Quali sono i siti di (dis)informazione russa a cui dobbiamo stare attenti?

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La dimensione cibernetica è un campo in cui è facile mantenere l’anonimato, e dove è facile anche ottenere risultati considerevoli con poca spesa e rischi. Nell’ultimo decennio, sempre più spesso vittima di questa dimensione è stata la politica internazionale, o la politica interna degli Stati europei.

Il web dunque, per ora, è uno “spazio senza confini”, dove i suoi protagonisti si muovono liberamente, garantendo (a chi ne voglia approfittare) la possibilità di condurre “giochi senza frontiere”. Il maggior strumento che viene utilizzato oggi è la campagna di disinformazione mediante i social media. E’ certamente il più sfuggente come aspetto, a causa della difficoltà di individuarne e analizzarne le componenti, gli obiettivi, le direttrici, e quindi paragonarne gli effetti attesi con quelli effettivamente verificatisi.

In sede di Alleanza Atlantica, il cyber-spazio è stato riconosciuto quale nuovo dominio operativo, al cui interno la NATO ha un suo potenziale di difesa. Proprio per affrontare i problemi posti dalle campagne di disinformazione che possono essere ricondotte alla Russia, poco più di due anni fa l’Unione Europea ha promosso un piano d’azione per la comunicazione strategica. L’obiettivo è quello di sviluppare prodotti, e campagne di comunicazione, per mettere a fuoco le politiche chiave dell’Unione Euopea, con la produzione di analisi che consentano di prevedere le attività di disinformazione.

Il Parlamento Europeo nel 2016 ha approvato un testo intitolato “Comunicazione strategica dell’Unione Europea per contrastare la propaganda contro di essa a opera di terzi”. Questo testo è l’applicazione di uno studio condotto dall’organizzazione European Endowment for Democracy, intitolato “Bringing Plurality and Balance to the Russian Language Media Space”, il cui focus è quello di denunciare la disinformazione che domina i media del Cremlino, in grado di raggiungere milioni di cronisti russi in Europa.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di identificare le possibili soluzioni per migliorare il linguaggio mediatico russo nei Paesi dell’Est Europa, e oltre. In quest’analisi, viene proposta anche l’organizzazione di un hub d’informazione regionale che possa comprendere tutte le voci russe non allineate con il Cremlino. L’immagine che risulta è quella di una politica europea aggressiva che vuole circondare Mosca.

Il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE), guidato da Federica Mogherini, è giunto alla conclusione che i cyber attacchi e le campagne di disinformazione provenienti dalla Russia sono parte di una politica di Stato orchestrata dal Cremlino per prendere di mira l’UE, i suoi leader politici e i suoi princìpi. E’ stata dunque istituita l’East StratCom Task Force, composta da undici funzionari, su richiesta dei capi di Stato e di governo. La Task Force non ha un bilancio autonomo, ed è in grado di comunicare all’esterno soltanto in inglese e russo.

Con i mezzi limitati che ha a disposizione (un sito e una newsletter), ed il poco seguito nell’opinione pubblica (13 000 followers su Twitter), la East StratCom Task Force si è data obiettivi limitati: non comprende attività come la contro-propaganda, né la compilazione di liste di soggetti coinvolti in attività di disinformazione, e neppure la creazione di un’emittente televisiva in lingua russa.

Tuttavia, grazie alla East StratCom Task Force, è stato creato un sito web in russo, che fornisce informazioni sulla politica estera dell’UE che riveste interesse per l’Est Europa. Viene inoltre settimanalmente pubblicata la “Disinformation Review”, che raccoglie episodi di disinformazione segnalati alla Task Force da soggetti esterni, collegati tra loro in un network di 400 giornalisti, esperti di Russia, docenti, ed esponenti di diverse ONGs di 30 Paesi diversi.

L’arsenale mediatico russo conta “armi” come think tank, TV multilingua, pseudo-agenzie di stampa, e servizi per l’informazione, oltre ai social media. Ad esempio, l’RT (l’ex Russia Today) è la “all news” che trasmette in inglese, spagnolo e arabo, a 3 milioni di americani, 2 milioni di inglesi, e a un totale di 600 milioni di spettatori nel mondo. Il suo canale, con quasi 2 milioni di iscritti e 4 miliardi di visualizzazioni, è più visto di YouTube, CNN, Al-Jazeera e BBC messi insieme.

I finanziamenti annuali raggiungono i 300 milioni di dollari, cifra fissata come minimo inderogabile con decreto presidenziale. E’ importante sapere che, tra i soci di Euronews e del canale paneuropeo finanziato dall’UE, è possibile trovare anche la TV di Stato russa RTR (che di questi ne controlla il 7,5%), e l’oligarca ucraino Dmytro Firtash (legato all’ex presidente Yanukovich e alla Russia). Combattere l’info-war russa coi mezzi messi in campo finora dall’UE ha condotto ad iniziative del Parlamento europeo.

I temi promossi da questi canali russi variano, a seconda delle esigenze e dell’attualità: si va dal revisionismo storico, alle teorie del complotto e minacce di carattere militare. L’Occidente viene presentato, di volta in volta, come russofobico e aggressivo. Nei Paesi Baltici, il messaggio è indirizzato soprattutto alla minoranza russofona, con la diffusione di fake-news a proposito di discriminazioni e campi di concentramento.
Secondo un rapporto della stessa East StratCom, il Cremlino ha investito più di un miliardo di euro per sostenere piattaforme come Russia Today o Sputnik (quest’ultimo tradotto in 33 lingue e disponibile anche in italiano). Solo su media del genere è possibile trovare articoli in cui Emmanuel Macron viene definito un «agente della CIA», o in cui la cancelliera Merkel è «alleata dell’ISIS negli attacchi in Turchia».

In attesa dell’approvazione di un nuovo budget e una migliore organizzazione, i “myth busters” di Bruxelles lavorano a distanza con membri di team provenienti da diversi Paesi: trovate le fake-news, fanno il debunking (ossia studiano in che modo si orienta il dibattito), diffondendo un rapporto settimanale con l’elenco delle bufale mediatiche, che poi ripropongono sul loro sito ed altri canali, come Facebook e Twitter.

 

 

Fonti e approfondimenti

https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-Homepage/2116/questions-and-answers-about-east-stratcom-task-force_en

http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/ATAG/2018/620230/EPRS_ATA(2018)620230_EN.pdf

www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2F%2FEP%2F%2FNONSGML+TA+P8-TA-2016-0441+0+DOC+PDF+V0%2F%2FIT

https://www.democracyendowment.eu/news/bringing-plurality-1/

https://euvsdisinfo.eu/

 

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