Ricorda 1949: la fine della guerra e la fondazione della Repubblica Popolare Cinese

Il primo ottobre 1949 Mao Zedong e le truppe dell’Esercito di Liberazione del Popolo (PLA) entrarono a Piazza Tian’anmen, sconfiggendo definitivamente i seguaci di Chiang Kai-shek e penetrando nella piazza su cui affaccia il simbolo dell’Imperatore cinese, la Città Proibita. Il primo ottobre di settanta anni fa ha segnato nella storia la terza rivoluzione, dopo quelle del 1789 in Francia e del 1917 in quella che divenne l’Unione Sovietica.

A differenza delle altre due rivoluzioni, in Cina  ci fu un progressivo accavallamento di frizioni e conflitti che possono essere fatti risalire al 1912, anno in cui l’ultimo imperatore cadde, facendo dissolvere l’Impero ed emergere la Repubblica. Se gli eventi dell’inizio del secolo furono guidati prevalentemente dal dr. Sun Yat-sen, padre della patria cinese contemporanea, rivoluzionario, intellettuale influente da nord a sud, la sua morte nel 1925 fu anche il tocco definitivo che diede inizio alla guerra di logoramento tra due schieramenti opposti, contrapposti, ma con lo stesso padre ideologico. Il grande scontro ideologico tra il nazionalismo di Chiang e le idee comuniste di ispirazione sovietica, applicate al contesto cinese da Mao, ebbero un impatto distruttivo sulla stabilità della Repubblica cinese del tempo.

Da Sun Yat-sen alla Seconda guerra mondiale

Se il successore designato da Sun era lo stesso Chiang, la sua radicalizzazione e il suo approccio militare – oltre alla mancata capacità di riformare una burocrazia ancora fortemente allineata al sistema imperiale – portarono il Parito Nazionalista di Sun Yat-sen a spaccarsi definitivamente alla sua morte. Già nel 1921 era nato il Partito Comunista Cinese a Shanghai, dove ben presto dovette iniziare a tenere dei Congressi sotterranei, illegali. In questa crescente tensione all’interno di una Cina fragile, ancora alle prese con il difficile scenario internazionale riscritto a Versailles nel 1919, la spinta degli studenti che scesero in piazza il 4 maggio furono un’ulteriore passo verso la spaccatura, oramai inevitabile.

La distruzione – di fatto – dell’esperimento repubblicano si ebbe nel 1931, con l’invasione del Giappone della Manchuria nel nord e la successiva creazione dello Stato fittizio del Manchiukuo con a capo l’imperatore deposto. Successivamente gli attacchi brutali del massacro di Nanchino del 1938, segnarono l’entrata della Cina, da attore subordinato, nella Seconda guerra mondiale, prima che questa iniziasse. L’attacco alla Polonia nel settembre 1939 fu solo l’ultima goccia per lo scoppio del conflitto mondiale.

Il Generalissmo Chiang concentrò tutte le proprie forze nell’annientamento del PCC di Mao Zedong, che si era esteso tra il 1928 e il 1934 nelle zone meridionali della Cina, specialmente nell’Hunan (provincia natale di Mao Zedong) e nel Fujian (provincia costiera sullo Stretto di Taiwan), con la creazione dei gruppi di lavoro (o soviet). Questo passaggio è di fondamentale importanza perché, per capire cosa significa la fondazione della RPC, è necessario capire il sistema contrapposto e come la tattica della guerriglia venne applicata soprattutto nello sviluppo di politiche locali, non solo quindi in termini militari. Le comuni maoiste (anche se il primo ad applicarle fu Zhu De, creando un’anomalia storiografica in molti testi) erano libere di applicare le politiche socialiste indicate dalla guida centrale del Partito nel migliore dei modi possibile secondo il contesto geografico, economico e sociale.

La Lunga Marcia

In questo contesto, quindi, il Generalissimo vide la propria legittimità politica a repentaglio, la quale è uno dei tre pilastri weberiani di riferimento per la stabilità dello Stato. Nel 1934 le truppe di Chiang iniziarono un accerchiamento del PCC e dei luoghi conquistati, soprattutto ideologicamente, da Mao. Dalle coste del Fujian iniziò quindi una ritirata drammatica di un esercito, la PLA, che non era attrezzato a combattere un esercito regolare. La strategia fu quella di ritirarsi verso zone alleate, per questo dalla costa i comunisti si diressero verso Changsha, Hunan, per poi risalire verso nord, aiutati dalla geografia, nella speranza di incontrare gli aiuti sovietici una volta raggiunta la prossimità delle zone mongole e siberiane. La Lunga Marcia lasciò sul campo circa sessantamila membri del PCC, soprattutto per stenti e malattie che per un conflitto che non avvenne mai in quel frangente. La prima generazione di leader della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e buona parte della seconda furono i superstiti della Lunga Marcia. Tra loro i più famosi sono sicuramente Mao Zedong, Zhou Enali e Deng Xiaoping.

