dicembre 2018, https://www.brookings.edu/blog/order-from-chaos/2018/12/20/trumps-syria-pullout-a-quick-assessment/.

Brookings, What the U.S. withdrawal from Syria means for ISIS, Iran, and Kurdish allies, 21 Dicembre 2018https://www.brookings.edu/blog/order-from-chaos/2018/12/21/what-the-u-s-withdrawal-from-syria-means-for-isis-iran-and-kurdish-allies/.

 

 

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