La strada della migrazione economica verso la stabilità regionale in Asia Centrale attraversa il Kazakistan

@World Bank Photo - CC BY-NC-ND 2.0

All’indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan si ritrovarono ad affrontare una problematica comune. Le nuove repubbliche indipendenti dell’Asia Centrale in fase di transizione dovettero affrontare una forte crisi economica e la conseguente emigrazione di lavoratori specializzati di origine slava, divenuti minoranza, verso aree più favorevoli da un punto di vista lavorativo e culturale come Russia o Ucraina. A partire dagli anni Novanta, questo flusso migratorio andò a diminuire significativamente le fila di specialisti qualificati in Asia Centrale, provocando un ulteriore calo di produzione e incrementando l’instabilità nella regione.

Ancora oggi, a distanza di 30 anni, la migrazione economica continua, ma stavolta è intraregionale. Oltre a rappresentare uno strumento per la conquista della supremazia economica in Asia Centrale, questa ondata di spostamenti potrebbe rivelarsi utile per una stabilizzazione di tutta l’area.

L’attrattività della crescente domanda di forza lavoro in Kazakistan

Inizialmente il più colpito dal flusso migratorio in uscita per la forte presenza russa in epoca sovietica, il Kazakistan fu anche il primo Stato a intraprendere la strada verso la ripresa economica. A partire dai primi anni Duemila, il Paese si trasformò in una destinazione sempre più attraente per la forza lavoro proveniente dall’Asia Centrale, fino ad arrivare in anni recenti a contendere il primato alla Russia come meta di migrazione economica.

Negli ultimi anni, infatti, il numero di migranti dagli Stan verso la Russia è diminuito significativamente. L’attrattività del mercato del lavoro russo è stata innanzitutto scalfita dalle sanzioni occidentali, causate dall’annessione della Crimea, che dal 2014 hanno portato a una forte svalutazione del rublo. Inoltre, la crescente intolleranza verso i cittadini dell’Asia Centrale in Russia (dovuta alla diffusa convinzione di un collegamento tra terroristi dello Stato Islamico e lavoratori migranti), unitamente a politiche migratorie così incerte e restrittive da costringere buona parte degli aspiranti lavoratori a uno status di illegalità, hanno portato i centroasiatici a valutare destinazioni alternative.

Il Kazakistan è stato interessato negli ultimi anni da un alto tasso di investimenti esteri e da una forte crescita economica, dovuta principalmente al petrolio. Tuttavia, in seguito al calo demografico e all’esodo dei lavoratori qualificati, il Paese si trova oggi ad avere un deficit di manodopera. Soprattutto nell’ultimo decennio, in Kazakistan si è registrata una domanda crescente di forza lavoro altamente qualificata nell’ambito industriale, degli affari e dell’istruzione, così come di manodopera non qualificata per agricoltura e settore delle costruzioni. Questo lo ha reso meta complementare e “obbligata” per i vicini Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, i cui tassi di crescita demografica hanno invece generato un eccesso di forza lavoro in economie che, per contro, non sono riuscite a espandersi altrettanto rapidamente.

Wikipedia

Il governo kazako, che negli ultimi anni ha costantemente lavorato alla sponsorizzazione della propria immagine sulla scena internazionale, ha sfruttato subito la situazione. Nur-Sultan, infatti, ha apportato modifiche legislative in materia di forza lavoro per conformarsi agli standard internazionali prescritti da Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e Organizzazione mondiale del commercio (Omc), in modo da diventare più accogliente nei confronti dei migranti. Di conseguenza, il Paese sta registrando un aumento del numero di lavoratori kirghisi, uzbeki e tagiki nel proprio territorio.

La migrazione di manodopera verso il Kazakistan è di natura stagionale, con la maggior parte delle rimesse inviata tra maggio e ottobre, e si divide in tre categorie: giornaliera, temporanea e permanente.