Yan’an fu il punto d’arrivo da cui Mao Zedong non solo stabilì una nuova comune, applicando nuovamente le tattiche di guerrilla già sperimentate precedentemente, ma iniziò la pianificazione del contrattacco nei confronti di Chiang. Oltre a un’estrema preparazione strategica mostrata dal contingente comunista, l’attacco verso nord che partì da Yan’an verso il Manchiukuo giapponese fu appoggiato dalle truppe sovietiche che nel contesto internazionale già combattevano una guerra contro l’asse Roma-Berlino e dove Tokyo fece il proprio ingresso dopo l’attacco alla base statunitense di Pearl Harbour il 7 dicembre 1941.

La guerra civile

Nel 1945 Chiang Kai-shek sedeva come membro permanente del Consiglio di Sicurezza ONU, riconosciuto come vincitore della guerra al Giappone. Tra il 1945 e il 1949 la Cina vide prolungarsi il conflitto, spostando l’attenzione dal panorama internazionale a quello domestico. In questo modo, la tattica di guerriglia maoista venne applicata al conflitto armato, che portò a un logoramento delle truppe nazionaliste da nord, spingendole verso sud. Infatti, se a nord l’URSS aveva recuperato molto territorio nei confronti della Cina, le bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto 1945 furono l’avvertimento del nuovo conflitto imminente tra il blocco sovietico e quello americano. Nel 1946 (sempre nell’agosto) venne fondata la Repubblica di Corea  e il 9 settembre dello stesso anno Kim il-Sung prese il potere nel nord, fondando la Repubblica Democratica del Popolo di Corea (DPRK). In questo contesto, quindi, il Generalissimo non aveva più nulla da difendere nel nord, se non la capitale del Nord (Pechino).

La lenta ritirata verso il Fujian, da dove la Lunga Marcia era iniziata, finì nel 1949, quando Chiang si ritirò sull’isola di Taiwan. Questa mossa provocò quello che nei settanta anni successivi è stato il grande dilemma delle due Cine, o meglio di una sola Cina, contesa. Il 21 settembre 1949 Mao Zedong davanti al primo congresso del CPPCC, l’organo consultivo del potere legislativo della RPC, dichiarò la vittoria del comunismo sull’imperialismo, del popolo e della rivoluzione contro quelle che erano stati i poteri feudali e i nazionalisti controrivoluzionari (di seguito passaggi del discorso):

Gli eroi del popolo che hanno dato le loro vite per la Guerra di Liberazione del Popolo e la rivoluzione vivranno per sempre nella nostra memoria!

Viva la vittori della Rivoluzione del Popolo!

Viva la fondazione della Repubblica Popolare Cinese!

Viva il trionfo […]!

La fine della guerra, l’inizio della rivoluzione

Il 1949 ha quindi segnato il grande spartiacque tra la Cina moderna e la “Nuova Cina”, quella comunista. Il progressivo sradicamento delle strutture burocratiche, culturali, storiche, sociali, economiche della vecchia Cina avvenne in maniera sempre più veloce, portando il Paese a vivere momenti di grande crescita, prima di piombare nel baratro del Grande Balzo in Avanti e della successiva Rivoluzione Culturale. L'”ultima rivoluzione” di Mao Zedong, infatti, ebbe come obiettivo quello di implementare definitivamente il concetto di rivoluzione, ovvero lo smantellamento totale delle strutture societarie antenate per dare spazio a una società completamente nuova. Quello che possiamo dire oggi è che i quasi trenta anni di dominio maoista sono stati riformati, sotto alcuni punti di vista (soprattutto economici) dall’apertura di Deng Xiaoping del 1978. Quello che a oggi non è ancora dato sapere è quale sia stato il costo – in termini di vite – di mantenere la rivoluzione maoista in piedi e consolidarla nei decenni successivi alla presa del potere.

Fonti e approfondimenti

Bianco, L., Origins of the Chinese Revolution, 1915-1949, Stanford University Press, 1971

Skocpol, T., States and Social Revolutions, Cambridge University Press, 1979

Snow, E., Red Star Over China, Random House, 1937

Mao, Z., Selected Works of Mao Zedong, Vol IV, Foreign Language Press, 1961

Macfarquhar, R., and Schoenhals, M., Mao’s Last Revolution,  Harvard University Press, 2006

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