Taiwan e il dilemma delle due Cine

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Oltre lo Stretto di Formosa sorge la rigogliosa tigre asiatica di Taiwan. Con il nome ufficiale di Repubblica di Cina (RDC), l’isola costituisce oggi un dei principali problemi di politica estera per il governo di Pechino. La RDC  nasce nel 1912, in seguito alla disgregazione dell’antico potere imperiale cinese, quando il Kuomintang, il Partito Nazionalista Cinese, sotto la guida di Sun Yat-Sen si impose come principale autorità politica nel Paese. Il nuovo governo si trovò tuttavia quasi subito a doversi confrontare con la nascita nel 1921 di una seconda forza politica rivoluzionaria: il Partito Comunista Cinese.

In seguito alla morte di Sun Yat-Sen, la guida del Kuomintang venne assunta da Chang Kai-Shek, che si poneva come obiettivo principale la creazione di uno Stato liberal-capitalista. La fine di ogni possibilità di collaborazione con i comunisti a quel punto fu inevitabile; le due fazioni, a partire dal 1927, si scontrarono in una sanguinosa guerra civile dalla quale uscirono vincitori i comunisti nel 1949 guidati da Mao Zedong.

Dopo la creazione della Repubblica Popolare Cinese (RPC), alle forze nazionaliste non rimase che  rifugiarsi sull’isola di Formosa (Taiwan), portandosi dietro quello che rimaneva della propria flotta militare. L’incapacità all’epoca per i comunisti di procurarsi i mezzi necessari per condurre un’operazione di sbarco su vasta scala, rese impossibile per i maoisti sconfiggere definitivamente le forze nazionaliste asserragliatesi sull’isola, determinando così la creazione e il consolidamento di uno Stato de facto che, ancora oggi, ha l’ardire di chiamarsi Cina.

Le relazioni tra Pechino e Taipei sono molto migliorate negli ultimi decenni, ma  il fragile equilibrio tra i due Paesi viene messo costantemente alla prova.  La posizione ufficiale del governo di Pechino si riassume di fatto nel principio dell’Unica Cina. Secondo tale dottrina, Taiwan sarebbe parte del territorio nazionale della Repubblica Popolare Cinese, costituendone quindi niente meno che una provincia. Più complicata è la posizione di Taiwan, la quale si può dividere principalmente in due formule. La prima può essere definita come un ribaltamento del Principio di Unica Cina, considerando appunto come governo legittimo di tutta la Cina (continantale e insulare) esclusivamente quello della RDC. La seconda formula vedrebbe invece Taiwan come un nuovo stato indipendente dalla Cina, escludendo di fatto ogni possibilità di riunificazione con l’entroterra.

Un punto di svolta nelle relazioni diplomatiche tra i due Paesi si è avuto nel 1992, quando i rappresentanti del partito Comunista Cinese e quelli del Kuomintang, allora partito al governo nell’isola di Formosa, raggiunsero una fragile (ma allora alquanto efficace) intesa. Conosciuta come il “Consenso del 1992″, l’intesa ribadisce il principio dell’Unica Cina, ma ammette anche l’esistenza di due diverse interpretazioni di tale precetto. Questa forzatura, perché di forzatura si tratta, consentirebbe a Pechino e Taipei di concordare sul fatto che  l’isola di Formosa sia parte del territorio cinese, mentre rimarrebbe invece irrisolto il dilemma su quale dei due governi sia quello legittimo. Sebbene il Consenso del 1992 possa sembrare inconcludente, esso rassicura Pechino del fatto che la RDC non cercherà di proclamare la propria indipendenza, e di conseguenza, il partito Comunista Cinese considera tale agreement il caposaldo delle proprie relazioni con Taipei.

Il Kuomintang aveva accettato tale intesa come punto di partenza per futuri negoziati con la RPC, ma il recentissimo cambiamento del panorama politico nell’isola di Formosa ha rimesso in discussione la già fragile intesa del 1992. Con l’elezione a Presidente della RDC nel gennaio del 2016 di Tsai Ing-wen, esponente del Partito Progressiste Democratico, Taiwan sembrerebbe più orientata verso la possibilità di una definitiva indipendenza. Tsai Ing-wen, nel parlare dei rapporti tra Taipei e Pechino, ha di fatto evitato di riferirsi al Consenso del 1992, dichiarando invece la propria volontà di creare fiducia tra le due parti attraverso differenti canali di comunicazione. Altri esponenti del Partito progressista Democratico si sono addirittura spinti oltre, rifiutandosi di riconoscere il Consenso del 1992 come base dei rapporti tra RPC e RDC e lasciando aperta la possibilità dell’indipendenza.