L’immigrazione dal Kirghizistan, tra UEE e accordi bilaterali

Lo scambio del Kazakistan con il vicino Kirghizistan si sta dimostrando proficuo: nonostante la Russia rimanga la destinazione principale per i lavoratori migranti kirghisi, il valore delle rimesse inviate nel Paese dal Kazakistan aumenta in modo significativo quasi ogni mese. L’incremento risulta evidente dal 2015, da quando il Kirghizistan è entrato a far parte dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE), che conferisce ai cittadini dei Paesi membri il diritto di lavorare liberamente in qualsiasi altro Stato membro purché abbiano un contratto con un datore di lavoro. Promossa inizialmente dall’ex presidente kazako Nursultan Nazarbaev, sottoscritta nel 2014 da Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan e Kirghizistan – con Tagikistan e Uzbekistan attualmente nello status di osservatori – l’UEE ha come obiettivo l’integrazione e la crescita economica di un’area unita da comuni radici linguistiche e storiche.

I migranti kirghisi appartengono dunque a un unico spazio economico, in cui i cittadini degli Stati membri possono spostarsi liberamente senza bisogno di un permesso di lavoro. Ciò ha certamente facilitato una maggiore presenza di lavoratori kirghisi in Kazakistan, considerate le attrattive salariali del Paese. Tuttavia, la semplificazione introdotta dall’UEE non sempre garantisce legalità e rispetto dei diritti umani. Molti datori di lavoro non firmano contratti con manodopera poco qualificata per evitare di pagare le tasse. Al contempo, i migranti regolari non hanno ancora necessariamente accesso a servizi, sistema sanitario e pensionistico del Paese di approdo. Per questi motivi, Kazakistan e Kirghizistan hanno firmato nel 2019 un accordo di cooperazione in ambito migratorio: il primo passo verso un miglioramento delle attuali condizioni di sfruttamento e invisibilità giuridica dei lavoratori.

Uzbekistan, monopolio di forza lavoro e lotta all’irregolarità

Ancora semplice osservatore nell’UEE, l’Uzbekistan è tuttavia la maggiore fonte di forza lavoro immigrata in Kazakistan. La prossimità geografica e la comune produzione di materie prime giocano un ruolo fondamentale nello spostamento di manodopera qualificata e non: a parità di attività nell’agricoltura, nelle costruzioni o nei siti tecnici di estrazione del petrolio, si stima che il salario medio kazako sia circa il doppio rispetto a quello uzbeko. Le rimesse mensili inviate in Uzbekistan dal Kazakistan sono aumentate in maniera costante negli ultimi anni. Ciononostante, considerando la natura temporanea del lavoro transfrontaliero tra Uzbekistan e Kazakistan del Sud – giornaliero in alcuni casi – è altamente probabile che non tutte le rimesse passino per canali di pagamento ufficiali e le cifre siano anche più alte di quelle registrate.

Del resto, lo Stato uzbeko detiene il monopolio per l’invio di lavoratori all’estero: ogni migrante è obbligato a ottenere l’autorizzazione ufficiale dall’Agenzia uzbeka per la migrazione lavorativa. Secondo la risoluzione governativa “Sulla registrazione dei cittadini in cerca di lavoro all’estero”, i lavoratori migranti uzbeki, una volta rientrati in patria, devono registrarsi e pagare le tasse doganali prima di poter tornare a lavorare all’estero. Di conseguenza, la maggior parte degli uzbeki lascia il proprio Paese senza regolare permesso e perde la possibilità di richiedere poi protezione al proprio Stato. Questa situazione promuove la tratta di esseri umani e l’organizzazione di reti mafiose da parte di reclutatori che favoriscono il traffico giornaliero o temporaneo di migranti.

Per scongiurare il traffico illegale, nell’aprile del 2020 è stato ratificato un accordo tra Kazakistan e Uzbekistan volto a regolare i flussi migratori e tutelare i diritti dei lavoratori migranti uzbeki in Kazakistan.