Taiwan è uno Stato relativamente piccolo, con una popolazione di 23 milioni di abitanti; ciò nonostante Taipei ha resistito fino ad adesso alle pressioni del governo di Pechino.  Sin dal 1949, la RDC è riuscita a guadagnarsi il supporto degli USA, che per ben trent’anni si sono rifiutati di riconoscere ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese. Tale riconoscimento arrivò solo  1979, quando, sotto la presidenza di Jimmy Carter, Washington decise di regolarizzare le proprie relazioni con Pechino e di accettare il precetto dell’Unica Cina. I rapporti diplomatici tra USA e Taiwan vennero interrotti, ma poco dopo, con il Taiwan Relations Act, il Congresso  ribadì l’esistenza di importanti relazioni informali tra USA ed RDC. Da allora, le relazioni bilaterali tra Taipei e Washington sono continuate ininterrottamente in via non ufficiale.

E’ molto probabilmente questa la ragione per cui il problema delle due Cine si è trascinato fino ad oggi. Soltanto dal 1990, gli Stati Uniti hanno venduto a Taiwan equipaggiamento militare per un valore totale di ben 46 miliardi di dollari. Soltanto tra il 1994 e il 2000, la RDC ha importato 16 miliardi di dollari in armamenti, ossia l’11% delle vendite globali di armi di quel periodo. Più di recente, nel 2015, l’amministrazione Obama ha siglato un accordo con la RDC per la vendita di diversi armamenti per un valore totale di 1.83 miliardi. La vendita include 750 missili anticarro, 36 veicoli d’assalto anfibi, due fregate, più di 200 missili Javelin (anche essi anticarro), missili antiaerei , navi dragamine e molto altro. Tali armamenti, sebbene non consentano a Taiwan di minacciare la sicurezza nazionale della Repubblica Popolare Cinese, renderebbero un attacco sferrato da Pechino contro l’isola di Formosa molto costoso. Di conseguenza, lo scopo della vendita, in base alla posizione della Casa Bianca, sarebbe quello di creare stabilità tra le due parti dello stretto e di mantenere l’equilibrio esistente nella regione del Pacifico. La lettura di Pechino della situazione è ovviamente molto critica, in quanto tale vendita di armi viene considerata dalla RPC come un’ingerenza nei propri affari interni e una sfida alle legittime pretese territoriali di Pechino.

Tale delicato equilibrio nelle relazioni tra RDC e RPC è stato messo ancora più a rischio all’inizio di dicembre 2016, quando il Presidente Eletto Donald Trump, ha parlato al telefono con Tsai Ing-wen, facendo così infuriare Pechino. Una comunicazione ufficiale di così alto livello tra i due Paesi non accadeva dagli anni ’70. Pur trattandosi di una mera chiamata di congratulazioni tra i due leader politici, essa è avvenuta proprio quando il governo di Taiwan sta evitando di considerare il Consenso del 1992 come la base delle proprie relazioni con Pechino. Il Global times, un giornale cinese pubblicato in lingua inglese e che spesso riflette la visione del Partito Comunista Cinese, ha auspicato l’adozione da parte di Pechino di una linea più dura nei confronti di Taiwan, proponendo anche l’uso della forza per far pressione su Taipei.

Trump sembra intenzionato a muoversi su un terreno molto scivoloso, sfidando la Cina su un tema particolarmente sensibile. La RDC si trova ancora isolata diplomaticamente. Da quando perse nel 1971 il suo seggio alle Nazioni Unite come rappresentante ufficiale della Cina a favore invece della RPC, la maggior parte degli Stati sovrani ha preferito mantenere rapporti diplomatici ufficiali esclusivamente con Pechino. Ma adesso il governo di Tsai Ing-wen sembra orientato ad ottenere il riconoscimento delle altre nazioni come stato indipendente. La futura amministrazione Trump giocherà un ruolo fondamentali nelle relazioni diplomatiche tra le due Cine. I toni di sfida utilizzati dal Tycoon nei confronti della RPC nel corso della sua campagna elettorale lasciano intuire che Washington potrebbe incrementare ulteriormente il proprio supporto a Taiwan. D’altro canto, la Repubblica Popolare Cinese si sta rivelando sempre più decisa a contrastare le ingerenze degli Stati Uniti nella regione asiatica. Forse, ci troviamo di fronte a un vero e proprio punto di svolta nelle relazioni tra le due Cine.

Fonti e approfondimenti:

http://edition.cnn.com/2015/12/16/politics/u-s-taiwan-arms-sales/

https://news.vice.com/article/the-us-is-selling-weapons-to-taiwan-thats-going-to-really-piss-off-beijing

http://www.wsj.com/articles/u-s-clears-weapons-sale-to-taiwan-1450291541

http://www.cfr.org/china/china-taiwan-relations/p9223

http://www.china.org.cn/english/2001/Apr/11622.htm

http://en.people.cn/200410/13/eng20041013_160081.html

https://www.theguardian.com/us-news/2016/dec/17/donald-trump-china-unpresidented-act-us-navy-dronehttps://www.theguardian.com/us-news/2016/dec/17/donald-trump-china-unpresidented-act-us-navy-drone

https://www.theguardian.com/world/2016/dec/15/china-plan-taiwan-force-trump-call-state-media

Leave a comment

Your email address will not be published.


*