Tagikistan: verso il Kazakistan per sicurezza e agevolazioni

A differenza del Kirghizistan e dell’Uzbekistan, il Tagikistan non confina con il Kazakistan e non può contare su collegamenti aerei o ferroviari rapidi e sviluppati quanto quelli con la Russia, ancora meta principale di migrazione. Ciononostante, si è recentemente riscontrato un numero crescente di lavoratori tagiki in Kazakistan, da cui il Tagikistan dal 2018 riceve sempre più rimesse.

Alla base dell’incremento nel numero di migranti tagiki verso il Kazakistan vi è l’accordo firmato dai due Paesi nel marzo del 2018, grazie al quale i cittadini tagiki possono rimanere in Kazakistan senza registrazione per 30 giorni (90 con registrazione), come i cittadini kirghisi appartenenti all’UEE.

Nonostante le recenti agevolazioni, molti lavoratori migranti uzbeki e tagiki in Kazakistan finiscono ancora per lavorare illegalmente perché non ottengono permessi di lavoro, non si registrano in tempo o sono preda di ufficiali corrotti. Tuttavia, grazie alla sua variegata offerta, il mercato del lavoro kazako rimane attraente per questi lavoratori. Inoltre, il fenomeno di discriminazione e xenofobia sistemica nei confronti delle persone migranti, seppur presente, è di portata molto inferiore in Kazakistan rispetto all’altra meta principale, la Russia.

Le future sfide da affrontare per l’unione regionale

Accogliendo lavoratori migranti dai vicini Paesi del sud e utilizzandoli come canale di influenza in Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan, il Kazakistan riesce a soddisfare la domanda interna di manodopera, acquisendo al contempo benefici derivanti dalla leadership nella regione e da una sempre maggiore rilevanza all’interno dello scacchiere internazionale come rivale economico di Mosca. Da un altro punto di vista, le necessità lavorative del Kazakistan possono offrire un’occasione per stabilizzare l’economia regionale in Asia Centrale, portando tutta l’area verso un maggiore sviluppo economico. Ciò potrebbe inizialmente avvenire grazie alle rimesse e, auspicabilmente, attraverso il potenziamento della cooperazione economica e burocratica prevista da UEE, dai vari accordi bilaterali e dai ricorrenti forum economici interregionali.

La migrazione di manodopera può risultare mutualmente vantaggiosa, per i Paesi di destinazione e per quelli d’origine. Per potersi sostenere stabilmente in una reciproca collaborazione, tuttavia, è necessario che l’intera regione superi gradualmente le complicazioni burocratiche e il retaggio di corruzione, sfruttamento e discriminazione.

 

Fonti e approfondimenti

Sito ufficiale del governo kazako per statistiche e dati

Sito ufficiale del governo uzbeko

Informazioni per Paese nel The World Factbook della CIA

Sito ufficiale UEE

Sito OIM, per informazioni relative alla migrazione in Asia Centrale

The World Bank, Kazakhstan

Documenti relativi a Forum Economici dell’area centro-asiatica

Kabar.kg, 28 novembre 2019. Kyrgyzstan, Kazakhstan sign Migration Agreement, Accordo bilaterale tra Kazakistan e Kirghizistan

Kun.uz. 20 aprile 2020. Kazakhstan ratifies an agreement with Uzbekistan to protect rights of migrant workers

Presidenza della Repubblica del Kazakistan. Aprile 2020. О ратификации Соглашения между Правительством Республики Казахстан и Правительством Республики Узбекистан о трудовой деятельности и защите прав трудящихся-мигрантов, Accordo bilaterale in materia di migranti tra Kazakistan e Uzbekistan.

FIDH. 27 giugno 2018. Invisible and exploited in Kazakhstan

FIDH. 2016. Women and children from Kyrgyzstan affected by migration, 

FIDH. 2016. Migrant Workers in Kazakhstan: No status, no rights

Tatibekov L. Bolat, Hanks R. Reuel, “Labor Migration in Central Asia: Will Kazakhstan Be the Anchor for Stability”, Asian Studies, 2018

Leave a comment

Your email address will not be published.


*